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Autore: Virelei    12/06/2013    3 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 13

“Rin, voglio che ascolti con attenzione, ok?”chiese cautamente Hayato a sua moglie. Akashi Rin, la diabolica madre di Akashi Seijuro, nonché moglie di Akashi Hayato, stava sulla soglia dell’ufficio di suo marito, inarcando un sopracciglio perfetto. Teneva le braccia conserte, in attesa. Indossava un completo formale per il lavoro,  che consisteva in una gonna nera di media lunghezza, una camicetta bianca ed una giacca scura. Come suo marito e suo figlio, anche lei aveva i capelli rosso fuoco, ma i suoi erano leggermente ondulati e le arrivavano oltre le spalle.

Rin fece tamburellare le sue dita dalle unghie lunghe e curate. “Sbrigati e parla, Hayato. Sono occupata.”

“Non poi così tanto, no?” Hayato le indicò una delle sedie davanti alla sua scrivania. “Non mentire, ho controllato i tuoi impegni.”

“Tch.” Irritata, entrò nell’ufficio e si sedette. “Che cosa vuoi?”

Perché deve essere di cattivo umore proprio adesso? pensò infelicemente Hayato. “Ah, bene. Il nostro ‘fantastico’ figlio mi ha fatto visita ieri,” disse con sarcasmo.

“Seijuro?” L’espressione di sua moglie si addolcì un po’. “Perché non sono stata avvisata?”

“Stavi lavorando.”

L’occhio sinistro di Rin ebbe un tic. Per quanto quest’uomo sostenesse di essere furbo, e nonostante il rispetto che aveva guadagnato tra gli avvocati giapponesi, sarebbe sempre rimasto uno stupido. “Sta bene? Ha un aspetto sano? Si sta comportando bene? No, lascia perdere l’ultima domanda; è ovvio che si comporti bene.” Sorrise, “Dopotutto è mio figlio.”

Hayato ricambiò il sorriso con uno un po’ tremolante dei suoi. “Ehm, sta bene, ed è in forma. Ma è sempre il solito impertinente,” aggiunse borbottando.

“Non può essere impertinente, l’ho cresciuto io.” Rin si osservò le unghie per un momento, poi gettò un’occhiataccia a suo marito. “Quindi? Di cosa aveva bisogno Seijuro?”

“Ah-ah-ah-ah,” rise lui nervosamente grattandosi la nuca. “È proprio questo il problema.”

Quindi Hayato iniziò miseramente a spiegare il problema e la situazione in cui si era ritrovato coinvolto per colpa di suo figlio. Rin ascoltò esterrefatta e dovette domare l’impulso, che diventava più evidente man mano che passavano i minuti, di strangolare suo marito. Nomi come ‘Ibuki’, ‘Atari’ o ‘Kuroko’ la colpirono come un pugno nello stomaco. Quando Hayato ebbe finito di parlare, Rin dovette ricomporsi e trattenersi dal prenderlo a schiaffi finché non lo avesse mandato nelle profondità dell’inferno.

Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e: “Sei impazzito, Akashi Hayato?”strillò all’improvviso. Saltò su dalla sedia su cui era seduta e sbatté con forze le mani sulla lucida scrivania. Causò un rumore forte e minaccioso che fece trasalire persino ‘l’apparentemente formidabile’ Hayato. Per fortuna la porta era chiusa. “Come hai potuto?”

“B-beh, Rin…” provò a calmarla Hayato. “Sai che…”

“Come hai potuto… come hai potuto…”

“Lo so, lo so, ma…”

Come hai potuto permettere che questo Tetsuya venisse abusato per così tanto tempo?”

Hayato sbatté le palpebre. “Eh?”

Rin si allontanò dalla scrivania ed incominciò a camminare avanti e indietro per lo studio con espressione seria. Si passò una mano tra i capelli per tre volte, cosa che faceva sempre quando era stressata. “Povero ragazzo! Kuroko Tetsuya è un ragazzo davvero educato. L’ho incontrato una volta, quando Seijuro stava tornando da una delle sue partite di basket. E quando andava ancora alle medie Seijuro ne aveva parlato un paio di volte. Ed è stato abusato fin da allora? E mio figlio me l’ha tenuto nascosto?” L’occhio sinistro di Rin ebbe un altro tic, e lei si fermò. Lanciò un’occhiataccia a suo marito. “Ucciderò quel nostro figlio ingrato. Come ha osato tenermi all’oscuro di una cosa del genere?”

