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Autore: Horrorealumna    10/06/2013    1 recensioni
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Insieme alla mia vita e alla sua.
L’incubo sarebbe finalmente finito.
Con la nostra morte.
Dopotutto non c’è niente da temere.
Perché temere la morte quando si ha già paura del buio?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alessa Gillespie, Dahlia Gillespie
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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IL SOGNO DI ALESSA
 
Avere un’intera città di bambole e pupazzi, tutta per me, era una cosa straordinaria.
In fondo, non volevo fare del male a chi non lo meritava, ma dovevo ammettere che la tentazione era troppa. Libera nella dimensione che avevo lasciato dal momento dell’incendio, finalmente senza più vincoli; se non fosse stato per il mostro che riposava nel mio corpo, giù, nelle profondità dell’Ospedale Alchemilla, avrei già spezzato le catene che mi legavano al mondo dello specchio, il mio Otherworld. Un regno, il mio, che avrebbe sfiorato l’intera città di Silent Hill.
Travis aveva trovato l’uscita, ma non mi aveva più incrociato. Confuso, ma stranamente composto, raggiunse l’uscita della struttura.
Fu proprio sugli scalini dell’uscita di emergenza che il camionista incontrò mia madre, Dahlia.
- Tu... - sussurrò Travis. Era come se non vedesse l’ora di saltarle addosso, pieno di rabbia.
- Cos’hai fatto?! - gli sputò in faccia la donna.
 - Vorrei tanto saperlo anche io! Cosa avrei combinato?! - le domandò Travis, alzando le braccia, esasperato.
Dahlia sapeva benissimo cosa era in grado di fare il Fluros e che magia potente poteva esserci imprigionata dentro. Anche solo un briciolo di quell’immenso potere mi aveva fatta uscire dagli specchi, mi aveva permesso di invadere la città. Per ora, potevo accontentarmi della “dimensione nebbiosa” della mia cara cittadina, ma ben presto le cose sarebbero completamente cambiate, a cominciare dalla mia precaria situazione; un grande potere, in un così piccolo corpo... e se il potere derivava anche da un mostro, il demone dentro di me, non potevo avere altra scelta: prendere possesso della città, era prendere possesso dell’Ordine, di Kaufmann, di Dahlia... e impedire loro di far nascere il demone.
Sembrava divertente. Avrei fermato Samael, usando il potere che quest’ultimo mi continuava ad infondere.
Giusto.
- Hai rotto l’incantesimo! - spiegò mia madre - Hai riunito i frammenti. Non capisci? E’ libera!
Sì. Ero libera.
E ben presto se ne sarebbero accorti.
- Volevo solo finirla. Finirla qui - ammise Travis guardandola negli occhi e avanzando - Pensavo lo desiderasse anche lei! Voglio andarmene via!
Non appena Travis affermò di “conoscere i miei desideri”, Dahlia si ritrasse, lontana di qualche passo e con gli occhi fissi verso l’ospedale.
- Non puoi aiutarmi? - chiese, infine, il ragazzo. Probabilmente conosceva già la risposta. “Tale madre, tale figlia”, pensò. Non poteva permettersi di pensare qualcosa di più sbagliato.
- Vuoi andartene? Ah-ah - rise la donna alla bizzarra richiesta d’aiuto - Troppo tardi, ormai. Puoi anche averla aiutata, ma non ti permetterà di scappare. E lei non potrà fermarci. La cerimonia inizierà presto!
Cerimonia?
Mi materializzai, quasi senza accorgermene, proprio dietro Travis, sotto gli occhi di Dahlia. La cerimonia? Non potevo... ? Non poteva essere troppo tardi! Era tutto programmato!
Mi sentii cadere il mondo addosso. Avevano le mie membra, avevano il mio cuore e, soprattutto, avevano il demone. Tutto dentro di me, nel mio corpo completamente ustionato.
Sentii la rabbia crescere dietro di me. Mi sembrò di bruciare, ancora una volta.
Dahlia mi sorrise, continuando:
- Finalmente, lei partorirà dio! Eccola che arriva! Guarda ciò che hai combinato!
Puntò un dito nella mia direzione, senza abbandonare quell’orribile sorriso.
Potevo ancora oppormi? Ero uscita dal mio sogno, ma in questo modo ero anche andata di mia spontanea volontà tra le grinfie di mia madre e dell’Ordine. Nelle loro maledette spire. Ecco dove riposava il mio corpo.
Ero l’ospite d’onore per la loro festicciola. Aspettavano solo me, per la realizzazione dei miei sogni.
Non potevo tornare indietro e Travis non poteva salvarmi.
 
