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Autore: viperas    10/06/2013    1 recensioni
Ma non capiva, Rose, come Al avesse potuto sostituirla tanto facilmente.
E poi, l’illuminazione: non le aveva mai voluto bene come gliene voleva lei, per questo ci era riuscito, per questo aveva messo Scorpius al suo posto.
Paradossalmente, in quel cuore dagli occhi verdi, non c’era posto per il verde.
Ma c’è un motivo, anzi più di uno, se sono una Serpeverde: cambio pelle, io.
Come i serpenti.
Una Rose un po' diversa da come la immaginate, più triste, più sola, ma forse più forte.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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“Tu invece. Maledetto dalla nascita.
Un uomo, se così lo si può chiamare, che Dio stesso ha rigettato.”
“Basta! Perché dici così?”
“Perché tu lo credi.
Ma se soltanto potessi vedere la bellezza che può venire dalle ceneri”
“Ma sono diversi da me”
“Sì, tu hai un vantaggio:
più grande è la lotta e più glorioso è il trionfo.”
The Butterlfy Circus

 
 
 
 
Rose si rigirò nel letto, infastidita dalla bocca impastata e dallo spessore sulle braccia dovuto alle bende.
Non riuscendo a riprendere sonno, aprì gli occhi e, nella luce soffusa, guardò disorientata la stanza.
Infermeria.
E, all’improvviso, i ricordi la fecero sprofondare nelle lenzuola, arrabbiata con sé stessa, visto che ora, a causa della sua stupidità, qualcuno sapeva di lei, la lametta. Di loro, i tagli.
Ma la stanchezza ebbe il sopravvento e si riaddormentò.
 
 
Dopo qualche ora, si risvegliò nuovamente e si stupì non poco nel vedere una ragazza seduta sul letto di fronte al suo con lo sguardo perso nel vuoto.
Se, da una parte, avrebbe voluto eclissarsi, non farsi notare, dall’altra, la bocca impastata si era trasformata in una sete tremenda, quindi, con non poca fatica, si mise seduta.
La ragazza sembrò riprendersi da quella sorta di trance, la scrutò a lungo e, infine, le si rivolse: “Come stai?”
Rose si guardò intorno costatando di esserci solo lei, un po’ confusa le chiese a sua volta: “Chi sei?”
“E’ maleducazione rispondere a una domanda con un’altra, non lo sai?”
“Lo hai appena fatto anche te” le fece notare “meglio, comunque, ora mi diresti con chi sto parlando?”
“Sarah e, se ti può consolare, neanche io sono del tutto certa di conoscere il tuo nome, nessuno si è premurato di dirmi questo piccolo particolare.” Disse con un sorriso.
“Io sono Rose” le rispose.
“Bene Rose, vado a chiamare tuo cugino, se scopre che ti sei svegliata e io non l’ho avvertito subito mi crucia: prima stava per farmi fare un voto infrangibile. Fortuna che è arrivata Madama Chips e si è dovuto accontentare di una semplice promessa” disse con un sorrisetto sbieco.
 
E prima che potesse replicare, se n’era già andata.
 
