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Autore: CatcatKhad    10/06/2013    4 recensioni
Tutti umani.
3 ottobre 1893, Londra, Inghilterra. Di fronte al cancello della dimora del dottor Cullen, tre sorelle e la loro zia avevano davanti un'opportunità che avrebbe cambiato la loro difficile e sofferta esistenza. Riusciranno a trovare finalmente la pace tanto agognata, o si ritroveranno in un intreccio famigliare scomodo e proibito? E l'arrivo di una piccola creatura, potrà riportare la pace in quella casa?
Tratto dalla storia:
"Ero un treno in corsa. I miei passi lenti, strascicati sul ciglio del marciapiede, compensavano la velocità dei miei pensieri, delle mie emozioni. Un battito, seguito da un altro più debole. A ricordarmi che da quel momento non sarei mai più stata sola."
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Bondage, PWP, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo 24 Salve a tutti! Come state? Volevo solo avvertirvi che il 18 giugno partirò per 12 giorni e non potrò connettermi, causa mancata connessione internet in viaggio! Ma spero comunque che nei giorni che mi mancano io possa finire anche l'altro capitolo. A presto, buona lettura e, soprattutto, preparatevi!
Buona lettura!










Alice

Jasper, Edward ed Emmett avevano appena bussato alla nostra porta. Le loro facce, ancora infuriate per ciò che era successo la sera prima, erano così tese che pensai fossero paralizzati, ma mi fecero anche intuire che volevano sapere, e soprattutto volevano spiegazioni sul perchè avessimo nascosto una cosa del genere così a lungo.
- Sono i ragazzi.* - Sussurrai, allontanandomi e tornando a letto, con l'animo più sollevato di prima, poichè le persone fuori dalla porta non erano chi invece, in fondo al nostro cuore, temevamo che fossero.
- Rose, Bella, fingete di dormire, me ne occupo io. Se dovessi avere bisogno, vieni ad aiutarmi tu Bells.* - Loro seguirono subito le mie istruzioni, anche se per Rosalie non fu molto difficile riaddormentarsi velocemente, soprattutto dopo la notte che tutte e tre avevamo appena passato.
Sotto alle coperte, cercai una soluzione al più presto, mentre prendevo tempo con i tre fuori dalla porta che, imperterriti, continuavano a bussare sempre più forte.
- Non ci converrebbe dormire veramente ancora un po', tanto da calmare le acque, Al? - Bella aveva ragione, non sapevo veramente come uscire da quella situazione, e il sonno era così tanto che sarei potuta svenire nel giro di un paio d'ore.
- Sì, sorellina. Hai perfettamente ragi... - Non feci in tempo a finire la frase, che i ragazzi erano entrati, senza aspettare il nostro permesso. Io e Bella ci nascondemmo dietro alle coperte, mentre Rose fece una smorfia senza svegliarsi minimamente.
- Perchè non avete risposto subito, se siete sveglie almeno voi due? - Edward corrucciò la fronte e allargò appena le braccia, mentre Jasper faceva il giro della stanza ed Emmett fissava nostra sorella con un'espressione dura in viso.
- Non... Non avevamo sentito. - Mentre pronunciavo quelle parole, fuori il cielo cominciò a coprirsi, e ben presto fecero capolino nuvoloni neri che promettevano un temporale con i fiocchi, e il sole sparì.
Edward aveva assottigliato lo sguardo, mentre Jasper aveva incrociato le braccia al petto e ci stava guardando malissimo; feci intendere ai tre che desideravamo che si girassero, per darci il tempo di cambiarci, e si diressero verso il bagno fino a che perfino le scarpe non furono ai nostri piedi.
- Perchè avete deciso di parlarne solo ieri, Alice? - Edward aveva appoggiato una mano sullo schienale della sedia di fronte alla specchiera, mentre Jasper era appoggiato alla porta chiusa ed Emmett aveva deciso di sedersi sul mio letto e osservare noi, e nostra sorella.
- E'... era una questione delicata, Edward, come avremmo potuto raccontarvi quegli orrori senza un valido motivo? Cosa avreste pensato di noi, e soprattutto di nostra madre, se non che siamo delle sporche approfittatrici? - Mi strinsi nelle braccia, distogliendo lo sguardo da quello dei tre di fronte a noi e spostandolo su mia sorella, che lentamente si stava riscaldando, e da come potei intuire non sarebbe durata molto.
- E invece quali credi che siano, adesso, le nostre opinioni su di voi? Non lo avremmo mai pensato, e sai cosa ci dà più fastidio? - Bella picchiettò nervosamente con le dita contro il legno color mogano dell'armadio accanto a lei, mentre Jasper stava per pronunciare le fatidiche parole.
