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Autore: Prue786    24/12/2007    1 recensioni
E se ad un tratto qualcosa cambiasse? E se il mondo in cui vi trovate non fosse più lo stesso? E se l'unica cosa di cui foste sicuri fosse la vostra esistenza? E se perfino la vostra identità fosse messa in discussione? Se non riusciste più a distinguere il sogno dalla realtà? Cosa accadrebbe se, quelli che fino a pochi istanti prima credevate dei fotogrammi, improvvisamente diventassero le uniche persone su cui poter contare?
Genere: Generale, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Sorpresa, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

CAPITOLO 8

 

 

“Patty, ti vogliono al telefono!”

La giovane inarca le sopracciglia e, scesa dal letto, esce dalla stanza per andare al piano inferiore.

Alzo gli occhi per vederla uscire e poi ritorno alla mia lettura, distesa sul letto.

Dopo la “passeggiata” sotto la pioggia mi sono ritrovata con un raffreddore coi fiocchi (essendo quasi immune alla febbre ma non a starnuti e mal di gola!).

I coniugi Gatsby non mi hanno permesso di mettere piede fuori casa per un paio di giorni e mi sono vista costretta e restare in camera e a far man bassa dei libri gentilmente messi a disposizione dalla “biblioteca Gatsby”.

Avverto il rumore della cornetta posata non molto delicatamente sul ricevitore e tendo l’orecchio, in attesa di sentire i passi della giovane sulle scale…

Passano i minuti, ma della ragazza nemmeno l’ombra.

Aggrotto le sopracciglia, scendo dal letto con uno scatto di reni e mi affaccio fuori dalla stanza.

Vedo Patricia ferma, davanti al ricevitore, lo sguardo basso e i pugni stretti.

Inclino la testa, senza riuscire a capire cosa possa avere, e scendo lentamente le scale.

“Era Maggie Hutton!” esclama lei con voce atona.

Mi fermo a pochi passi dalla giovane, senza trovare il coraggio per fare l’unica, semplice domanda che avrei voglia di fare. La ragazza, come se avesse letto i miei pensieri sghignazza lievemente e sussurra: “Ha detto che il volo di Holly parte fra n’ora!”

“Che cosa?” urlo, senza ritegno: “Quale volo?” Chiedo temendo di sapere la risposta, pe quanto assurda possa sembrare.

“Prova ad indovinare… quello per il Brasile!”

Rimango interdetta… pensare una cosa è un fatto, ma sentirsela dire, è un altro paio di maniche!

Ma non può averlo fatto! Non senza averti salutata!”

“Beh, a quanto pare lo sta facendo!” Sussurra la ragazza, la voce che le trema.

“No… non può… non deve… soprattutto perché sa cosa significa veder partire qualcuno senza essere avvisato…!” Prendo a torturarmi un labbro, cercando con tutta me stessa di trovare un motivo, una scusante, un perché a quella partenza improvvisa e quanto mai inaspettata.

“In fondo lo capisco!” La voce di Patty mi distoglie dai miei pensieri: “È il suo sogno ed io non posso impedirgli di partire!”

“Ho capito, e si può dire che non arriva neanche tanto inaspettata come notizia, però, quello che proprio non riesco a spiegarmi, è perché l’abbia fatto così all’improvviso e senza avvisare!”

“Non so davvero risponderti… se la madre non avesse telefonato, non so quando l’avrei saputo… “

Rimango in silenzio a fissare la ragazza che, a sua volta, non ha staccato gli occhi dal telefono.

Si sente aprire la porta d’ingresso e, dopo pochi istanti, compare il volto del signor Gatsby.

“È successo qualcosa?” Domanda, lanciando uno sguardo alla figlia.

Sospiro e prendo a guardare da un’altra parte.

“Allora? Devo preoccuparmi?” L’uomo si avvicina e posa una mano sulla spalla della ragazza.

“Niente, papà, non è successo nulla…” scrolla le spalle e si avvicina alle scale.

“Non è vero!”  Sbotto con aria corrucciata.

“Hm?”

“Quel geniaccio del fidanzato, ha avuto la brillante idea di partire per il Brasile senza avvisare anima viva!” Guardo l’uomo e inarco ancora di più le sopracciglia.

E quando sarebbe successo tutto ciò?” Il signor Gatsby rigira distrattamente le chiavi dell’auto fra le mani.