E Rose aveva sempre più sete.
Subito dopo che Sarah era uscita, aveva sentito delle voci, ma non se n’era curata e aveva chiuso gli occhi.
Se li avesse tenuti aperti, avrebbe visto Scorpius Malfoy entrare, fu, invece, uno shock quando qualche minuto dopo li riaprì e se lo trovò vicino che la scrutava.
“Che ci fai qui?” gli chiese schiarendosi la gola sempre più secca.
“Come ti senti?”
Rose sbuffò nel vedere che non le aveva risposto e decise di fare come lui e chiedergli un po’ d’acqua.
D’altronde, non vedeva perché confidarsi dirgli come stava; un conto era Sarah, che probabilmente l’aveva salvata e si meritava uno straccio di risposta, per quanto potesse essere ermetica e poco esaustiva quella che le aveva dato, un conto era lui.
Bevve tutto d’un sorso il bicchiere che il ragazzo le aveva portato, accorgendosi solo con un attimo di ritardo che così facendo aveva messo in bella mostra le bende sulle braccia ma Malfoy dimostrò di avere un minimo di tatto e fece finta di non averle notate.
Tossì un briciolo per via della gola martoriata, ma si riprese subito.
In quel mentre, Albus e Sarah fecero il loro ingresso, affannati e il cugino le vomitò addosso un fiume di parole: “Rose! Come stai? Stai bene? Che scemo! E’ ovvio che tu non stia bene! Hai sete? Fame? Male? Parlami Rose! Mi dispiace tantissimo, davvero, credimi, sono stato uno stupido, ma ti spiegherò, non per trovare scuse, solo per farti capire...” Concluse col fiatone.
A dir la verità non aveva ancora finito solo che Sarah, quella ragazza le stava sempre più simpatica, cosa strana per lei, lo aveva interrotto:
“Merlino, Potter, lasciala respirare, se continui a parlare tu è ovvio che non riesce a dirti come sta e se vuole ascoltarti! Non opprimerla!”
Albus le lanciò una mezza occhiataccia, ma sapeva che aveva ragione lei.
“Io… Sto, Albus, semplicemente sto. E forse ti ascolterò, ma più tardi, così ti metterai la coscienza apposto.”
“Io…” provò a dire lui, ma lei non lo lasciò parlare.
“Tu? Non lo fai per metterti la coscienza apposto? Questo, Al? Prova a negare!”
“No, Rose, non lo faccio per quello. So che non ti fiderai, a ragione, ma io voglio realmente recuperare la nostra amicizia. So che penserai che è tardi, ma ti prego…”
“Ne parleremo un’altra volta, anche perché tra un po’ la madama torna e vi cazzia a tutti quanti.”
“Weasley ha perfettamente ragione, è ora che ve ne andiate, tra poco i suoi genitori saranno qui. Dite al resto della parentela che possono venire domani a vederla. La signorina Bones può restare, penso che i signori Weasley le vorranno parlare.” Quella donna aveva un che di spaventoso, tipo il dono dell’ubiquità, pensò Rose.
Malfoy, che fino a quel momento era stato muto se ne andò con Albus salutandola.
 
“Sai, sei stata brava a gestire tuo cugino, non voglio impicciarmi, non so cosa ti abbia fatto e se non vuoi dirmelo non voglio neanche saperlo, però non penso di aver mai visto qualcuno più preoccupato e in colpa insieme”
Rose rifletté un attimo, prima di risponderle con una scrollata di spalle: “Preferisco non pensarci, ora.”
“Hai ragione. Forse dovresti riposarti, se vuoi esco, così non ti disturbo” Mise molta enfasi nel dirlo, come se ne dipendesse molto più che la sua uscita da quella stanza.
Rose pensò attentamente a cosa risponderle, perché sapeva che se le avesse detto di andarsene, lei sarebbe uscita anche dalla sua vita e avrebbe perso una possibile amica.
Valutò a lungo, una parte di lei le diceva che non aveva bisogno di nessuno, che stava bene da sola; un frammento di coscienza le suggeriva di farla restare, di accettare la sua offerta d’aiuto.
Mentre rifletteva la osservava attentamente, scrutando i suoi occhi nocciola e i capelli color del grano con un taglio corto e sbarazzino.
Rose sapeva bene che non si deve giudicare dalle apparenze, ma quella ragazza le ispirava simpatia e fiducia con quegli occhi vispi e quelle lentiggini appena accennate, la sentiva affine a lei.
Solo più allegra.
“No, resta pure non mi dai fastidio. Anzi…” le disse infine, mettendo fine a quella lotta interiore.
“Ne sono felice. Allora, in che casa sei?”
“A Serpeverde, tu?”
“Grifondoro, ma il Cappello Parlante era indeciso se mettermi tra i Tassi”
“Oh, e in che anno sei?”
“Sesto, tu?”
“Anche, ma come mai non mi ricordo di averti mai vista a lezione? Almeno metà delle ore le dovremmo avere insieme, va beh che non faccio mai caso a chi mi circonda ma le persone me le ricordo, almeno di faccia.”
“Sono nuova, sono arrivata da poco”
“Oh, e come ti trovi?”
“Mah abbastanza bene, se non fosse che continuo a perdermi.” Fece una smorfia e continuò “Ma d’altronde, io non è che ho un cattivo senso d’orientamento” fece un’altra pausa per poi esclamare con espressione disperata: “Io il senso dell’orientamento non ce l’ho!” sebbene non fosse chissà che gran battuta, Rose scoppiò a ridere. Per la prima volta da, probabilmente, mesi ( anni? ), rise, con chiaro nella mente un cartone che le aveva fatto vedere sua madre, insieme ad Al, dove un asinello, con lo stesso tono che aveva usato Sarah, esclamava: “ Io le dita non le ho!”.
 