- Il fatto che voi non foste state in grado di potervi fidare di noi, che fin da subito vi abbiamo accolte come parte della nostra famiglia, e che abbiate preferito tenere nascosto tutto! A me personalmente non importa che voi siate compromesse, e non mi interessa nemmeno che non sia consono alla situazione. Io odio questa società e tutte le regole che ha imposto, ma sai qual'è il peggior dramma? Il fatto che quelle semplicissime cose che fanno di una persona un uomo o una donna veri, come il saper distinguere fra il male e il bene, abbia contribuito alla vostra scelta di tenerci all'oscuro di tutto ciò. - Scossi la testa, sospirando pesantemente. Loro pensavano veramente che noi avessimo voluto nascondere tutto per ipocrisia ed egoismo!
- Puoi accusarci di quello che vuoi, Jasper, e anche tu Edward, e non da meno sei tu, Emmett, che non pronunci parola, eppure fai intuire che sei d'accordo con i tuoi fratelli. - Sapevo perfettamente dove voleva andare a parare mia sorella Bella, quindi la lasciai proseguire con un tonfo al cuore.
- Siamo state violate per anni, chi in un modo chi nell'altro tutte noi abbiamo patito le pene dell'inferno su questa terra solo perchè siamo nate nel posto sbagliato, al momento sbagliato, con una situazione familiare completamente distrutta. Abbiamo faticato per anni per poter mangiare e non morire di freddo in pieno inverno, abbiamo sgobbato come muli mentre uomini con il potere vivevano con il frutto del nostro sudore e del nostro sangue, molte volte abbiamo rischiato di non poter camminare più per tutte le botte ingiuste e dolorose che abbiamo ricevuto in cambio di tutto il lavoro che abbiamo fatto. E posso dire perfettamente a tutti e tre che siamo forti abbastanza ora, e che non ci faremo più procurare del male da nessuno. - Rimasi basita, sapevo che non avrebbe mandato a dire niente a nessuno ma non credevo si potesse spingere fino a quel punto.
Tutti e tre erano rimasti senza parole, e nessuno osò replicare all'accusa, fondata, di mia sorella. Quindi lei, piena d'orgoglio e con gli occhi lucidi, mi guardò a testa alta e allargò le braccia.
- Ti vorrò sempre bene, Al. - Disse, e io le corsi incontro, la strinsi a me e per poco non scoppiai a piangere, quindi strusciai il mio naso contro la sua guancia e lei fece lo stesso.
- E lo stesso vale per quella dormigliona pestifera e terribilmente dolce che abbiamo come sorella maggiore. - Scossi la testa divertita, mentre la lunga chioma di Rosalie cominciò a penzolare giù dal letto, accanto alle gambe di Emmett, allungate all'inverosimile.
- Ragazze, io propongo di andare a fare colazione. Sarà una lunga giornata, questa. - Edward ci lanciò un'occhiata, poi accennò un lieve sorriso e si rivolse a Bella.
- In fondo, suonare il pianoforte richiede un forte impegno e una grande concentrazione, e lo stomaco pieno non può che giovare. - Lei arrossì appena, e dopo aver abbassato la testa si morse il labbro inferiore.
- Ma... Come facciamo con lei? La lasciamo sola? - Posai una mano sul letto, poco distante dal piede di Rosalie che ancora dormiva, e Jasper appoggiò il gomito sulla testiera, osservandola per un istante.
- Io credo che se la lasciamo qui tutta sola, al suo risveglio si prenderà un gran bello spavento. In effetti, a chi piacerebbe ritrovarsi isolati in queste condizioni? - Aveva colto nel segno ciò che io avevo cercato di fargli intuire senza accennarne minimanente il discorso, e l'unico che non ne se accorse fu proprio Emmett, impegnato a scrocchiarsi le dita.
- Rimarrò io con lei, non ho fame. - Tutto ci aspettammo da lui, tranne che una frase del genere, per due semplici motivi. Emmett aveva sempre fame, e non si era mai, nemmeno una volta, offerto volontario per aiutare qualcun'altro. Proprio per questo lui aveva scelto una strada diversa dagli altri, il lavoro dei quali implicava un certro altruismo e la volontà di sacrificarsi per i bisognosi.
- Sei sicuro, fratello? - Jasper si scansò dal letto e si avviò verso la porta, scoccandogli un'altra occhiata. - Non è necessario, possiamo aspettare che si svegli anche lei... - Edward aveva teso le mani e, ancora prima che potesse finire, il fratello si rivolse a lui con una scrollata di spalle.
- No, le ho fatto una promessa ieri sera e, come ben sapete, mantengo sempre la mia parola. Dobbiamo ancora parlare di molte cose, andate pure. Non preoccupatevi per me. - Lo scrutammo ancora un po', perplessi, poi animati dalla curiosità di vedere quanto avrebbe resistito uscimmo a tempo e ci dirigemmo verso la sala da pranzo, in totale silenzio. Entro non molto sarebbero arrivate la nonna e la cugina dei ragazzi, e sarebbero stati guai seri se solo avessimo sbagliato una sola volta.
