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Autore: ArwenUndomiel    07/06/2013    2 recensioni
"Harry aveva visto il suo incubo più grande, la causa di ogni suo problema crollare al suolo, poi anche lui era stato raggiunto dal fascio di luce di verde.
Aveva chiuso gli occhi e con un sorriso aveva sentito l’incantesimo
avvolgerlo."
E se morire si rivelasse la cosa migliore che potesse capitare?!
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Prefazione

E poi venne il sole...

Erano trascorsi venti minuti e quaranta secondi da quando, risalendo il sentiero che dal fitto della Foresta Proibita conduceva al castello, aveva visto il corpo di Hagrid riverso al suolo.
Un urlo di rabbia si era fatto spazio nella sua gola, ma non era riuscito ad emettere alcun suono.
Aveva mosso qualche passo verso di lui, nelle orecchie il rumore sordo del cuore che martellava contro le costole, come se volesse fuggire via dal petto per evitare tutto il dolore che, Harry ne era certo, lo avrebbe investito con la forza di uno tsunami spazzando via tutto ciò che aveva.
Si era inginocchiato ed aveva stretto una delle grandi mani dell’uomo nelle proprie, nella vana speranza che quel contatto avesse potuto riportarlo indietro. Con una morsa allo stomaco, aveva fatto scorrere lo sguardo sul viso sfigurato della prima persona al mondo che si era rivolta a lui con gentilezza, che lo aveva visto per quello che era , non un abominio o un mostro, soltanto un bambino di undici anni poco cresciuto ed infinitamente meno amato di quanto fosse umanamente accettabile.
Grazie ad Hagrid non si era mai più sentito un’ombra.
In ginocchio accanto al suo corpo, faceva vagare gli occhi sul suo viso con l’intento di imprimersi nella memoria ogni singola cicatrice inferta sadicamente per provocare quanto più dolore possibile, e la promessa di farla pagare cara a chiunque ne fosse stato l’artefice.
 
 
Erano trascorsi diciassette minuti e trenta secondi da quando si era alzato e su gambe malferme aveva iniziato a correre , non poteva perdere altro tempo, aveva impiegato troppo a decidere se tornare o meno.
Lungo il tragitto si era sforzato di non dare un nome ai cadaveri che giacevano lungo la strada, ma erano davanti ai suoi occhi come tutti i momenti trascorsi insieme.
 
 
“Dai Seamus, non prendertela … Lo sai che Dean non ama che gli si brucino i capelli …”
“Colin smettila con quella dannata macchina fotografica se non vuoi che ti appenda per le caviglie alla Torre di Astronomia!!”
“Oh, amico conviene che te la svigni … Sta arrivando la Brown!”

 
Erano trascorsi quindici minuti e dodici secondi da quando aveva varcato il grande portone di legno che dava sul patio ed era da allora che di Harry Potter non era rimasto più nulla.
Aveva sempre pensato che sarebbe morto di dolore se fosse accaduta qualcosa alle persone che gli erano più vicine.
In quel momento alla vista dei corpi scempiati dei suoi amici, il nulla si era impadronito di lui.
Aveva osservato da un capo all’altro il cortile in cui si trovavano tutti i pezzi della sua vita.
Nell’estremità destra, Ron era disteso per metà su Hermione, probabilmente aveva cercato di proteggerla con il suo corpo, ma non c’era stato nulla da fare.
 
“Voi due, smettetela di oziare e studiate … Abbiamo i GUFO quest’anno!!”
“Miseriaccia,amico … Hermione in periodo d’esame è davvero insopportabile! Burrobirra ad Hogsmeade?”
“RONALD!!”
“Signorsìsignore … Studiare sarà la nostra priorità assoluta!”

 
Più in là il suolo era ricoperto di chiome rosse, tante … Troppe.
 
“Harry, caro dovresti mangiare di più… Ti trovo sempre più magro!”
“Molly,non lo pressare!”
“Suvvia Harry, ingozzati pure senza tregua …”
“Ha ragione Fred, non vorrai fermarti per respirare!!”

 
 
Lì distesa c’era tutta la sua famiglia: Luna, Neville, Dora, Remus, i professori.
Nessuna pietà, nessun superstite.
 
E poi l’aveva vista, distesa poco distante dagli altri, c’era lei.
I capelli color rame ricadevano scompostamente sul selciato ed il suo sguardo privo di vita era puntato proprio verso di lui.
Quei bellissimi occhi nocciola così caldi e avvolgenti lo avevano sempre, in qualche modo, fatto sentire a casa.
Ginny.
Era solare e quando sorrideva ad Harry sembrava che si illuminasse il mondo intero.
Ginny.
 
“Cos’è quel broncio, amore mio? Lo sai che quando ridi sei molto più bello … ”
“Tu sei bellissima …”

 
Era la sua ancora di salvezza, l’unica che riuscisse a tirarlo fuori dall’oscurità che minacciava costantemente di ingoiarlo.
Ginny.
Chinandosi le aveva lasciato un ultimo bacio sulle labbra.
Ginny.
Poi era andato alla deriva.
Per la prima volta, ogni avvenimento della sua vita sembrava avere un senso.
Tutto sembrava condurre a quell’istante.
 