“Ha avuto i suoi motivi,” lo difese cautamente Hayato. Conosceva sua moglie e se non avesse preso almeno in parte le difese di Seijuro, sarebbe stato meglio che quest’ultimo avesse evitato di farsi vedere in casa per qualche settimana.

“E questa Kuroko Ibuki?” continuò sua moglie. “Vediamo: Kuroko Ibuki, che per qualche motivo ha due identità e tre delle più importanti aziende del Giappone, ha delle influenze assurde, 36 anni e si è laureata all’Università di Tokyo.” Come Hayato, anche Rin conosceva la famosa Kuroko Ibuki ed aveva memorizzato gran parte delle sue informazioni.

Intorno a lei iniziò a formarsi un’aura demoniaca; i suoi occhi brillavano furiosi. “Distruggerò quella donna,”ringhiò Rin.

“Calma, non è ancora il momento,” la rabbonì Hayato, cercando di nascondere la paura che provava. “Quello che sai su di lei è quasi tutto corretto, ma in realtà ne ha tre di identità.”
“Tre? Non c’è scritto nei rapporti.”

“Vero, ma il nostro figlio così intelligente ha chiamato tutte e tre le aziende ed ha scoperto tre identità.” Le mostrò gli appunti che aveva scritto il giorno prima con suo figlio.

Rin li prese e li esaminò velocemente. “Capisco. Seijuro ha fatto un buon lavoro nel raccogliere le prove basilari.” Fece finta di asciugarsi una lacrima, con un gesto drammatico. “Quel ragazzo in futuro potrebbe diventare un bravissimo avvocato.”

“Non succederà. Parla sempre di diventare un giocatore di shogi professionista.” Hayato sospirò. “Comunque, gli ho dato una lista di persone che può contattare. Io sto cercando di trovare informazioni dettagliate sul passato di Ibuki, ma non sono accessibili.”

“Niente dovrebbe essere inaccessibile per noi,” lo informò Rin. “A meno che il nostro cliente non voglia che sia così, ma i rapporti dovrebbero esserci tutti.”

“Lo so,” le disse sarcastico. “Ma non ci sono.”

Lei attraversò la stanza e si mise in piedi dietro a suo marito, sporgendosi in avanti per poter lavorare con il suo computer. Digitò velocemente la password per accedere ai documenti tenuti lì. Era così vicina che Hayato poteva sentire il suo profumo dolce e discreto, ed all’improvviso gli tornò in mente il motivo per cui l’aveva sposata.

“Se ti becco perso nella tua mente sconcia in pensieri poco casti, ti uccido,” disse Rin all’improvviso, sapendo esattamente quello a cui lui stava pensando.  
             
“Dammi un po’ di fiducia,”sospirò Hayato. “Sei entrata nelle informazioni base di Kuroko Ibuki, vero?” chiese, e Rin rispose solo con un “Mm.” “Io non sono riuscito ad andare oltre.”

“Vuol dire o che le autorità hanno deciso di bloccare e nascondere le informazioni, o che Ibuki stessa ha usato la sua influenza presso il governo per tenere nascosto il suo passato,” mormorò. “Secondo me è la seconda opzione quella giusta.”

Hayato mormorò il suo accordo. “Eppure, a meno che non si tratti di cose veramente serie che il governo ha bloccato per motivi di sicurezza, noi, che abbiamo più potere di tutti nel campo della legge in Giappone, dovremmo essere in grado di accedere a qualcosa di più di queste semplici informazioni.”     

“Se questo diventasse ufficialmente un nostro caso, non avremmo problemi ad accedere alla sua fedina penale.”

“Ma chi sarebbe l’accusa?”

Entrambi gli avvocati pensarono a loro figlio come accusatore e fecero un sorrisetto. “Non rendiamolo ufficiale, per ora,” decise Hayato. “È meglio che non sia di pubblico dominio e che Ibuki non lo sappia ancora.”

Rin non rispose, ma prese una sedia e si sistemò vicino al marito. Hayato le lasciò il computer, perché sapeva che lei era sempre la più veloce nel riuscire ad accedere a file nascosti. “I documenti giudiziari dovrebbero essere qui, se ce ne sono,”disse. Ma non appena provò ad accedere il computer emise un suono ed apparve un pop-up:

ACCESSO NEGATO

PASSWORD?

