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Autore: Melanto    22/12/2007    4 recensioni
Fuggire. Reazione immediata dinanzi ad un dolore troppo grande per essere affrontato a viso aperto. Camuffare la sofferenza in voglia di lavorare. Poi partire. Cambiare persino continente per ricostruire precari equilibri su cui camminare in punta di piedi. Dimenticarsi di tutto: amici, famiglia... assopire i ricordi e cullarli come bambini, perché non facciano troppo male, per ricaricare le certezze. E poi... e poi tornare, per affrontare il passato ed i sensi di colpa.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Yoshiko Yamaoka
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Huzi - the saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Huzi

- Capitolo 14 (parte II) -

“Un caffè, eh?” Ricardo inarcò un sopracciglio, dipingendo un sorrisetto che la diceva fin troppo lunga su quello che la sua testa bacata stesse lentamente macinando appena Yuzo gli aveva detto che aveva appuntamento con Yoshiko.
Toshi, all’altra scrivania, sghignazzava poco rispettosamente, ma il Prof finse di ignorarlo, mantenendosi indifferente per quanto avrebbe voluto tirare un pugno in testa a tutti e due.
Al lavoro, le cose procedevano ancora troppo a rilento, mentre i dati di Shiro non erano ancora arrivati e Rita era chiusa nel laboratorio da quella mattina.
“C’è qualcosa che dovrei sapere, Yuzo?” domandò l’ispanico, senza far scomparire l’espressione di chi la sa più lunga di lui, ma finge di cadere dal pero.
E lui non era intenzionato a fare il suo gioco; scrollò le spalle, scuotendo il capo e sistemando il giaccone. “No, non mi sembra.” anche perché non c’era nulla da dire, no?
Stava solo andando a prendere un normalissimo caffè con un’amica, dov’era la cosa sorprendente?
“Ok, se lo dici tu.” Rick non aveva intenzione di arrendersi, così fu lui ad abbandonare quel duello, allontanandosi in direzione della porta e borbottando un “Finitela.” con i due colleghi che, praticamente, gli stavano ridendo alle spalle.
“Tu pensi che Rita abbia ragione?”.
L’ingegnere non rispose subito alla domanda di Toshi, ma attese che il vulcanologo non fosse più visibile prima di muovere lo sguardo sull’altro. “Sì, anzi, secondo me, Occhi Belli sta già sortendo il suo effetto.”.
“Dici?”.
“Dico.” e ne era totalmente convinto.

Controllò nuovamente l’orologio, mentre guidava Dante nel traffico che si era creato per le vie di Nankatsu a causa della pioggia.
“Accidenti.” borbottò, notando che le 18 erano passate da circa cinque minuti. Forse sarebbe dovuto scendere prima, ma non si era minimamente accorto del tempaccio che stava imperversando sulla città. Si camminava praticamente a passo di lumaca ed il tergicristallo del Pick-up lavorava a ritmo incessante per fargli avere una decente visibilità della strada.
Sperò ardentemente che Yoshiko non fosse ancora arrivata o che, almeno, si fosse rintanata all’interno del bar.
Quando il semaforo scattò rosso, imprecò battendo una mano sul volante. Poi, dopo qualche secondo, qualcuno bussò al vetro del suo finestrino, attirandosi la sua attenzione.
Una graziosa signorina, stretta in un cappotto bianco e con un piccolo ombrellino, reggeva precariamente dei volantini. Lui abbassò il vetro e la poverina, che dal sorriso tirato che aveva si capiva lontano un miglio che avrebbe preferito essere altrove, gliene porse uno, accennando un ringraziamento con il capo, prima di passare alla vettura successiva.
Yuzo rigirò il foglio semi-fradicio, notando che sponsorizzava il maxi-evento organizzato da Kishu e non riuscì a non trattenere un sorriso di soddisfazione. “Eh, mio caro Vice Prefetto, la tua propaganda… fa acqua da tutte le parti!” scherzò, dispiacendosi solo del fatto che non fosse stato proprio Kishu a prendersi l’acquazzone. Hideki gli aveva detto di esser riuscito a rintracciarlo, ma che continuava ad ignorare tutti i suoi avvisi e preoccupazioni riguardo l’ultima scossa: voleva certezze, aveva detto, non supposizioni e fino a che non ne avrebbe avute, lui avrebbe continuato con la sua propaganda.
Che testardo!
E Yuzo era sempre più convinto che a quell’uomo non importasse un accidenti dei cittadini della Prefettura. Era chiaro ormai. Solo un idiota non sarebbe scattato dopo cinque scosse in una sola settimana. E quelli del VRC e dell’ERI riuscivano a mandarlo ancora più in bestia, se possibile.
Con un enorme sforzo di volontà decise di ignorarli, aveva altro a cui pensare, ed ingranò la seconda quando il semaforo divenne verde e le auto cominciarono a muoversi.
Doveva trovare le parole giuste per spiegare ogni cosa a Yoshiko e… e non sapeva da dove cominciare.
Ci aveva pensato durante la mattinata, tra un sismogramma e l’altro, senza successo: ogni volta che cercava di raccontare gli eventi del Ruiz, la gola gli si seccava all’improvviso ed il cuore diveniva pesante come un macigno. Sembrava quasi che, dopo tanto fuggire, anche le parole fossero scomparse, nascondendosi da qualche parte dentro di lui insieme ai ricordi che a valanga lo avrebbero sommerso nell’attimo in cui sarebbe andato a stanarli.
In quel momento si domandò se ce l’avrebbe fatta ad affrontarli tutti in una sola volta; se il dolore, in quegli anni, lo avesse reso abbastanza forte… se Yoshiko avesse continuato a fidarsi di lui, dopo aver saputo la verità.
Quando avvistò il ‘Juliet’ cominciò a rallentare, guardandosi intorno alla ricerca di un parcheggio, e allora la vide. Lì, ferma sul marciapiede, mentre la pioggia le cadeva addosso incurante del fatto che non avesse un ombrello sotto cui ripararsi. Immobile, la testa bassa a fissare le mani che reggevano qualcosa che lui non riuscì a vedere.
La gente camminava velocemente intorno a lei per sfuggire al diluvio che invece la ragazza sembrava ignorare.
Ed acqua cadeva dai suoi capelli fradici e gli abiti pregni, cadeva ai suoi piedi per poi fuggire lungo la strada, raccogliendosi in pozzanghere.
C’era qualcosa di strano, si disse, qualcosa di… sbagliato. Perché restava lì senza correre a ripararsi?
Infilò Dante nel primo spiraglio libero che trovò e scese rapidamente.
In pochi passi la raggiunse, mentre Yoshiko non si era minimamente accorta della sua presenza e continuava a dargli le spalle.
Distese un sorriso, decidendosi a parlare.