Erano trascorsi sette minuti e ventinove secondi da quando aveva fatto il suo ingresso nella Sala Grande ed aveva visto Voldemort seduto al posto di Silente.
Le iridi vinaccia sgranate in un accenno di incredulità.
“E così, l’erba cattiva non muore mai, Potter … Tempismo perfetto, stavo per dare il via alla fase conclusiva dello spettacolo.”
“E non immagini nemmeno quanto sarà divertente, Tom.”
“Come osi pronunciare quel nome, sudicio mezzosangue!” in uno scatto d’ira il Signore Oscuro si era portato a pochi metri da Harry che immobile, al centro della stanza , lo fissava con un ghigno dipinto in volto.
Quella situazione lo innervosiva, non riusciva a mantenere il controllo.
Potter gli era sfuggito un’altra volta ed ora si faceva beffe di lui.
Non poteva neanche lontanamente accettare un trattamento simile.
Era Lord Voldemort ed avrebbe schiacciato quell’inutile insetto.
“Peccato, però … Se fossi arrivato prima ci sarebbero state molte più grida ad animare questo posto!” aveva aggiunto maligno, mentre lo scrutava.
Non sapeva il motivo, ma quel ragazzo non sembrava lo stesso che aveva affrontato nella Foresta.
Se ne stava lì con gli occhi vuoti, come se niente potesse toccarlo.
Gli sembrava quasi di avere a che fare con sé stesso a diciassette anni.
Prima che potesse controllarlo un brivido gli aveva percorso la schiena, in preda allo sgomento aveva realizzato di non ricordare nemmeno l’ultima volta che aveva provato quella sensazione.
Harry se n’era accorto.
“Ti sei reso conto di essere vulnerabile, vero Tom? Il tuo ultimo Horcrux ero io e pensa un po’, sei stato tu stesso a distruggerlo!” aveva detto esplodendo in una risata cinica.
Voldemort aveva assottigliato lo sguardo e si era avvicinato di qualche passo.
“Chi sei tu?” aveva chiesto con una lieve nota di incertezza ad incrinargli la voce.
“L’avversario alla tua altezza.” aveva risposto Harry, beffardo .
“Io ti ucciderò stupido ragazzino.”
“Effettivamente non aspetto altro … Io non ho più nulla da perdere. In questo momento tu hai tutto, come ci si sente ad essere dalla parte opposta? ”
Voldemort  non voleva ascoltare una parola di più, sapeva che uccidendolo lo avrebbe liberato e di certo non voleva essere magnanimo con lui, ma la sua sola presenza lo disturbava: doveva sparire.
La bacchetta di Sambuco non si piegava al suo volere, se voleva liberarsi di quella spina nel fianco doveva usarne un’altra.
Aveva richiamato con un incantesimo di Appello la bacchetta di Bellatrix; la sua più fedele servitrice era stata uccisa da quella Weasley traditrice del suo sangue. Usarla per liberare il mondo dalla presenza di quell’insulso ragazzino, sarebbe stato un buon modo per onorarla. Non appena le dita avevano sfiorato la bacchetta , aveva pronunciato la formula dell’anatema che uccide, ma era stato preceduto.
Harry aveva visto il suo incubo più grande, la causa di ogni suo problema crollare al suolo, poi anche lui era stato raggiunto dal fascio di luce di verde.
Aveva chiuso gli occhi e con un sorriso aveva sentito l’incantesimo
avvolgerlo.
 
Libero.
Finalmente.
Non aveva paura di quello che sarebbe successo, era certo che avrebbe incontrato le persone che aveva perso e tanto gli bastava.
Dopo qualche istante il suo ragionare era stato interrotto ed era rimasto a vagare chissà dove per un periodo di tempo indefinito.
Improvvisamente si era sentito risucchiare verso il basso ed aveva avvertito il contatto con qualcosa di freddo e duro, mentre l’odore dell’erba gli penetrava nelle narici.
Aveva sempre pensato che il paradiso per lui avrebbe assunto le sembianze di un campo da Quidditch, tanto ne era ossessionato e quasi era scoppiato a ridere quando aveva visto gli anelli dorati stagliarsi sopra di lui.
“HARRY!!!”
Una voce che non conosceva chiamava il suo nome, avrebbe voluto alzare  la testa per vedere chi fosse, ma non riusciva a muoversi.
Qualche istante dopo dei passi lo avevano raggiunto e la sua visuale era stata oscurata da una sagoma.
Capelli neri, occhi azzurro ghiaccio.
“Sirius?” era l’unica cosa che Harry era riuscito a dire.
Il ragazzo gli aveva toccato la fronte e poi si era voltato per parlare con qualcuno che stava sopraggiungendo alle loro spalle.
“Teddy, manda un patronus ad Alex … Qui siamo nella merda: mi ha scambiato per mio padre.”
 
 
Angolo di Arwen
Ebbene, eccomi a torturarvi con una nuova storia!
A dire il vero, sono indecisa se dedicarmi o meno a quest’esperimento, so che si intuisce ben poco da questa prefazione, ma mi piacerebbe avere il vostro parere in merito!
Ringrazio anticipatamente chiunque si cimenterà nella lettura!
Affettuosamente vostra
Arwen
 
P.S. Non temete, presto (spero) aggiornerò “Dopo la fine, tutto ebbe inizio”, il capitolo 20 è molto impegnativo e l’università non mi dà tregua! :S
P.P.S. Mi sono resa conto che alcuni punti erano poco chiari e lineari, così li ho modificati!
 
  
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