“Beh, a dire la verità, il suo volo parte fra circa un’ora…!” Faccio spallucce e mi volto a guardare Patty che non si è più mossa.

“Se mi promettete di non spaventavi per l’alta velocità, possiamo ancora farcela!” La voce dell’uomo è pacata, ma quando mi volto di scatto per guardarlo, ha in viso un’aria di sfida.

“Vuol dire che…”

“Papà, non ti ci mettere anche tu! Se ha deciso di partire senza salutare nessuno, io che posso fare?”

“Patty!” Esclamo quasi scandalizzata.

Che c’è, che c’è!” Urla l’altra voltandosi con uno scatto improvviso e fissandomi con aria inviperita: “Non ci posso fare nulla, ha deciso tutto da solo, non sarò certo io ad impedirgli di realizzare il suo sogno!”

“Si, ma non puoi nemmeno sottostare a tutti i suoi capricci senza reagire!” Questa volta è il padre ad urlare: “Muoviamoci!” Esclama afferrando la figlia per una mano e quasi trascinandola fuori dall’abitazione.

 

Con l’auto che sfreccia a tutta velocità, in meno di trenta minuti siamo a destinazione.

L’uomo ferma la macchina in doppia fila ed esclama: “Io non posso rimanere qui! Scendete voi,ok?”

Annuisco con il capo saltando giù dall’auto con lo stomaco leggermente sottosopra e fisso la vetrata che fa da porta all’aeroporto.

Ci avviciniamo e la porta scorrevole si apre immediatamente… l’aria all’interno è tiepida ed ha un buon odore. Rimango per qualche istante immobile, guardando la miriade di persone che, indaffarate, camminano nelle due direzioni e pensando: “Sarà quasi un’impresa trovarlo!” Scuoto il capo sospirando e lanciando uno sguardo alla giovane che mi si avvicina con aria poco convinta.

“Guarda lì?” esclama Patty indicando il tabellone in fondo a tutto.

Il mio sguardo corre velocemente su tutte le città indicate e i relativi orari di arrivo e partenza.

“Ma… Patty… cosa dovrei…?”
”Lì, l’ultima città!” Fisso la ragazza, per poi ritornare a guardare il tabellone… “Brasilia!... Uscita 23B…11 e 35…” Guardo istintivamente l’orologio per poi fissare la giovane accanto a me.

“Te l’avevo detto che era inutile!”

“Si, però… “ afferro il braccio di Gatsby cominciando a correre, come impazzita.

“Si sarà già imbarcato… lasciamo perdere!”

“Risparmia il fiato!” Rantolo già con il fiato corto per poi bloccarmi di botto.

Che ti prende ora?”

Mi giro con un sorriso tirato “Dov’è l’uscita 23B?”

La ragazza sgrana gli occhi e sospirando esclama: “Tu sei completamente pazza! Seguimi!”

A forza di spintomi e di scuse al volo riusciamo a raggiungere l’uscita mentre una voce metallica chiama per l’ultima volta i passeggeri del volo diretto in Brasile. Sto quasi per fermarmi, arresa, quando vedo un ragazzo dalla zazzera color ebano che consegna il suo biglietto ed un uomo in divisa.

Pa-Patty!” sussurro toccando leggermente il gomito della giovane.

“Holly!” urla con forza incredibile.

“Hutton! Fermati!” cerco di darle mano forte.

“Oliver!”

Esulto in silenzio nel vedere il ragazzo fermarsi di botto, ma, come se nulla fosse stato, prosegue, dopo un attimo di esitazione.

“Ti ha sentita! Ti ha sentita ma non si è fermato!” Sibilo tra i denti mentre comincio ad avvertire la rabbia che sale.

“Dannazione! Oliver Hutton, sei un codardo!” la giovane corre urlando a più non posso, ed ho la netta impressione che voglia lanciarsi all’inseguimento del fidanzato…

“Signorina, il suo biglietto, per favore!”

L’uomo all’ingresso del corridoio blocca Patty. La ragazza, lo fissa, confusa.

“Come?”

“Il suo biglietto, per favore!”

“Io… io non ho il bigl… no, non devo partire, devo solo raggiungere il ragazzo che è appena passato!” Mentre parla, gli occhi della ragazza guardano con aria famelica il corridoio.

