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Autore: Super Husbands    06/06/2013    1 recensioni
Il Mandarino è finalmente sconfitto, ma gli incubi di Tony Stark non sono certo finiti e tanto meno gli attacchi di panico. E allora, cosa c'è di meglio dell'affrontare i propri demoni a testa alta e con coraggio? D'altronde non è quello che fanno tutti i supereroi? Anche loro però - a volte - hanno bisogno di un aiuto. Che sia del tutto inaspettato be', questa è un'altra storia.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Di nuovo, salve a tutti!
Siamo finalmente arrivate al 5° capitolo! Ci spiace di non avr aggiornato ieri a mezzanotte, ma non sono riuscita a scrivere il capitolo e ieri sera l'ho preso come giorno di pausa causa birthday. ♥
Che dire, spero che non sia troppo OC e... non lo so, speriamo che vi piaccia. -paranoie a gogo-.
Grazie come sempre a tutti coloro che hanno letto, commentato e inserito la fanfiction nelle seguite e/o preferite! Siete fantastici, davvero. 
Come al solito, saremmo felici se ci faceste sapere cosa ne pensate e... niente, alla prossima! ♥
Cap, half of the Super Husbands.

Capitolo 5 - Invincible.



Steve si trovò di fronte ad una porta che non aveva mai visto, ma doveva necessariamente essere quella.
La Stark Tower aveva tantissime porte, dietro le quale si nascondeva anche il quartier generale degli Avengers, e Steve di certo non le aveva visitate tutte.
Con una mano, afferrò la grande maniglia dorata. Era lucidissima, senza nemmeno un graffio. Si vedeva che quel posto era curato giornalmente da capo a piedi.
La spinse verso il basso e la aprì, per poi richiudersela alle spalle.
A quanto sembrava era stato il primo ad arrivare, perchè non c'era nessun'altra forma di vita nei paraggi.
La stanza nella quale aveva appena fatto capolino era grande, addirittura più grande della stanza della palestra. Aveva il soffitto alto, liscio e bianco. Dava su una vetrata enorme, come quasi tutte le stanze.
A febbraio, il buio calava verso le quattro di pomeriggio, perciò ad ora di cena le strade erano già tutte illuminate scenicamente. Ogni volta che guardava quello spettacolo notturno si meravigliava di quanto fosse cambiata la sua America. 
Spostò lo sguardo dalla finestra alla stanza. Sulla sinistra, quasi nascosto nell'angolo, un pianoforte dall'aria abbandonata e i tasti coperti poggiava sul parquet.
A qualche metro da quello, invece, c'era un tavolo da biliardo. Le palline perfettamente in ordine, come le stecche. Anche questo aveva l'aria di essere un oggetto mai stato usato. Tentò di immaginare Tony giocare a biliardo, e il ruolo gli si addiceva tremendamente bene.
Sorrise, per poi scuotere la testa e proseguire con l'esaminazione. Dal lato opposto della stanza, decidsamente più vivo e accogliente, si trovava un caminetto scoppiettante. Steve non potè fare a meno di chiedersi quando fosse stato acceso, e soprattutto il perchè. Era vero che fuori faceva freddo, ma spesso e volentieri dentro al palazzo aveva girato a maniche corte. Il calore che emanava, però, non gli dispiaceva poi così tanto. Davanti a quello, c'era un tavolino basso di legno, sul quale erano appoggiate diverse bottiglie di vetro, sulle quali erano attaccate delle etichette scintillanti.
Infine, al centro della stanza, un tavolino apparecchiato per tre.
Le pareti erano di un caldo color crema, che si intonava con l'arredamento generale; su queste erano affissi diversi quadri, decisamente più belli di quelli che si trovavano nelle stanze degli ospiti.
Su uno ad esempio si trovavano diverse linee astratte, che al suo occhio però apparivano come una faccia di donna, il tutto colorato di verde, rosso e un fucsia sgargiante. Alla donna in verde mancavano alcuni alementi fondamentali, come gli occhi ad esempio, però gli sembrava che gli stesse sorridendo in maniera affascinante.
Proprio in quell'istante, la porta si spalancò, rivelando la figura di Tony seguita da quello che sembrava un cameriere.
– Togli un posto, a quanto pare gli ospiti provano piacere nel boicottare gli appuntamenti. – si lamentò, sbuffando.
L'uomo che era con lui eseguì gli ordini, per poi uscire dalla stanza.
– Clint non viene? –
– No, me ne vado io. Secondo te? – da quando era avvenuto il fattaccio, la sua sottile ironia si era trasformata in una crudeltà affettatrice. 
– Scusa. – rispose Steve, punto nel vivo.
Tony osservò per qualche secondo l'espressione dell'altro, poi alzò gli occhi al cielo e con un cenno della mano lo invitò a sedersi al tavolo.
