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Autore: Hazel 88    27/12/2007    2 recensioni
Ok... questa storia è frutto di un sogno che ho fatto... ma vi avviso, non so affatto dove andrà a parare; è un'incognita anche per me. Hiei incontra suo padre e gli viene finalmente rivelato "Il mistero del Fuoco Oscuro"... segreto che sarà utile a sconfiggere un'entita malvagia davvero molto pericolosa. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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X Yukochan: Grazie! Sono contenta che la storia ti piaccia. E ti accontento quasi subito: ecco il nuovo capitolo! Quanto alla colonna sonora, sinceramente non ci avevo pensato e purtroppo non conosco bene i Pink Floyd, quindi non saprei... in ogni caso, mi fido della tua sensazione e appena posso trovo il modo di ascoltare "Time". Aspetto un tuo commento. Ciao ciao.

Cap 6: Tenkyo, Mekare, Benimaru [La storia di Kotaro]

-Dunque Easlay è dominato dalla sua bestia, perché è un mezzo demone.- esordì Hiei, non appena Kotaro si fu svegliato -E non esiste un modo per fermarlo?-
-Se esistesse, l’avrei già praticato.- commentò amaramente il demone.
-Quando si trasforma si ricopre di scaglie. È Seiryu la sua divinità?-
-No. È Genbu.- rispose Kotaro -Ci sono buone possibilità che sia tu a possedere Seiryu.-
Hiei non disse nulla.
-Allora, vuoi che continui a raccontare?-
Il ragazzo annuì.