“Somiglia a Sanae…”.
Mormorò, rivedendo nei suoi occhi quelli della consorte del grande campione giapponese, ed allora si ricordò di quando, anni prima, aveva invitato suo fratello a Sendai e lui aveva rifiutato, dicendo che sarebbe dovuto andare ad un funerale, quello della cugina di Sanae.
Da ragazzina stupida e capricciosa qual era all’ora, non si era nemmeno premurata di provare un minimo di dispiacere per lei né chiedere cosa le fosse capitato. Egoisticamente, si era rammaricata solo del fatto che non avrebbe potuto trascorrere del tempo con il suo fratellastro.
Ed ora… quella ragazza, di cui si era disinteressata con tanta superficialità, era tornata prepotentemente nella sua esistenza, facendola sentire di nuovo la ragazzina stupida di un tempo. Una ragazzina stupida che era innamorata della stessa persona che aveva amato lei e che ancora starebbe amando, se fosse stata viva.
Il tutto ritornava come un gioco del destino, così bravo ad intrecciare tanti fili diversi in un unico arazzo.
“Spero di non averti dato il cattivo esempio ad andare in giro senza ombrello.”.
Il cuore si bloccò nell’istante stesso in cui riconobbe quella voce alle sue spalle. Si fermò con un ultimo, cupo battito, mentre riemergeva nella realtà circostante, accorgendosi solo allora che la pioggia le si stava riversando addosso con violenza, che le gocce le rigavano il viso ed inzuppavano gli abiti, che il freddo le si stava insinuando fin dentro le ossa, divorandole come fossero legno tra le fauci di una termite. Alzò lentamente la testa, mentre attorno a sé vedeva solo immagini acquose e tremolanti ed in bocca sentiva il retrogusto salato delle lacrime.
Si volse piano, con il foglio fradicio stretto al petto. Il suo sorriso entrò nel raggio visivo, scomparendo poi come neve al sole quando i loro occhi si incrociarono e lui si accorse che stava piangendo.
Lo sguardo improvvisamente serio, preoccupato e confuso. Lo vide avanzare di un passo. “Yoshiko… che succede?” si sentì domandare, ma non rispose.
Mantenne gli occhi fissi nei suoi.
Allora e solo allora tutto quello che fino al giorno prima le era sembrato sfocato, indistinto, quasi inafferrabile divenne improvvisamente nitido; chiaro come non lo era mai stato. Le sue iridi scure, trasparenti come vetro attraverso cui leggere tutto il suo dolore.
Ed era così vicino ed era così forte che riuscì ad avvertirlo su di sé, dentro di sé.
E… e Yuzo doveva essere fatto d’acciaio per non essere ancora crollato, mentre lei se ne sentiva già sopraffare come foglia sotto il peso di un masso. Ma ora riusciva a capire fino in fondo ciò che era, a vedere oltre i suoi occhi e quel dolore lo stava lentamente divorando dall’interno, mentre il cuore continuava a sgorgare sangue vivo da quella ferita che lo aveva tagliato di netto a metà.
Il suo, invece, prese lentamente a battere dopo quella strana sospensione e le faceva male come mai prima d’ora.
Le labbra le si incurvarono piano verso il basso, mentre nuove lacrime si affacciarono ai suoi occhi e tutto quello che seppe dire, allo sguardo confuso del Prof, fu “Mi dispiace…” sussurrando quella parole con sofferenza.
La mano, tremante, allungò il pezzo di carta che l’acqua stava sbiadendo. E lui lo prese, continuando a non capire.
Gli occhi di Yuzo si abbassarono su quelle lettere.
Ruiz.
Aiko.
Un articolo di giornale.
Un pugno in pieno stomaco dato con tutta la violenza possibile e oltre.
Socchiuse per un attimo gli occhi, sorridendo con ironia, prima di tornare a volgerli a lei.
“Avrei voluto essere io a dirtelo, ma temo di esser arrivato tardi.” e si sentì affogare nel suo pianto silenzioso, mentre tutto il mondo continuava a scorrere intorno a loro. Accartocciò ciò che ormai era divenuto poco più di un velo, riducendo di ancora un passo la loro distanza. Piano, avvolse la sua esile figura, stringendola a sé e Yoshiko non trattenne un singhiozzo quando fu al sicuro nel suo abbraccio.
“Mi dispiace…” bisbigliò di nuovo; le mani che risalirono lente nella pioggia, cingendogli il collo. Ed i singhiozzi divennero due e poi tre e controllarsi fu inutile, mentre tremava nella sua stretta protettiva senza nemmeno rendersene conto. “Mi dispiace così tanto…”.
“Lo so…” le disse, carezzandole la schiena e le sembrò ancora più minuta di quanto non fosse “…ma non devi piangere, ti prego.”. Sentirla vibrare, con voce incrinata riuscì a ferirgli il cuore. “Ascolta…” continuò piano, prendendole il viso tra le mani e costringendola a guardarlo negli occhi. I profili sperati solo da una goccia di pioggia.
Nonostante le sue mani fossero bagnate, Yoshiko le avvertì calde sulle guance ed accoglienti, grandi mentre l’accarezzavano con affetto. Ed era così bello sentire il contatto con la sua pelle, ed avere i suoi occhi così vicini da studiarne ogni sfumatura di colore e vederci rispecchiati i propri.
“Ascolta…” ripeté Yuzo “…ti racconterò tutto con calma, te lo prometto. Ma prima ti porto a casa: devi mettere qualcosa di asciutto e fare una doccia calda.” sorrise “Non voglio certo che ti ammali, va bene?”.
Lei riuscì solo ad annuire lentamente, mentre in gola avvertiva un groppo che non la faceva parlare. Poi, sentì il cuore battere più forte quando le baciò la fronte e le sue labbra erano delicate e morbide sulla pelle in quel lungo contatto.
Era il primo bacio che riceveva da lui ed anche se era solo una innocente dimostrazione di affetto, provò una sensazione meravigliosa di calore che si diramò in tutto il corpo, scacciando per un intenso momento il gelo dell’acqua piovana. Le ansie andarono dissolvendosi lentamente ed anche se il dolore che aveva avvertito in Yuzo agiva ancora come il riflesso di uno specchio su di lei, quel semplice contatto sembrò lenirlo a poco a poco, nonostante non riuscisse a farlo sparire completamente.
Eppure riuscì a sentirsi più tranquilla di quanto non fosse stata pochi minuti prima.
Quando le labbra sciolsero il bacio e gli occhi tornarono ad incontrare quelli di Yoshiko, Yuzo le sorrise ancora. “Andiamo.”.
Lentamente si mossero in direzione di Dante che, finalmente, offrì loro un riparo dall’acquazzone imperversante.