– Allora, Paladino della giustizia, che hai fatto stamani di così importante da farti dileguare per tutta la giornata per le vie dell'affollata New York? –
– Che ne sai che mi sono dileguato per tutta la giornata a New York? Mi fai seguire? –
Tony ignorò beatamente le domande che gli aveva appena posto, proseguendo con le sue, di domande.
– Sei andato a salvare qualche scuola in fiamme? –
– Ho dovuto incastrare un tizio. – spiegò, passando sopra al fatto che avesse appena fatto finta che non esistesse.
– Allora immagino che avrai fame. – Tony piegò le labbra in un sorriso, e qualche minuto dopo, come se l'avesse chiamato, tornò il cameriere di prima con due piatti. Steve non sapeva cosa contenessero, non era troppo abituato al cibo dei miliardari.
Con il coltello, tentativo, tagliò la carne e ne prese un boccone.
– Stai meglio? –
– Secondo te? – Steve non disse niente.
– Non risponde al telefono, non ne vuole sapere. –
– Vi chiarirete... –
– Sì, e non intendo avere a che fare con lo S.H.I.E.L.D. per un po', finita questa storia. –
– Be'... da quando sei qui la cosa va decisamente meglio. Hai ripreso a dormire e non hai più paura delle abduzioni aliene o sbaglio? –
– Lo devo ammettere, un periodo di vacanza è stato... – scandagliò il suo vocabolario alla ricerca del termine più adatto. – ...è stato rilassante. Ma rilassante come non accadeva da tempo. Adesso, senza pensare a Pepper e il resto, ho dormito, non ho fatto assolutamente nulla per due settimane... ah, salvo sopportare certi imbecilli in tutina, ovvio. – 
– Grazie tante. – bofonchiò Steve, riprendendo a mangiare.
– Era un pezzo che non giravo per New York e, a dire la verità, non mi era mai capitato di farlo con un novantenne così arzillo. –
– Eppure, non sono io quello con la faccia piena di rughe. – Tony poggiò la forchetta, assumendo il solito tono da bambino troppo cresciuto – in quel caso, veramente troppo.
– Sono rughe d'espressione. –
– Già, infatti. Esprimono l'età avanzata. –
Tony puntò un dito accusatorio verso di lui
– Stai diventanto un po' troppo ironico per i miei gusti. –
– Che ci vuoi fare, passando il tempo con certi imbecilli in armatura... –
– Odio quando usano le mie frasi contro di me, non farlo più. – Steve alzò gli occhi al cielo, nascondendo un sorriso dietro al bordo del bicchiere.
– Certo che è triste bere acqua. – 
– Uno, il mio fegato mi ringrazia immensamente. Due, anche volendo sarebbe del tutto inutile. –
– Che brutta vita. – 
– Disse l'alcolizzato. –
– Non sono alcolizzato! –
– Come se non avessi letto i tuoi documenti. –
Tony sorrise, porgendosi appena verso di lui e portando l'ennesima sorsata del vino che era a tavola alle labbra. 
– E così, Capitan America va in giro a controllare le schede altrui. Non è molto professionale, sai? –
– Non è che l'ho fatto per divertimento, mi serviva... –
– Sì, ti serviva. Come no. –
– Nelle note c'è scritto anche che interpreti le cose – frasi, comandi, azioni, gesti – a modo tuo. Nelle note negative intendo. E superano di gran lunga quelle positive. – finì di mangiare, e il cameriere servì diverse altre portate.
Alla fine della cena, anche Steve, che aveva il metabolismo quattro volte più veloce di quello umano, stava scoppiando.
– Muoio... –
– Basta così poco per uccidere un supersoldato? – chiese il moro, alzandosi dalla sedia e cominciando a passeggiare di fronte alla grande vetrata. In cielo non si vedeva nemmeno una stella per via delle luci della città, che illuminavano tutto. Del resto New York era una città che non dormiva mai.
– Senti, Rogers, ti va di fare un giro? – gli chiese infine, voltandosi a guardarlo. Steve, che si era appena alzato dalla sedia, annuì lentamente.
 


– Sei sicuro che sai guidarla eh? E' tecnologia avanzata. –
– Oh, 'sta zitto! – borbottò Steve, accendendo il motore della moto. Era un gran bel modello, naturalmente procuratogli da Fury in persona; una delle prime cose che aveva visto, dopo il grande shock iniziale, nonchè una delle più familiari. Quando era nell'esercito, ne aveva una sua. Era stato – a suo tempo – il suo primo importante acquisto.
– Allora, devi dirmi dove andare. – fece.
– Sì, Capitano. – Tony salì dietro a lui, finendo di allacciarsi il casco. La moto partì e Steve cominciò a seguire alla lettera le indicazioni del navigatore improvvisato, sbagliando strada giusto un paio di volte. A suo dire, perchè Tony non era capace a dare indicazioni chiare, a sentire Tony invece, perchè Steve non lo interpretava abbastanza.
– Qui va bene? – chiese Steve, dopo una ventina di minuti di guida e slalom per strade buie.