Rin fece schioccare la lingua e cliccò nello spazio per digitare la password. “Conosci il codice?”chiese sorpreso Hayato.

“Ibuki non è l’unica ad avere delle conoscenze,” rispose lei bruscamente. “Si da il caso che io abbia amici nella polizia.”  Fece muovere le dita sulla tastiera. “Vediamo. J-R-Q-V-D-A-3-9-M-1-A.” Grazie alla sua memoria infallibile digitò gli 11 caratteri necessari. Sullo schermo apparve un altro pop-up:

ACCESSO EFFETTUATO

Hayato fischiò per l’abilità di sua moglie. Sul computer apparve un solo file, e Rin ci cliccò sopra. Quando si aprì inarcarono entrambi le sopracciglia.  “Rapporti di vecchie violenze?”mormorò Rin. “Interessante.” Cliccò di nuovo e lesse ad alta voce: “Accusata per violenze fisiche in pubblico, due mesi di libertà vigilata. Il nome della vittima è _, ed è stata attaccata sia alla testa che all’addome. Motivi sconosciuti.” Rin lesse altri tre rapporti di questo tipo, tutti simili tra loro. Hayato si accigliava sempre di più man mano che Rin continuava con la lettura.

“Per essere una fedina penale non ci sono abbastanza informazioni,” disse quando lei ebbe finito. “Dov’è la data della sentenza? La data di quando è avvenuto il crimine? I nomi delle vittime? Le leggi che ha infranto, le norme e gli emendamenti? Dovrebbero esserci anche una sua descrizione e le sue informazioni personali.”

“Inoltre, – Rin passò ad un altro file – Sembra che Ibuki si sia trasferita tutte e quattro le volte, in posti sempre più lontani. Pensi che questo sia collegato alle sentenze?"

Hayato si lamentò coprendosi gli occhi con una mano. “Mi sembra di essere un detective, più che un avvocato.”

“Metà dei rapporti sono ancora nascosti oppure addirittura cancellati. Ne prenderò nota e farò lavorare due dei miei assistenti migliori su questo caso.” Rin scrisse velocemente qualcosa su un block notes che era sulla scrivania, poi staccò il foglio su cui aveva scritto e se lo mise in tasca. “Ora vado, ho un caso ufficiale su cui lavorare. La prossima volta che vedi Seijuro, digli che lo sto aspettando.” Le sue labbra si piegarono in un sorrisetto malvagio, quindi Rin si alzò ed uscì dall’ufficio.


Hayato sospirò e si appoggiò allo schienale della sua sedia, girandosi per guardare fuori dalla grande finestra che si affacciava sulle strade trafficate di Kyoto. “Bene, Kuroko Ibuki, – disse ad alta voce – Hai due degli avvocati migliori del Giappone contro di te. Qual è la tua prossima mossa?”


“Scusate il ritardo!” disse Kise alzando il braccio per attirare l’attenzione degli altri due giocatori. Uno di loro teneva in mano una grande matita rosa, l’altro aveva un’aria scontrosa e teneva le mani in tasca. Sui volti di entrambi c’era un’espressione acida.

“Hey Kise,” si lamentò Aomine. “Com’è che prima ci chiami qui e poi arrivi in ritardo?”

“È una seccatura,” mormorò Midorima, afferrando il suo oggetto fortunato. “Ho dovuto convincere mia madre a lasciarmi venire.”

“Pft, devi chiedere a tua madre il permesso per uscire?” rise Aomine. Midorima lo ignorò.

Kise si grattò la nuca con aria impacciata. “S-scusate! Al lavoro mi hanno trattenuto fino a tardi.”  A dire il vero, Kise aveva fatto tutta la strada correndo per arrivare in tempo, ed era stato anche seguito da fans e fotografi fino alla stazione. Aveva il volto arrossato per la lunga corsa e il respiro ancora affannoso. Aomine osservò con espressione famelica l’abbigliamento da modello di Kise. Kise, notando lo sguardo di Aomine, arrossì ed urlò, “S-smettila, Aominecchi.”

“Eh? Non sto facendo niente,” rispose il ragazzo abbronzato. Posò una mano sulla testa del biondo e si avvicinò al suo viso. Kise fece un urletto. “Allora?” chiese Aomine, “Perché ci hai chiamati qui?” Era così vicino che Kise poteva sentire il suo profumo.

“Immagino sia per Kuroko, giusto?” chiese Midorima, tirandosi su gli occhiali con il medio e continuando a guardarlo male.