“Mi dispiace, ma tutti i passeggeri del volo sono a bordo e a breve inizieranno le manovre per il decollo!” L’uomo alza le spalle e fissa la giovane con aria contrariata.

Ma… io… devo raggiungerlo, è importante!” La voce di Patty diventa un sussurro.

“Mi dispiace signorina!”

La giovane Gatsby abbassa il capo, indietreggiando di qualche passo: “Ho capito… scusi il disturbo…” Sospira e mi fissa per qualche istante, per poi oltrepassarmi ed allontanarsi.

 

“A tavola!”

Guardo l’orologio per poi rivolgere la mia attenzione alla giovane sdraiata sul letto: si è sistemata lì quando siamo rientrati senza più muoversi.

Mi avvicino cautamente e sussurro: ”Patty, è pronto! Scendiamo?”

“Hm?” Alza gli occhi per pochi istanti, per poi ritornare a guardarsi le mani: “Vai tu, non ho fame!”

Dai, non puoi rimanere a digiuno! Hai già saltato il pranzo! Prova almeno a scendere!”

“Ti ho detto di no!” Sbotta l’altra mettendosi a sedere e fissandomi con aria poco amichevole.

“Forse non capisci quando le persone parlano!?”

“Io…” Inarco le sopracciglia: “Ho capito benissimo! Sto solo cercando di smuoverti dall’apatia nella quale sei caduta!” Incrocio le braccia al petto e  serro le mascelle.

“Apatia? Ah, questa è bella!” Esclama alzandosi e cominciando a percorrere la stanza a grandi passi: “Tu non hai la minima idea di come mi senta in questo momento! Per niente!”

“No, infatti, però…” Seguo con lo sguardo la giovane che ha cominciato a girare in tondo.

Però cosa?” Si blocca di botto: “Se avessi tenuto la bocca chiusa, non avrei messo piede in quell’aeroporto!”

E con questo?” Domando senza capire.

“Sarei certamente meno… apatica di quanto non lo sia adesso!”

“Ah! Allora è così che la pensi!” Esclamo indignata.

“Già! Proprio così!”

“Perfetto, allora sono rimasta qui dentro fin troppo!” Mi volto e con aria furiosa esco dalla stanza, chiedendo violentemente la porta.

Mi fermo qualche secondo, come in attesa di qualcosa… come in attesa di sentirmi chiamare dalla ragazza nella stanza, ma non succede nulla, nessun rumore.

Sospiro e stringo le labbra, cominciando a scendere i gradini della scala che porta al piano inferiore, lentamente, quasi reticente.

Guardo a terra, continuando ad avanzare, ad avvicinarmi alla porta…
”Dove vai?” La voce della signora Gatsby arriva
così inaspettata da farmi sobbalzare.

“Vado fuori!” Esclamo senza alzare la testa.

“A quest’ora? Perché non vieni a tavola?”

Scrollo le spalle… non mi va neppure di rispondere, e poi, in fondo, quale sarebbe la risposta? Quella che neppure io so?

“Così!”

Poggio una mano sul portone, faccio scivolare le dita sulla maniglia e lo apro con uno scatto.

“Facile!” esclamo tra me.

Esco fuori e, senza voltarmi indietro percorro il vialetto che porta al marciapiede.

L’aria fresca, a tratti pungente, di quell’inizio serata, è in netto contrasto con il tepore di casa Gatsby, così come la luce artificiale con il grigio cupo che dipinge il cielo.

Continuo a tenere lo sguardo fisso a terra, mentre cammino lentamente, cercando di riscaldare le braccia, frizionandole con le mani.

“La prossima volta che ho un’idea brillante come questa, devo assicurarmi di indossare qualcosa di pesante!”

Rabbrividisco, ma continuo ad andare avanti.

“Adesso devo solo decidere cosa fare…” Mi guardo intorno lanciando qualche occhiata alla poca gente che è ancora per strada e ritorno ai miei pensieri.

“Potrei tornare a casa… si, certo, anche se la cosa non mi alletta per niente, e poi, non so nemmeno se una volta arrivata lì, troverò ad aspettarmi la mia casa o no!”

Inarco le sopracciglia e guardo il cielo.

