Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: simply_me    15/11/2007    5 recensioni
"E' stato allora che ho iniziato a capirlo. Sono riuscita a veder dietro la maschera e finalmente sono riuscita a sentirla: la voce dell’anima, la voce della sua anima. Una voce gentile, delicata… come il suono di un’arpa circondata da tamburi battenti: tu non la senti, ma se presti bene orecchio lo capisci… è lì! Io… l’ho sentita…"
la mia storia parte esattamente dalla fine del volume 42
Capitolo 23 up
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nota dell'autrice: quella che vi apprestate a leggere è la prima ff che ho scritto. La prima in assoluto. Non che ne abbia scritto molte a dire il vero ^^
E' un'opera completa, peraltro abbastanza lunga, già comunque terminata, della quale al momento sto realizzando una spin-off.
Le tempistiche non corrispondono perfettamente a quelle che si dovrebbero avere nel manga, ma ahimè me ne son accorta troppo tardi per modificarle e sinceramente son tempi coerenti all'interno della fanfic stessa.
Ho dedicato tempo e anima a scriverla e sì, ci son idee che forse son del tutto avulse da gnk, ma queste le scoprirete in seguito...
Nasce un pò in sordina, almeno nei primi tre capitoli ma poi si sviluppa con maggiore dinamicità.
beh! che altro aggiungere?
I Personaggi non son di mia invenzione ma appartengon alla amata/odiata Muichi sensei che ne ha tratto un'opera che resterà sempre nel mio cuore.
Spero tanto che questa mia ff, che non ha certo la pretesa di sostituirsi al finale che la Miuchi, spero un giorno non tanto lontano, darà a quest'opera, possa piacere a chi non l'ha ancora letta, e che chi l'ha già letta possa comunque riapprezzarne una seconda lettura.



CAPITOLO I


Lo spettacolo che si presentava agli occhi della signorina Mizuki, all’apertura della porta, era a dir poco preoccupante.

Il giovane presidente fumava, dandole le spalle, guardando l’esterno dall’enorme vetrata del suo ufficio. La tazzina da caffè in mille pezzi sul pavimento, il liquido scuro schizzato tutto intorno e… le foto, sparse per terra, come fossero state gettate lì in un impeto di rabbia.

Dal primo istante di shock legato a quella visione, la segretaria si era immediatamente destata sentendo il rumore dei passi che si avvicinavano: lo rompersi della tazzina era stato udito fin nel corridoio.

Prontamente era avanzata oltre la porta e la aveva richiuso dietro di sé: più volte ormai aveva visto quell’uomo perdere il controllo per quella ragazzina, ma nessun altro degli uffici della Daito doveva scoprirlo.

Mizuki stava lì, con le mani dietro la schiena, ancora poggiate sul pomello della porta, come a voler impedire che qualcuno girandolo potesse aprila e osservava il signor Hayami.

Era immobile, la sigaretta che si consumava tra le sue dita, fisso su quell’unico pensiero: Maya.

Quando Hijiri la prima volta gli aveva riferito di quella ragazzina e di Sakurakoji, pur provando una fitta al cuore, gli aveva risposto di non fare nulla. Aveva pensato più volte che anche lei sarebbe cresciuta un giorno, che Sakurakoji era un bravo ragazzo e più volte si era chiesto se sarebbe stato in grado di lasciarla andare. Sapeva di non esserne capace, ma che era suo dovere.

D’altronde lui… era ormai fidanzato.

Ricordava perfettamente la cerimonia di fidanzamento, lo ruppersi del bicchiere che gli aveva rivelato la presenza della ragazzina.
Ricordava che si era forzato a sorriderle chiedendole di presenziare con una buona disposizione d’animo alle sue nozze. Ricordava anche che la ragazzina gli aveva fatto le sue congratulazioni e, prima di scappare via, gli aveva urlato contro

“SIA FELICE!”


Quelle parole erano state una vera pugnalata al cuore.

Ma si era imposto di non scomporsi: Shiori era lì al suo fianco allora e sapeva che suo padre lo stava osservando.

Eisuke sospettava anche troppo.
Non doveva.
Le minacce a quella ragazza… non avrebbero mai dovuto realizzarsi, mai!

“Sia felice!”

Ma avrebbe mai davvero potuto esserlo?
Come poteva costruire un castello di felicità su fondamenta di costrizioni, menzogne, falsità?

Non aveva scelta: quello era il suo destino.
Avrebbe indossato per sempre quella maschera.


Sakurakoji…

Gli aveva già chiesto se lui e Maya stessero assieme, ma lui aveva negato: erano amici, partner di lavoro e solo sulla scena sarebbero stati anime gemelle.