L’asso dei Kaijou si liberò dalla presa di Aomine, con suo grande disappunto, e rispose a Midorima. “Si! Voglio fare visita a Kurokocchi. Non è giusto che sia dovuto tornare in quel posto infernale, soprattutto ora che Akashicchi è a Kyoto. Voi abitate qui a Tokyo, no?”

Aomine sbuffò. Midorima fece “Humpf.” Kise sorrise allegro, “Benissimo, andiamo!”

“Aspetta.” La voce composta di Midorima fermò l’entusiasmo del biondo. “Qualcuno di noi sa l’indirizzo di Kuroko?”

Gli altri due si bloccarono sorpresi. “E-ecco… - disse Kise – Potremmo chiamare suo padre…”

“Hai il suo numero?”

Anche questa volta la risposta fu negativa. Midorima sospirò. “Come al solito fai dei piani senza pensare. Beh, potremmo cercare –“

“Temo di non potervelo permettere.” Tutti e tre I ragazzi si voltarono per trovarsi di fronte unaa donna dalla voce acuta e stridula. Capelli lunghi e azzurri, pallida, brutta; la riconobbero tutti.

“Perché questa donna appare sempre all’improvviso?” si lamentò Aomine. “Davvero, sembra che sia una stalker. Vada via.”

L’occhio di Ibuki ebbe un tic e le sue labbra si piegarono in una smorfia. “Come osi parlarmi così, moccioso? Non sai di cosa sono capace?”

“Capace di essere pazza,” mormorò lui a bassa voce. Midorima finse di tossire per nascondere la sua risata. Kise invece si nascose dietro al suo amato, spaventato dalla madre di Kuroko.

La donna dovette controllarsi. Siamo in pubblico. Non li posso attaccare, ricordò a se stessa. “Sono qui solo per avere qualche risposta, poi vi lascerò in pace,” disse con fermezza. “Se voi coopererete non succederà niente di male.” Guardò una foto, poi di nuovo i tre ragazzi. “Midorima Shintaro, Aomine Daiki e Kise Ryota.”

Aomine grugnì, Midorima si tirò su gli occhiali e Kise si lasciò sfuggire un versetto di paura.

“Se mi risponderete farò in modo che lo status sociale delle vostre famiglie migliori.”

Kise aggrottò le sopracciglia. “Ma kaa-san si arrabbierebbe se facessi la spia su qualcuno per lei. Non voglio che mi sgridi,” disse piano.

“Già, mamma me la farebbe pagare,” rabbrividì Aomine. L’unica persona che gli faceva paura era quel diavolo di sua madre.

“Mio padre mi farebbe sicuramente una ramanzina,” aggiunse Midorima. “E mia madre mi sequestrerebbe tutti gli oggetti fortunati; non posso rischiare così tanto.”

Ibuki li guardò male. “Voglio solo delle risposte! Non ho mai parlato di ‘fare la spia’.”

“Queste domande su cosa sarebbero, Kuroko Ibuki?” chiese furbamente il più alto di loro, giocherellando con la matita rosa.

“Su Akashi Seijuro,” rispose lei brusca. “Voglio sapere qual è il suo problema con me, cosa ha intenzione di fare e perché tutti voi siete immischiati negli affari di mio figlio.”

Aomine inarcò un sopracciglio. “Eh? Scusi, ma –“

“Se noi…” Kise si sporse da dietro la schiena di Aomine; la sua voce era esitante. “Se rispondiamo alle sue domande, smetterà di fare del male a Kurokocchi?”

Fare del male? Ibuki li guardò inespressiva. Non capiva proprio di che cosa il biondo stesse parlando. “Intendi Tetsuya? Non gli faccio del male, lo educo solo per il suo bene, ne ha bisogno.”

Subito Midorima e Kise dovettero fermare Aomine, che con un urlo di rabbia voleva attaccare la donna. La sua forza era bruta e gli altri due dovettero faticare parecchio per riuscire a trattenerlo. “Lasciargli lividi su ogni centimetro di pelle conta come educazione?”urlò Aomine. “E farlo cadere dal secondo piano? Rompergli le ossa? Praticamente ucciderlo? Dissanguarlo? È questo ciò che lei chiama ‘educazione’?”

“Aominecchi! – lo chiamò Kise – Calmati!”

“Le stai solo offrendo un pretesto per denunciarci, – gli bisbigliò con fervore Midorima – Vedi di trattenerti.”

