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Autore: Blackmoody    06/06/2013    4 recensioni
Nel frattempo l’agente Hill si era spostata in un angolo, la fronte corrugata e due dita premute sul proprio auricolare come se stesse ascoltando qualcosa con estrema attenzione:
«Signori, devo interrompervi. Ho appena appreso novità importanti da Boston.» annunciò infatti, e i suoi occhi grigi saettarono nervosamente da Fury a Thor.
[...] «Diversi invasori sono stati uccisi prima che la nostra squadra di ricognizione giungesse in città, e non a opera dell’esercito o dei civili. Molti testimoni hanno confermato di aver visto un’auto decappottabile di marca italiana color verde oliva sfrecciare per le strade con a bordo due persone armate che hanno attaccato i nemici in almeno due differenti occasioni per poi scomparire verso le campagne. Una di esse portava in testa un elmo cornuto.»

Erin Anwar è una midgardiana giovane, brillante e arrogante. Non ha poteri o strani segreti, solo una mente particolare – e non brama l'asservimento. Non per se stessa, sicuramente. Il giorno in cui la sua strada incrocia quella di un certo dio asgardiano sarà un giorno che almeno due mondi ricorderanno a lungo.
Post-Avengers, diciassette capitoli, EPIC BADASSERY.
microcorrezioni 2O14
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Majestic Tale of the Mischief Maker and the Flute Maiden'
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15.

Dying is the day worth living for

 

 

 

 

 

 

Le pareti della cella andavano a stringersi man mano che salivano, fino a congiungersi nel loro punto più alto, e la nera roccia di cui erano fatte baluginava cupamente al lume dell’unica e debole fiaccola che rischiarava l’angusto ambiente.

Il Dio degli Inganni le percorse con lo sguardo per l’ennesima volta, infastidito dalla mancanza di vie di fuga da quel luogo che mal gli si addiceva: si trovava nelle segrete di quello che fino a tre giorni prima era stato il palazzo di Odino, rinchiuso tra gli impenetrabili strati di pietra e terra che si dipanavano nelle sue fondamenta e con la sola compagnia delle proprie tremende riflessioni. Avrebbe dovuto trovarsi nelle dorate sale che lo sovrastavano, adesso, acclamato e rispettato, ma Thanos il Rosso si era preso tutto ciò che aveva sperato e progettato di ottenere – Thanos che lo aveva battuto ancora, Thanos che aveva preso per sé entrambi i mondi che gli spettavano e che aveva ucciso coloro che lui soltanto avrebbe avuto il diritto di uccidere.

In verità non aveva visto niente coi propri occhi, dacché dopo il terribile colpo ricevuto si era ridestato nelle prigioni: era stato il titano in persona a riferirgli quell’infausto ammontare di notizie, godendo del suo livore e della sua inutile rabbia, descrivendogli la morte dei sovrani di Asgard e di decine tra dame, guerrieri e dignitari, e lo sbaragliamento del possente esercito del Valhalla e la conquista dell’Osservatorio che gli aveva permesso di riservare la medesima sorte ai Vendicatori e al Dio del Tuono. Così adesso Asgard e Midgard erano completamente soggiogati e suo il Tesseract, e il cosmo intero potenzialmente alla sua mercé.

Loki era l’ultimo rimasto capace di contrastare Thanos e dunque per ultimo questi lo avrebbe ammazzato, durante la cerimonia di trionfo che il figlio di Mentore si sarebbe concesso l’indomani per consacrare la propria indiscussa vittoria di fronte agli ormai inermi sudditi di Odino, gli stessi che assistendo alla morte del principe esiliato avrebbero provato compassione e tristezza, ritenendo troppo tardi preferibile la sua malignità al giogo del titano.

Il dio serrò i denti, furente, e nonostante il blocco magico che gravava sui sotterranei tentò di riflettere a mente lucida: era plausibile che Thanos gli stesse mentendo per confonderlo e piegare la sua volontà, e tuttavia non v’erano segni che indicassero che Thor e gli altri fossero ancora vivi o in grado di tirarlo fuori di lì; se fosse riuscito a liberarsi mentre lo trasferivano all’esterno per l’esecuzione avrebbe potuto appropriarsi del Cubo e scoprire come stavano invero le cose, magari addirittura ribaltandole a svantaggio del nemico, ma si rendeva conto alla perfezione che da solo e senza un valido aiuto sarebbe andato poco lontano.

I suoi pensieri si ancorarono d’improvviso sulla donna d’Irlanda, stringendogli la gola in una lieve morsa d’apprensione. Si domandò di nuovo se era riuscita a mettersi in salvo, se aveva trovato il modo di nascondersi o fuggire o se aveva piuttosto commesso una qualche idiozia impulsiva. Non tollerava l’idea che fosse perita ed era certo che Thanos non l’avesse mai menzionata, che nemmeno si rammentasse della sua esistenza, il che era positivo. Eppure, si disse subito dopo, quanto mai a lungo sarebbe sopravvissuta, umana e sola in un mondo sconosciuto e col proprio assediato e distante anni luce? Forse Erin Anwar non era straordinaria abbastanza, né lui pretendeva o si aspettava che lo fosse.

Poi immaginò un altro modo in cui i suoi sciocchi congiunti potevano aver perso la vita, e provando sconforto e invidia assieme capì cos’era la pena che il folle titano gli aveva promesso e infine inflitto: non dolore fisico o mentale, bensì lo sgomento e l’ira del vedersi sottrarre qualunque cosa, la gloria e la vendetta, il potere e la rivalsa, e finanche gli affetti e l’odio che per lui erano da sempre quasi indistinguibili. Gli aveva tolto persino l’opportunità di uccidere suo padre e suo fratello con le proprie mani, qualora il desiderio di farlo fosse divenuto impellente al punto di non potersi trattenere, e questo era l’affronto più grande.