Quando l’imponente cono del Fuji non era visibile in lontananza, Yuzo aveva sempre pensato che la città di Nankatsu perdesse tutto il suo fascino, come ogni paese che aveva lo stratovulcano come parte integrante del proprio paesaggio.
Ed ora che l’acqua continuava a cadere abbondante e la sua struttura elegantemente imbiancata non risaltava nel buio con la sua naturale opalescenza, Nankatsu gli sembrò terra straniera mentre la scrutava dai vetri graffiati di pioggia del suo salotto.
Lentamente bevve un lungo sorso del tè bollente che aveva preparato una volta arrivati a casa: con tutta l’acqua che avevano preso, soprattutto Yoshiko, avevano bisogno di qualcosa di caldo con cui combattere il freddo.
Così, mentre la sorella di Misaki era sotto la doccia, lui aveva messo a fare il tè, frizionando i corti capelli con un asciugamano, tanto era abituato ad andarsene in giro con le più svariate condizioni meteo. Gli era quindi bastato cambiarsi d’abito e darsi una rapida asciugata per tornare come nuovo. Nel frattempo aveva anche avvertito Ricardo, dicendogli che non sarebbe rientrato all’FVO perché aveva una ‘questione importante da risolvere’ e l’ingegnere aveva cercato di trattenere una risata, evitando di nominare Occhi Belli, nonostante avesse subito capito che la questione importante avesse a che fare con lei. Si era limitato ad augurargli la buona notte, dicendo che lo avrebbe avvisato subito in caso di novità.
Ora, il Prof restava fermo presso il balcone a scrutare l’esterno senza reale interesse.
“Sei… sei sicuro che possa usarli?” la voce di Yoshiko lo raggiunse, attirandosi subito la sua attenzione e la osservò avanzare nel salotto con titubanza, mordendosi un labbro. La tuta di Aiko le calzava a pennello. Lui sorrise.
“Certo che sì.” affermò senza esitazione “Anche perché ci sarebbero volute due te per riempire un mio maglione.”.
Yoko si grattò un sopracciglio. “Anche questo è vero.” convenne, accomodandosi sul divano, mentre lui rimase con la schiena appoggiato al vetro.
“E’ una delle poche cose che ho ancora di suo.”. La ragazza lo ascoltò in silenzio, afferrando l’altra tazza di tè ferma sul tavolino e disperdente il caldo vapore. “Il resto, tra abiti e oggetti, lo conservano i suoi genitori.”.
“Io non so se sarei mai riuscita a separarmi delle cose appartenute ad una persona tanto importante per me.”.
Yuzo sorrise di nuovo. “E’ stato un passaggio graduale e per nulla facile all’inizio.” poi abbassò lo sguardo sul tè della sua tazza e, piano, cominciò ad aprire le tante porte che aveva sbarrato il giorno della sua partenza, tre anni prima.
“Poco dopo il funerale di Aiko…” spiegò “…mi decisi a far scomparire tutto ciò le fosse appartenuto. Vedere ogni momento i suoi abiti, i suoi oggetti, faceva… troppo male. Così, in un giorno, imballai tutto e lasciai gli scatoloni accanto alla porta di ingresso. Non dovevo fare altro che chiamare suo padre oppure caricarli su Dante e di lei mi sarebbero rimaste solo le fedi ed il mio lavoro. Però… il non vedere più le cose che usava quotidianamente e che per anni erano rimaste in determinati posti… sortì l’effetto contrario a quello auspicato.”. I suoi occhi vagarono per l’appartamento, sezionandolo in maniera lenta. “La sera di quello stesso giorno, ogni cosa era nuovamente al suo posto ed io ero nella stessa situazione iniziale.” Sforzò di sorridere sulla triste ironia di quel ricordo, bevendo un nuovo e breve sorso di tè. Una delle porte della sua memoria si frantumò ed i resti vennero esalati in un profondo respiro. “Nell’anno che precedette la mia decisione di rimettermi in moto e partire per il Guatemala, cercai di separarmi dai suoi affetti un po’ alla volta, provando a seguire anche i consigli di Yayoi.”.
“Yayoi la moglie di Jun?” domandò Yoshiko e lui annuì.
“La mia psicologa di fiducia.” cercò di sdrammatizzare “Ma anche un bravo strizza-cervelli come lei si è dovuto arrendere di fronte alla mia netta decisione di ripartire.” poi scosse il capo. “Credo di non averle mai permesso seriamente di aiutarmi, così come ho rifuggito l’affetto di tutti, i miei genitori compresi.”. Yuzo si strinse nelle spalle “Quindi, per evitare di sentirmi ripetere sempre le stesse frasi e per provare a mettere una netta distanza tra me ed i ricordi, sono andato via…” nel dire questo, la bocca prese una piega amara “…ma loro sono sempre stati molto più veloci di me e non importava dove io andassi, non sono mai riuscito a lasciarmeli alle spalle, nemmeno per pochi attimi…”.
“E’ per quello che lavori sempre così tanto…”.
“Sì… tenere la mente occupata mi permetteva di non pensare, almeno per un po’. Ed in quei pochi momenti riuscivo ad illudermi di averli superati, di essere stato io il più veloce… ed invece… mi bastava chiudere gli occhi e loro erano di nuovo lì, a ricordarmi l’errore che avevo commesso.”.
La seconda porta cadde in frantumi come fosse stata rosa da tarli, ma più andava avanti più divenivano pesanti da aprire e forse, invece di renderlo più forte, la continua fuga non aveva fatto altro che indebolirlo lentamente.
Yuzo si mosse in direzione del tavolo, appoggiando la tazza sulla superficie.
Nonostante la gola si fosse fatta secca, sapeva che non sarebbe riuscito a buttar giù un solo goccio del liquido ambrato e ancora un po’ tiepido.
Afferrò stancamente le sigarette, cavandone una dal pacchetto e portandosela alla bocca.
