Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: simply_me    26/12/2007    0 recensioni
"E' stato allora che ho iniziato a capirlo. Sono riuscita a veder dietro la maschera e finalmente sono riuscita a sentirla: la voce dell’anima, la voce della sua anima. Una voce gentile, delicata… come il suono di un’arpa circondata da tamburi battenti: tu non la senti, ma se presti bene orecchio lo capisci… è lì! Io… l’ho sentita…"
la mia storia parte esattamente dalla fine del volume 42
Capitolo 23 up
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II


Agli studi di recitazione le prove proseguivano già da cinque ore.

Il signor Kuronuma era instancabile: aveva diretto già buona parte delle scene degli attori di minor rilevanza, aveva osservato Sakurakoji interpretare Isshin e adesso era il turno di Maya.

- Proviamo la scena della battaglia. Tutti pronti! Kitajima, ricorda: entri in scena come una semplice fanciulla, ma man mano che cammini diventi la Dea… Fa’ molta attenzione, è una scena cruciale, il pubblico deve percepire la tua trasformazione! –
- Si, signor Kuronuma! – gli aveva risposto la ragazza.

Era insolitamente calma: quanto le era accaduto negli ultimi giorni le aveva dato modo di pensare, di riflettere, di capire.

Lei era innamorata…

Era vero, tristemente reale.
Di un amore che credeva, che sapeva impossibile e, tuttavia, non poteva fare a meno di soffrirne.

Aveva fatto fatica a comprendere se stessa e, così facendo, non era riuscita a dimenticarsi del proprio io e a diventare Akoya.

Si era chiesta migliaia e migliaia di volte, dalla sera della premiazione che le aveva permesso di confrontarsi alla pari con Ayumi per la Dea Scarlatta, “perché?”

Già, perché quell’uomo si comportava in quel modo?
Perché la scherniva, la provocava, la trattava come un oggetto, un "uovo d’oro", come le aveva più volte ripetuto, e poi invece, segretamente, anonimatamente, le inviava quelle rose?
Perché era arrivato fino al punto da farsi odiare da lei?

Odiare…

Era quello di cui era stata convinta per tanto tempo, molti anni, troppi.

Il peso di tutti quegli anni di odio sarebbe stato impossibile per chiunque, ma lui era sempre rimasto lì, nascosto dietro quelle rose e non solo: se ne era resa conto quella notte sotto le stelle.

Era stato lui a prenderla tra le braccia e portarla dentro il suo ufficio per medicarla quando all’inizio, spiando le prove dei ragazzi della compagnia Ondine, era stata aggredita dai cani; lui l’aveva protetta dalla pioggia con la propria giacca, mentre lei aspettava i membri della compagnia per la rappresentazione di Gina e i cinque vasi; lui si era occupato della signora Tsukikage quando aveva avuto il primo attacco a seguito della chiusura del laboratorio teatrale e aveva provveduto a chiamare il medico per curarla.

Quando i finanziatori della signora Tsukikage la avevano abbandonata ed era stata costretta chiudere il suo laboratorio teatrale, era stato lui a trovarle un posto dove provare con le ragazze; era stato lui a portarla in ospedale per medicarla quando la signora le aveva legato addosso quelle canne per farle capire come si muoveva una bambola; l’aveva protetta dalla caduta della colonna alla fine della rappresentazione di Cime Tempestose facendole scudo con il proprio corpo e, la sera in cui lei aveva ricevuto il premio come migliore attrice non protagonista per Hellen in Anna dei miracoli, l’aveva invitata a danzare facendo in modo che venisse notata dalle persone presenti.

L’aveva ingaggiata come attrice quando la signora Tsukikage glielo aveva chiesto affinché lei potesse apprendere la danza, potesse affinarsi come attrice recitando nello sceneggiato Lo splendore del cielo destinandola a diventare una star.

Una star...

Così le aveva detto.
E per questo aveva fatto di tutto, anche nasconderle la madre, sua madre, la madre la cui morte l’aveva fatta crollare nella disperazione totale.

Quanto lo aveva odiato, detestato per la morte di sua madre!

L’aveva sempre considerato l’assassino di sua madre.

- ASSASSINO! -

Glielo aveva urlato in faccia quella mattina, quando si era risvegliata in ospedale, e tale lo aveva considerato a lungo.

Che stupida!

Bruciante d’odio, non aveva fatto caso che era stato proprio lui a ritrovarla svenuta dentro quella barca, che l’averla schiaffeggiata davanti a fotografi e giornalisti era stato il tentativo di quell’uomo non farle perdere credibilità.

Mentre lei non riusciva a recitare, quando ormai la consideravano un’attrice fallita, le aveva proposto mille ruoli da interpretare. L’aveva soccorsa quando sotto la pioggia era svenuta, portandola a casa sua e ancora lì l’aveva riportata quando lei era fuggita.

Lui le aveva fatto ritrovare la voglia di recitare parlandole del mondo dell’arcobaleno in cui gli attori potevano vivere mille vite, lui l’aveva lasciata andare quando lei aveva deciso di farcela con le proprie forze, senza l’aiuto della Daito e soprattutto di quell’uomo.