In quella rumori confusi giunsero alle orecchie di Loki, grida soffocate e colpi metallici che sembravano provenire dai corridoi che serpeggiavano tra le celle, ed egli balzò in piedi con un accenno di sorriso sulle labbra secche. Il tumulto si avvicinò rapidamente alla porta di legno massiccio e ferro battuto che lo divideva dalle opportunità di rappresaglia che ancora aveva e il ghigno gli si allargò sul volto: gli era parso di riconoscere la voce di Sif, là fuori.

Ma quando il legno e il ferro si spaccarono, liberando la soglia, e le sagome della dama guerriera e di Hogun il Taciturno emersero dalla polvere provocata dall’impatto, lo stupore gli mozzò il respiro nei polmoni per un istante – poiché in mezzo a loro stava l’irlandese, scarmigliata e smagrita e non per questo priva della sua consueta arroganza, le iridi fiammeggianti. Brandiva fieramente il flauto e lo scettro che il dio credeva d’aver smarrito, e la sua espressione tradiva un sollievo troppo profondo per essere descritto a parole.

Tuttavia sorrise sfrontata e gli si avvicinò porgendogli la lancia:

« Ciao, dolcezza. » esordì in un’arguta e midgardiana citazione.

 

 

Erin fissò gravemente l’ombra del colonnato sotto il quale era scomparso Loki, stordita dal contrasto tra la quiete innaturale che regnava nel cortile e il clamore degli scontri che all’esterno del palazzo non accennavano a diminuire. Aveva un fastidioso bisogno di arrendersi alla tentazione di seguirlo dentro la reggia, ignorando la sua richiesta di tenersi al sicuro, e fu solo la paura informe che aveva del titano a far sì che rinunciasse all’idea.

Scelse quindi di spostarsi con cautela verso il campo di battaglia, dato che paradossalmente la prospettiva di starsene rannicchiata in un angolo a fantasticare sul come e il quando i nemici l’avrebbero scovata e catturata le risultava più insopportabile di qualunque altro rischio. Contrasse le dita, misteriosamente fredde, sul metallo del flauto, che tintinnò contro quello dei parabracci facendola sussultare: si disse che il suo divino compagno avrebbe portato a termine la sua missione in tutta fretta e che l’avrebbe presto recuperata, e poi si sarebbero goduti il trionfo che spettava loro sin dall’inizio; si trattava di resistere una manciata di minuti, una mezz’ora al massimo, e magari di guadagnarsi una parte di gloria personale battendosi come la Furia Irlandese che era in mezzo ad alieni e asgardiani.

Rincuorata appena da quel pensiero, Erin imprecò per darsi coraggio e corse verso i cancelli con un ruggito, lo strumento alzato sopra la testa e sfavillante come una fiamma bianca. Giunse alle spalle di un manipolo di kree, cogliendoli alla sprovvista, e si fece strada in quell’intrico di corpi e armi menando colpi a più non posso – tanto che in molti la notarono, tra i difensori, figura esile e chiara comparsa dal niente. Resistette più a lungo che potè, muovendosi quasi alla cieca, eppure lo scontro sembrava non evolvere in alcun modo e non era facile capire quale delle due fazioni avesse avuto la meglio sino ad allora, mentre il cielo andava oscurandosi progressivamente di crepuscolo e navi ostili.

D’improvviso una forte deflagrazione proveniente dal palazzo sovrastò ogni altro suono e tutti si bloccarono; Erin sollevò il capo di scatto verso le torri dorate ben sapendo che qualcosa, là dentro, era per forza accaduto, e fu certa che Loki si sarebbe mostrato a momenti.

Ma colui che avanzò ghignante e temibile fino al parapetto di una delle balconate d’onore non fu il Dio degli Inganni: fu invece Thanos il Rosso, l’armatura annerita da sangue altrui e il Tesseract che baluginava gelido tra le sue mani, e al vederlo i suoi soldati lanciarono un boato trionfante e gli asgardiani proruppero in grida sgomente e rabbiose, e nella testa della ragazza di Galway esplose una bolla di vuoto. Vacillò, e come attraverso una massa d’acqua udì il titano annunciare la propria vittoria e la caduta dei sovrani del Valhalla e intimare la resa dell’esercito avversario. I guerrieri fedeli al Padre degli Dei però urlarono in risposta e tentarono un ultimo e ormai vano contrattacco, e l’irlandese annaspò in cerca di una via d’uscita dalla calca; incespicò fortunosamente verso il cortile da cui era venuta e lo attraversò correndo, attonita e dolorante, e senza sapere cosa stesse facendo né dove stesse andando imboccò un cancello minore che si apriva sul lato opposto a quello dell’entrata principale.

Scese una scala, cadde e si rialzò, e continuando a correre si ritrovò nei giardini reali, desolati e con tracce di battaglia a rovinarne lo sfarzo e le mille fontane. Riusciva a pensare soltanto alle tremende parole di Thanos e al loro significato, e all’esplosione di poco prima: Loki era stato sconfitto e probabilmente ucciso, e lei era sola e inerme in un posto sconosciuto e ostile e in una situazione di merda da cui non sarebbe mai uscita indenne.

I suoi piedi incapparono in un ostacolo ed Erin rovinò a terra per la seconda volta:

« Vaffanculo! » sbraitò con voce rotta e con la faccia affondata nell’erba, gli occhi brucianti per la polvere e le lacrime trattenute. Non lo rivedrò più, si ripetè, non lo rivedrò davvero più.

Tastò il terreno per rimettersi in piedi e le sue dita toccarono qualcosa di freddo e liscio e di forma oblunga, e con notevole sorpresa riconobbe lo scettro del dio nella sua forma corta; doveva essere caduto da uno dei terrazzi, scagliato all’esterno dall’onda d’urto dello scoppio, e sebbene ciò confermasse la peggiore delle ipotesi ch’ella aveva preso in considerazione l’avere quell’oggetto tra le mani le diede coraggio. Si sarebbe nascosta, decise l’irlandese, e avrebbe atteso qualche giorno per scoprire cos’era successo realmente e se aveva o avevano qualche speranza di sottrarsi alla sorte che Thanos sembrava aver tracciato per loro – oppure sarebbe tornata sulla Terra, si disse, ma non senza aver prima fatto il possibile e finanche l’impossibile per ricongiungersi col suo divino compagno.