Ribollii di paura, agitazione e timore. Cosa mi avrebbero fatto? Avrei seguito Dahlia al macello o mi sarei opposta? Fu la prima volta che desiderai, veramente, vederla morta.
Morta come le mie compagne di classe.
E, come cullata da questi pensieri, mi lasciai trasportare, nell’onda di queste strani ed inebrianti emozioni. Non era la prima volta che mi succedeva, ma mai qua, nella vera Silent Hill.
Mossi qualche passo verso lei e verso Travis, che si era voltato, incuriosito. Mi aveva individuata, ma questa volta non ricambiai il suo sguardo: chiusi gli occhi appena in tempo, per sentire, poi, una forte e lunga folata di vento liberarmi i capelli dal nastrino rosso che li teneva legati. Percepii, anche sotto le palpebre serrate, il cielo farsi nero come la pece, e uno strano ticchettio metallico invase l’area, sempre più forte e martellante.
Bruciava la città.
Per il mio potere e la mia rabbia. Succedeva sempre così, e quando mi lasciavo trasportare da emozioni o sensazioni troppo forti, più paura e stress, la realtà, attorno a me, mutava forma, assumendo le sembianze del mio incubo.
Era proprio quello che stava accadendo.
I miei piedi si staccarono dolcemente dal suolo. Fluttuai in alto, leggera come una piuma, mentre il pavimento e i gradini di marmo dell’ospedale si decomponevano come la carne di animali morti, dieci volte più rapidamente del normale.
L’Otherworld divenne concreto, prendendo il posto della dimensione nebbiosa.
Era il potere del dio. E il mio.
Il mio odio e la mia rabbia non facevano altro che facilitare il lavoro al demone. Una volta passato per questo “mondo”, sarebbe stato un giochetto da ragazzi invadere la realtà.
Quando aprii gli occhi, velocemente, vidi Travis disorientato, ancora immobile a fissarmi. Non poteva restare lì! Il pavimento assunse l’aspetto di una grata arrugginita e ogni oggetto presente divenne una massa informe di sangue e carne ancora pulsante di vita.
Allora, per allontanarlo, allungai una mano verso la sua direzione, mentre lo guardai minacciosa.
“Scappa” gli avrei voluto urlare, ma non era il caso in compagnia di mia madre, che ancora rimaneva lì, a fissarmi sbalordita ma sempre sorridente. Non veniva toccata dal potere, nemmeno sfiorata, tanto che sembrava neppure essere in grado di scorgere le tenebre andarle incontro.
Travis di era finalmente mosso: corse via, ansimante, verso il buio orizzonte, nel cuore della città, lontano da noi.
- Meglio smettere di giocare, Alessa - mi sussurrò Dahlia, la mano destra tesa verso di me, come se volesse portarmi via.
Restai immobile, sospesa in aria come una farfalla, ad osservarla, per qualche strano motivo che non riuscivo a spiegare. Dovevo seguirla? Non avevo potere su di lei e, da quel momento in poi, sarebbe sempre stata alla mia ricerca. Aveva Alessa... aveva me...