<< Come ti ho già detto, i quattro capostipiti combinarono il matrimonio tra Tenkyo, erede di Byakko, e Mekare, erede di Genbu. Entrambi non condividevano questa decisione. Non si amavano. Ma non poterono far altro che accettarla.
L’unione venne celebrata poco tempo dopo aver manifestato il potere oscuro, dato che tutti e due dimostrarono di possedere delle capacità straordinarie, davvero prodigiose.
I quattro anziani avevano impiegato anni e anni prima di poter controllare ottimamente le tre tecniche letali del Fuoco Oscuro.
Tenkyo e Mekare raggiunsero la perfezione in pochissimo tempo.
Per alcuni anni la coppia visse nella stessa imponente dimora dei capostipiti. Quando nacque il loro primo figlio, Benimaru, decisero di trasferirsi altrove. In questo castello, per la precisione.
Essendo figlio di due purosangue, Benimaru avrebbe ovviamente ereditato il potere del Fuoco Oscuro, ma i quattro capostipiti fecero pressione affinché concepissero un altro discendente. Così nacqui io.
Per alcuni anni Benimaru fu addestrato dagli stessi anziani; poi fece ritorno in questo castello quando ebbe appreso le tre tecniche più importanti del Fuoco Oscuro.
In lui si era manifestato Suzaku.
Io, invece, fui allenato da mio padre e in me, come già sai, si mostrò il potere di Byakko.
Benimaru ed io, come i nostri genitori, dimostrammo molto presto di avere delle capacità eccezionali. Solo pochi anni dopo il risveglio della bestia oscura, eravamo in grado di completare perfettamente la trasformazione e di controllare il potere con assoluta padronanza.
Benimaru era un po’ più forte di me, essendo più grande e questo accese in me un forte senso di rivalità. Anzi, se devo dire la verità, io e Benimaru ci detestavamo e credo che il motivo principale sia stato il fatto di crescere in due ambienti diversi.
I quattro capostipiti avevano formato il loro discendente perfetto: un demone freddo e ambizioso che disprezza gli essere umani e i deboli in generale.
Per farti comprendere meglio, credo di dover aggiungere qualche particolare al mio precedente racconto.
I capostipiti invocarono il potere delle quattro creature oscure perché miravano ad essere i dominatori assoluti del Makai e del Ningenkai. Ma sulla loro strada incontrarono molti altri spettri, talmente potenti da costringerli a ritirarsi.
Avere molti discendenti degli significava per loro non solo avere la garanzia di abbattere con successo l’entità maligna creatasi con il rituale di fusione con le bestie oscure, ma soprattutto possedere la forza necessaria per realizzare il loro sogno di conquista.
Inutile dirti che mio padre e mia madre non la pensavano come loro.
Mio padre era un demone molto curioso; amava apprendere usi, tradizioni e tecniche di combattimento di tutte le tribù demoniache. Non solo, più di qualche volta intraprese lunghi viaggi nel Ningenkai per studiare gli essere umani. Credo che lo affascinassero molto.
Ciò non vuol dire che non amasse combattere. Anzi, era un guerriero formidabile.
-Conosci bene ogni tuo eventuale nemico.- mi ripeteva spesso -Contrasta le loro tecniche, che hai imparato tu stesso, e stupiscili con la tua potenza.-
La differenza con i suoi parenti era che lui non era accecato dalla sete di potere e di conquista come loro.
La stessa cosa si poteva dire di mia madre. Solo che lei non si curava degli altri demoni, tanto meno era affascinata dagli essere umani. La sua unica vera passione era immergersi totalmente nella natura ed esplorare i luoghi più esotici ed oscuri del Makai.
Era molto abile e fortissima, ma non le interessava affatto sfruttare le sue doti in combattimento contro altri demoni.
Puoi capire cosa avesse comportato per loro quell’unione forzata.
Mio padre aveva come compagna una donna che non amava.
A mia madre era stata tolta la libertà di rifugiarsi nei suoi meravigliosi mondi esotici.
Forse, l’unica cosa che li legava era il disprezzo per i quattro capostipiti che li avevano costretti ad assumere ruoli che non li appartenevano. Ma in ogni caso, la situazione al castello era molto tesa.
Io avevo ereditato da mio padre la curiosità di apprendere le più strane tecniche di combattimento e da mia madre il desiderio di evadere da quella situazione gretta e inquadrata.
Tuttavia, era impossibile sfuggire.
Anche se contrario al modo di pensare dei miei avi, mio padre doveva dimostrarsi un degno erede e obbediva a tutti i loro ordini. Neanche mia madre li contrastava apertamente.
L’unico a mostrare fervore e convinzione in ciò che faceva era Benimaru. Secondo lui tutti gli inetti meritavano di essere trucidati e tutti noi possessori del Fuoco Oscuro dovevamo assoggettare coloro che ci erano inferiori.
Discorsi che mi disgustavano. E glielo facevo chiaramente presente. Purtroppo, però, combattevo da solo queste battaglie già perse in partenza. Anche se forse condividevano, mio padre e mia madre non mi appoggiavano mai.
Un giorno decisi di andarmene. Ero stanco di combattere in lotte di conquista che non mi interessavano.
Trovai rifugio presso un popolo davvero strano. Erano tutti metà demoni e metà umani che, rifiutati dalle due categorie, avevano scelto di costituire una tribù a se stante.
Come sicuramente sai, i demoni considerano i mezzo demoni esseri impuri, contaminati dalla debolezza degli esseri umani e sono quindi un disonore per la loro razza; gli umani, invece, li temono perché portano in loro il seme della violenza e della brutalità demoniaca.