Con entrambe le armi in pugno si addentrò ulteriormente nel parco della reggia, i muscoli tesi per il timore d’incontrare squadroni di ricognizione o ulteriori schermaglie e riflettendo su dove potersi rifugiare: restare dentro il perimetro della dimora di Odino le avrebbe garantito maggiore vicinanza a Loki e contemporaneamente al nemico, ed era troppo rischioso.

Allora seguitò a camminare furtiva, tra alberi e prati e bacini d’acqua e cadaveri di soldati e cortigiani che giacevano grottescamente tra l’erba calpestata, e si trovò infine davanti ad un alto muro aureo e ad un portale secondario che si affacciava sulle guglie e cupole della città; un ponte sottile collegava le due parti, ed Erin concluse tra sé che mimetizzarsi tra la gente di Asgard le sarebbe tornato utile per più d’un motivo. Guardandosi attorno vide altri caduti, e vincendo la lieve repulsione che provava trafugò in fretta dai corpi esanimi un paio di manti, una cinta e un pugnale, il cuore pulsante in gola e la testa che le girava. Gettò un’ultima occhiata alla mole d’oro che la sovrastava e rapida corse via lungo il ponte, sagoma silenziosa e minuta sotto la cappa scura della notte in arrivo e dell’infausta guerra.

 

 

Trascorsero così due giorni, lenti ed estenuanti nella loro angoscia. La resa degli asgardiani fu invece celere e pressoché indolore, poiché l’apprendere l’uccisione dei sovrani e la disfatta dell’esercito tolse agli abitanti del Valhalla ogni intento di reagire.

Erin indossò uno dei mantelli presi nei giardini e nell’altro avvolse lo scettro per celarlo agli sguardi delle pattuglie del titano, mentre con la cintura si assicurò il flauto e lo stiletto alla vita. La gente dovette scambiarla per una guerriera o una dama in fuga e riuscì pertanto a procurarsi cibo e qualche aiuto senza dare nell’occhio; sembrava inoltre che nessun invasore badasse a lei o le desse la caccia come facevano con i soldati di Odino scampati al massacro, forse perché non sapevano della sua esistenza o non se ne curavano, dacché era umana. Non avevano tutti i torti, borbottava la musicista di Galway: era furiosa e spaventata e sapeva per certo che non avrebbe resistito a lungo mangiando e dormendo a malapena, senza lavarsi e coi nervi sempre in allerta. In quello stato non avrebbe nuociuto a nessuno.

Le voci che giravano per le strade e le isole della capitale erano vaghe e allarmanti. Si parlava della conquista dell’Osservatorio e di conseguenza di Midgard, della morte di Thor e di altri tra gli eroi terrestri e del trionfo che Thanos il Rosso stava organizzando per celebrare la propria schiacciante vittoria di fronte a coloro che aveva soggiogato. C’era chi diceva che il principe dall’elmo cornuto fosse perito come il resto della famiglia reale, chi era convinto che fosse alleato del titano e chi affermava che era tenuto prigioniero nelle fondamenta della reggia; qualcuno fece riferimento al Cubo ed Erin si chiese quali fossero gli effettivi poteri di esso, se non fosse la chiave per sbrogliare quella matassa da incubo in cui si trovava. Non dava eccessivo peso alle congetture degli asgardiani e desiderava fonti attendibili dalle quali apprendere la verità, e tremava per amici e parenti e per la propria casa, oltre che per Loki.

Vagò tra le vie e gli alti palazzi anneriti senza una meta precisa, aspettando di nuovo un segnale o un indizio che forse non avrebbe neppure riconosciuto, e al sorgere del sole del terzo dì si azzardò a spingersi su un’altura isolata per osservare meglio quello che la circondava: si acquattò presso un folto d’alberi, le orecchie pronte a cogliere suoni di cui preoccuparsi, e vide Asgard scintillare debolmente innanzi a sé, una distesa di edifici maestosi, acque e colline che si perdeva all’orizzonte sino a confondersi coi monti lontani nella caligine del mattino; qua e là si levavano ancora scie di fumo, sintomi di scontri notturni, e al centro di quel panorama si ergeva la massa dorata della reggia, austera e all’apparenza incrollabile. Il cuore dell’irlandese vibrò di eccitazione non richiesta di fronte allo spettacolo che le colmava gli occhi, così simile a ciò che da sempre si era immaginata leggendo le storie che amava, così solenne e antico e ignoto – e di colpo il cuore le piombò nello stomaco al pensiero del Dio degli Inganni di cui più niente sapeva e che troppo le mancava.

Alle sue spalle vi fu un un sommesso scricchiolìo che la fece sobbalzare, tesa come una corda del violino di Sylvia, e di scatto si voltò rimanendo accucciata a terra: qualcuno si era mosso tra la vegetazione a pochi passi da lei e ora tratteneva il respiro, celato dal verde e dall’ombra. Se si fosse trattato di uno scagnozzo di Thanos non si sarebbe certo premurato di tenderle un agguato prima di balzarle addosso per sgozzarla, ma la prudenza non era mai troppa ed Erin impugnò con entrambe le mani lo scettro di Loki senza sfilarlo dalla stoffa che l’avvolgeva.

Tornò quindi in posizione eretta e si addentrò nel boschetto seguendo l’eco dello scricchiolare di poco prima, e non appena avvertì frusciare le fronde dietro di sé piroettò rapida su un piede fendendo l’aria con l’arma infagottata; l’oggetto cozzò contro un ostacolo metallico e la flautista si ritrovò a fissare con stupore un paio di scure iridi fiammeggianti e il bellissimo viso di una donna in abiti da guerra che brandiva una corta spada. A lei si accompagnava un uomo dai tratti che su Midgard si sarebbero detti asiatici, ed erano entrambi impolverati e malmessi al pari di Erin. Quest’ultima rilassò i muscoli delle braccia:

« Asgardiani! » esclamò sollevata abbassando il bastone.

« Come te, suppongo. » ribatté la donna imitandola e studiandola con attenzione.