Yoshiko osservò in silenzio i suoi movimenti, prima di scuotere il capo con decisione. “Ma ciò che è successo su quel vulcano… è stato un incidente! Non puoi fartene una colpa, non lo è!” ed era seriamente convinta di ciò che stesse dicendo.
Yuzo esalò una densa nuvoletta di fumo, tornando nuovamente al balcone. “Incidente, sì…” fece eco dandole le spalle “…che io potevo evitare.”.
Ed ecco che era arrivato davanti all’ostacolo più grande, quello insormontabile: un portone altissimo teneva celato il ricordo più doloroso della sua vita, che non aveva mai più condiviso con nessuno dal giorno in cui lo aveva vissuto. Non era mai riuscito a parlarne, nonostante fosse sempre nitido e vivo nella sua mente. Con gli anni, non si era sbiadito né aveva perso i particolari, ma era rimasto perfettamente intatto davanti ai suoi occhi. Ne ricordava ogni minuzia, odore, colore e sensazione. Ogni parola che le loro bocche avevano pronunciato, ogni grido e pianto che aveva udito, il freddo della pioggia e le loro mani strette che scivolavano, non riuscendo più a mantenere la presa.
Tutto in un attimo, ogni cosa gli si riversò addosso prima ancora che tentasse di formulare una qualunque frase. E, come sempre accadeva quando cercava di parlarne, l’aria sembrò abbandonare i suoi polmoni e l’ambiente intorno si fece asfittico, soffocante.
Tentò di respirare a fondo un paio di volte, ma la situazione non migliorò. Rapidamente tornò nei pressi del tavolo, spegnendo la sigaretta quasi intatta.
“Scusami…” le disse, tornando poi al balcone ed aprendone un leggero spiraglio.
Lo spiffero gelido di Febbraio sembrò farlo rinascere.
Yoshiko lo raggiunse in rapidi passi. “Stai bene?” chiese in tono preoccupato dopo averlo visto impallidire di colpo.
Lui respirò ancora per un momento quello spillo d’aria, prima di sorriderle. “E’ sempre così quando cerco di parlarne… in tanti anni, la sensazione di soffocamento non è cambiata. Scusami, davvero…”. Le sfiorò il viso, spostando una ciocca di capelli più indisciplinata e, diversamente da quando l’aveva accarezzata mentre erano sotto la pioggia, Yoshiko avvertì che le sua mani erano gelide. Sembrava quasi un paradosso, eppure era così.
“Non devi parlamene per forza, se non te la senti…” gli disse con dolcezza, prendendogli la mano prima che scivolasse via e la tenne stretta tra le sue, che erano calde, sperando di riuscire a trasmettere anche alle sue dita un minimo di tepore.
“Se non lo faccio ora… potrei non riuscirci mai più.”. Yuzo ne era sicuro ormai: se non li avesse affrontati una volta per tutte, i ricordi non lo avrebbero mai lasciato in pace. E questo sembrò comprenderlo anche Yoshiko, che gli sorrise.
“Allora procedi con calma, va bene?”.
Lui annuì, inspirando ancora una volta, profondamente. Se quel portone non voleva spalancarsi, allora lo avrebbe smantellato un pezzo alla volta. I suoi occhi fermi sulle luci della città che evidenziavano la pioggia che aveva perso il regime torrenziale per farsi più sottile e fitta.
“Vedi…” cominciò senza voltarsi “…molto spesso i vulcani non sono così pericolosi come appaiono e, se si conoscono bene i loro comportamenti, possono essere studiati in tutta sicurezza anche da vicinissimo.”. Il suo sguardo si fece serio “Ciò non toglie che anche loro possano far paura ed in particolare sono due le manifestazioni da temere. La prima è la colata piroclastica.”. Mosse piano lo sguardo per incrociare il suo, appoggiando la fronte al vetro. “Hai mai sentito parlare del Vesuvio? Dicono che il Sakura-Jima sia il suo gemello giapponese.”.
Yoshiko annuì: il suo professore di Storia dell’Arte Italiana lo aveva nominato, qualche volta, a lezione.
“Nel 79 d.C., il vulcano scatenò la sua furia con un’eruzione esplosiva tra le più importanti della storia che le valse anche un posto nella nomenclatura[1]. Ebbene, quell’eruzione rase al suolo tre città dell’impero romano di nome Ercolano, Pompei e Stabia che vennero sepolte da un’immensa nube di gas, polveri e ceneri a temperature talmente elevate da uccidere per shock termico ancor prima di venirne travolti. Per fare un esempio nostrano, pensa all’Unzen[2].”.
Lei annuì, ripescando nei ricordi scolastici del liceo.
“Ad ogni modo, le colate piroclastiche si verificano solo quando il vulcano è in eruzione, quindi, più semplici da evitare. Mentre l’altro fenomeno può avvenire anche a freddo, diciamo; dopo giorni, mesi o addirittura anni dall’ultima eruzione del vulcano.”. Yuzo fece un profondo respiro, dando il primo, pesante colpo di scure al portone invalicabile. “Si chiamano lahar e sono enormi valanghe di fango, acqua e lava che, come colate, ridiscendono i versanti del vulcano, trascinando materiali, detriti e tutto ciò che si trovi sul loro cammino senza pietà.” deglutì con uno sforzo, costringendo l’aria ad entrare nei suoi polmoni. “Il Nevado del Ruiz è un vulcano soggetto a formazione di lahar. Nel 1985 uno di questi uccise circa 22'000 persone.”.
Yoshiko rimase ad osservare il suo sguardo fermo e freddo come quello di una statua, avvertendo un brivido lungo la schiena quando tornò a rivolgerlo a lei e non aveva mai sentito così gelidi i suoi occhi.