- Dovete scusarci per il nostro comportamento, è solo che... - Jasper aveva stretto i pugni, poco distanti dalla nostra camera, e aveva digrignato i denti in un gesto di rabbia, così il fratello proseguì.
- Troviamo inconcepibile un comportamento del genere nei confronti di brave persone come voi. - Alla fine, Edward mise piede per primo in sala da pranzo e ci accomodammo a tavola. Poco dopo, gran parte delle pietanze erano di fronte a noi, portate da Julian che non si risparmiò la cortesia di domandarci come stesse nostra sorella.
- Al momento sta dormendo, Julian, grazie per l'interessamento. - Dissi, sorridendogli appena, mentre Bella osservava fuori come le prime gocce di pioggia avevano cominciato a correre sui vetri delle finestre. Da un momento all'altro, il tempo era cambiato. Che fosse anche quello un segno?
- Se dovesse arrivare, io cosa farei Alice? - Mia sorella mi guardò dritta negli occhi, e io non seppi risponderle. Per una volta, nessuna risposta mi sembrava quella adatta, o almeno capace di infonderle del coraggio.
Se Jacob Black fosse arrivato, saremmo finite in un guaio impossibile, e forse avremmo rovinato del tutto quel momento non idilliaco fra di noi.


Bella

Il calore del thè che si stava lentamente diffondendo nel mio stomaco riuscì ad ammorbidire appena il nodo che si era formato per la troppa tensione, già di prima mattina. Fu accompagnato da un morso di biscotti freschi, e un succo di frutta, e mi riempii in modo tale da sfamarmi completamente. Un attimo dopo, Trevor fece capolino dalla porta accanto alle due donne che, in quel momento, non avrebbero affatto aiutato a placare la situazione, già molto precaria.
Bethany e sua nonna, imbacuccate in vestitoni con più di quattro sottogonne ciascuno e sotto ad un cappello nientemeno che ridicolo che copriva interamente le loro facce, si guardarono compiaciute, per poi cominciare a procedere verso di noi con passettini irritanti e rumorosi, ed un'espressione equivoca stampata in viso.
- Se questo è l'inizio, non voglio nemmeno lontanamente immaginare come sarà dopo.* - Alice si chinò verso di me e sussurrò quelle parole, e tutto ciò non sfuggì allo sguardo attento della nonna dei ragazzi, che non si perse d'animo.
- Punto primo, signorine, parlare in un modo incomprensibile è inaccettabile a tavola, soprattutto se in presenza di uomini che fortunatamente fanno parte di una società nobile elevata. - Faticai per un istante a seguire il suo discorso, difatti mi accorsi solo dopo di aver fatto una smorfia confusa, a giudicare dall'espressione quasi divertita dei due accanto a noi.
- Oh nonna, è inutile che sprechi troppo fiato con queste due, non sono inglesi e non comprenderanno mai il vero significato della nostra lingua così colta e raffinata! Sono delle sempliciotte, non aspettiamoci troppo. - Strinsi i pugni a quell'affermazione malfamata, e dovetti respirare profondamente per non scattare in piedi, o per non vedermi costretta ad andarmene da quella stanza.
- Isabella, preferisci la mattina o il primo pomeriggio, per la nostra lezione? - Edward cercò inutilmente di smorzare la tensione che subito si era creata fra di noi, e cercando in ogni modo di ignorare completamente le due mi girai verso di lui.
- Se per te non è un problema, la farei volentieri questa mattina, non sia mai che questo pomeriggio ci sia qualche inconveniente! - Alice mi diede un colpo allo stinco da sotto al tavolo e strabuzzai appena gli occhi, rivolgendole un'occhiataccia.
- Già la nostra situazione non è rosea, cerca di non attirare addosso a noi tre tutte le sciagure di questo mondo!* - Sbottò così Alice, alzando entrambe le sopracciglia e incrociando le braccia al petto.
Appoggiai il gomito sul tavolo, e la guancia destra sul palmo aperto della mano, sbuffando. - Effettivamente hai ragione, devo essere più positiva, eh?* - Lei annuì energicamente, facendo sorridere i due al tavolo assieme a noi.
- Questa è la seconda e ultima volta che ve lo ripeto, signorine. In questa stanza tutti devono avere la possibilità di capire, anche se comprendo bene che i vostri discorsi non siano così colti da poterci importare minimamente. E' il protocollo. - Edward si alzò da tavola e mi guardò per un attimo, poi si avviò verso la porta senza guardare minimamente le due parenti.