L’irlandese fece spallucce: « Non proprio, ma non ha importanza. »

« Sif, è lei, è la Dama del Flauto. » s’intromise l’altro guerriero: « È la donna mortale giunta con Loki durante la battaglia a palazzo, la fanciulla che viaggia con lui. »

Erin inarcò un sopracciglio, divertita da quella lista di epiteti altisonanti, e colei che rispondeva al nome di Sif parve gradire la notizia tanto da abbozzare un sorriso:

« Allora è il fato che ha voluto che finalmente t’incontrassimo. » decretò.

« O più semplicemente il fatto che ci stiamo tutti e tre nascondendo come fottuti topi. » disse la musicista con sprezzante amarezza; « Comunque mi chiamo Erin Anwar. »

L’uomo chinò il capo in segno di rispetto: « Io sono Hogun e questa è Lady Sif, guerrieri della casa di Odino e amici d’infanzia dei suoi figli. Avevamo due fidati compagni, Fandral e Volstagg, ma abbiamo perduto ogni loro traccia dopo la disfatta dell’esercito. »

« Sì, Loki mi ha raccontato di voi. » borbottò Erin con una vena di sarcasmo.

« Siamo riusciti a fuggire prima di essere catturati e adesso siamo braccati come gli altri fuggiaschi scampati alla furia dei soldati del titano. Abbiamo tentato di restare in città per trovare compagni d’arme e punti deboli del nemico, ma ci hanno scoperti e da due giorni ce ne stiamo rifugiati qui inutilmente. » proseguì Sif. « A te cos’è accaduto, Erin Anwar? »

« Sono scappata attraverso i giardini della reggia, mi sono camuffata e ho vagato per le strade raccogliendo informazioni che non mi sono servite a niente. Credo che nessuno mi stia braccando e credo che a nessuno skrull importi di un’umana dispersa in un mondo di dèi. Sono salita quassù soltanto per dare un’occhiata in giro. » rispose lei. Il sole si stava facendo più alto nel cielo e i suoi raggi iniziavano a penetrare attraverso il fogliame.

« Sei una creatura valorosa, Dama del Flauto. » mormorò Hogun.

Erin lo guardò e gli sorrise: « Valorosa non saprei. Ma ditemi, cosa c’è di vero in ciò che si dice in giro? Ho udito versioni estremamente discordanti circa l’attuale stato delle cose. »

La guerriera rinfoderò la propria arma e prese a camminare sul posto, corrucciata:

« Il Padre degli Dei e la sua sposa sono morti per mano di Thanos medesimo, e Thor è caduto combattendo su Midgard. I nostri eserciti sono stati decimati e così quelli della tua gente, e Loki è stato rinchiuso nei sotterranei della reggia. Anche il Bifröst è stato conquistato. »

« Dunque Loki è vivo. » quasi gridò l’irlandese col battito cardiaco conficcato in gola.

« Non lo sarà ancora per molto, temo. » interloquì gravemente Hogun.

Erin lo ignorò: « Siete proprio certi che Odino, la regina, Thor e i Vendicatori siano morti? Avete forse visto i loro corpi? Non potrebbero essere stati imprigionati come Loki? »

« Non abbiamo visto alcun corpo, all’infuori di quelli dei nostri soldati. » rispose Sif; « Eppure, potrebbe essere altrimenti? Se fossero ancora vivi sarebbero ricomparsi per incitare gli animi e scacciare il nemico, e se fossero prigionieri perché Thanos avrebbe annunciato il solo supplizio di Loki per domani? No, Erin Anwar, sono periti e non v’è speme per noi. »

La musicista sussultò come se una frusta le avesse sferzato la schiena:

« Supplizio? Che supplizio? Sapevo del trionfo che quello stronzo si è organizzato, non di una qualche cazzo di esecuzione. » proruppe in tono strozzato, la fronte imperlata di sudore.

Sif parve esitare un istante, probabilmente disorientata dai turpiloqui della ragazza di Galway: « Thanos lo farà giustiziare sulla pubblica piazza durante la cerimonia di domani. Sarà la sua consacrazione, e sarà definitiva. Loki è l’unico che potrebbe ancora contrastarlo. » disse.

Gli occhi di Erin dardeggiarono inquieti nella penombra verde screziata d’oro in cui i tre erano immersi e per un po’ nessuno parlò. Non è ancora morto, ripetè tra sé l’irlandese per mantenersi calma, e non lo sarà fino a domani. Un giorno soltanto la divideva dall’inevitabile e un giorno soltanto le era concesso per renderlo vano, e il solo modo per farlo o quantomeno tentare era talmente folle da risultare allettante. Erin riprese perciò la parola:

« Bene. Dobbiamo liberarlo. » affermò con ovvietà.

« Vorresti irrompere tra le file di guardie armate mentre lo conducono al patibolo? » scattò Sif serrando i pugni: « Finiremmo in catene e moriremmo assieme a lui! »

L’altra piegò la testa di lato con un ghigno leggero: « Non nego che mi piacerebbe un sacco riuscire in un’impresa del genere, ma non era a questo che pensavo. Vorrei piuttosto organizzare un’evasione in grande stile prima che il sole sorga di nuovo. »

« Anche questo è troppo rischioso. » commentò lugubremente Hogun.

L’irlandese non seppe reprimere un moto di stizza e alzò la voce: « C’è qualcosa che non sia rischioso nella situazione di merda in cui siamo? Io non ho intenzione di lasciarlo morire e non me ne andrò senza di lui, dovessi infilarmi da sola in quelle prigioni. »

« Dunque tu lo ami. » constatò la guerriera, meravigliata e colpita dalla sua fierezza.

« Sì. Sì, è così. » rispose semplicemente Erin fissandola; « Però c’è dell’altro, perché come tu stessa hai detto Loki è l’unico rimasto in grado di contrastare Thanos e le sue macchinazioni. Sono convinta che il dannato Tesseract sia la chiave di tutto, e se Loki ci metterà le mani saprà cosa fare. Potrei provarci io se sapessi come utilizzare questa. », e nel dirlo liberò la punta dello scettro dalla stoffa del manto che lo celava. Il metallo e la bolla blu scintillarono freddi tra gli alberi e i due asgardiani trattennero il respiro:

« Loki ti ha affidato la sua arma? » si stupì Hogun, e al contempo Sif le chiese per quale motivo era tanto sicura che il bastone avrebbe funzionato contro il potere del Cubo.

