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Autore: Alina_Petrova    10/06/2013    6 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
Passano alcuni minuti, il treno parte lentamente e il cellulare vibra nelle mie mani. Apro il messaggio per leggere la risposta dell'affittuario, ma invece di quello ci trovo una sola parola:
"Torna".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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La traduzione dal russo, link del testo originale: https://ficbook.net/readfic/742170. Ringrazio la mia meravigliosa beta Dreamer91, senza di lei non potrei portare avanti questo lavoro, fatemi sapere, se vi piace.


Sono tuo.
Oggi ti lascio andare. Mi stringi la mano, sorridi... ma io ti lascio andare. Ti dico "Salve"... e ti lascio andare. Tu mi rispondi con un cenno, senza saperlo.
Quando mi vieni a prendere nel mio appartamento, non fai caso ad una piccola borsa da viaggio, appoggiata vicino alla porta. Non ti accorgi che le pareti sono diventate vuote, perché avevo tolto tutte le foto. Il tuo sguardo non si ferma sull’attaccapanni deserto, quello che ospitava decine di sciarpe. Erano lì unicamente perché un giorno avevi detto che mi donavano. Questa frase... l'avevi buttata lì, tanto per riempire una pausa. E io da quel giorno le compravo ad ogni occasione. Le sciarpe facevano a gara per la nomina della più costosa e sofisticata nella sola speranza che, forse un bel giorno, tu potessi aggiustare quel tessuto sul mio collo. Ma questo non era mai accaduto.
La scarpiera è svuotata, sono sparite tutte quelle scarpe - da eleganti a sportive - che ti venivano dietro, cercando di ripercorrere perfino i tuoi stessi passi per poter avvertire il tuo calore.
Ho ripulito la specchiera, normalmente traboccante di tubetti, barattolini e pettini, che usavo per sistemarmi al meglio i capelli prima di ogni incontro con te. Un giorno avevi detto che i miei capelli, a vederli, sembravano morbidi. Stavo quasi per mettermi a piangere... avrei voluto premere con la testa contro il palmo della tua mano, così avresti potuto sentire... quanto erano morbidi. Invece avevo semplicemente annuito e tu non sei mai più tornato sull’argomento.
- Come ti va la vita?
- A meraviglia. - rispondo, sorridendo con l’entusiasmo di un cucciolo scodinzolante. Il fatto è che so per certo non mi chiederai nient'altro in tutta la serata e questo momento è l'unica opportunità per regalarti un sorriso. Va tutto a meraviglia. Pure quando vorrei morire...
Sono già vestito: un cappottino corto e sciarpa color panna; un paio di pantaloni stretti e le scarpe di morbida pelle beige. Sembro uscito dalle pagine di una rivista di moda, ma di solito tu guardi da qualche parte sopra di me. Raramente riesco a catturare il tuo sguardo e sono piuttosto sicuro che non te ne freghi un cazzo di come sono vestito.
E anche se questo appartamento sia mio, mi lasci passare davanti. Mi si contrae la schiena dal desiderio che tu possa sfiorarmi accidentalmente. Potresti inciampare, oppure agitare una mano maldestramente... e toccarmi, anche per un attimo soltanto. Pensandoci bene, potrei morire al contatto, perché quando sono vicino a te il mio corpo diventa una corda tesa, pronta a spezzarsi in qualsiasi momento. Ma tu sei contenuto e composto; esco, mantenendo una calma apparente, dalla porta, chiudendola a chiave... per la penultima volta.
- Brutta giornata? - domando piano, osservando rapito come ti aggiusti il colletto del cappotto, e mi rispondi in un soffio:
- Come sempre.
Nascondo le mani dentro le tasche, stringendo il tubetto di burrocacao. Un giorno avevi accennato al fatto che ti piacesse il latte con il miele. Da allora lo uso sempre nella speranza che te ne accorga. Ma tu non guardi mai le mie labbra.
Tu stai ordinando la cena, ma io bevo soltanto dell'acqua con il limone. Perché quando sono vicino a te il mio stomaco si stringe e ho paura di rimettere tutto da un momento all’altro. Ascolto attentamente di quanto sei stanco e mi viene voglia di tenerti stretto per consolarti. Vorrei dirti che se potessi, farei per te qualsiasi cosa. Vorrei dirti che sono bravo a fare i massaggi. Vorrei dirti che sarei capace di ammazzare chiunque potesse azzardarsi di disturbare il tuo sonno tra le mie braccia.