Eppure… era stato lì!
Testimone della scommessa tra i ragazzi della compagnia e il direttore del teatro Atene.
Aveva consigliato i ragazzi e permesso loro di vincere la scommessa.

Allontanandola dai membri della compagnia, provocandola, aveva spinto i suoi piedi al teatro Nittei proprio quando occorreva una sostituta per fare l’antagonista di Ayumi.

L’aveva spinta lì a questo scopo, solo adesso se ne era resa conto.

Alla cena l’ammiratore non si era presentato.
Si era presentato lui, con una scusa, e, volutamente, aveva condotto la conversazione tra lei, Maya Kitajima, e quell’anziana donna che aveva interpretato la bellissima Ardis nella lirica, permettendole così di capire il suo ruolo, di confrontarsi con Ayumi senza temere e poi a quella festa, la festa per la prima di Isadora l’aveva umiliata, no! Soltanto provocata.

Provocata a tal punto da farle interpretare Jane la ragazza lupo con una tale rabbia, una tale passione, da suscitare l’interesse dei membri dell’associazione nazionale dello spettacolo per Lande Dimenticate.

Provocata a tal punto da farle interpretare Jane la ragazza lupo con una tale rabbia, una tale passione, da suscitare l’interesse dei membri dell’associazione nazionale dello spettacolo per Lande Dimenticate.

Aveva assistito alla prima sfidando un temporale per mantenerle una promessa che lei reputava fastidiosa.

Senza che lei se ne accorgesse, era stato lui a permetterle di vincere quel premio che l’aveva condotta lì dove era adesso, a provare per la Dea Scarlatta.

La Dea Scarlatta…

Lo spirito di un albero di susino, la valle dei susini...

L’aveva soccorsa, quando il temporale l’aveva sorpresa nella valle.
L’aveva coperta col suo impermeabile, le aveva acceso il fuoco di quella vecchia stufa affinché non si ammalasse e poi, quando il fuoco si era spento, l’aveva abbracciata e riscaldata col calore del suo corpo tutta la notte.

Ricordare quella notte le provocava sempre un leggero rossore alle guance.
Ma quella notte le aveva finalmente fatto aprire gli occhi e comprendere che lo amava.

Proprio lui, Masumi Hayami , l’affarista senza scrupoli, l’assassino di sua madre.
Lo amava, lo amava davvero e anche tanto.

Per questo non voleva deluderlo.

Ricordava perfettamente le sue parole:

"chissà quanto mi piacerà vedere la sua Dea Scarlatta

E ricordava anche le parole che lei gli aveva rivolto prima che la signora Tsukikage mostrasse a tutti i presenti la Dea Scarlatta nella valle dei susini:

interpreterò una Dea Scarlatta che la soddisferà… lo farò per lei

Era questa, questa la promessa che lei aveva fatto al signor Hayami.

Eppure, inizialmente, l’aveva dimenticato...


Quando, dopo la rappresentazione della Dea Scarlatta, aveva indossato l’abito di scena della signora Tsukikage, le parole della Dea erano servite ad aprirgli il suo cuore di ragazzina, di donna.

Chissà se lui aveva capito davvero o se quell’unione di anime che aveva vissuto con lui era stata solo il frutto della sua fantasia, un’illusione.

Era tornata dal paese natale della Dea Scarlatta proprio per scoprirlo.
Ma era troppo tardi: Masumi Hayami festeggiava la cerimonia del suo fidanzamento con quella signorina.

La signorina Shiori…

Quella donna così… così bella, elegante, gentile, così perfetta.
Troppo perfetta, rispetto a lei, Maya, una ragazzina.

Se ne era accorta proprio allora, osservando il suo riflesso in una vetrina di un negozio, mentre scappava dalla cerimonia di fidanzamento del signor Hayami: il suo ammiratore, no! il suo amore, avrebbe sposato quella donna perfetta.

Era quella donna la sua metà dell’anima, non lei.
Era stata tutta un’illusione, una stupida, stupida illusione.


Per giorni era stata incapace di provare.
L’unica cosa che era riuscita a fare era stato piangersi addosso.

Le parole di Akoya erano troppo dolorose: le anime gemelle, senza età, aspetto, condizione sociale non esistevano nel suo caso.


Kuronuma l’aveva sgridata, le aveva gridato addosso con rabbia la sua mancanza di concentrazione e sbattuta fuori dalle prove.

Assurdo!
Non le era nemmeno importato.
Era troppo presa da quel dolore: essersi innamorata di un uomo irraggiungibile...


Ma, adesso, non era più così.

Era stata la compagnia di Sakurakoji a farglielo capire.

Sakurakoji…

Un tempo tutti lo avevano considerato il suo ragazzo, ma in fondo era sempre stato un amico.

Lui non l’aveva mai dimenticata e questo le provocava un forte imbarazzo, ma adesso lui stava con Mai.

Quando aveva scoperto che sarebbe stato il suo partner in Lande Dimenticate aveva avuto paura: l’ultima volta che si erano visti lui le aveva detto che la amava e le aveva detto addio, ma quando si erano rivisti era stato gentile, non le aveva fatto pesare nulla ed era ritornato ad essere il suo carissimo amico.