“Sopravvivere è quasi impossibile. È un fiume di melma: se ci finisci dentro, sei morto. E spesso fanno più vittime della stessa eruzione.”. Il gelo tornò a liquefarsi. “Ed io questo lo sapevo fin troppo bene. Avevo passato tanto di quel tempo a studiare il Ruiz ed i suoi lahar prima della spedizione, che fui io stesso a proporre il periodo più adatto in modo da evitare la stagione delle piogge… però… quest’ultima arrivò con una settimana di anticipo, cogliendoci che eravamo ancora nel pieno delle nostre indagini.”. Il secondo colpo si abbatté sull’ostacolo con un suono secco che rimbombò assordante nella sua testa. “I-io… lo sapevo che dovevamo andarcene, che un lahar si sarebbe staccato dalla montagna… lo sapevo…” la voce tremò, divenendo incerta ed i suoi occhi erano sofferenti “…ma lei continuava a dirmi: ‘Ancora un giorno, tesoro. Restiamo ancora un giorno o questi mesi saranno stati inutili’… ed i giorni divennero sette e ci decidemmo a partire quando ormai era tardi… troppo, troppo tardi…”.
Yoshiko lo vide deglutire con uno sforzo e prendere un’ampia boccata prima di continuare, lo sguardo che vagava di nuovo all’esterno.
“Il lahar ci sorprese che stavano rientrando a Navidad, dove avevamo il campo base. Io, Rick ed Aiko eravamo andati a recuperare l’ultima attrezzatura e anche in quel momento pioveva. All’improvviso… il boato… ed abbiamo visto la montagna cadere giù. E poi… e poi abbiamo corso… tra la gente che scappava, la pioggia e quel rumore assordante e cupo come un rombo. Nel caos abbiamo avvistato gli altri sul tetto di una palazzina. Non era il massimo, ma era sufficiente a salvarci. Ricordo… ricordo che le tenevo la mano, che ci arrampicavamo sul muro, che eravamo quasi al sicuro… le tenevo la mano e poi… è arrivato il lahar.”. Un colpo ed un altro in rapida sequenza ed il portone si crepò. Una frattura profonda come il suo dolore, ancora una percossa e sarebbe finalmente venuto giù. “Era più forte di me.” affermò, mentre le mani di Yoshiko si strinsero con forza attorno alla sua, che ricambiò la loro stretta. “E me l’ha portata via.”
Tutto crollò come un enorme vetro mandato in frantumi, ed i ricordi non ebbero più nessun ostacolo a trattenerli. In corsa lo oltrepassarono, portandosi finalmente alle sue spalle. Il rumore dei loro passi sfuggenti andò lentamente scemando come un’eco della sua memoria.
“Non sono riuscito a trattenerla… avrei… avrei dovuto insistere di più… avrei…” gli occhi lucidi, fissi nei suoi per alcuni istanti, poi, Yuzo li distolse per l’attimo necessario a ricacciare le lacrime che cercavano di fuggire al suo controllo, abbozzando un sorriso ironico “…non sono l’eroe che pensi.”.
“Invece ti sbagli!” e la decisione con cui lo disse ebbe la forza di sorprenderlo. “Tutto quello che stai facendo per questa città dimostra l’esatto contrario. Se così non fosse, allora ti comporteresti come quel Vice Prefetto… ed invece no.” Yoshiko scosse lentamente il capo “Quello che è successo sul Ruiz non è stata colpa tua: Aiko era una vulcanologa come te e sapeva i rischi che correva nel voler restare, è stata una sua scelta e sono sicura che nemmeno lei ti accusa di nulla. Ne sono sicura!”. La forza delle sue parole aveva la capacità di riuscire a convincere anche lui, infatti sorrise.
“Credi?”.
Yoko annuì, lasciando andare la mano che aveva tenuto stretta fino ad allora; era di nuovo calda. Yuzo rimase a guardarla per qualche altro secondo, avvertendo l’aria attorno di nuovo respirabile, il senso di soffocamento dissolto.
“Come… come ti senti?”.
Alzò nuovamente lo sguardo su di lei, avvertendo un piacevole ed insolito senso di leggerezza che lo fece sorridere. “Bene.”. Lo disse in tutta sincerità ed anche la sorella di Misaki lo avvertì dal tono naturale con cui lo aveva proferito e l’ampio sospiro che lo aveva seguito.
Rispose al suo sorriso pensando che, presto o tardi, il velo malinconico avrebbe abbandonato i suoi occhi, anzi, le sembrò che avesse già cominciato a dissolversi.
“Che ne dici se preparo un altro tè?” propose la giovane con entusiasmo.
Ed il Prof accordò, richiudendo lo spiraglio di balcone e osservando per un attimo la pioggia che continuava a cadere. Se era riuscito ad affrontare per la prima volta i suoi ricordi, lo doveva soprattutto a colei che era rimasta ad ascoltarlo, infondendogli il coraggio necessario per abbattere tutte le porte che aveva chiuso.
“Yoshiko…”.
“Sì?”.
Se non ci fosse stata lei, avrebbe continuato a scappare, lo sapeva, fino a perdersi definitivamente nei suoi sensi di colpa.
Si volse ad osservarne gli occhi arrossati, dispiacendosi del fatto che avesse pianto a causa sua, nonostante avesse sempre cercato di evitarlo.
La ragazza, intanto, aspettava con espressione interrogativa; la sua vitalità e spontaneità trasparivano dal viso ingenuo. Forse nemmeno si rendeva conto, fino in fondo, di cosa realmente avesse fatto per lui.
Yoshiko lo vide muoversi nella sua direzione ed abbracciarla senza dire una parola. Ed era…  diverso… lo avvertiva diverso, non la sua solita stretta protettiva, ma più forte. Un abbraccio dato in segno di gratitudine ed affetto. Intenso era il calore che il suo corpo offriva.
“Grazie.” lo sentì sussurrare e dopo l’emozione iniziale per quel gesto, si rilassò tra le sue braccia, ricambiando la stretta. Ed era così bello sentire la sua presenza sotto le dita, mentre le mani gli avvolgevano la schiena ampia.
Socchiuse gli occhi, beandosi di averlo così vicino come non lo era mai stato e non era solo una pura questione fisica, ma di spirito: i loro cuori erano talmente in sincrono che non fu in grado di scinderne i battiti.
“Ho fiducia in te.”.