Mentre Rose ancora rideva, entrarono i suoi genitori che la guardarono sorpresi e, dopo essersi ripresi, lanciarono un’occhiata riconoscente a Sarah, che scese dal bordo del letto dove si era accovacciata per presentarsi.
“Salve, sono Sarah, Sarah Bones.” Sorrise porgendo la mano alla madre di Rose.
“Piacere, io sono Hermione e lui è mio marito, Ron.” Disse in fretta prima di rivolgersi a Rose con espressione preoccupata.
“Rose…” non disse altro, non le chiese come stava, sapeva che non le avrebbe mai detto la verità, si limitò ad abbracciarla, il padre le posò una mano sulla spalla, stringendola lievemente.
Poco dopo arrivò Madama Chips che chiese ai genitori di Rose di entrare nel suo studio per parlare.
 
Per il resto del tempo le due ragazze rimasero in silenzio, dopo una ventina di minuti, quando ormai, Rose aveva la testa ciondolante, uscirono e le fecero promettere di scrivere una lettera al giorno e se ne andarono salutandola affettuosamente.
 
 
Albus POV
 
“Non serve strappare le pagine della vita,basta voltare pagina e ricominciare
Jim Morrison

 
Albus camminava strisciando i piedi, perso nel suo mondo di ricordi.
Non sapeva spiegarsi, lui, per quale motivo si fosse comportato così con Rose.
 
Bugia.
 
Lo sapeva, forse non in modo chiaro, forse era tutto un caos, confuso, ma un’idea del perché l’aveva.
Si era sentito, Albus, fuori posto affianco alla cugina, non sapeva, almeno all’inizio, perché si sentisse così a disagio.
Inizialmente pensava derivasse dallo stupore di scoprire che, in realtà, lui non conosceva Rose bene come credeva.
Lui l’avrebbe vista bene a Grifondoro, al limite a Corvonero, anche a Tassorosso, esagerando.
Ma mai tra le serpi. Mai.
Si chiedeva, si domandava, quale caratteristica avesse delle serpi: non sembrava molto ambiziosa, pensava che quello sarebbe stato comunque il male minore, o vendicativa.
Sulla scia di quel pensiero, iniziò a vedere cose che non c’erano, pensò fosse falsa, doppiogiochista, crudele…
 
Non capiva, non ancora, di star solo cercando una giustificazione.
Perché se lui si sentiva a disagio, fuori posto, non era per colpa di Rose. O no. Era colpa sua.
Perché, ma ci arrivò solo dopo qualche anno, il cappello gli aveva suggerito Serpeverde, ma lui aveva rifiutato, impaurito dal fatto di poter essere diverso.
Rose no e, paradossalmente, una serpe era stata più coraggiosa di un Grifone. E questo, Albus, non poteva proprio sopportarlo.
Così nel suo infantilismo, o forse non era cosciente, iniziò ad allontanarsi nella speranza che il disagio, la vergogna, che provava rimanessero insieme a Rose, che ne era la causa.
 
Inizialmente, per lo stesso motivo per cui si usa dire “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, stava meglio.
Ma poi, quella sensazione tornò amplificata e Albus non sapeva come liberarsene.
 
Nel frattempo vedeva Rose sempre più sola, ma si rifiutava di capire che fosse colpa sua.
Tutto fino a quando non la vide deperire sempre più, allora iniziavano i sensi di colpa e la tristezza, ma comunque Albus non provava a tornarle amico: pensava che non lo avrebbe mai perdonato.
 