Forse potevo capovolgere la situazione: annullare la cerimonia non sarebbe stato semplice, ma non potevo restarmene qui, conscia che avrebbero fatto qualunque cosa per riavermi. Non potevano rovinare ancora la mia vita: avevo toccato il fondo, sotto quel frangente. Avrebbero potuto, però, rovinare la vita di Claudia... sapevano quanto quella bambina mi stava a cuore... o avrebbero fatto del male a Travis, per non parlare dei mostri!
Atterrai dolcemente sul ferro arrugginito, mentre, guardinga, mi avvicinai alla donna. Deformò ancora di più il suo sorrisetto e mi sussurrò:
- Stai imparando l’obbedienza, Alessa.
Mi fece tremare di rabbia; così, per nascondere le mie vere e pure intenzioni, le chiesi, col tono più smielato e infantile che riuscii ad emettere:
- Dove andiamo, mamma?
Bastava prenderla in giro e salvarmi dalle grinfie di quei pazzi. Travis non mi avrebbe abbandonato, non in questo momento. Ma in quel momento era lontano, troppo distante. Come poteva scoprire il luogo della cerimonia e fermarla in tempo?
“Niente panico”... ma ero davvero curiosa... e anche insicura: mia madre possedeva abilità speciali, quasi potenti e grandi quanto le mie, e non potevo rischiare di rovinare il mio piano e farmi scoprire aprendo troppo la mente e lasciando correre i pensieri. Cercai di non pensarci più, per proteggere me e Travis e tutte le poche cose che ancora mi erano care a questo mondo.
Ci incamminammo, con fare solenne e lentamente, per le vie della città irriconoscibile. Le strade erano disseminate di mostri e creature, tutte nati dalla mia immaginazione e da quella di Travis e ora concreti e reali; non si avvicinavano a noi due, come intimiditi dalla nostra presenza e dalla nostra sicurezza.
Naturalmente, avevo accettato la sua richiesta, la stavo seguendo, ma non stringevo la sua mano, né le parlai più per tutto il tragitto. Mi limitai a starle dietro, a pochi passi di distanza, e con fare calmo e composto. Avrei tanto voluto gridare. Sapevo a cosa stavo andando incontro, e mamma pensava che mi fossi finalmente decisa a lasciar perdere le mie assurde idee; non potevo scappare, secondo lei, al destino che gli adulti avevano deciso per me. Era proprio qui che si sbagliava.
Ogni volta che il mio piede toccava la fredda grata di ruggine, sentivo la paura crescere sempre più forte. Se fossi scappata, non se ne sarebbe accorta. Ma che senso aveva mollare tutto?
Sentii quasi, presa da uno strano rimorso, che quello che stavo causando all’intera Silent Hill fosse stato sbagliato: assecondavo il demone, Samael, ma in cambio avrei avuto il potere assoluto. Invece mi trovavo a seguire la mia aguzzina, ad aprire le porte del loro “paradiso”. Che fosse proprio questo il loro Eden? Un mondo di sangue e mostri, fuoco e paura?
 