I tè divennero tre, mentre le ore passarono senza che nemmeno se ne rendessero conto.
Seduti sul divano, Yuzo le parlò di Aiko come non era mai riuscito a fare, prima di allora. Solo il giorno prima evitava addirittura di nominarla, mentre ora riusciva finalmente a raccontare di lei senza sentire il groppo in gola.
“Il primo giorno di corsi all’Università, entrai nell’aula piuttosto titubante…” disse il Prof, ciccando nel posacenere che aveva appoggiato sul bracciolo, mentre i piedi erano sostenuti dal tavolino; Yoshiko ascoltava con interesse i suoi racconti, con il viso nelle mani, e ad ogni storia scopriva qualcosa di nuovo su di lui ed il suo carattere.
“…nella testa cominciavo già a pentirmi della scelta, temevo di aver commesso un errore, poi… poi la vidi. Era seduta ai primi banchi, aveva una maglietta rossa ed i capelli raccolti. Santo cielo! Me lo ricordo ancora. Non sapevo chi fosse, non sapevo il suo nome o se fosse o meno fidanzata, ma la prima cosa che pensai fu che andare all’Università fosse stata la scelta migliore che avessi mai potuto fare.”.
“E poi?” lo incalzò con curiosità.
“E poi stavo quasi per inciampare nelle scale che portavano ai banchi più alti!”.
Yoshiko scoppiò a ridere sonoramente. “Oddio, Prof! Ma eri un disastro!”.
Lui non negò. “Ah, puoi dirlo forte! Un vero imbranato!”.
“E come hai fatto a conquistarla?”.
Yuzo si grattò un sopracciglio. “Veramente… non ne ho idea! Ricordo solo che un giorno, mentre stavo studiando, lei arrivò, si appoggiò al banco dove ero seduto e mi disse: ‘Mi passi a prendere alle 8?’”.
“Ti ha rimorchiato lei?!”.
“Incredibile, ma vero!” sospirò con un sorriso “Sarà stato il fascino dello sfigato, che devo dirti? Sta di fatto che io la guardai come fosse stata un'aliena e con l’espressione meno intelligente di questo mondo. Aiko non demorse: ‘Forse dovevo chiederti se ti andava di uscire con me!’ disse, ed io risposi: ‘Ma non dovrebbe essere il ragazzo ad invitare la ragazza?’ e lei sorrise, concludendo con un: ‘Allora invitami!’”.
“Ehi! Questa tattica la devo passare a Saya!”.
Yuzo annuì, ridendo al ricordo. “Aiko era una persona intraprendente che sapeva sempre quello che voleva e come ottenerlo. Ma credo di averla colta di sorpresa quando le chiesi di sposarmi.” aspirò una lunga boccata dalla sigaretta “Credo che non se l’aspettasse… avevamo appena ventiquattro anni.”.
Yoshiko sorrise. “Ti sei sposato che avevi solo due anni in più di me…”.
“Sì… e due anni dopo l’ho persa…” inspirò profondamente. “Perdonami se non te l’ho detto prima. Il fatto è che… quando ti ho conosciuta a casa di Genzo, ti ho vista così vivace che non mi andava di intristirti con i miei problemi.” sorrise “Non pensavo certo che le cose sarebbero cambiate così. A dire il vero, volevo parlartene proprio oggi al ‘Juliet’…”.
Lei se ne sentì quasi in colpa, intrecciando nervosamente una ciocca di capelli. “E’ stato un caso… avevo parlato così tanto di te alle ragazze, che morivano dalla curiosità di vederti…” si morse il labbro “…così abbiamo fatto una ricerca in internet e tra i link è comparso anche quello. Sei arrabbiato, vero?”.
Yuzo rise divertito. “Ma no!”.
E Yoshiko sospirò sollevata. “Sicuro? Devi sapere che loro tre insieme sono peggio di Saya, se ci si mettono di impegno, se poi contiamo che c’era anche quest’ultima a dare manforte… erano quattro pettegole contro di me!”.
Lo sguardo del Prof si addolcì. “Hai stretto molte amicizie qui a Nankatsu, non è così?”.
“Sì. E poi c’è mio fratello.”. Yuzo notò come il sorriso di Yoko divenisse sempre più luminoso quando parlava di Taro. “Iwata è molto più vicina a questa città che a Sendai, quindi riesco a vederlo più spesso di prima e ne sono davvero felice…” poi spostò altrove lo sguardo, inquadrando la tazza vuota sul tavolo. “A casa, invece, ho lasciato solo cose spiacevoli, eccetto papà.”.
“Tua madre?” propose Yuzo .
Lei si strinse nelle spalle, senza voltarsi. “Eh, già.”.
“Come vanno le cose tra voi?”.
A Yoshiko sfuggì un sospiro ironico. “Proprio ieri abbiamo discusso, come al solito.”.
“Oh, mi dispiace…”.
La ragazza tentò di sorridere. “Nell’ultimo periodo ogni nostra conversazione finisce sempre come non dovrebbe. Non riusciamo in nessun modo a raggiungere un punto di incontro: lei continua ad insistere affinché io ritorni a casa.” ma scosse il capo, alzando gli occhi su di lui “Ma è questa casa mia, molto più di quanto lo sia Sendai.”.
Yuzo le carezzò affettuosamente i capelli, sorridendo. “Io credo di capirla, in parte: con tutti i terremoti che ci sono stati, è normale che sia preoccupata per te. Io farei lo stesso, credo.”.
“Allora saresti un padre rompiscatole!” asserì Yoshiko, incrociando le braccia al petto, per poi scoppiare a ridere della sua espressione terrorizzata. “Ma lei…” ed il suo sorriso andò scemando per fare posto ad un’espressione più seria “…si è sempre comportata così nei miei confronti, anche prima che mettessi in conto l’idea di partire per Nankatsu. Nella sua testa, l’immagine che ha di me è sempre quella della bambina da tenere per mano, a cui dire cosa fare e quando. Ma sono anni ormai che io so cavarmela benissimo anche da sola, solo che… non riesce ad accettarlo.” sospirò “Come ti dissi la sera del gala, mia madre vorrebbe darmi tutto quello che non è riuscita a dare a mio fratello, ma non si rende conto di averlo già fatto e che ora, invece, è il momento che mi lasci prendere la mia strada…”.
“Tu, questo, glielo hai mai detto?”.
A quella domanda, Yoshiko arricciò il naso in una smorfietta infantile, aggrottando le sopracciglia quasi con vergogna. “Beh… ecco… essendo che sono cocciuta almeno quanto lei… parto con tutte le buone intenzioni, Yuzo, davvero… solo che poi mi faccio prendere dalla rabbia e…” sbuffò “Sbaglio, eh? Lo so!” mentre il Prof sorrideva del suo imbarazzo.
“E non avevi nessuno ad appoggiarti o che ti sostenesse?”.
“Papà. Solo papà riesce a tenere a bada la mamma, ma sapere che discutono a causa mia non fa affatto piacere, come quando discute con Taro.”. Yoko si strinse nelle spalle, alzando gli occhi al cielo “E questa era la mia vita prima di venire qui!” poi li abbassò, incrociando i suoi “Però… sai cosa? Sono contenta di ogni scelta che ho fatto, anche perché… venendo a Nankatsu… ho avuto modo di conoscere te.” concluse, arrossendo visibilmente “E ne sono felice…”.
Yuzo sorrise con affetto alle sue parole; le dita scivolarono dai capelli al viso in un contatto leggero che accentuò il rossore delle gote della giovane. Le sue mani non sarebbero più state fredde, ne era sicura, mentre l’attirarono verso di lui, lasciando che poggiasse delicatamente il capo sul suo petto. Il respiro tra i capelli era lento e si accompagnava ai ritmici battiti del suo cuore che avvertiva ovattati, coperti dal maglione.
“Ed io sono felice di aver conosciuto te.” le sussurrò piano, mentre un luminoso sorriso distese le labbra di Yoshiko, nel socchiudere lentamente gli occhi. Era stata una giornata molto più intensa di quello che aveva ipotizzato la sera prima, e tutto quello che voleva era godersi quel momento di calma e tepore dopo la tempesta che insieme avevano affrontato, e poi… e poi sarebbero stati altri piccoli passi verso di lui, mentre ricordava le parole di Saya.