- Io ti aspetto di là, Isabella, finisci pure con calma di fare colazione. Intanto mi esercito un po'. - Gli sorrisi appena, anche se avevo già finito di mangiare mi concessi ancora due minuti a tavola, per rilassarmi appena prima di raggiungerlo e cominciare la prima lezione di pianoforte della mia vita.
- Dove pensa di andare la signorina, casualmente? Noi saremmo qui per educarle al meglio ed essere presentabili, non per perdere il nostro preziosissimo tempo in maniera così poco costruttiva! - Io e Alice scuotemmo la testa a tempo, mentre Jasper iniziò a leggere il giornale che Julian aveva posato poco più in là, sopra ad un tavolino con sopra un vaso di fiori.
- Io ed Edward abbiamo intenzione di fare una lezione di pianoforte, signora. E non vedo alcun ostacolo, visto che è lecito per una donna imparare un mestiere colto come quello di suonare uno strumento, grazie all'aiuto di una persona buona come Edward. - Rimase in silenzio per qualche secondo, e prima di poter udire la risposta feci per andarmene, completamente certa di non poter sopportare altre provocazioni simili. Non avrei invidiato minimamente mia sorella, in quel momento!
- Io invece ho da occuparmi di faccende personali alquanto importanti, e non mi aspetto certo che tutti qui presenti possano comprendere appieno la gravità di tutto ciò. - Lo scherno di Alice nei confronti delle due era fin troppo evidente, eppure sembrava che loro non se ne fossero nemmeno accorte, impegnate quant'erano a controllare ogni nostro movimento per poter dedicare un minimo di attenzione alle parole di mia sorella.
- Parli di Tiffany, Al? - La vidi annuire appena, seguita poi dallo sguardo incuriosito di Jasper che aveva sollevato dal giornale che, a giudicare da come lo stava leggendo, lo aveva veramente appassionato.
- Se dovesse succederle qualcosa, non me lo perdonerei mai. - La sua occhiata angosciata mi fece stringere il cuore, ma prima che potessi solamente pronunciare una sillaba, l'odiosissima voce della cugina dei ragazzi bloccò la mia.
- Dov'è quella biondina stralunata? Non ha nemmeno il becco di presentarsi agli appuntamenti ufficiali, la signorina! Come se non sapesse che non siamo qui per una visita di piacere, non per queste tre almeno. - Io e mia sorella ci guardammo per un istante, e io mi allontanai subito, lasciando perdere la risposta che sicuramente le avrebbe spiazzate completamente.
Mi incamminai a passo spedito verso la sala dalla quale proveniva una dolcissima melodia, e prima di entrarvi rimasi fuori dalla porta per qualche minuto, godendo appieno dello splendore di quelle note che riempivano l'area circostante di una stranissima allegria.
Poi bussai, delicatamente, e una nota stonata interruppe il magico momento, concludendosi con un improvviso scatto all'indietro di Edward, con il viso rivolto verso di me.
- Ehi, sei arrivata finalmente. - Sorrise appena, e mi fece posto sullo sgabello di fronte all'enorme pianoforte a coda nero che padroneggiava al centro della stanza.
- Mi ero trattenuta fuori, ad ascoltarti. Che componimento era, Edward? - Mi accomodai accanto a lui, appena impacciata, e ripensai a quanto tempo fosse passato dall'ultima volta in cui io e lui eravamo rimasti soli.
- L'ho scritto io, effettivamente, in un momento di grande ispirazione, e volevo solamente verificare che fosse un bel pezzo, tutto qui.- Gli sorrisi e osservai come le sue dita fossero rimaste sopra ai tasti senza spostarsi minimamente, pronte per ricominciare a suonare.
- Allora, iniziamo? - Disse, notando che io ero rimasta in silenzio. Annuii e lo osservai incuriosita, fino a quando non afferrò dolcemente le mie mani e le fece appoggiare sui tasti di fronte a me, con delicatezza.
- Conosci le note musicali, Isabella? - Chiuse lo spartito davanti a noi e lo posò poco distante, tornando ad occuparsi delle mie mani.
- Sì, Edward, ma non so come riconoscerle qui sopra. - Sussurrai, impacciata e imbarazzata allo stesso tempo, e lui con una risatina posizionò le mani come aveva fatto prima e mi guardò.
- Allora suoniamo insieme tutte e sette le note, Isabel... - Alzai gli occhi su di lui e aggrottai le sopracciglia, non tanto per ciò che mi aveva detto, ma per come si rivolgeva a me.
- Perchè mi chiami Isabella, Edward? All'inizio mi chiamavi Bella, e perchè ora no? - Lui aprì più volte la bocca, nel vano tentativo di pronunciare una qualche replica, ma non ci riuscì.