“Si, perché, se io adesso sono qui… e ammettendo che questo non sia un sogno troppo reale o il frutto della mia malsana pazzia… ecco, seguendo un ragionamento logico, anche se di logico non ha nulla, l’Italia dove atterrerei, non sarebbe propriamente quella dalla quale sono partita… ma una nazione dove il 90% delle persone ha i capelli biondi…”

Mi blocco e socchiudo le labbra, scuotendo la testa: “Ma che razza di ragionamenti insensati sto facendo? Forse sarà la fame che mi fa questo effetto!” Sorrido e arrossisco lievemente mentre poggio una mano sullo stomaco che ha cominciato a protestare abbastanza vivacemente.

“Devo mettere qualcosa sotto i denti!”

Riprendo a  camminare e infilo una mano nei jeans, in attesa che vi compaia qualcosa all’interno.

“Hm? Siamo lenti oggi?” Chiedo a mezza voce, togliendo e infilando nuovamente la mano nei pantaloni.

E dai! Una volta tanto che ho davvero bisogno di qualcosa!”

Mi fermo sbuffando davanti un bar.

Ma perché? Che ti ho fatto?” Domando come se davanti a me vi fosse una persona: “Uffa…e adesso sono  bloccata qui, senza l’ombra di una centesimo e con lo stomaco in rivolta!”

Pesto un piede a terra e qualcosa di umido… anzi, di decisamente bagnato, mi sfiora la guancia. Inarco un sopracciglio e istintivamente alzo gli occhi al cielo: questa volta la cosa… umida, mi colpisce la fronte: “Perfetto! Quando si dice: non c’è limite al peggio!”  Sospiro ed entro nel locale.

L’aria tiepida mi colpisce in pieno, facendomi sentire subito meglio.

Un po’ guardigna, faccio qualche passo cercando un posto tranquillo dove sedermi.

In fondo vi è un gruppo di persone intente a guardare uno schermo televisivo di ultima generazione. La luce azzurra illumina i loro visi, ma l’audio è sovrastato dai commenti.

Prendo posto su di una sedia e rimango a fissarli per qualche istante, senza pensare a nulla.

Un tuono in lontananza mi scuote, riportandomi alla realtà.

“Dunque…” Faccio tra me guardandomi le mani: “Ho freddo… cioè… in questo momento no… comunque… ho fame, sono senza soldi e non ho idea di cosa fare! Quindi ora: uno, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi vado a cercare un ponte sotto il quale dormire!” La cosa mi fa sfuggire un ghigno: “Due, resto qui finché non mi cacciano fuori e poi ritorno a casa Gatsby con la coda fra le gambe e chiedendo in ginocchio pietà; tre, cerco di raggiungere a piedi l’aeroporto e poi  mi accampo lì per il resto dei miei giorni; quattro, esco subito da questo posto e ritorno indietro! Hm…beh, la scelta, devo dire, è molto ardua…!” Incrocio le braccia al petto e chiudo gli occhi, concentrandomi sul mio respiro.

Un flash improvviso mi fa spalancare gli occhi.

Il locale resta per qualche secondo al buio mentre, poco lontano, si accendono le luci d’emergenza… si sentono  i mormorii delle persone che stavano guardando la tv; poi, con un placido tonfo, tutto ritorna come prima.

Mi alzo lentamente e mi avvio fuori dall’edificio.

“Tutto questo rumore per nulla!” Penso guardando la pioggerellina che scende  giù lentamente e sembra quasi sul punto di estinguersi.

Lo stomaco protesta di nuovo: “Ok, ho capito! Sto tornando indietro, va bene?” Sibilo a mezza voce, facendo qualche passo.

Aumento l’andatura quando comincio a sentirmi le spalle umide, finché non mi ritrovo a fare la staffetta tra un balcone e l’altro. La cosa comincia addirittura a divertirmi fin quando cozzo senza preavviso contro qualcosa. L’impatto, unito alle suole delle scarpe bagnate, mi fa finire seduta a terra e l’unica sensazione che mi invade è un senso di bagnato.

“Mitico!” Penso tra me rialzandomi e cercando di ripulire alla meno peggio il didietro fradicio: “Adesso sì che mi sento come uno di quei personaggi sfigati dei manga!”

Scuoto la testa continuando a borbottare e, guardando un punto imprecisato del marciapiede, faccio per proseguire.

“Ehi, adesso non si chiede neanche più scusa?”