“Allora devi dirglielo, Yoko. Se non lo farai, potresti pentirtene... se lo lasci andare, senza dirgli quello che realmente provi, potresti non avere più la possibilità di farlo.”

Ma non voleva pensare alla sua partenza ed intristirsi ancora, ora voleva solo riscaldarsi nel suo abbraccio; col nuovo giorno si sarebbe occupata del resto.
Rimasero in quella posizione per dei lunghissimi minuti, senza aggiungere altro alle miriadi di parole che avevano riversato, soprattutto lui che continuava a carezzarle lentamente i capelli. Poi, Yuzo alzò lo sguardo sull’orologio, appeso alla parete, che restituì la mezzanotte in punto.
“Si è fatto già così tardi?” si sorprese, non rendendosi conto di come il tempo fosse letteralmente volato. “Forse dovresti…” ma fermò la frase a metà, quando scorse il suo viso dagli occhi chiusi ed il respiro regolare e profondo. “…dormire.” concluse con un sorriso e stava già dormendo; un’espressione tranquilla e serena a distenderne i giovani tratti.
Prestando la massima attenzione ad ogni movimento, la sollevò dirigendosi in camera a passo lento.
“E’ stata una lunga giornata anche per te.” le disse in un sussurro, anche se non poteva sentirlo. Spinse la porta socchiusa con il piede, scostando attentamente le coperte prima di adagiarla piano sul letto e facendo scivolare via le braccia che l’avevano sostenuta e cullata fino a quel momento. Con cura, sistemò il piumone, vedendola rannicchiarsi sotto le coltri pesanti. I capelli sparsi sul cuscino e le labbra appena socchiuse. E lui rimase per un lungo momento ad osservarla dormire, seduto sul bordo del letto, prima di sorridere e sporgersi verso di lei, lasciandole un bacio leggero sulla tempia.
“Buonanotte.” le sussurrò un’ultima volta, per poi alzarsi e lasciare silenziosamente la stanza, ma quando ebbe richiuso la porta alle sue spalle, rimase lì, immobile, nella penombra del corridoio.
Rilasciò un pesante sospiro, passandosi una mano sugli occhi.
“Maledizione.” tra i denti sibilò la sua imprecazione.
Così non andava, non andava affatto, mentre avvertiva emozioni fin troppo chiare dentro di sé.
- Non posso affezionarmi a lei. - pensò, cercando di ricordare a sé stesso che quello fosse un errore. Perché lui a breve sarebbe dovuto ripartire e perché… amava Aiko e quello che invece il suo cuore si ostinava a provare, anche contro la sua volontà, gli sembrava quasi un tradimento alla sua memoria. Si era arrabbiato così tanto con Hiroshi e suo padre per aver osato suggerirgli di risposarsi ed ora… ora…
Si mosse con una lentezza estrema, chiudendo le imposte esterne del balcone del salotto e la pioggia era quasi del tutto cessata, ma le nuvole basse non permettevano di scorgere il cono del Fuji.
Portò le tazze in cucina, lasciandole nel lavello prima di tornare in salotto e spegnere il lume accanto al divano. La sua luce soffusa scomparve, lasciandolo immerso nel buio, che solo qualche bagliore esterno riusciva a fendere in spilli sottili, filtranti dagli spiragli delle imposte chiuse ma non serrate.
Si distese, incrociando le mani sotto la testa e fissando l’oscurità.
Non aveva amato nessun altra dopo Aiko.
Non aveva voluto amare nessun altra.
Era inconcepibile anche solo l’idea di una simile eventualità, ma ora… perché le cose dovevano essere diverse?
Perché Yoshiko era allegra e spensierata, forse?
Perché riusciva a farlo stare bene e rilassarlo?
Perché era riuscita a liberarlo dal peso che si portava dietro da anni?
Perché, maledizione!, tutto stava cambiando dentro di sé e si sentiva tremendamente in colpa per questo mutamento?
Doveva forse dire addio anche ad Aiko, insieme al ricordo del Ruiz?
La sola idea lo faceva sentire anche peggio, mentre rimaneva immerso nella confusione più totale. Sospirò profondamente, cercando di capire: cosa provava per Aiko?
Amore. Sicuro, niente da dire o pensare.
Cosa provava per Yoshiko?
Affetto… protezione nei suoi confronti…
Era attratto da lei?