Ti ho ascoltato raccontare di tua moglie Tina e della tua ex-moglie Rachel. So che Tiffany ha compiuto tredici e ti è sempre più complicato comunicare con lei. So che la imbarazza il nome bizzarro che le ha dato sua madre e come sia difficile per te convincerla a non cambiarlo. Ti ascolto quando ti lamenti che Santana chiede sempre più attenzione, perché crede che essere un'amante non significhi soltanto avere da te del sesso e dei regali. Lei vuole di più. E tu sei così stanco. Lo so, amore mio, lo so. E sì, io ascolto anche della tua segretaria Brittany, che non ti dispiacerebbe, ma sarebbero decisamente troppe donne per te... non ce la faresti. Perché sei stanco... così tanto. Lo so, amore mio, lo so. Non è che le odiassi tutte quante, niente affatto. Soltanto che ho paura di vomitare, quando immagino te che le accarezzi, che dici loro parole d'amore… È che io non ho mai assaggiato le tue labbra, non ti ho mai stretto la mano per più di due secondi. Tu appartieni a tutte loro. Io appartengo a te.
Siamo seduti ad un tavolino appartato, ma non perché così potessimo parlare più tranquillamente... ma perché tu potessi parlare ed io ascoltare. Sono il tuo... nessuno, quello a cui puoi raccontare tutto quanto. Quello che corre da te al primo richiamo. Non mi scrivi mai un messaggio, niente buongiorno o buonanotte. Una o due volte alla settimana mi telefoni e dici semplicemente l'ora. Sei sempre molto educato, mi chiedi se possiamo incontrarci alle sei, se mi sta bene che mi vieni a prendere sotto casa mia. Ogni volta ti rispondo: "Certo." E scappo... dal lavoro, da un incontro con amici, da un appuntamento. Mi libero dagli abbracci altrui. Mi stacco da chi mi ama per correre da chi amo io. E volo a casa per sistemarmi i capelli, mettermi la sciarpa, spalmarmi le labbra con il tuo burrocacao preferito. Per poterti stringere la mano e rispondere "A meraviglia!" con uno stupido sorriso da un orecchio all'altro, quel sorriso riservato unicamente a te. Per poi stare lì seduto ad ascoltare, ascoltare, ascoltare. La nausea è sempre più forte e io bevo un sorso d'acqua. Mi odio. Oggi ti lascio andare.
Mi accompagni a casa, fino alla porta, ma io non ho fretta di aprirla. Mi sorridi e dici:
- Grazie di avermi ascoltato. Mi ha fatto piacere rivederti. Ci vediamo, Kurt.
- È stato un piacere anche per me, Blaine. - sussurro con una voce soffocata, sentendo tutto il corpo irrigidirsi quasi avessi un crampo. Ti vedo per l'ultima volta.
Non ti rispondo "Ci vediamo", ma non te ne accorgi. Mi dai le spalle e te ne vai. Non ti giri, non ti fermi all'improvviso per correre da me. Niente film romantici, niente magia. Chiami l'ascensore, entri e soltanto nell'istante in cui le porte stanno per chiudersi, alzi la mano in un saluto.
Io entro nel mio appartamento, ma non accendo la luce. Tutto quello che devo fare è prendere la borsa ed uscire. Chiudo a chiave, lasciandola poi nella cassetta della posta. Ieri ho venduto l'appartamento e domani ci saranno altre persone lì. Mi sono liberato di tutto e nella borsa ci sono solo le cose di prima necessità per il viaggio. Me ne vado in un altro Stato e tu non lo saprai. Ho disdetto il contratto con il mio operatore mobile e il mio numero verrà disattivato nel giro di tre giorni, come mi avevano detto. Mi hanno lasciato un po' di tempo per avvisare tutti, ma io non ho nessuno da avvisare. Tu non mi chiamerai in questi giorni. Qualche volta è successo che non chiamassi per una settimana intera, facendomi impazzire. Non mi chiamerai. E io non ho bisogno di nessun'altro. Non ho mai letto un tuo messaggio, non me ne hai mai scritto uno.
Attendo dieci minuti ed entro nell'ascensore... posso sentire ancora il tuo profumo. Riesco a trattenere le lacrime, forse perché le ho già piante tutte prima. Sono il tuo... nessuno. Dal primo secondo.
Non chiamo il taxi, ho tutto il tempo e senza fretta trascino il mio bagaglio, andando alla stazione a piedi.
Ci siamo conosciuti un anno fa, quando avevo il colloquio in una compagnia molto prestigiosa. Non mi avevano accettato, avevo soltanto venticinque anni e per voi ero praticamente un bambino. Ci siamo conosciuti nella caffetteria al piano di sotto. Stavo mangiando la mia insalata e ti avevano rovesciato un caffè addosso proprio davanti al mio tavolino. Quel bollente liquido marrone ci aveva sporcati tutti e due, ma avevo ceduto la mia camicia di scorta a te. Avevi sollevato le sopracciglia sorpreso e ti avevo spiegato che avere con me un cambio di vestiti è un'abitudine rimasta ancora dal liceo. Non avevi chiesto i dettagli, non ti interessavano. Avevi semplicemente ringraziato ed eri andato in bagno per cambiare la camicia. Ti stava leggermente stretta, ma era meglio della sporca. Per la prima e l'ultima volta ti avevo visto mezzo nudo e questa immagine è sempre con me.