« So che durante la battaglia di New York è stato lo scettro a provocare la chiusura del varco tra i mondi aperto dal Tesseract e attraverso cui le truppe di Thanos si riversavano sulla città. Se anche adesso il Cubo è in azione credo che la lancia potrebbe fermarlo di nuovo. » spiegò la flautista, tralasciando il dettaglio che non era stato il dio a compiere quell’eroico gesto; ignorava quanto e cosa i due sapessero circa le azioni di Loki su e contro Midgard, e non sarebbe stata lei a sollevare spinose questioni riguardanti i suoi trascorsi.

Sif si accigliò: « Il Cubo non può riportare in vita i morti. » disse.

« Forse no, eppure continuo a sospettare che resettarlo servirà a qualcosa. » concluse Erin; poi notò le espressioni scettiche che adombravano i lineamenti dei suoi interlocutori e ricoprendo la punta della lancia aggiunse: « Ascoltate, tra noi non c’è alcun tipo di legame e so bene che tra voi e Loki non corre esattamente buon sangue. Perciò se non ve la sentite di esporvi per lui, se avete un altro piano o se non ve ne importa nulla non mi metterò certo in ginocchio per implorarvi di aiutarmi. Ho una paura fottuta ma non mi tirerò indietro, quindi ditemi dov’è l’entrata dei sotterranei e per il resto mi arrangerò da sola, e buona fortuna a voi. »

« Ti prego di non offenderci, Dama del Flauto. » interloquì Hogun fermamente: « Sebbene Loki si sia macchiato di tremende colpe è pur sempre il fratello di Thor, un principe e figlio di re, e noi siamo leali alla casa del Padre degli Dei. Siamo guerrieri d’onore, e così come Loki è tornato per salvare Asgard noi ti appoggeremo per salvare lui. »

L’irlandese sorrise baldanzosa, contenta di averli convinti, e Sif annuì: « Dovremo però studiare un piano perfetto, dacché saremo in tre contro un intero esercito. » precisò.

« Se mi è permesso contraddirvi, nobili signori, saremo almeno in quattro. » fece una voce profonda e rassicurante alle loro spalle, e nel girarsi in fretta con le armi in pugno i tre si trovarono faccia a faccia con l’armatura aurea e gli occhi d’ambra di Heimdall.

 

 

Il Guardiano, che li aveva trovati dopo giorni di furtive e minuziose ricerche, riferì loro molte cose interessanti e terribili. Narrò la caduta dell’Osservatorio e di come fosse fuggito appena in tempo per non cadere a sua volta; descrisse gli orrori cui le sue iridi che tutto vedevano avevano assistito e il senso d’impotenza che lo aveva pervaso quando si era reso conto che nulla avrebbe potuto fare per evitarli.

Aveva scorto i corpi privi di vita dei sovrani e degli eroi, e tuttavia il modo in cui erano periti non gli era chiaro, non era riuscito a scorgerlo: sembrava che una sorta di velo impercettibile cingesse ogni cosa, disse, e neppure lui era in grado di oltrepassarlo.

Discussero poi della strategia da adottare per liberare Loki, e Heimdall rivelò di essere in contatto con un numeroso gruppo di soldati fuggiaschi che si nascondevano all’altro capo della città e che sarebbero stati utili per organizzare un diversivo che distraesse le guardie di Thanos. Sif, che lo ascoltava con grande attenzione, raccolse un ramo e tratteggiò rapidi segni su una porzione di terreno in cui non cresceva l’erba:

« Le segrete della reggia hanno due ingressi esterni, uno principale e uno secondario. Se tu e i tuoi uomini attaccherete il primo, Heimdall, dando l’impressione di voler penetrare nei sotterranei, i nemici ivi si concentreranno e si cureranno meno dell’entrata minore. » illustrò in tono esperto; « Io, Hogun ed Erin Anwar ci introdurremo all’interno da lì e voi li terrete impegnati quanto più potrete per darci il tempo di trovare il principe e farlo uscire. Una volta fuori ci ricongiungeremo e decideremo sul da farsi. Pensi che ti sarà possibile radunare i nostri compagni d’arme entro questa notte? »

Heimdall assentì: « Al tramonto saremo pronti a muoverci, Lady Sif. »

« Riuscirai però a convincerli a mettere a repentaglio le loro vite per preservare quella di Loki? Sai meglio di me come in molti ancora lo vedano, nel regno. » interloquì Hogun.

L’irlandese sentì il sangue ribollirle nelle vene e fece per contestare l’insinuazione del guerriero, per sensata che fosse, ma inaspettatamente il gigantesco custode la prevenne:

« Chi ancora ritiene Loki una minaccia è stolto o cieco, considerato ciò che ha fatto dopo e durante l’esilio, e chi non si fida di lui si fiderà comunque della mia parola e lealtà. »

I due asgardiani parvero soddisfatti di tale risposta ed Erin sogghignò tra sé con diversa ed egual soddisfazione. Vennero presi gli ultimi accordi e l’inizio della sortita venne fissato per il calar del sole; fino ad allora nessuno dei quattro avrebbe dovuto esporsi inutilmente.

« Siamo un po’ i partigiani di Asgard, noialtri. » se ne uscì la musicista con un certo orgoglio mentre prendevano congedo da Heimdall.

« Chi sono i partigiani, Erin Anwar? » questi le domandò.

« Persone comuni che agendo di nascosto e contrastando un esercito hanno contribuito a fermare una terribile guerra su Midgard, tempo fa. » disse lei spiccia.

« Un giorno dovrai narrarci le molte gesta del tuo popolo. » la pregò la guerriera.

Erin scrollò le spalle e sorrise: « Un giorno. » ripeté con una punta di maliconia nella voce.