Ibuki osservava divertita la scena. Aomine si calmò di colpo quando vide l’espressione beffarda sul viso della donna. Spinse via Kise e Midorima, frustrato per averle mostrato un momento di debolezza. Mise però una mano sulla testa del biondo, come modo per dirgli ‘grazie’. Kise mormorò e si appoggiò alla sua spalla.

“Non risponderemo alle sue domande,” disse Midorima. “Ad essere sinceri, Akashi ci tiene nascoste delle informazioni importanti proprio per questo motivo. Comunque, – disse spingendosi in su gli occhiali – Il suo problema, così come il nostro, è Kuroko Tetsuya.”

“Questo l’avevo capito,” ghignò Ibuki. “Mio figlio è perfettamente felice a casa nostra. Non c’è bisogno che voi interferiate nelle nostre vite.”

“Sarà Akashi a deciderlo,” le rispose Aomine. “Andiamo, Kise, Midorima. Il nostro programma è appena stato rovinato.”

“Non vi permetterò di avvicinarvi a lui!” urlò la donna mentre loro si giravano dandole la schiena. “Non riuscirete a posare nemmeno i vostri sporchi occhi su Tetsuya.”

Midorima sospirò. “Vedremo.”

Ibuki fece un suono frustrato. “Perché? Perché contate tutti così tanto su questo Akashi Seijuro?” Si voltarono di nuovo verso di lei, osservando come perdeva ancora una volta il controllo.

“Non sapete che potrei distruggervi tutti quanti?”urlò all’improvviso. Alcuni passanti si fermarono e la guardarono preoccupati; gli adulti tennero a distanza i bambini. “Sono la donna più potente del Giappone! Tengo l’intero Paese nel palmo della mia mano! La famiglia Akashi potrebbe essere facilmente rovinata e a voi non importa?” Ibuki cadde in ginocchio e si fissò le mani. “Ogni volta c’è qualcuno che guarisce mio figlio. Faccio di tutto per punirlo, romperlo, ma non funziona mai. Qualcuno lo guarisce sempre. Ogni giorno si prende gioco di me con quella sua faccia senza espressione. È l’unica persona che conosco che non è ancora caduta nelle mie mani.” Ibuki strinse i pugni.

“È tutta colpa vostra!”urlò isterica indicando i tre giocatori, che la fissavano impietriti. “Vostra! Smettetela di interferire nei miei piani! Lasciate che quel maledetto ragazzo si rompa una volta per tutte!” Le sue urla fecero fermare altri passanti, ed alcuni iniziarono a pensare di chiamare la polizia.

Aomine fu il primo a riprendersi. Afferrò con una mano la spalla di Midorima, circondò con l’altro braccio  Kise e iniziò a tirarli indietro perché iniziassero a muoversi. A quel punto anche gli altri due tornarono in sé e si allontanarono il più possibile dalle urla stridule della donna.


“Pensate, avere una madre come quella…” mormorò Kise. Si appoggiò ad Aomine per supporto. “Mi dispiace, Kurokocchi.”


“Mm, papa?” mormorò al telefono un Kagami assonnato, mentre si girava sulla schiena. Quel pomeriggio non aveva allenamenti ed era libero. Il suo piano era di dormire, mangiare e poi continuare a dormire. Ma a quanto pare non sarebbe andata così.

“Taiga,” lo salutò suo padre, anche lui con voce stanca.

“Non sono quasi le due del mattino da te, vecchio?” chiese Kagami sospirando. Si mise seduto sul letto e stese i muscoli con un lamento. Non si preoccupò dei capelli, perché tanto sapeva che sarebbero stati un disastro.

“Chi è che mi ha detto di fare ricerche su Kuroko Ibuki?” rispose suo padre con voce un po’ più sveglia. “Ma visto come mi stai parlando, probabilmente non sei molto interessato.”
Con queste parole si guadagnò tutta l’attenzione di Kagami. “No, no, no!” urlò lui subito nel telefono. “Aspetta solo un secondo, vecch – p-papà! Per favore!”

Suo padre sbuffò. “Non serve aggiungere ‘per favore’ alla fine se hai appena detto qualcosa di maleducato.” Fece un sonoro sbadiglio e mosse alcuni fogli. “Comunque, non ho trovato molte informazioni.”

“Ma qualcosa hai trovato, giusto?”