- Scusa. - Disse solo, guardando davanti a sè. - Non voglio le tue scuse, Edward. Non ne ho bisogno, so perfettamente che la situazione in casa è cambiata radicalmente, e che ci sono state delle... Decisioni azzardate, ma... - Abbassai la testa, facendo ricadere le dita sui tasti del piano.
- Fra noi non deve cambiare niente, Edward, eppure noto che è tutto diverso, sei più lontano, scostante e freddo con me, distaccato. Non devi preoccuparti di sembrare sfacciato con me, non lo saresti comunque. - Lui sorrise, scuotendo appena la testa, e allungò lo sguardo verso di me.
- Grazie, Bella. In effetti è così, non volevo darti una impressione sbagliata. Allora, iniziamo? - Annuii e riposizionai le dita correttamente, seguendo tutti i movimenti che faceva, fino a comporre la scala musicale completa.




Rosalie

Un sonno agitato e movimentato aveva accompagnato quasi tutta la mia mattinata, sotto a quelle calde ma ben poco accoglienti coperte che mi avvolgevano fino al mento, e forse qualcosa in più. Sognavo tutto il nostro passato in maniera diversa, le mie sorelle ed io avevamo la meglio su quei mostri, stavamo riuscendo perfettamente a sconfiggerli e a regnare sovrane sul bene, e assomigliava tanto alle favole della buonanotte che la zia Belinda, scomparsa poco dopo la morte di nostro padre, ci raccontava ogni sera prima di addormentarci, e che rappresentavano perfettamente la sua personalità, cupa e pesante. Ma in fondo era venuta a stabilirsi da noi solo per aiutare nostra madre a stare al capezzale di nostro padre, durante tutta la sua malattia, e non potevamo certo aspettarci che una persona negativa e pessimista come lei potesse cercare di migliorare appena quella situazione tanto tragica e drammatica.
Quando mi svegliai, l'orologio a cucù in corridoio scoccò le undici, e il lieve rumore che venne prodotto mi diede la carica per aprire gli occhi. Ma appena lo feci, mi ritrovai, sul letto accanto al mio, Emmett sdraiato a pancia in su, con le braccia incrociate sotto alla testa e un polpaccio accavallato sull'altro. Il suo sguardo era fisso davanti a sè, ma era così pensieroso che probabilmente nemmeno si accorse che io ero sveglia.
Quindi, veramente sorpresa di averlo ritrovato lì dopo tutte quelle ore, scostai le coperte, ricevendo una gran botta di freddo alle braccia che mi fece rabbrividire, e rimasi ferma qualche secondo per abituarmi e potermi poi sedere.
Lui girò la testa verso di me, e i suoi occhi azzurri mi guardarono con una tale intensità da sentirmi il cuore cominciare a battere a mille, frenetico.
- Sei sveglia. Finalmente, direi. - Si mise a sedere in un attimo, con le gambe appena divaricate e le mani chiuse a pugni accanto alle cosce.
- Sono tre ore e mezza che ti aspetto, Rosalie. - Il suo tono era duro, secco e non ammetteva repliche. Allora piegai le gambe, fino a che il lenzuolo non venne sollevato dalle mie ginocchia, appoggiai una mano sul mio stomaco e l'altra vicino al mio fianco e lo guardai.
- Scusami. - Sussurrai, mentre i miei capelli contornavano il mio viso in modo abbastanza disordinato e confusionario. Si alzò e si posizionò accanto alla specchiera, fuori dalla finestra la pioggia aveva cominciato a scendere a dirotto, eppure poche ore prima c'era il sole a picco.
- Perchè Rosalie? Accidenti, perchè?! - Aveva alzato improvvisamente la voce, e un pugno era rivolto verso di me. Sgranai gli occhi e mi misi a sedere, sempre coperta dal copriletto sopra di me.
- Emmett, io... - Provai a spiegargli le mie ragioni, provai per una volta nella mia vita a farmi sentire e a cercare di farmi valere come donna, ma subito mi interruppe.
- No, Rosalie! Avresti potuto dirmelo prima che succedesse tutto! E invece, hai preferito nascondermi tutto e farmelo scoprire solo dopo, perchè è così divertente, vero? E' divertente prendersi gioco di me, e farmi credere veramente che fra i due, quello colpevole ero io, per ciò che è successo, non è così? E io che mi sono passato giorni infernali per i sensi di colpa che mi stavano logorando, mi sono attribuito la colpa del tuo malessere per il mio infondato egoismo, visto che fra i due l'egoista sei tu! - Scossi la testa, e appoggiai i piedi a terra, sul marmo ghiacciato. Mi alzai e, dopo essermi stretta il solito scialle attorno alle spalle, alzai lo sguardo verso di lui.
- No, Emmett. - Dissi, trovando un coraggio che nemmeno sapevo di avere dentro di me, e lui si ammutolì all'istante, fremente di rabbia.