Mi avevi ringraziato e mi avevi chiesto il numero di telefono per restituirmi l'indumento. Allora avevo pensato che quello fosse un inizio. Poi avevo capito che era l'inizio della fine.
Non avevo notato la fede sul tuo dito. Ero cosi stupido e ingenuo. Pensavo ti stessi nascondendo, come molti di noi. E quando sei entrato nel mio appartamento con la camicia pulita ed un invito per andare a prendere qualcosa da bere, mi era sembrato che stessi morendo per la felicità. E io ora sto morendo. Ma non per la felicità.
Subito mi avevi rovesciato addosso una montagna di problemi. Ti lamentavi della prima e della seconda moglie e pure del meccanico dalla stazione di servizio. Avevi bevuto un po' troppo e avevi detto che non eri mai stato così bene con nessuno. Nel buio del mio appartamento mi ero stretto a te per baciarti. Avevi riso, dicendo che pur essendo piccolo di statura, non eri affatto una ragazza e che io non avrei dovuto bere così tanto.
Tu non sai nemmeno che sono gay. Non sai niente di nessuno dei miei uomini, non conosci il mio passato e neanche il mio presente. Tu non sai che io ti amo senza averne nessun diritto... ma nemmeno divieto.
E se tu me lo avessi chiesto, avrei fatto qualsiasi cosa. Ma tu non hai mai chiesto. Non eravamo neanche amici. Semplicemente sapevo tutto di te e ti ascoltavo. Tanto. Semplicemente ti amavo e rimanevo... nessuno. A volte mi veniva la curiosità di vedere cosa sarebbe successo, se avessi saputo quanto ti amavo. Anche se sapevo benissimo, che questo non avrebbe cambiato nulla. Perché non ti importa. Io ti amo da impazzire, sono in agonia... Mi rode dentro questo amore... e tu mi saluti e mi stringi la mano.
Mentre entro nella stazione, mi sembra di aver notato la tua macchina. Ma è buio e poi, quante sono a New York le macchine come la tua? Non mi ricordo il numero, ma tu cambi spesso le auto. Tu cambi le donne, i vestiti, addirittura le abitudini. Avevo paura che cambiassi pure me. Ma tu non lo facevi, io ero universale, ero nessuno.
Quest'anno è stato il più orribile di tutta la mia vita... Ed è stato anche il migliore...
Tu meriti il meglio. Hai tutto il diritto di cambiare qualsiasi cosa nella tua vita, cercando di raggiungere la perfezione. E io non oserei mai metterci il naso, non oserei rovinare tutto con la mia anima storta. A volte, quando mi racconti di una delle tue donne, io penso a cosa sarebbe successo se avessi fatto l'operazione per cambiare il sesso. Mi avresti desiderato allora? Ci sarebbe stata una minima possibilità che mi abbracciassi, come loro? Che mi stringessi a te, dicendo che mi vuoi,che mi ami?
Vorrei sentirti dappertutto. Sono pronto a diventare quello che vuoi. Avrei accettato la tua tenerezza e la tua crudeltà. Avrei accettato le tue labbra, le mani e il pene. Avrei accettato le lacrime e gli urli, le parolacce e i dolci sussurri. Ma tu non hai mai neanche considerato uno sviluppo del genere. Non mi hai mai regalato la più illusoria speranza. Nessuno sguardo speciale, nessun tocco. Soltanto... Soltanto tanto di te e nient'altro. Sono solo un foglio bianco, che hai usato per scrivere la storia della tua vita per un anno.
Tutto è diventato grigio. La vita aveva perso il significato. Ogni minuto senza di te non aveva più senso. E ogni istante con te era il dolore. Avevo desiderato di farla finita, ma avevo paura, perché questo mi avrebbe privato della tua voce.
Devo semplicemente lasciarti andare... devo scappare. Perché se non è oggi, allora mai.
Raggiungo il mio treno e ad un certo punto mi sembra di vedere il tuo cappotto color senape. Mi giro, ma non c'è nessuno lì. Non c'è più. Oppure non c'è mai stato. Entro nella carrozza, appoggio la borsa, mi levo la giacca e tiro fuori il telefono per avvisare il mio nuovo padrone di casa che arriverò domani mattina.
Passano alcuni minuti, il treno parte lentamente e il cellulare vibra nelle mie mani. Apro il messaggio per leggere la risposta dell'affittuario, ma invece di quello ci trovo una sola parola:
"Torna".
La mia testa scatta all'insù e incontro il tuo sguardo. Tra di noi c'è il vetro ed alcuni metri di aria densa ed insormontabile. Sei lì sulla banchina. I tuoi occhi mi guardano dentro, attraverso tutti gli strati dei vestiti, attraverso la pelle e le ossa. Dritto nell'anima. Per la prima volta mi guardi dentro.
Tutto diventa sfumato davanti a me, mi alzo in piedi...
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