Così si separarono, e le ore trascorsero lente verso la sera portando con sé un’ansia crescente. Sif e Hogun curarono le proprie armi e conversarono piano di cose che l’irlandese non riuscì a comprendere del tutto; lei dal canto suo fremette e scalpitò, come al solito divisa tra adrenalina e paura, e scambiò coi suoi improvvisati alleati poche, ulteriori parole.

Quando il cielo iniziò a tingersi di fuoco all’orizzonte e il sole si fece basso nella volta celeste, i tre abbandonarono cautamente il sicuro rifugio della vegetazione e scesero verso la città evitando le strade principali: le piazze centrali erano già state approntate per il trionfo dell’indomani e pullulavano di soldati del titano col preciso ordine di controllare che niente e nessuno sabotasse la cerimonia. Col favore del crepuscolo in arrivo e dell’ombra che i manti e i cappucci gettavano sui loro volti, e avvantaggiati dal fatto che la maggior parte delle guardie si concentrava nel centro della capitale e nei pressi del palazzo, la musicista e i due asgardiani riuscirono a passare inosservati e ad avvicinarsi alla reggia quanto bastava per scorgere entrambi gli ingressi alle prigioni, che si aprivano nel fianco dell’altura. Si acquattarono presso alcune macerie abbandonate vicino a uno dei ponti che conducevano al regio colle e quivi attesero l’arrivo di Heimdall e dei suoi uomini trattenendo il respiro: nessuno dei tre era sicuro che sarebbero arrivati, che il Guardiano li avesse convinti, e non lo furono finché le sagome possenti di un centinaio di guerrieri non comparvero sul ponte parallelo a quello che avevano di fronte. Volstagg e Fandral non erano tra loro, notò Hogun a denti stretti, ma erano tutti armati e agguerriti, e nella luce rossastra del tramonto l’alta figura di Heimdall levò in aria la propria picca e il suo grido d’attacco riecheggiò sulle acque placide di Asgard, e coloro che lo seguivano lo imitarono e il giorno morente vibrò delle loro voci possenti. Erin non seppe trattenere un sogghigno battagliero e i chitauri e i kree che presidiavano le porte dei sotterranei urlarono di rimando dando l’allerta.

Gli asgardiani si lanciarono verso l’entrata maggiore e le armature delle due fazioni cozzarono le une contro le altre con grande fragore; l’allarme si diffuse in fretta in tutti i livelli più bassi delle mura del palazzo e presto all’ingresso secondario rimasero soltanto tre chitauri.

« Uno per ciascuno di noi. Andiamo! » ruggì Sif sguainando la spada e alzando lo scudo.

L’irlandese strappò la stoffa che ricopriva lo scettro di Loki e sfilò il flauto dalla cintura, e Hogun fece roteare con gusto la propria mazza chiodata. In silenzio e piegati in avanti, protetti dalla balaustra del ponte, i tre ne raggiunsero l’estremità opposta: Erin avrebbe voluto agire per ultima osservando l’esempio dei suoi ben più esperti compagni, ma la dama guerriera fu categorica nell’affermare che muovendosi come un sol uomo i nemici non avrebbero potuto fermarli. Allora il trio balzò sulle sentinelle prendendole alle spalle e le colpì rapidamente e con successo – e nel vedere il proprio chitauro rovinare a terra in una pozza di sangue, trapassato dalla lama acuminata del bastone, Erin si rese vagamente conto di aver dato con certezza la morte a qualcuno per la prima volta in vita sua e di aver trovato quasi gradevole la sensazione dell’acciaio che squarciava la carne dell’avversario, e non se ne curò.

Sif tolse un pesante mazzo di chiavi dalla bandoliera di uno dei caduti, più per precauzione che per reale utilità, quindi Hogun spalancò il portone con un calcio ben assestato e i tre si lanciarono a rotta di collo giù per le scale che penetravano nei meandri delle segrete: percorsero corridoi alti e stretti scavati nella nuda roccia e ancora uccisero i nemici che tentarono di sbarrare loro la strada nel guizzante baluginare delle torce; avrebbero voluto liberare altri detenuti durante quella folle corsa, ma i minuti correvano più inesorabili di loro e non ci sarebbe voluto molto prima che i soldati di Thanos che contrastavano Heimdall e i suoi si accorgessero del diversivo. La ragazza di Galway aveva i polmoni in fiamme e lo stomaco stretto in una morsa alla prospettiva di poter finalmente rivedere il viso e gli occhi ardenti e il sorriso scaltro del Dio degli Inganni, e di udire la sua voce. Era un pensiero idiota e bello, e per non distrarsi si piantò una manata in testa come aveva fatto quella mattina di un distante e luminoso mese di maggio, quando si era incantata a guardarlo dormiente e sereno nella sua piccola camera degli ospiti. Le sembrava che fosse accaduto secoli addietro.

Capire in quale cella tenevano prigioniero il principe non fu difficile: era la più interna e la più sorvegliata, e raggiungerne la soglia richiese un serrato combattimento da cui nessuno dei tre uscì completamente indenne. Tuttavia ci riuscirono e abbatterono la porta mandandone in mille pezzi il legno massiccio e il ferro battuto, e una risata di sollievo solleticò la gola di Erin nel riconoscere la sagoma fiera di Loki oltre il pulviscolo. Godette della sua espressione di totale sorpresa e una sciocca citazione che lei sola avrebbe colto le salì alle labbra mentre gli sorrideva: « Ciao, dolcezza. » disse.

 

 

« Non possiamo tornare da dove siete venuti. » sentenziò il dio non appena furono usciti dalla stanza di pietra; « Gli scagnozzi di Thanos avranno capito il trucco e ci attenderanno al varco. Dobbiamo utilizzare i passaggi interni. »

« Entrare nella reggia adesso significherebbe consegnarci spontaneamente a lui! » proruppe Hogun sgranando gli occhi, e Sif assentì per dargli manforte.