- Non puoi venire a dirmi che sono egoista, questo no. Puoi dirmi tutto ciò che vuoi, che sono una ignorante, una scoccia ingenua e poco attenta alle cose che la circondano, ma non che sono un'egoista. Mi sono sacrificata tutta la vita per le mie sorelle e per mia madre, non ho tralasciato da parte nemmeno un secondo per me, per il mio benessere o per potermi rilassare un attimo. Mi sono lasciata fare di tutto, mi hanno picchiata, quasi sfigurata e violentata perchè a loro andava di fare così, eppure ho continuato a subire e ad essere sottomessa per poter assicurare un pezzo di pane e uno straccio di letto su cui dormire alle mie sorelle, e so che loro lo hanno fatto per me. Avrei potuto farmi promettere in sposa a qualche riccone e avere dei maggiordomi al mio servizio, la bellezza non mi manca purtroppo, avrei potuto fare tutt'altra vita, ma non l'ho fatto. Quello sarebbe stato un gesto egoistico, ma rinunciare a tutto ciò per la propria famiglia non è da egoisti. - E prima che lui potesse replicare, anche se la probabilità era veramente bassa, me ne andai dalla camera, senza nemmeno preoccuparmi di cambiarmi d'abito e anzi, rimanendo in camicia da notte.
Non sapevo dove andare, il poco appetito che avevo era scemato del tutto e quasi sicuramente la nonna e la cugina dei ragazzi erano già arrivate, quindi mi diressi velocemente verso la saletta contenente semplicemente un paio di poltrone, una piccola libreria e un caminetto spento.
Stavo quasi congelando, ma prima di entrare nella stanza notai qualche legnetto in una cesta sotto ad un tavolo, e dei fiammiferi; a fatica sollevai la cesta, la portai di fronte al caminetto e buttai tutto il suo contenuto sopra alla cenere, e dopo qualche tentativo vano riuscii ad accendere un cerino e ad appiccare una fiammella.
Mi accomodai sopra ad una delle due poltrone, dopo aver afferrato un libro a caso, e mi rannicchiai su me stessa prima di iniziare a leggere.
Fortunatamente, avevo chiuso la porta dietro di me prima di accomodarmi, perchè riuscii a sentire, pochi minuti dopo, i passi rabbiosi di Emmett passare davanti e poi superare quella stanzetta in cui mi ero rintanata, era così poco ovvia quella stanza che a nessuno sarebbe mai venuto in mente di cercarmi lì dentro.
Avrei atteso lì dentro l'ora di pranzo, in modo tale da poter rimanere in pace con il mio bambino per un po', cercare di trovare una soluzione al più presto e valutare un piano con cui dare la notizia ad Emmett. Prima che fosse troppo tardi.
Che problemi avrei causato alla mia famiglia, una volta nato il mio bimbo? Avrei disonorato sicuramente mia madre, e le mie sorelle si sarebbero viste arrivare il titolo di poco di buono anche per questo, e soprattutto tutti avrebbero cominciato ad infangare il nome di Carlisle, e lo avrei mandato in rovina.
Scossi la testa, scacciando via quei pensieri opprimenti, e ritornai alla lettura di 'Romeo e Giulietta.' E chi l'avrebbe mai detto che in quella casa ci fosse stato un libro del genere? In effetti, nella prima pagina c'era una dedica scritta a mano da una figura femminile, e l'arredamento della stanza, sebbene fosse stato semplice, ricordava il gusto raffinato ed elegante di una donna di classe.
Allora cominciò a nascere dentro di me il dubbio che, forse, quella era la biblioteca personale della mamma dei ragazzi, e per quello nessuno ci aveva mai messo piede dentro, se non per sbaglio.
Un brivido mi corse su per la schiena, e mi guardai un attimo attorno: tutto silenzio, e buio, se non fosse stato per la mia immagine proiettata sul muro, ondeggiante e ingigantita, dal fuoco scoppiettante del camino di fronte a me.
Portai istintivamente una mano sulla mia pancia, e solo allora mi accorsi dell'errore fatale che avevo commesso poco prima: come avevo potuto essere così sciocca da mostrarmi a Emmett con quella camicia da notte, che non nascondeva affatto l'evidente rotondità del mio pancino? Nel giro di una manciata di settimane, era cresciuta poco e fino a pochi giorni prima del matrimonio non mi aveva dato problemi, ma era come se in quei pochi giorni fosse lievitata come una torta. E se lui si fosse accorto di qualcosa, che avrei fatto io?
Ma poi, ripensandoci, compresi che se si fosse accorto di qualcosa di diverso, me lo avrebbe fatto notare impedendomi di allontanarmi da lui con quella foga.