Mi irrigidisco di colpo sentendomi arrossire davanti a quella gaffe. Con un sorriso imbarazzato mi volto: “Oh, si, mi scusi, ero… stavo pensando ad…”

Un vuoto allo stomaco mi fa fermare, mentre dall’altra parte, due occhi verdi mi fissano con grande ilarità.

“Ah!” Sbotto, cercando di non perdere il controllo: “Sei tu, ammazza pedoni da strapazzo! Ed io che pensavo fossi un povero passante!”

Perché, non lo sono?” Domanda con aria da cucciolo abbandonato.

“No, tu non sei un passante, ma quello che li investe!”

Il giovane fa spallucce: “Questa volta non è stata solo colpa mia! E poi, passi la prima volta, però ora poteva anche essere uno scontro premeditato!” Sinar strizza un occhio sorridendo.

Distolgo lo sguardo, leggermente imbarazzata, e sbotto:”Si, come no! Però intanto a terra ci finisco sempre io!” Faccio qualche passo avvicinandomi ad un balcone e appoggiandomi al muro, braccia incrociate.

“Ti sbagli, la prima volta ho avuto anch’io un incontro ravvicinato con il terreno!” Esclama seguendomi all’asciutto.

“Sì, come vuoi!” Alzo gli occhi e faccio spallucce.

“Non c’è bisogno che mi assecondi, è la verità!”

Sbuffo rumorosamente: “Ma perché devo incontrare sempre te?!

“Il destino, mia cara, il destino!”

Lancio un’occhiata al giovane che se la ride.

“Smettila di prendermi in giro! Allora, che ci fai da queste parti? Ancora Vincent alle calcagna?”

“Assolutamente! Sono di ritorno da una rimpatriata con gli amici!” Giorgio assume un’aria soddisfatta.

Sollevo un sopracciglio, per niente convinta: “Sei sicuro di quello che dici?”

“Secondo te me ne starei tranquillamente a chiacchierare con te, se fosse il contrario?” Il giovane fa spallucce.

“Hm… se lo dici tu… come va con tua madre?”

“Beh, considerando che sono passati pochi giorni dal misfatto, direi decisamente meglio! Sembra che le sia quasi venuta un crisi di nervi quando Vinc le ha detto come ce ne eravamo andati!” Il ragazzo sghignazza mentre mi viene da pensare: “Quella donna deve essere strana forte!”

E tu, invece?”

“Hm?”

Che ci fa una ragazza straniera fuori a quest’ora da sola?”

“Fugge!” Esclamo con aria seria.

“Eh?” Sinar ha un’espressione incredula in volto.

“Si, proprio così! Ho avuto una discussione con Patty e mi è venuta l’idea malsana di lasciare casa Gatsby… ed ora sto facendo dietrofront!”

“Scusa la domanda, ma a questo punto, no potresti tornare a casa tua?”

Guardo l’altro sorridendo leggermente: “Non è semplice come potrebbe sembrare…!”

“Ah no?!

“Per niente!”

Il giovane mi fissa e incrocia le braccia al petto, come in attesa di altro.

Abbasso lo sguardo: “Non posso dirti di più!”

Perché?”

“Punto primo, perché questa è solo la seconda volta che ti vedo…”

“Dettagli!”

“Per te, forse… e poi è una storia lunga, siamo sotto la pioggia, io ho freddo, fame, e tu devi tornare a casa o a tua madre verrà un’altra crisi isterica!”

“Nervosa!”

“Beh, si, quello che è!”

Comunque il mio capolinea è a cento metri da qui; Vinc viene a prendermi!”

“Giusto!” Sussurro non riuscendo a reprimere un sorriso: “E noi non vogliamo che il vecchio Vinc si arrabbi, quindi è meglio se vado!” Alzo di nuovo lo sguardo sul giovane Sinar: “Ci… vediamo!” Sollevo la mano per salutare, mentre comincio a girarmi.

Vincent sarà anche la mia guardia del corpo…” L’espressione di Giorgio si fa seria: “… ma non sarà di certo lui a dirmi cosa devo o non devo fare!” Sorride dolcemente mentre deglutisco involontariamente: “ Quindi, se ti serve un passaggio, il mio numero è sull’elenco!”

“Si, un altro viaggio con Vincent alla guida è proprio quello che mi ci vuole!” Dico d’un fiato.