“Puoi ben dirlo,” brontolò. “Non sono riuscito a trovare altro su Kuroko Ibuki, probabilmente i suoi documenti sono bloccati per qualche motivo nella filiale giapponese. Ma questo non ferma i pettegolezzi. Sono riuscito a trovare qualcosa parlando con diverse persone che lavorano in quella filiale.” Fece una pausa mormorando: “Le chiamate intercontinentali costano… ed il mio giapponese si è un po’ arrugginito, quindi è stato un lavoro molto lungo…”

“Cosa hai scoperto?” chiese impaziente Kagami.

“Smettila di essere così agitato, non è niente di speciale. Ho solo scoperto che pare che Kuroko Ibuki provenga dal mondo dello spettacolo.”

Il campione del Seirin inarcò entrambe le sopracciglia. “Eh? Il mondo dello spettacolo?”

“Pare che i suoi genitori fossero entrambi artisti famosi,” gli spiegò. “Molto famosi, ma pare che Ibuki abbia letteralmente cancellato i loro nomi. Non te li posso dire, perché me ne hanno riferito molti. Non ci sono prove. Per esempio, mi hanno detto che sua madre era una via di mezzo tra un’illusionista, una cantante e una conduttrice di un programma sul lavoro a maglia.” Il padre di Kagami fece un suono frustrato. “Le informazioni sul padre sono ancora peggio. Posso solo dire che lavoravano entrambi nello spettacolo.”

Kagami non seppe cosa rispondere. Ci pensò per un paio di minuti, poi sbottò: “Papà.. in che modo può essermi d’aiuto tutto questo?”

“E che cavolo ne so?” gli rispose lui brusco. Papà sta diventando scontroso. Meglio chiudere in fretta la conversazione. “Mi hai detto di trovare qualsiasi cosa per aiutare il tuo amico. Questo è quello che ho trovato.”

Kagami strinse le labbra. “Ogni indizio può essere utile, immagino.” Sospirò. “Grazie, papà.”

“Questo ti costerà una visita in America.”

“Verrò nelle prossime vacanze.” Entrambi riattaccarono.


Kagami lanciò il cellulare nella stanza. “I genitori vengono dal mondo dello spettacolo…” si lamentò ad alta voce, portandosi le mani tra i capelli. “E questo cosa dovrebbe voler dire?”


“La lista che mi ha dato mio padre è piuttosto corta,” disse Akashi aggrottando la fronte mentre osservava la lista con nomi, numeri di telefono e indirizzi. “Significa che non ci sono molte persone affidabili e non sotto l’influenza di Ibuki. Chiamerò i primi tre.”

Si trovava nel suo appartamento di Kyoto, che era molto più grande di quello di Tokyo, e metteva anche più soggezione. Era decorato con mobili rossi, che mettevano in risalto le pareti lisce e bianche ed il pavimento in legno. C’erano cinque camere: la sua camera da letto, due stanze per gli ospiti, una stanza misteriosa ed una che faceva da studio. Quando si entrava si era accolti dal salotto e, sulla destra, dalla cucina.

Ma non era questo a far sembrare l’appartamento intimidatorio, il fatto era invece dovuto alla pulizia perfetta ed all’aspetto di normalità. Sembrava del tutto normale che un paio di cesoie affilate fossero proprio vicine alla porta che dava sul patio dove c’erano delle piante, (si trattava in realtà per lo più di piante piccole, quindi non si capiva a cosa servissero le cesoie), ed andava benissimo che un coltello da burro fosse posato sul bancone della cucina vicino ad un cesto con della frutta e ad un paio di forbici nere.

Trofei di campionati di basket e competizioni di shogi erano allineati sugli scaffali, e spaventavano chiunque avesse avuto intenzione di sfidare Akashi in una partita di basket o shogi.

Akashi si sedette sul suo divano rosso, prese il cellulare che usava per le questioni di lavoro e compose il primo dei numeri che gli aveva dato suo padre. Il telefono squillò a lungo finché non rispose la segreteria telefonica. Akashi riattaccò e riprovò a chiamare.

Questa volta risposero. “Pronto? Con chi sto parlando?”

“Akashi Seijuro,” rispose lui senza tracce di paura. “E lei è Tsubaki Kaname.” Era un’affermazione, non una domanda.

“…Il figlio di Akashi Hayato, guisto?”

“Si.”

“Ah,” la voce di Tsubaki Kaname si fece improvvisamente nervosa. “Come posso aiutarla, Akshi-san?”