Allora rimasi lì a lungo, con lo sguardo fisso su quelle pagine che si rincorrevano velocemente, tale era la mia voglia di leggere, e con la mani appoggiata sul mio ventre caldo, che si sollevava ritmicamente seguendo il mio respiro e che sprizzava vibrazioni emozionanti ad ogni secondo.
Ogni tanto dovetti interrompere quel momento idilliaco per attizzare il fuoco che si faceva flebile sempre più spesso, fino a che i legnetti non si esaurirono.
Guardai nella stanza alla ricerca di un orologio, ma sfortunatamente non ce n'era nemmeno uno, quindi mi feci coraggio e mi alzai, portando con me il libro, che avrei continuato nel pomeriggio, e uscii in punta di piedi dalla stanza, rimettendo tutto a posto come l'avevo trovato.
L'orologio, non troppo distante, segnava le dodici e mezza. Accidenti, dovevo sbrigarmi se volevo arrivare almeno al dolce!
Allora mi rintanai velocemente in camera, e notai i miei vestiti accuratamente appoggiati sul letto, rifatto, e un bigliettino accanto. Lo afferrai, e lo lessi. 'Cerca di non tardare troppo, Rose, guai in vista. A e B.' Sorrisi, per conto mio, e mi diedi della sciocca da sola, mentre in fretta e furia mi tolsi la camicia da notte e infilai quel vestitone, largo al punto giusto, che le mie sorelle avevano lasciato fuori apposta per me. Come potevo non adorarle?
Mi diedi una sistemata davanti allo specchio, stranamente la mia faccia era più rilassata e pacata del solito, e le occhiaie non erano troppo evidenti, quindi raccolsi velocemente i capelli in una lunga treccia morbida e presi un lungo respiro.
- Forza piccolo, ce la faremo anche oggi. - Sussurrai, osservandomi il pancino, poi uscii nuovamente dalla mia camera per dirigermi verso il luogo dal quale provenivano voci sommesse, e piene di tensione.
Appena feci il mio ingresso, tutti si zittirono. La luce era fioca, tremante e illuminava veramente poco l'intera stanza, fuori il temporale infuriava imperterrito e rendeva l'atmosfera ancora più cupa e tetra.
Le mie sorelle si alzarono e quasi mi corsero incontro, con un sorriso stampato in faccia, e non potei non abbracciarle in una morsa stretta e calorosa, dichiarando loro più e più volte tutto il bene che provavo.
In un angolino del tavolo, sedute una accanto all'altra, la nonna e la cugina dei ragazzi ci osservavano con un'aria di superiorità e arroganza da farmi venire il voltastomaco, e proprio per questo evitai di trattenermi per più di due secondi a guardarle.
Jasper ed Edward mi avevano rivolto un cenno di saluto, mentre Emmett aveva rumorosamente appoggiato il bicchiere sul legno e stava guardando di sbieco la nonna, ancora parecchio alterato. Fortunatamente c'erano tutte quelle persone che avrebbero impedito chissà cosa da parte sua, anche se... Sapevo perfettamente quanto fragile fosse in realtà.
O almeno, speravo che lo fosse in fondo al suo cuore!
- Le sembra questa l'ora di arrivare, biondina? No, dico, ora non si sa nemmeno leggere un'ora? - L'anziana donna si sistemò gli occhialetti sul naso gobbuto e mi squadrò con un sopracciglio alzato, mentre la nipote aveva sollevato così tanto il mento da farmi pensare che si sarebbe potuto staccare da un momento all'altro.
- Avevo altro da fare. - Dissi semplicemente, con un lieve sorriso che nascondeva la voglia che cresceva di mandarle direttamente a quel paese. Ma quale signorina con un po' di buon gusto lo avrebbe mai fatto?
- Lei è veramente una cafona! Si vede che mio figlio ha veramente preso un abbaglio, altrimenti non avrebbe sposato una donna con una tale mancanza di educazione che si è anche rifiutata di passare alle figlie! Come si permette di venire a dire a me, signorina, che aveva altro da fare? Non lo sa che quando si prende un impegno, si rispetta sempre e comunque? - Digrignai i denti verso la sua direzione, e mi dovetti mordere la lingua per non rispondere seriamente.
Quindi mi accomodai al solito posto, di fronte ad Emmett che si irrigidì ancora di più, e attesi che mi venne servito il pasto. Cominciammo tutti a mangiare in silenzio, a parte le frecciatine che continuavano tutti a lanciarci, e sentii la rabbia salire dalla bocca del mio stomaco.
- Perchè nemmeno oggi abbiamo un po' di tranquillità in casa, ragazze? E' chiedere troppo, un pomeriggio in cui rilassarsi e pensare a qualcosa di positivo, ogni tanto?* - Le mie sorelle cercarono in ogni modo di mandarmi degli strani segnali, con occhiate che indicavano chiaramente le due e un labbiale incomprensibile che mi mandarono in confusione: che avevo fatto?