Non lo sapeva.
O, meglio: lo sapeva, ma non riusciva ad ammetterlo e questo non faceva che farlo tornare al punto di partenza.
Si passò le mani sul viso, cambiando posizione e socchiudendo gli occhi.
Era inutile pensarci, la risposta a tutto già la conosceva: era un errore e lui non voleva più sbagliare.


[1]NOMENCLATURA: le eruzioni vulcaniche non sono tutte uguali, ovviamente, e vengono, quindi, classificate a seconda della loro tipologia. Quella del Vesuvio, del 79 d.C., si chiama ‘Pliniana’ da Plinio il Giovane che la descrisse in maniera perfetta per i mezzi dell’epoca.
Le pliniane sono eruzioni di tipo esplosivo, tra le più violente. La colonna di gas, polveri, ceneri e materiali vulcanici è compresa tra i 30 ed i 55 km di altezza.

[2]UNZEN: è un vulcano situato nella penisola di Shimabara. Ha un’attività di tipo Peleéano (eruttività esplosiva che prende il nome dal vulcano Peleé delle Antille, la cui colata piroclastica del 1902 uccise 28'000 persone) con produzione di nubi ardenti collassanti che si riversano sui fianchi del vulcano, formando colate piroclastiche. Nel 1991, una di queste uccise 38 persone, tra cui i coniugi Krafft, vulcanologi di fama mondiale. (Fonte: Tutto Vulcani di M. ROSI, P. PAPALE, L. LUPI, M. STOPPATO; edizioni: MONDADORI).


…E poi Bla bla bla…

Un parto.
Un vero ed unico parto questo capitolo.
Una fatica immane. Ore spese a scrivere, cancellare, riscrivere e tutto perché non mi piacevano le frasi, le parole, ogni cosa.
L’ho odiato e continuo a non esserne soddisfatta. O__O
Ma, grazie al cielo, l’ho finito XD se lo avessi visto ancora lo avrei strappato tutto e buttato i rimasugli nella carta straccia! XD
Avrò cambiato idea sì e no 6/7 volte su alcuni passaggi! XD
Così, i capitoli del 1° colpaccio sono finiti. *_* AMEN!
Spero non siano stati eccessivamente mielosi, in tal caso: gomen nasai! T_T
Per il resto… dite la verità, sentivate la mancanza delle ‘note tecniche’, vero?! XD
*__* eddai che sono pucciose!
Consolatevi: è probabile che il prossimo capitolo sia molto più breve! XD
Eeeeee… notizia stampa: il prossimo colpaccio sarà… al capitolo 18! *hihihihihihihi*

Prima di ringraziare i lettori, vi lascio due piccole note:

- La tragedia del 1985 è realmente avvenuta. Il lahar, staccatosi dal Nevado del Ruiz, ha distrutto la città di Armero dopo aver percorso circa 70 km, sommergendola sotto metri e metri di fango.
- La cittadina di Navidad non esiste, è solo un parto della mia fantasia. Riferimenti a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.

Ed ora, giusto per farvi ‘vedere’ ciò di cui ho parlato, questi sono: Colata Piroclastica e Lahar. (immagini trovate in internet, ovviamente. Il lahar, in particolare, è relativo al Mount S.Helens.).

 PS: mi scuso fin da ora per eventuali rallentamenti nella pubblicazione delle mie storie. Il fatto è che ho cominciato a lavorare alla tesi da un paio di settimane, a pieno regime (*__* l'eruzione del '44 del Vesuvio!), e sto in laboratorio dalla mattina al pomeriggio e, quando torno a casa, sono a pezzi! Riesco a buttar giù solo un paio di righe a sera. T__T
Vi comunico che ho già cominciato il capitolo 15, però devo prima finire le due parti del capitolo 5 di Elementia (per ora ho finito la prima e sono a buon punto con la seconda!).
Spero che continuerete a seguirmi, nonostante i rallentamenti! T___T
Grazie fin d'ora a tutte/i voi! ^___^Y


Angolino del "Grazie, lettori, grazie! XD":

- Hikarisan: come sempre, non posso non ringraziarti per l'affetto con cui stai seguendo questa fanfic! T__T e ne sono commossa! Davvero, grazie mille! E ti ringrazio anche dei complimenti che mi hai fatto! *^^*. Per quel che riguarda Taro... XDDDDD il capitolo 15 gli porterà il colpo di grazia, la famosa 'goccia' che farà traboccare il vaso della sua pazienza! *ghgh* NON sono perfida! *___* asssssssolutamente!!! XDDD

- Cloud: *____* che bello risentirti!! E sono contentissima che continui a seguire questa storia! *___* Ti ringrazio tantissimo dei complimenti! Ti dirò, quella scena non era in programma! XDDDD poi, come spesso accade, la penna prende il sopravvento sulla mia volontà, ecc ecc! XD E forse sono proprio queste cose nate all'ultimo momento che riescono a risultare più piacevoli! ^__^

Ed anche per questo capitolo è tutto! *__* grazie a tutti voi, lettori e recensori, vi auguro un felicissimo Natale, una buona fine ed un buon principio! ^^/

   
 
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