Scuse.
Balle.
 
E, infondo, Al lo sapeva.
 
E aveva paura.
 
Seguendo quei pensieri, era arrivato nella sua stanza, sul suo letto, senza quasi rendersene conto. Si addormentò.
 
Fu svegliato da qualcosa di appuntito che batteva sulla sua spalla, un becco.
Con i movimenti lenti di chi si è appena svegliato da un riposino fuori programma, sciolse la lettera dalla zampa del gufo, che volò via.
Aprì la lettera con mani leggermente tremanti dopo aver riconosciuto la scrittura sulla busta:
Albus Severus Potter,
 Torre di Grifondoro,
Dormitorio del sesto anno.
Srotolò delicatamente la pergamena e cominciò a leggere.
 
 
Caro Al,
come va? Ti scrivo questa lettera, perché di parlartene a voce non ne trovo la forza: sono molto stanca.
Ma tralasciamo.
Sai, ho pensato molto, a quello che mi hai detto ( sia oggi, che quando mi hai chiesto di venire a Hoqsmeade ), ho riflettuto attentamente e valutato e ponderato tutto quello che è successo, tutto quello che ho provato.
Tutto quello che ho passato.
E fino a poco fa ero decisissima a non passarci assolutamente sopra.
Poi qualcuno mi ha fatto riflettere.
Quindi, vuoi sapere il verdetto Al?
 
Ebbene: ho mandato a puttane tutti i ragionamenti di sopra e, contro ogni logica, voglio perdonarti.
Non so se riuscirò mai a fidarmi di nuovo di te, forse sarò fredda e distante, ma quella non è una cosa che posso comandare, la fiducia.
Quella, se tornerà, lo farà da sé.
Cosa strana la fiducia, no? Anni per costruirla, secondi per distruggerla.
 
Ma c’è un motivo, anzi più di uno, se sono una Serpeverde: cambio pelle, io.
Come i serpenti.
Ora ho solo bisogno di riposo, di tempo per leccarmi le ferite, di curami, per poi lasciarmi tutto alle spalle; come una vecchia pelle da cui si è imparato tutto quello che si poteva imparare.
Non te lo nascondo, non sarà facile.
Sarà, anzi, una fatica immonda, per me. Ma, mi hanno detto, ho un vantaggio: “più grande è la lotta, più glorioso sarà il trionfo”
A questo punto, se vorrai sostenermi e aiutarmi, io accetterò nuovamente la tua presenza; se non lo vorrai fare, non proverò rancore.
 
Una volta, non tanto tempo fa, a dirla tutta, pensavo che la vecchia Rose, quella prima di Hogwarts, fosse sparita: annegata in tutta questa sofferenza, indifferenza e odio verso sé stessa.
Ora so, che quella Rose, è sempre al suo posto, un po’ dolorante e ammaccata, forse, ma è lì: sepolta.
 
Basta che qualcuno riesca a tirarla fuori, e qualcuno ci sta provando, con mio enorme stupore e, sì, felicità.
E Rose avrà pure tanti difetti, ma sa perdonare.
 
Ora ti saluto, Al, con la speranza che rifletterai attentamente a ciò che ti ho scritto.
 
Tua,
 
Rose
 
 
P.S. Beh dovresti ringraziare Sarah che ha portato la lettera in guferia, io avevo anche provato ad alzarmi, ma M. Chips stava per uccidermi per non farmi prendere freddo e rischiare di prendere un raffreddore ( un po’ un controsenso, no? )  :)
 

Ed Albus, con gli occhi lucidi, tirò un sospiro di sollievo, sorridendo al post scriptum della cugina, ammirandola per tutta la forza che doveva avere per essersi riuscita a rialzare.
E, sì, ci sarebbe stato.
E, sì, era stato un completo idiota. Per fortuna che Rose era più intelligente di lui.
Ma, d’altra parte, come zio Ron sottolineava sempre, aveva ereditato il cervello di sua madre.
 
Con un sorriso, prese pergamena e piuma e si accinse a scrivere una risposta a quella che, sperava, sarebbe tornata ad essere la sua migliore amica.
  
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