– Può andare, cowboy. – commentò l'altro, che nel frattempo, per non cadere, aveva deciso di aggrapparsi al giacchetto di Steve. Gli sembrava uno di quelli che un texano, cinquant'anni fa, avrebbe messo tranquillamente.
– Il mio giacchetto è bellissimo. – sospirò l'altro, mettendo il cavalletto alla moto e sfilandosi il casco. Poi lanciò un'occhiata dritta di fronte a sè, rendendosi conto forse per la prima volta di dov'erano arrivati.
– Siamo... siamo in spiaggia? –
– Complimenti scienziato. – Steve non fece in tempo a ribattere, perchè l'altro era già schizzato verso il mare.
– Ehi, aspetta... – lo seguì in fretta, infilandosi le chiavi della moto in tasca. Il vento che tirava lì era freddo, e gli passava attraverso i vestiti facendogli venire la pelle d'oca.
Il mare era mosso, le onde schiumose si infrangevano sulla riva e di tanto in tanto qualche schizzo d'acqua li raggiungeva.
– Sai, anni fa... tanti, anni fa, andavo al mare quando avevo una giornata no. – spiegò Tony, tenendo lo sguardo puntato sul mare nero.
– Mi rilassava. Per questo ho costruito la mia casa su una scogliera. – continuò.
– E pure, a pensarci bene, era da tanto che non avevo del tempo materiale da passare in spiaggia. – sospirò.
– Forse dovresti prenderti più tempo. Sai, non è necessario che tu venga rapito dallo S.H.I.E.L.D. per fare una pausa. –
– Equivarrebbe a lasciare il lavoro sulle spalle di Pepper, e... –
– sbaglio o anche lei si prende del tempo? – domandò.
– No, non sbagli. – con un sospiro, lasciò cadere il discorso. 
Non distolse gli occhi dal mare, ma Steve riuscì chiaramente a vedere il velo di malinconia che li appannava.
Gli si avvicinò, poggiandogli una mano sulla spalla. Vederlo così combattuto gli faceva stringere il cuore, nonostante avesse sempre trovato Stark estremamente irritante e arrogante. 
Però, la sua era un'arroganza diversa da quella degli altri. Capiva che sotto ad ogni cosa che diceva c'era altro, che, anche se a volte risultava fastidioso, era perchè voleva apparire in quella maniera. Perchè voleva nascondere quello che pensava veramente, quello che provava. Sotto a tutto quel menefreghismo, alla figura autoritaria e solitaria che era, c'era dell'altro. Una persona diversa che, per brevi fortunati istanti, Steve era riuscito a scorgere. 
– Tony, ascolta. – cominciò.
– Sei umano. Anche tu hai bisogno di respirare, non puoi... non puoi sempre pretendere di salvare il mondo da solo, senza fare affidamento su nessuno. E' impossibile, te ne rendi conto? E probabilmente, la cosa più assurda, è che alla signorina Potts sembra andare bene. Dovrebbe saperlo meglio di te... e di me. Dopotutto, questa storia mi ha fatto capire diverse cose, ma... – si bloccò. 
– Se ti serve qualcuno su cui contare, qualcuno che non sia tu... – specificò, voltandosi verso di lui. – Puoi contare su di me. Giuro che non ti farò prediche moraliste su cosa è giusto o sbagliato o... o altro. Potrei darti una mano, magari. Anche se, effettivamente, non so come. Volevo solo che lo sapessi. – sospirò, abbassando lo sguardo. La sabbia era sottile e di tanto in tanto, per colpa del vento, qualche granello fluttuava nell'aria. Dopo diversi minuti di silenzio, Tony pronunciò solo due semplici parole.
– Grazie, Steve. – quel ringraziamento così sincero e allo stesso tempo rassegnato lo sorprese. Tony si stava voltando verso di lui proprio mentre l'altro stava alzando lo sguardo, trovandolo inaspettatamente più vicino di quello che aveva programmato. Dunque, con un unico, veloce movimento, poggiò le labbra sulle su quelle del ragazzo, chiudendole in un bacio;
In un primo momento Steve fu immobilizzato dalla sorpresa, e tentò di ribellarsi. Questo però, solo per qualche istante, perchè poi cedette anche lui al calore e la morbidezza delle labbra dell'altro. Tutto quello che riusciva a pensare, oltre ad una serie di strani brividi che gli correvano lungo la schiena, era il fatto che avesse un buon profumo. 
Non riuscì nemmeno a calcolare per quanto le loro labbra rimasero incollate in una danza terribilmente... dolce?
Quando si separarono, Steve continuò a sentire il formicolio lungo tutte le braccia e la schiena.
Sollevò lo sguardo, ancora stupito, sull'altro, aspettando che facesse qualcosa.
Invece, per un primo momento, lui rimase perfettamente immobile. Poi lo fissò, con uno sguardo decisamente più scioccato di quello che aveva il biondo.
– Forse dovremmo tornarcene a casa. – riuscì solo a dire, voltandogli le spalle.
  
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