Quando, ritornati dal paese natale della Dea Scarlatta, lei non era stata in grado di recitare e il regista l’aveva cacciata dalle prove era stato lui a farle ritornare un minimo di serenità, portandola a divertirsi, lasciando che sfogasse tutto il suo pianto nella ruota panoramica, regalandole un ciondolo a forma di delfino e mettendo da parte il suo stesso ciondolo della coppia che gli era stato dato dal venditore al ritorno da quella giornata di puro divertimento.

Trascorreva molto tempo con lei ultimamente: la aiutava a non pensare, le faceva forza e poi… l’aveva salvata.

Si, le aveva salvato la vita la sera dell’incidente al ristorante quando, dopo aver ricevuto la rosa scarlatta, lei aveva cominciato a cercare il signor Hayami e invece era stata trascinata e gettata in acqua dal pontile.

Era stato lui a riportarla sulla terra ferma.
Avrebbe dovuto avere ogni ragione per rimproverarla e invece anche in quel momento l’aveva confortata.

Ritornata a casa, non era stata capace di dormire.
Aveva riflettuto a lungo.
Lei era stata davvero la peggiore delle partner fino ad allora: troppo presa da sé senza considerare tutti gli altri attori, il regista Kuronuma e lui, Sakurakoji, che stavano faticando e sudando per mettere in scena uno spettacolo meraviglioso.

Nessuno di loro meritava la sua negligenza, nessuno!

Non il regista, non Sakurakoji, non tutti gli altri attori, non la signora Tzukikage, che la aveva scoperta e cresciuta affinché potesse ereditare la Dea Scarlatta, non Ayumi, che la aveva sempre lealmente considerata una rivale.

Ma soprattutto non lui, non il suo donatore di rose, non Masumi Hayami.

Chissà quanto mi piacerà vedere la sua Dea Scarlatta.

Mai e poi mai avrebbe voluto deluderlo, MAI!

Probabilmente lui non la avrebbe mai amata, ma, come attrice, voleva che fosse la sola, l’unica che lui potesse mai ammirare.

Le sarebbe bastato?
Probabilmente no.
Ma meglio che non aver neanche quella, la sua ammirazione...


Quella mattina era entrata negli studi con questa consapevolezza: doveva diventare una Dea.
Una Dea che era la natura, la forza, la fragilità, l’amore.
Una Dea meravigliosa, impareggiabile.

Forte di questa consapevolezza aveva acquisito sicurezza e aveva atteso con pazienza il suo turno: adesso era arrivato.

Avanzava nella sala lentamente, a piccoli passi tra gli attori che combattevano.
Non li osserva: girava attorno a loro con lo sguardo inizialmente stanco, poi pian piano spento, distaccato, per ultimo, infinitamente triste, di una tristezza non umana, la tristezza, lo strazio che lei, Dea, portava dentro nel vedere i propri figli, che aveva generato, cresciuto e nutrito con amore, distruggersi gli uni gli altri.

Kuronuma la osservava attentamente.

Osservava il mutare dell’espressione del suo volto, e tutti gli attori non impiegati nelle prove vedevano solamente una cosa: una Dea, la Dea Scarlatta.

Con questa espressione Maya aveva attraversato la sala sino a giungere a poco meno di un metro dal regista: non aveva parlato, solo adesso pronunciava la sua frase:

- Non capisco, perché gli uomini si combattono? –

Kuronuma battè le mani, la prova si interruppe, tutti i presenti sembravano essersi ripresi da un sogno.

- Bene così Kitajima! La tua espressione andava bene, anche la voce. Ma ancora non sei perfetta: non cammini ancora come la Dea, i tuoi movimenti sono ancora umani… - le disse.

Maya era contenta: finalmente era entrata davvero nel personaggio, ma aveva ancora tanta strada da fare.

Per prima cosa i movimenti: i suoi muscoli non erano allenati e in confronto ad Ayumi la sua goffaggine sarebbe emersa immediatamente.
Occorreva che apprendesse grazia, eleganza, femminilità.

Solo così poteva batterla, solo così poteva lasciare senza fiato lui, Masumi Hayami.

- Cinque minuti di pausa! – tuonò Kuronuma.

Gli attori si erano allontanati svuotando la sala.

Maya strinse i pugni, guidata dalla determinazione:

- Signor Kuronuma! Aspetti per favore! – aveva gridato la ragazza seguendo il regista.
- Si Kitajima? –
- Ecco io… ho bisogno di imparare come muovermi, di acquisire piena consapevolezza del mio corpo… mi aiuti la prego! –

Il regista le sorrise.

- Finalmente hai tirato fuori la grinta! Bene! Alla fine delle prove seguimi! –
- D’accordo – Maya sorrise e con voce gentile si inchinò – la ringrazio! –

Aveva fatto il primo passo, il primo vero passo...






nota: chiedo scusa per l'imperdonabile ritado con cui aggiorno ^^". Cercherò di mantenere il mio programma d'ora in poi...
  
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