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Autore: Bibichan2710    10/06/2013    1 recensioni
Chi non ha mai desiderato di far parte della ciurma di Cappello di Paglia? Credo nessuno!
Ecco come sarebbe secondo me ritrovarsi sulla Merry, insieme ai più famosi pirati di one piece, e vivere le loro stesse avventure!
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'incontro-parte 1

Una città abbandonata di notte. Sul fianco di una collina. In riva al mare.

Sono queste le prime tre cose di qui mi accorgo prima che il malore tanto agoniato si impossessi di tutto il mio essere.

Ho la vista offuscata e piove a scrosci.

C’è acqua dappertutto. Che sgocciola. Sgocciola.

Comincia a girarmi vorticosamente la testa  e benchè sia preparata a questo momento, ne rimango ugualmente scioccata. Adesso tutto mi sembra molto lontano e allo stesso tempo incredibilmente vicino.

Sono stata avvertita che avrei potuto avere delle allucinazioni, e quelle infatti non tardano ad arrivare. Una strana canzone mi ronza nelle orecchie. Come il tintinnio di migliaia di vocine.

Sopra di me un corvo sbatte le ali nella pioggia e, stridendo, scompare nel buio.

Un lampo illumina per un attimo la strada sotto i miei piedi, ma l’unica cosa che riesco a scorgere è un vicolo cieco tra due palazzi antichissimi di pietra. Non servono più ad ospitare famiglie, sono solo un mucchio di sassi.

Ciò che ha ridotto questo posto così è un mistero.

Un topo sfreccia tra le rovine impazzito, come se cercasse di uscire da un labirinto. Una trappola mortale.

D’istinto guardo nella direzione in cui se ne va. C’è un tumulo e aldilà di esso il profilo di una spiaggia si staglia in controluce al bagliore di un secondo fulmine.

L’acqua fredda mi impregna la pelle e l’aria è inquinata dal profumo di salsedine.

Stringo i denti per il freddo e il malessere e resisto alla tentazione di lasciarmi andare in balia dell’incoscienza solo grazie al ricordo della mia missione.

La mia è stata una promessa. Ho dichiarato esplicitamente che sarei stata capace di farlo, anzi che sono l’unica in grado di compiere un’impresa simile.

Non devo mollare. Fo un passo avanti. Poi un’altro. Le mie gambe sono quasi del tutto insensibili e i crampi provocati dalla sforzo di camminare sono insopportabili.

Non posso deluderli. Mi trascino in avanti andando a casaccio perchè la visibilità è scarsissima.

Un altro piccolo sforzo. Devo farcela, mi dico. Devo riuscire ad arrivare in spiaggia. Là forse qualcuno mi troverà e mi aiuterà. Dovranno pure arrivare delle navi, no?

Supero un cumulo di macerie e dei ciuffetti d’erba rinsecchita e i miei piedi sprofondano nella sabbia bagnata.

Le lacrime si mischiano alle gocce d’acqua, ma non mi arrendo.  So che arriverò alla spiaggia. Gli altri devono vedermi. Così mi troveranno.

Un’altra vertigine mi fa perdere l’equilibrio e cado a terra. Sono sfinita e ormai non c’è più niente da fare.

Mi resta solo da sperare che il mio piano si realizzi.

Il nero si fa largo dentro di me e io non lo fermo. Lascio che mi abbracci e mi porti in quel universo di perdita di coscienza. Solo così avrò un po’ di sollievo.

§

Vuoto. Nero. Oscurità. Mi sembra di essere immersa in un universo denso e appiccicoso di dolore. Le vene mi pulsano nella testa con un’intensità tale che immagino che mille martelli si stiano abbattendo sul mio cranio.

“Ma che posto è questo?”

L’eco stesso  del mio pensiero mi rimbomba nella mente e il respiro mi si mozza per un istante.

-Poverina! Sta soffrendo moltissimo! Chissà che cosa le sarà successo...- una donna ha parlato e nell’attimo stesso in cui ha aperto la bocca per esprimere la sua preoccupazione, un inaspettata sensazione di familiarità si abbatte su di me. -Sanji, dici un’altra volta come sei riuscito a trovarla!

-Subito mia cara!-

Sanji. S-a-n-j-i. Perchè questo nome mi ricorda qualcuno?

Un fruscio mi giunge alle orecchie, il rumore di qualche cosa che struscia contro qualche cos’altro di ruvido e pochi attimi dopo sento un odore di fumo di sigarette pizzicarmi le narici.

-Dopo che siamo approdati su quell’ isola, stavo andando a cercare provviste, come mi aveva ordinato Nami-san. Ad un certo punto, arrivato alla fine di una piccola insenatura, ho notato una figura stesa sulla spiaggia. Mi sono avvicinato e mi sono trovato davanti questa bellissima dea, priva di sensi e ricoperta dalla polvere.- il tono che sostiene la sua voce profonda e armoniosa è triste, come se ci tenesse veramente alla sfortunata ragazza del suo racconto.

-E non è ferita! Ma comunque nelle sue condizioni mi meraviglio che qualche pesce marino particolarmente feroce e affamato non l’abbia divorata!-

-Robin, certe cose non le devi nemmeno pensare!- l’ultima è una voce maschile, risentita  e un po’ fifona. Ha cercato di rimproverare la donna che ha pronunciato quelle terribili parole sulla ragazza, ma dall’inclinazione tremolante di certe sillabe ho capito che probabilmente il possessore non è molto coraggioso.

Accidenti, tutto questo stare attenta ai particolari mi fa stare peggio che mai. Devo assolutamente andare via da questo luogo di tortura!

-Oi, Chopper! Si sta svegliando!- qualcuno grida vicino a me.

Miliardi di pezzettini di ghiaccio mi esplodono nella testa per l’improvviso frastuono.

-Rufy, non urlare così! La fai stare peggio!- il tipico rumore di zoccoli che sbattono sul pavimento si fa più vicino a me.

Lo avverto. Percepisco lo sguardo di tutti puntato su di me ma io non posso andare avanti così. Devo capire che cosa mi sta succedendo e dove mi trovo.

Faccio uno sforzo immenso e lentamente apro gli occhi, ma il primo fascio di luce per poco non mi acceca. Li rinchiudo  e li riapro poco dopo. Questa volta ad accogliermi ci sono due paia d’occhi neri, ingenui e curiosi come quelli di un bambino, che spuntano da sotto un cappello di paglia.

-Hihihi! Finalmente ti sei svegliata!-il ragazzo a cui quei occhi appartengono si fa indietro e mi sorride, di un sorriso bellissimo a trentadue denti.

Lascio correre il mio sguardo sui presenti ed ho di nuovo la sensazione di conoscere tutti in quella stanza. Porto una mano alla fronte e confusa domando flebilmente:

-Non capisco...ma voi chi siete?-

Non sento la risposta perchè uno stetoscopio mi viene appoggiato sul petto e, quando mi rendo conto che dall’altra parte di quel aggeggio medico c’è una specie di procione con un buffo cappello, urlo per la sorpresa. Nel movimento che faccio sbatto la testa contro la parete e il dolore, andando ad aggiungersi a quello che già mi sta logorando, mi fa svenire.

  
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