Finalmente, una volta arrivati a destinazione, riconobbi il posto: Simmons Street. Era là che si trovava il negozio d’antiquariato di mia madre, “Il Leone Verde”. Non ricordai molto di come mi trovai, improvvisamente, nel sotterraneo del negozietto; il nero dell’oscurità più totale e il freddo mi colpirono, come se fossi stata di nuovo in grado di percepirli grazie ai sensi.
Ci trovammo presto a varcare la soglia di un enorme salone, dai muri di pietra antica e il pavimento lucido e nero, pulito e che rifletteva una strana luce rossa, di cui ignoravo totalmente l’esistenza. Com’era possibile che quella struttura, così grande e spaziosa, simile ad una cappella, si trovasse sottoterra? Mi sembrava di essere entrata in uno di quei sogni, nei quali si passa con facilità in luoghi del tutto sconnessi tra loro senza alcun nesso logico.
Sotto le nostre scarpe, un enorme Halo of the Sun brillava di luce propria; e proprio sul sigillo demoniaco rosso sangue, era posto un altare in pietra, accerchiato da un bel po’ di gente, tutta coperta da mantelli neri e dai visi nascosti da maschere di ossa. Osservavano qualcosa, posto sull’altare, ma non riuscivo a capire cosa: le loro alte figure, da adulti, si ergevano immobili e bloccavano la mia visuale.
C’era anche quel viscido verme, Kaufmann, che camminava verso la parte opposta della sala, dandoci le spalle, parlando forte e con la maschera deforme nella mano sinistra:
- Ti ha davvero fatto lavorare per benino, eh?
Stava parlando con qualcuno. E quando sentii l’altrettanto potente voce di Travis rispondere alla provocazione, tirai un sospiro di sollievo. Ma come aveva fatto a scoprire il nascondiglio dell’Ordine?
- Cosa stai dicendo?! - chiese il camionista.
- Lei - rispose il dottore indicando l’altare - Ti ha usato per bene, per poi lasciarti da solo!
E capii cosa giaceva sul freddo e scomodo altare, accerchiato da membri dell’Ordine: Alessa. E la vidi... ci vidi: una bambina dalla pelle completamente annerita, senza capelli, gli occhi chiusi e un lenzuolo a coprirle il corpo ustionato.
- Siamo sorpresi di vederti qui. Pensavamo che te ne fossi andato! - riprese Kaufmann, il tono piatto e calmo - Era quello che ti avevo suggerito di fare, no?
In effetti il loro ultimo incontro era stato parecchio movimentato. Si erano visti al Riverside Motel, nella suite dedicata a Cleopatra; era stato mentre il camionista cercava la stanza 500: entrato nella stanza da un buco del soffitto, in cerca di risposte, si era invece imbattuto nel dottore e nell’infermiera Lisa, seduti sul letto, nell’atto di rivestirsi.
Lisa non rivolse una parola a Travis e si limitò ad uscire in fretta dalla stanza con un sacchetto di polvere bianca in mano; Kaufmann invece gli suggerì, coi suoi soliti modi viscidi e duri, di lasciare la città prima di saggiare la sua ira. Non che Travis gli dette molto ascolto: quel ragazzo non era stupido, aveva capito cosa era disposta quella strana infermiera per una manciata di droga. Aveva un lato oscuro che forse nemmeno poteva immaginare. E io sapevo che c’era altro: la PTV era la sua ricompensa per occuparsi di me. Lo sarebbe sempre stato, credo. Le facevo schifo...
In ogni caso, in quell’istante, il mio corpo non era all’Alchemilla Hospital.
- Ora... - concluse Kaufmann - E’ ora di mettere le vostre pedine a dormire. Buonanotte...
“Le vostre...?”
Uno strano gas narcotizzante invase la stanza, rendendo ancora più difficile per Travis riuscire a respirare. Immobile, lo vidi tossire violentemente e cadere a terra, ma con gli occhi ancora aperti. Sembravamo immuni a quel vapore tossico.
Mia madre intervenne:
- Lei è qui. Dobbiamo iniziare, ora!
- Non preoccuparti, Dahlia. Con lui fuori dai piedi, non riuscirà mai ad accrescere il suo potere - la tranquillizzò Micheal.
E notai qualcosa che mi sembrava sfuggito in precedenza: sopra il mio corpo, sospeso in aria, c’era una creatura... o almeno lo sembrava. Pensandoci bene, però, rassomigliava ad una donna...
Brillava di luce scarlatta e sembrava attrarmi, sembrava volermi invitare a toccarla. Mi sussurrava “Vieni, più vicina”... e per quanto ci provassi a trattenermi, la curiosità prese il sopravvento e mi ritrovai a camminare verso l’altare.
- Mamma! - chiamai, capace di muovere solo le labbra - Mamma?
Non ero io a muovermi! Mi sentivo trasportare, attrarre...
Il mio sguardo si fermò nuovamente su Travis, che teneva ancora gli occhi aperti e sembrava ancora assistere a quella cerimonia. I membri dell’Ordine continuavano a fissare il mio corpo, quasi in adorazione, e si spostavano, lasciandomi passare.
- Mamma? - richiesi - Ma che cos’è questa cosa?
Allungai la mano destra e, stranamente riuscii a toccare quella luce rossa. Strano, perché si trovava molto in alto e io poggiavo i piedi a terra. Le mie dita si protesero, desiderose di sentire se quel bagliore fosse concreto o no, sopra il mio corpo addormentato. E ci riuscii proprio nell’istante in cui mia madre mi urlò:
- Stai ferma!
Era incandescente. E lo percepii! Non poteva essere! Era come se fossi tornata una vera bambina.
Gridai per il dolore, ma con una voce strana, animalesca, cupa, simile a un ruggito:
- Owww! E’ bollente!
- E’ la gabbia per il demone. Imprigionato, i suoi poteri si uniranno ai tuoi. Ma se lo liberi, bruceremo tutti tra le fiamme dell’Inferno! - mi rispose, mentre ritiravo la mano.
 