Loki li fissò di sbieco: « Conosco i rischi cui andiamo incontro. Avete forse un piano migliore di questo per non farci catturare mandando in fumo l’impresa che avete compiuto? »

Era un velato complimento e un ringraziarli per ciò che avevano fatto per lui, o tale voleva suonare, e i due guerrieri ne furono colpiti e si arresero; Erin immaginò che vi fosse un qualche altro motivo per il quale il suo ritrovato compagno intendeva penetrare nel palazzo, ma nulla chiese e si limitò a indicare il corridoio da cui erano giunti e che ora riecheggiava di passi e tintinii metallici e versi rabbiosi che si avvicinavano a loro:

« Arrivano. » annunciò con voce gutturale.

Il Dio degli Inganni la prese per un braccio e imboccò un’apertura ad arco che si spalancava buia nella parete alla loro destra, e Sif e Hogun tennero loro dietro. Risalirono veloci verso la superficie seguendo erti cunicoli e rampe di scale che si facevano via via più larghe, uccidendo chi si frapponeva tra loro e la loro meta. La notte intanto calava su Asgard e gli invasori parevano preda di un’agitazione senza precedenti dovuta alle azioni combinate del trio e dell’impavida truppa capeggiata da Heimdall.

Poi i quattro fuggitivi sbucarono in un cortile interno ben più piccolo di quello in cui il principe e la flautista si erano separati il giorno della battaglia, e poiché al momento non v’erano presenze ostili si concessero una pausa e sedettero sul candido lastricato per calmare i propri respiri congestionati; il cielo era nero sopra di loro e cupo l’oro delle torri del palazzo.

« Dobbiamo andarcene da qui e ricongiungerci con Heimdall. » ansimò la guerriera.

« Per poi andare dove, di grazia? » se ne uscì Loki, tagliente.

Lei sembrò rifletterci su: « Ancora non so, ma dobbiamo lasciare la Dimora degli Dei. Potremmo provare a riconquistare l’Osservatorio e mantenere la posizione il tempo necessario per utilizzare il Bifröst. Oppure potresti guidarci attraverso quei passaggi oscuri tra i mondi che tu solo conosci, e aspettare lontano da qui che i tempi siano maturi per riprenderci il regno. »

« Non essere ridicola. » la freddò il dio: « Se anche fossimo in grado di scacciare i nemici dall’Osservatorio il prode Heimdall sarebbe costretto a sacrificarsi per permetterci di fuggire, e dubito che vogliate avere la sua vita sulla coscienza. Come se ciò non bastasse, il Ponte potrebbe condurci unicamente su Midgard, adesso, e poiché Midgard è bottino di Thanos al pari di Asgard la nostra condizione non cambierebbe molto. Potrei condurvi in un altro reame, questo è vero, eppure niente ci assicura che un dì potremo fare ritorno né che i tempi saranno mai maturi per liberare il Valhalla dal giogo del titano. Inoltre, » aggiunse guardando gravemente Erin, « un simile viaggio non equivale a percorrere il Bifröst, e dubito che la donna d’Irlanda sopravviverebbe ad esso. »

Aveva ragione, e cadde il silenzio. Distanti si udivano suoni di scontri, segno che il custode e i suoi uomini non erano ancora stati sconfitti, e infine Hogun mormorò:

« Cosa suggerisci di fare, dunque? »

« Thanos va affrontato qui e ora. Se il Cubo è la chiave di tutto so come annientarne il potere. Se così non fosse tenterò almeno di avere la mia vendetta. » rispose Loki.

« È quello che sostengo io da giorni. » puntualizzò l’irlandese compiaciuta.

« E se fallissi? Cosa mai ci accadrebbe? » tentennò la dama guerriera.

« E se invece vincessi? La mia famiglia è stata annientata, il mio regno è caduto e noi siamo braccati come bestie dai cacciatori. Comunque vadano le cose, io non ho niente da perdere. » egli ribattè con fermezza, e alzandosi in piedi attese di apprendere la loro decisione.

Senza esitare, Erin subito lo imitò e disse: « Nemmeno io ho più una casa sicura a cui tornare. E dato che l’unica cosa che temo di perdere sei tu ti seguirò fino alla fine. Ma questo credo tu lo sapessi già. » sorrise, e lui le sorrise di rimando dacché lo sapeva eccome.

Fu quindi il turno dei due guerrieri: « Siamo con te, principe. » asserì Hogun per entrambi.

« È il giorno della morte che dà alla vita il suo valore. » decretò la musicista in tono vibrante.

Voleva essere l’ennesimo riferimento colto che lei soltanto poteva apprezzare e fu invece inteso come un incitamento dal sapore epico che fece brillare gli occhi dei due asgardiani e che li convinse definitivamente a non abbandonare la causa del dio e della donna di Midgard.

Allora i quattro impugnarono di nuovo e più saldamente di prima le rispettive armi e scivolarono in un passaggio laterale che conduceva all’interno del palazzo, incuranti del trambusto che s’approssimava al cortile annunciando decine di guardie intente a cercarli.

Raggiunsero i piani centrali dell’immenso edificio senza che nessuno riuscisse a bloccare la loro avanzata, nonostante fossero in così pochi contro miriadi di nemici, ed entrarono nella sala del trono a grandi falcate risolute, marciando gli uni accanto alle altre con piglio feroce e intrepido: un sacro fuoco di rivalsa si era impadronito dei loro già forti animi, e gli skrull e i kree che sbarrarono loro la strada nel vasto salone lo percepirono ed esitarono, e furono i quattro ad attaccare per primi. Il clamore della battaglia saturò in fretta l’aria e tosto il gruppetto si ritrovò circondato su ogni lato:

« Loki, tu e la Dama del Flauto dovete andarvene! Io e Hogun vi apriremo un varco e rimarremo qui a contenere questi stolti esseri. » gridò Sif.

« Da soli non li conterrete a lungo, sciocca. » replicò il principe col fiato corto.

« Forse non siamo soli. Guardate! » esclamò Hogun puntando un dito verso l’ingresso della grande sala: un compatto drappello di soldati di Asgard, probabilmente inviato da Heimdall, vi aveva appena fatto irruzione e stava caricando una falange di avversari.