Ma le cose non stavano così!

Masumi lo aveva capito quella sera dell’incidente al ristorante.
Quando Sakurakoji lo aveva anticipato salvando quella ragazzina, aveva visto il suo sguardo dolce mentre la riportava dentro il ristorante e… aveva visto quel ciondolo dietro il colletto.

Erano questi i suoi veri sentimenti: Sakurakoji la amava, dallo stesso tempo in cui la amava anche lui.

Ma quel ragazzo non era il presidente Hayami, era libero.


Da quella sera in Masumi era scattato qualcosa: si chiedeva in continuazione se anche lei volesse bene a quel ragazzo e se un giorno quei due sarebbero finiti assieme per davvero.

Li avrebbe lasciati andare?
Ma, soprattutto, sarebbe riuscito a continuare a inviarle le rose?


Le rose scarlatte…

Già: ormai da tempo per lui avevano assunto un diverso significato.

Non erano il simbolo di un’ammirazione spropositata e sincera, erano i suoi sentimenti per lei, Maya, la ragazzina di undici anni più piccola che inconsapevolmente gli aveva rubato il cuore.

Senza rendersene conto neanche lui, aveva lasciato che lei superasse ogni barriera, ogni scudo e che entrasse nel suo cuore. Glielo aveva riempito e, lentamente, glielo stava logorando.

Ma lei non aveva alcuna colpa: era stato lui, Masumi Hayami, a innamorarsene e, senza accorgersene, questo amore si era spinto oltre, più del ragionevole e gli aveva pervaso l’anima.

E adesso?
Le crepe che ormai da tempo solcavano la maschera dell’affarista senza scrupoli che indossava erano mutate in profonde spaccature e quella maschera era caduta giù.

Come poteva riacquistare la calma?
COME?

Ma… era necessario. Doveva, doveva più di tutto il resto.


La signorina Mizuki, nel silenzio, aveva capito tutto.

Ormai erano anni che lo affiancava.

Guardava il signor Hayami e sapeva che, mentre guardava all’esterno, quell’uomo stava cercando di incollare ogni minuscolo pezzetto della maschera di giovane presidente.

Mizuki aveva chinato in basso il capo, osservandosi le scarpe e pensando proprio a questo: quest’uomo amava follemente quella ragazza, ciecamente, e, nella sua cecità, non si era accorto che anche la ragazzina lo ricambiava.

Non come ammiratore, ma proprio come Masumi Hayami della Daito.

La segretaria se ne era accorta la sera della cerimonia di fidanzamento. Aveva osservato la ragazza, le sue reazioni.

Ma più volte il presidente le aveva detto di avere una fervida immaginazione e, se glielo avesse fatto notare, non le avrebbe creduto.

A che scopo poi?

Ormai lui aveva deciso il dovere.

Perchè infliggergli quest’altro dolore?

Sapere di amare e di esser ricambiato, ma di non potere manifestare nemmeno una briciola di questo amore apertamente...

Incoraggiare questo sentimento avrebbe finito di distruggere quell’uomo.

Solo quella ragazzina poteva davvero cambiare lo stato delle cose: non lui, ma lei.

Chissà!?


Mentre pensava così un sorriso appena accennato le solcò le labbra, alzò il capo e si mosse avanzando in silenzio. Raccolse le fotografie e le depose in uno dei cassetti dell’archivio alla destra della scrivania, poi attraversò in direzione opposta la sala, prese il cestino e lo spostò vicino i pezzi della tazzina. Sempre in silenzio, li gettò nel cestino, uno ad uno; tirò fuori dalla tasca della giacca del completo turchese che indossava il suo fazzoletto e asciugò meglio che potesse il pavimento, riposizionò il cestino in quell’angolo vicino alla pianta e si diresse alla porta.
Infine di spalle, a capo chino, braccio destro proteso verso la porta e mano sulla maniglia ruppe il silenzio.

- Cancellerò i suoi impegni per le prossime ore. Le porto un altro caffè? –

Al suono di quelle parole Masumi si voltò.

Sapeva della presenza della segretaria nella stanza, ma sapeva che lei meglio di chiunque altro comprendeva il suo stato.

- Si, signorina Mizuki – rispose.
- Bene... – così dicendo la segretaria aprì la porta.

Stava per richiuderla quando:

- Signorina Mizuki! La ringrazio –

La segretaria sorrise.

- Di nulla. Dovere… presidente – così dicendo chiuse la porta alle sue spalle e si diresse lungo il corridoio.

  
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