Io ero estraneo a tali preconcetti e trovai interessante fermarmi presso di loro per studiarli.
All’inizio si mostrarono diffidenti nei miei confronti. È comprensibile. Io ero un demone completo. Appartenevo ad una razza che li aveva ripudiati. Ma quando capirono che non ero ostile, mi accettarono volentieri.
Appresi molto non solo delle loro tradizioni, ma anche degli usi umani. Molti di loro, infatti, erano nati e vissuti nel Ningenkai e poi costretti a fuggirne.
Più in là negli anni, sarei andato molte volte nel Ningenkai, come del resto fanno molti spettri tutt’oggi, per apprezzare l’intelligenza e le strabilianti invenzioni di quegli esseri considerati inferiori dalla maggior parte degli appartenenti alla razza demoniaca.
Durante il mio soggiorno presso i mezzo demoni, inoltre, mi invaghii, ricambiato, di una ragazza. Giacqui molte volte nel suo letto e fu durante una di quelle splendide occasioni che dovetti rinunciare a quel breve periodo di tranquillità.
Benimaru mi aveva trovato e mi riportò indietro con la forza, dopo aver sterminato tutti i mezzo demoni, senza che potessi far nulla per fermarlo: era più forte di me.
-Sei un disonore per la nostra famiglia!- mi accusava ripetutamente durante il viaggio -Ti sei unito a degli esseri così infimi. Ti sei addirittura fuso con una loro femmina. E hai tentato di difenderli invece di aiutarmi ad eliminarli.-
Una volta arrivati al castello, si era messo in testa che doveva punirmi per l’onta con cui avevo macchiato tutti i dominatori del Fuoco Oscuro.
Mi picchiò violentemente. I miei genitori non intervennero né per sostenerlo né per frenarlo, ma negli occhi di mio padre lessi che era orgoglioso di ciò che avevo fatto.
Mi rinchiusi nella mia stanza e non uscii per parecchi giorni. Poi mia madre venne da me, portandomi qualcosa da mangiare.
Era stupenda, come sempre. I suoi lunghi capelli neri erano raccolti in una treccia, fatta eccezione per alcuni riccioli che le incorniciavano il volto. I suoi splendidi occhi viola esprimevano sempre fierezza, così come la sua figura ben proporzionata, esaltata da degli abiti aderenti.
-Detesti tutti noi, non è vero?- sussurrò sedendosi sul letto accanto a me -Benimaru per le sue folli idee e me e tuo padre perché, nonostante non le condividiamo, non troviamo la forza di opporci.-
-Tu hai tentato molto tempo fa, madre.- le risposi senza guardarla -Ma anche tu sei stata sottomessa.-
Mia madre non era esattamente il prototipo della genitrice per eccellenza. Non si era mai preoccupata dell’educazione dei suoi figli; non dispensava consigli, non pronunciava parole di conforto... Tuttavia, il solo averla vicino era per me una grande consolazione e, grazie a quelle poche parole, intuii il motivo per cui non era venuta prima nella mia stanza. Si sentiva in colpa.
-Tu sei stato soggiogato parecchie volte, ma non ti sei mai arreso. Hai sempre combattuto per le tue convinzioni.- continuò lei.
-E inutilmente, visto il solito risultato.- commentai amaramente io.
-Non dirlo.- mi intimò dolcemente lei, afferrandomi le mani.
Sarebbe stato insolito per tutti gli altri vedere in simili atteggiamenti una donna così fredda e distaccata con tutti. Tutti tranne me.
Inutile ribadire perché odiasse i quattro anziani. Benimaru, poi, era diventato il loro burattino, fatto a loro immagine e somiglianza. E mio padre… non lo amava e lo disprezzava per la debolezza che gli impediva di ribellarsi ai capostipiti. Fu lui stesso a rimetterla al suo posto quando aveva cercato di far valere le proprie ragioni, invece di appoggiarla come avrebbe dovuto e voluto.
Mia madre era la persona più importante per me. Ed io ero l’unica persona che lei avesse mai amato.
In un certo senso eravamo molto simili. In più, lei vedeva in me una forza ed un coraggio tali da potermi consentire di spuntarla presto o tardi nelle continue dispute contro la famiglia.
-Li sterminerei tutti, se potessi.- sibilò improvvisamente lei con freddezza -Ma mi accontenterei anche solo di fuggire lontano da questa prigione. Lontano da loro.-
Non dissi nulla. Lei stessa non attese una risposta, ma si alzò e si diresse verso la porta.
-Continua a sostenere le tue convinzioni, figlio mio! Fallo almeno tu. Io non ne ho più la forza.- dichiarò implorante, prima di uscire.
Quante volte mi aveva ripetuto che prima o poi la mia tenacia le avrebbe dato il coraggio di insorgere nuovamente insieme a me. Eppure, quel momento non era mai arrivato. Anzi, sembrava essersi ormai definitivamente arresa.
Mai avrei sospettato che quel giorno era invece vicino e, soprattutto, che il primo a ribellarsi sarebbe stato mio padre.>>

Twiggy interruppe il discorso di Kotaro entrando nella stanza, per servire ai due demoni il pranzo. Si accertò delle loro condizioni di salute e andò via.
-Non avrei mai pensato che tu non amassi sterminare demoni, visto cosa hai fatto a quei due che mi avevano aggredito.- commentò sarcasticamente Hiei.
-Ho detto che non sono interessato a trucidare i demoni per conquistare le loro terre.- precisò Kotaro -Ma ciò non toglie che se vengo provocato, non mi faccia molti problemi ad eliminarli.- Dopo il breve scambio di battute, i due demoni terminarono di consumare il loro pasto in silenzio.

  
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