- Allora non ci siamo capite! E' l'ultima volta che lo ripeto, mi avete intesa? Non voglio che si parlino linguaggi rozzi e incomprensibili a tavola, nè qui nè altrove! Non siamo zingari, non possiamo capire i versi insensati che considerate come la vostra lingua madre, è impossibile che io o mia nonna ci abbassiamo ad un livello così insulso di comunicazione! - I miei ormoni, già altamente provati dal piccolo che portavo in grembo, schizzarono alle stelle da un momento all'altro, e decisi che era il momento di dire basta.
- Lei chi è per venire in questa casa e permettersi di dire a me cosa devo dire, fare o pensare? Pensa che avere i quattrini la faccia sembrare una persona come si deve? Lei è veramente così convinta di essere superiore a me per come pensa di parlare o atteggiarsi in pubblico, o è solo ipocrisia? Sapete, signore, potete avere tutti i soldi che volete, tutta la fama e la nobiltà che volete. Potete essera anche i sovrani in persona, ma se la vostra anima è povera, non ha un minimo di sentimento verso coloro che hanno più bisogno, non valete nulla. - Mi ero alzata dalla sedia, e con un gesto rabbioso avevo scostato il piatto da davanti a me. Ero stufa di dover sentire ogni santo giorno qualcuno che criticasse o giudicasse me o la mia famiglia, anche noi eravamo persone con dei sentimenti e con il diritto di essere trattati al loro pari.
Erano ammutoliti tutti, le mie sorelle erano sbiancate e si stavano osservando come scioccate, i due fratelli erano interdetti e non mossero nemmeno un muscolo facciale.
Ma colui che mi spaventò di più, fu Emmett. In un attimo, mi piombò accanto e mi afferrò un polso, stringendolo, poi mi trascinò fuori dalla stanza quasi di peso, così velocemente e così violentemente da farmi accapponare la pelle.
Finimmo fuori dalla porta, dall'altra parte della casa, esattamente sul balcone. La pioggia ci stava ricoprendo dalla testa ai piedi, eravamo già bagnati come pulcini quando la porta finestra si richiuse dietro di noi con un tonfo.
- Come ti permetti, Rosalie, di osare solamente pensare di poterti permettere un affronto a mia nonna? Non sai nemmeno chi accidenti è lei, che con un semplice comando può farti marcire in galera fino alla fine dei tuoi insulsi giorni! Perchè le hai risposto così, quando sapevi perfettamente di essere in torto marcio, per essere arrivata in ritardo a pranzo dopo aver perso tutta la mattinata dietro al nulla, e dopo aver lasciato un discorso a metà con il sottoscritto? Chi accidenti credi di essere, ora che tua madre ha sposato mio padre pensi di essere la regina? Ti sbagli, cara Rosalie, non la sei affatto. - Il mio stomaco si contrasse in un secondo, e un senso abnome di nausea mi colpì come uno schiaffo in pieno viso. Probabilmente cambiai colore, e da rosa appena accennato divenni verde insana, ma non mi importò affatto. Ormai avevo cominciato a sputare sentenze, e non sarei riuscita a fermarmi nemmeno sotto tortura, anche se sapevo che me ne sarei pentita ben presto.
- Hai intenzione di picchiarmi, Emmett? Oltre ad avermi fatto passare più di due mesi sotto alle lenzuola con te, ora hai anche il coraggio di venire a dire a me che ho un'aria di superiorità? Avanti, Emmett, picchiami. Massacrami, riempimi anche tu di lividi dalla testa ai piedi, rompimi il naso e buttami giù dalle scale come se fossi un sacco. Riempimi di calci e pugni come se fossi un saccoccio, tanto io sono una donna che non vale niente, no? Sono una sporca zingara, avanti Emmett, dammi la lezione che mi merito per essere ciò che sono. Ma poi, non accusare me. - E appena finii di parlare, sentii tutta la mia forza interiore svanire nel nulla, e lasciarmi come una corazza vuota sotto all'acqua scrosciante e purificatrice.
Scoppiai in lacrime, la tensione era così forte che arrivai al limite, e singhiozzai così forte da dover portare una mano al petto, per tutto il peso che sentivo nel cuore.
Emmett, di fronte a me, si adombrò e strinse i pugni, mentre io non feci altro che abbassare la testa, per non vedere nulla di quello che mi sarebbe accaduto, poco dopo.



Angolino autrice: buon giorno a tutti! Come state? Allora, visto che sono in ritardissimo volevo scusarmi con tutti voi, ma pregarvi seriamente di lasciare un commentino alla storia, per sapere cosa ne pensate e cosa, secondo voi, dovrei cambiare. Spero vi sia piaciuto, recensite numerosi! A presto, un bacione, Alba97.







 



   
 
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