“Alla prossima!”

“Si, e cerca di non buttarmi a terra!” Scuoto la testa sorridendo, e gli volto le spalle.

“Cercherò, ma non ti assicuro niente!”

Respiro profondamente e prendo a camminare velocemente, portando una mano sulla testa.

Quando sono nei pressi di casa Gatsby la pioggia ha ormai smesso di cadere, ma l’aria è ancora pregna del suo odore.

Sospiro, e dopo aver tentennato un po’, percorro il breve vialetto e suono il campanello.

Quando il portone si apre, mi ritrovo di fronte il capofamiglia che inclina la testa da un lato e, guardandomi, chiede: “Di ritorno dalla piscina?”

Lo fisso senza capire, ma , abbassando lo sguardo, noto il jeans bagnato dalla ginocchia in giù.

“Ehm… più… più o meno!” Un sorriso tirato mi compare in volto.

L’uomo si sposta per farmi entrare: “Mi dispiace!” dico a mezza voce.

“Tranquilla, Patricia ci ha spiegato come stanno le cose!”

Fisso l’altro senza capire: “Davvero?” Domando titubante.

“Si, certo e per noi non ci sono problemi! Non ti avevamo detto nulla per… beh, chiaro no?!

Accenno di si con la testa mentre penso: “No! No, che non è chiaro!”

Continuo a fissare l’uomo come una scema, con la bocca per metà aperta: “Avrà raccontato che sono pazza e che mi hanno buttata fuori dal manicomio!?”

Tolgo lentamente le scarpe, completamente soprappensiero, e prendo ad arrotolare i jeans, per poter salire al piano superiore.

Busso lievemente alla porta e resto in attesa di una risposta che però tarda ad arrivare.

Alzo le spalle e riprovo.

“È aperto!”

La giovane, che sta sistemando dei vestiti, si volta al mio ingresso e aggrotta le sopracciglia: “Dimmi come fai ad essere sempre fuori quando comincia a piovere; hai un tempismo unico!

Annuisco debolmente: “Già, è destino, che posso farci?!

E così il cerchio si chiude!” Sussurra Patty, quasi a se stessa.

Rimango in silenzio mentre l’altra riprende il suo lavoro. Mi guardo intorno, a disagio, e mi viene in mente qualcosa: “Scusa, ma cos’è che hai raccontato ai tuoi, sul mio conto?”

Patty si ferma e, dopo qualche istante le sfugge uno sghignazzo: “Perché, che ti hanno detto?” Si volta e va a sedersi sul letto.

“Ecco, in realtà nulla... tuo padre è stato molto… come dire… sibillino! Ha detto solo che sanno tutto e che non ci sono problemi…”

La giovane si limita a sorridere, divertita.

“Sanno tutto, cosa?”

“Oh, senti, dovevo pur inventarmi qualcosa per non farti cacciare fuori di casa, no? Inoltre, questa… cosa, non doveva uscire fuori!”

“Quale cosa?” Chiedo, ancora nel buio più totale.

“Ho detto che sei scappata dal tetto coniugale perché tuo marito ti maltrattava… che dovevi badare da sola alla casa e ai tuoi sette fratelli che ti disprezzano…!”

Cosa?”

Vedo la giovane che, in evidente difficoltà, si sforza per non ridere.

“Beh, si, più o meno è questo il succo, se non ci credo puoi chiedere ai miei… però ho colorito un po’ il tutto!”

“Ancora di più?” Un’alzata di spalle è l’unica risposta che ottengo.

Giro lo sguardo, mentre penso: “Abbandono del tetto coniugale… sette fratelli… tetto coniugale… disprezzata da tutti e sette i fratelli… coniuge violento…” Inarco le sopracciglia: “Visto che c’eri, potevi aggiungere anche: personalità masochista!”

“No, poi sembrava esagerato!”

Apro la bocca, ma non  riesco a dire nulla.

Quando mi volto nuovamente , la ragazza è distesa sul letto con gli occhi chiusi.

“Ah… comunque… grazie e scusami…”

“Di niente, ho sbagliato anch’io, e poi ho bisogno di qualcuno da usare come bersaglio mobile quindi, qualunque cosa ti dica, non azzardarti più ad allontanarti… e poi lo sai meglio di me che devi aspettare lo scorrere degli eventi!”