Il Dio degli Inganni non indugiò oltre. Con un cenno sussiegoso del capo congedò i due compagni d’arme, quindi moltiplicò il proprio sembiante per confondere i nemici e trascinando Erin con sé abbandonò il salone delle cerimonie; correndo e menando fendenti col flauto e lo scettro i due giunsero sino alle stanze del tesoro di Odino, le più elevate e protette, e sulla soglia dell’anticamera circolare che precedeva il locale in cui il Tesseract era custodito si fermarono e vi scrutarono dentro: sei sentinelle kree dalle grosse alabarde ne difendevano il perimetro, ma del folle titano non v’era traccia.

Loki sogghignò appena e il bastone svanì tra le sue dita mentre sibilava:

« Lo farò ricomparire al momento opportuno. Andiamo, Erin. »

La ragazza di Galway scosse però la testa scompigliata e si morse un labbro: « Temo che dovrò restare qui fuori. Ne stanno arrivando altri. » puntualizzò in un soffio, e dai corridoi circostanti si levarono suoni inequivocabili che confermarono le sue parole; « Vai a finire il lavoro. Io li tratterrò finché potrò o finché tu non sarai tornato. La porta dell’anticamera è alta e stretta ed è impossibile che passino in più di uno alla volta, perciò non dovrebbe essere troppo difficile tenerli impegnati. A patto che tu faccia alla svelta, s’intende. »

Era pallida ma risoluta, e lui le strinse una mano fissandola con malcelata apprensione:

« Sei una creatura incredibile, donna d’Irlanda. Non osare soccombere prima che io esca da lì. » le disse.

« Stai scherzando? Un’inutile morte da eroina sarebbe la cosa meno incredibile che potrebbe capitarmi a questo punto. » ridacchiò Erin per sdrammatizzare, e davvero lo pensava.

L’asgardiano sorrise e le diede un bacio veloce, lasciandola ad affrontare i nemici in arrivo, e penetrando nel vestibolo si scagliò contro le possenti sentinelle. Con incantesimi e illusioni e lame create dal nulla le abbatté una per una, e guadagnò l’ingresso della stanza che celava il Cubo e con foga ne spalancò i battenti, e lo vide: il Tesseract scintillava più che mai nella penombra e tingeva di gelido blu le pozze di buio create dalle rade torce fissate ai muri, e sembrava palpitare, immoto sul suo piedistallo, come una cosa vivente.

Loki avanzò, le dita contratte pronte a richiamare lo scettro, e quando fu vicino all’oggetto avvertì la scia di un movimento dietro di sé – e l’attimo successivo un dolore lancinante e freddo in pieno petto lo costrinse ad arrestarsi e ad inarcare la schiena con un sussulto: Thanos il Rosso torreggiava su di lui e lo aveva colpito alle spalle, trafiggendolo con una picca.

« Non sospettavi che io ti stessi aspettando, principe rinnegato? La tua spavalderia non conosce logica né limiti. » lo apostrofò con scherno il titano; « Tuttavia ammetto di averti sottovalutato. Ti consideravo debole e meschino, e guardati! Hai resistito alla vergogna della sconfitta, sei evaso e invece di scappare come l’animale braccato che sei hai deciso di sfidarmi un’ultima volta. Non lo ritenevo possibile, asgardiano, ma ti sei dimostrato un degno rivale. »

Con una torsione del polso spinse la punta acuminata della lancia ancor più in profondità e il Dio degli Inganni cadde in ginocchio, gli occhi febbrili puntati sul Cubo che aveva d’innanzi.

In lontananza egli udì l’irlandese urlare qualcosa e altre voci e rumori, e con la bocca impastata di sangue scoppiò in una rauca e breve risata:

« Ah, figlio di Mentore, mai finirò di stupirti! » lo rimbeccò trionfante, e prima che Thanos potesse impedirglielo lo scettro brillò nella sua mano destra e toccò il Cubo vibrando e lampeggiando. Uno spasmo parve nuovamente percorrere ogni cosa e per una frazione di secondo un’esplosione di luce azzurra li accecò infrangendosi sulle lisce pareti della camera.

Il titano emise un ruggito rabbioso, ma era troppo tardi. E come il bagliore si spense, riassorbito dal Tesseract ormai assopito, Loki rovinò a terra senza un lamento, con l’asta lugubremente conficcata nella schiena, le palpebre serrate e una lieve smorfia orgogliosa dipinta sul volto esangue.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

> Note a piè di pagina

Io AMO questo capitolo in una maniera indegna, tanto che ogni volta che lo rileggo mi piglia il batticuore.

So che è anche indegnamente lungo, lo so, ma come vedete ha una struttura “circolare” e suddividerlo in due parti mi avrebbe costretta a cambiare diverse cose – e non avrebbe fatto lo stesso effetto, credo.

La chiusura è da cliffhanger definitivo, non ammazzatemi. Ve l’ho detto: o benebene o malemale, con me…

Il titolo è una frase topica pronunciata dal mitico Hector Barbossa nel terzo episodio di Pirati dei Caraibi, quando la Perla e l’Olandese si fronteggiano sull’orlo del maelstrom creato da Calypso. Adoro quel film e quella scena. Il “ciao, dolcezza” di Erin è invece lo slogan preferito di River Song, il personaggio che più mi piace in tutto Doctor Who.

Come musiche consiglio Skyfall, di nuovo, e Un monumento di Morricone (soprattutto da quando compare Heimdall a quando arrivano nelle prigioni a liberare Loki); ovviamente vanno benissimo anche i pezzi più epici e guerreschi della colonna sonora del Signore degli Anelli o di altri film del genere. Quando scrivo di Asgard e di grandi battaglie mi prende sempre la vena tolkieniana *^*

Ricordo il mio piccolo tumblr-portfolio dedicato alle grafiche & disegni ispirati alla storia: the majestic tale

E se non recensite adesso non so più da che parte battere i’ccapo, per dirla alla toscanaccia.

Ossequi asgardiani e alla prossima – per il penultimo capitolo! :)

 

 

  
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