La cerimonia era davvero iniziata, allora. Cosa mi stavano facendo?
Kaufmann si mise la maschera sul viso, mentre i membri dell’Ordine tirarono su il cappuccio, cantando qualcosa in parole che non comprendevo. Ero vicinissima all’altare, ma riuscivo a scorgere il corpo di Travis, percorso da strani tremiti. Stava combattendo contro qualcosa... ma non potevo saperlo in quel momento.
Dahlia mi spingeva, sempre più vicina al mio corpo.
Anche lei stava parlando...
Il demone... era qua?
Non c’era modo per imprigionarlo?
L’avevo fatto con i miei poteri: perché non riuscivo a rifarlo? I suoi poteri si stavano davvero unendo ai miei? Non riuscii più a muovermi, né a parlare. Mi sentivo stanca. I miei incubi erano niente, in confronto a quello che mi stava capitando: ero in balia dell’Ordine, proprio come mia madre aveva sempre desiderato; usata... ecco come mi sentivo. Tutto questo non sarebbe mai successo... se avessi avuto più tempo.
“Travis!” avrei voluto urlare, perché sapevo che sarebbe corso in mio aiuto. Poteva avercela con me, per tutto quello che gli avevo fatto passare, ma lo avevo fatto anche per il suo bene.
 
Il corpo del camionista sembrava essere stato colpito da potenti convulsioni: si agitava, urlava, muoveva le mani, chinava il capo...
Stava combattendo... stava combattendo per salvarmi, pensai. “Vincilo”.
Poi, un’idea mi balenò per la mente: il Flauros poteva contenere il potere del dio. Poteva salvarmi.
Mi concentrai, prima di perdere me stessa in quel delirio: Flauros... Flauros... Flauros...
Continuarono a spingermi, a sussurrarmi cose strane, spaventose... ma non potevo lasciare che il demone nascesse.
Flauros... Flauros...
Ero disperata.
“Travis” continuai a pensare “Il Flauros... il mio sogno... svegliati... svegliati! Il Flauros... imrpigionalo!”...
 
E quando capii che cosa stavano cercando di fare... fu troppo tardi per scappare o rimediare.
 
All’improvviso divenne tutto ovattato. Il corpo iniziò a dolermi e persi la vista. Persi conoscenza... e mi addormentai.
Ero tornata a essere quello che ero.
Ero stesa sull’altare di pietra, con la luce rossa sopra di me, e decine di persone attorno a me.
 
“Fa che non succeda” fu il mio ultimo pensiero.
 
Non ricordo altro.
Ah, no... forse riesco a ricordare qualcosa: urla di terrore. E la voce di mia madre che intima a Kaufmann di scappare. Un sibilo lontano... e una luce. Così forte da imprimere mille colori sulla mia retina, anche a palpebre serrate.
Mille passi in lontananza, risate infantili e un ruggito spaventoso.
La terra che trema. Il mio sobbalzare, quando sento uno strano e piacevole senso di calore in direzione del mio petto.
 
E fui libera, ancora.
Travis si era svegliato e reggeva il Flauros nelle mani; l’oggetto emanava un raggio di luce, che finiva dritto nel mio corpo.
 
Ricordo, prima che la mia anima mi lasciasse ancora, di aver sentito il dio scalpitare nel mio ventre e di aver pensato “E’finita”. Poi, ricordo anche di aver considerato, ingenuamente “Allora, è così che ci si sente. E lo sapranno anche quei “mostri”. Devo fare in modo che questo non accada mai più”.
“Ma come?”
“Certo, se avessero da cercare due pezzi invece di uno, per formare l’intero, il loro compito non sarebbe tanto semplice.”
“Ed è possibile? Sono capace di farlo? Sono potente, ma quanto basta?”
“Cosa dovrei scindere?”
 
E appena mi alzai dall’altare, lasciando il mio corpo nel sonno più profondo, avevo qualcosa tra le braccia. Qualcuno.
Tutto divenne buio.
 
 
NOTE D'AUTRICE:
E anche Fear of the Dark giunge al termine, con un altro capitolo e l'epilogo di questa storia :)
Un  grazie a tutti quello che seguono, leggono e recensiscono ;) Eeeeeee, alla prossima :D
   
 
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