“Si, però, mi dispiace di…”

“Di aver saltato la cena? Beh, tranquilla, mia madre non ti ucciderà per questo… a dire il vero non so come l’ha presa, ma penso che sia così!”

Sorrido leggermente mentre noto l’espressione cupa di Patty.

“Si, hai ragione!”

“A proposito!” Gatsby salta a sedere, colpita da un pensiero improvviso: “Come mai sei ritornata sui tuoi passi ?”

La domanda mi fa arrossire lievemente. Prendo a massaggiarmi un braccio: “Ecco… a dire la verità avevo freddo e… si, mi è venuta fame!” Concludo in fretta.

Dai, dici sul serio!”

“Si, anche se ora mi è completamente passato l’appetito!” Sussurro mentre involontariamente ripenso a pochi minuti prima.

L’altra fa spallucce e ritorna a sdraiarsi.

“… se ti serve un passaggio, il mio numero è sull’elenco… che tipo!” Penso non riuscendo a reprimere una smorfia.

Mi alzo e prendo qualcosa di asciutto per cambiarmi, dirigendomi poi in bagno: “Chi sa che gli è saltato in mente a quel Sinar!? Come pensa che possa farmi scarrozzare in giro da Vincent… un’altra volta? Mah…” Scuoto il capo e comincio a cambiarmi: “E poi…” Sbotto infilando una manica della maglia: “Oggi è la seconda volta che ci… scontriamo per caso…”

Un fastidioso vuoto allo stomaco mi fa fermare.

Inoltre non capisco perché mi sia passata la fame… sempre colpa sua! Mi sono bagnata, mi è passata la fame, sto parlando a vanvera con me stessa… è carino, si… cioè, si…” Ridacchio: “È un bel ragazzo, devo ammetterlo, però questo ora cosa centra? E poi non capisco perché ci penso!”

Abbasso con forza la maniglia, ed apro la porta, ritornando in camera.

Lancio i vestiti sul letto e quasi mi lancio anch’io sullo stesso.

“Ho sbagliato qualcosa?”

Cosa?” Domando al bisbiglio di Patty. Guardo la ragazza che ha lo sguardo fiso sul soffitto.

“Secondo te dov’è che ho sbagliato?”  

Se c’è qualcuno che ha sbagliato, quel qualcuno è lui!”

“Già… ancora non riesco a spiegarmi perché l’ha fatto… neanche una telefonata, nulla!”

“Dovrà tornare prima o poi… non credo che si darà alla latitanza a vita… o almeno spero…”

“Io… non lo so, è da  quando siamo ritornati da… beh, da quel posto da incubo… da quella villa… beh, è da allora che l’ho visto, come dire… un po’ strano, giù di corda, però… non pensavo che la cosa fosse così grave, altrimenti…”

“Patty, è inutile che ti colpevolizzi! Se davvero era rimasto… traumatizzato, poteva anche parlartene e non c’era bisogno di scomparire da un giorno all’altro!”

“Ieri l’ho lasciato sereno come al solito…” La voce di Gatsby trema leggermente.

Fisso la ragazza senza riuscire a dire nulla.

“Avrà raggiunto Roberto… “

“Forse lui riuscirà a farlo ragionare!?” Esclamo dubbiosa.

“Hm… ne dubito fortemente!”

“Si, ma credo che prima o poi dovrà tornare e allora gliene dirai quattro… o potrai passare direttamente alle mani!”

La giovane sorride leggermente per poi girasi su un fianco : “Questo è sicuro…: sarà il quarto d’ora più lungo della sua vita!”

 

 

 

per Haibara88: ciao! Mi fa davvero piacere sapere che la fanfic ti stia piacendo! Ultimamente l’ho decisamente trascurata e penso ci vorrà del tempo prima che riesca a scrivere il prossimo capitolo, ma mi raccomando, tieni duro… prima o poi aggiornerò!^^ Grazie! Baci!

 

 

per ladycecille: grazie per i complimenti! Purtroppo ho ripostato da capo l’intera fanfic e la tua recensione si è cancellata, ma ci tengo a dire che sto cercando di andare un po’ più lentamente nella descrizione degli eventi (ovviamente sperando di fare un buon lavoro!)!^^ Grazie per il consiglio! Spero che la fic continui a piacerti! Baci!

   
 
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