“Hm, – Akashi tamburellò le dita sul divano – Conosce Kuroko Ibuki?”

Sentire quel nome fu uno shock per Kaname, perché era da molto tempo che tentava di liberarsene. “Si, ho sentito parlare di lui. Tempo fa lavoravo per una delle sue aziende, ma mi sono licenziato perché assumeva sempre impiegati incapaci,” aggiunse con amarezza.

Impiegati incapaci, Akashi prese nota. “Mi dispiace farle rivivere brutti ricordi,” disse, anche se non gli dispiaceva affatto. “Ma ho bisogno di informazioni su di…lui. Per caso sa qualcosa di insolito sul suo conto? Non deve per forza essere qualcosa di eccezionale, ma qualsiasi aspetto strano potrebbe essere utile.”

“Se non le dispiace, utile per cosa? Perché mi ha chiamato così all’improvviso per sapere di Kuroko Ibuki?”

“Mi interessa,” rispose calmo.

Ci fu silenzio per qualche secondo, si sentiva solo il respiro veloce di Kaname. “Non so niente di particolarmente strano,” rispose alla fine. “Il nostro capo non si faceva mai vedere in pubblico e non abbiamo mai visto la sua faccia. Noi sapevamo solo il suo nome e della sua fama…. Ma anni fa, quando lavoravo ancora per lui, ho letto qualcosa sulle news.”

Akashi era pronto a scrivere. “Ovvero?”

“Era solo un articoletto su internet. Diceva che Kuroko Ibuki si era sottoposto a numerosi interventi nel corso degli anni.”

“Interventi?”

“Di chirurgia plastica, per essere precisi.”

Akashi inarcò le sopracciglia e annotò tutto velocemente. “Quando avvennero queste operazioni?”

“Non saprei la data esatta, ma l’ho letto circa… quindici o sedici anni fa, credo.”

Le sue sopracciglia si inarcarono ancora di più. Quanti anni aveva Tsubaki Kaname? “Mi sono segnato queste informazioni. Non c’è bisogno che le dica di mantenere il silenzio, vero?”

“No. Hayato-san è un mio caro amico.”

“Hm.” Akashi riattaccò.

Si appoggiò allo schienale del sofà e fissò lo schermo del televisore davanti a lui. “Tra i quindici e i sedici anni fa, proprio quando è nato Tetsuya. E se è uscita questa notizia, significa che in quel periodo era in Giappone, ed aveva già iniziato ad essere una donna influente.” Fece tamburellare un piede, impaziente. “Considerando che Tsubaki Kaname si riferisce a lei come se fosse un uomo, deve voler dire che anche la notizia che ha letto parlava di lei come uomo.” Akashi lanciò uno sguardo agli appunti sul suo block notes e contrasse la fronte. “Se i chirurghi che l’hanno operata avessero visto la notizia, non sarebbero stati confusi dal suo aspetto femminile?” Si accigliò mentre le numerose tessere del puzzle iniziavano ad incastrarsi l’una con l’altra. “A meno che…le operazioni siano avvenute in un altro paese.”

Akashi prese di nuovo il cellulare e digitò il secondo numero. La secondo conversazione fu simile alla prima.

“Si, confermo che si è sottoposta a interventi di chirurgia plastica,” farfugliò la donna la telefono. “È stato nelle news, prima che tu nascessi, credo. Ma anche perché ho un’amica che lavora ancora per lei e mi ha detto che il suo capo, Kuroko Ibuki, si è operata. Ma non l’ha mai vista. Quindi, tu sei il figlio di Akashi Hayato, vero? Lavoro in un piccolo studio legale, e mi chiedevo se –“

Akashi riattaccò.

Un piccolo asterisco era disegnato vicino al nome successivo della lista. Akashi lo fissò, cercando di capire cosa volesse dire. C’è qualcosa di diverso in questa persona? È meno affidabile? Mi obbedirà o… Akashi inarcò le sopracciglia. Ah. Capisco.

“Pronto?”rispose una voce monotona.

“Takumi,”salutò Akashi.

“Senza onorifici? Chi parla?”

Lui sospirò per le solite presentazioni noiose. “Akashi Seijuro.”

“Capisco.” A differenza degli altri, Takumi non era né spaventato né esitante. Il suo tono era semplicemente neutro.  “Come posso aiutarti?”

“Conosce…Suzuki Akihiko?” Akashi provò ad indovinare il nome.

Ebbe ragione. L’uomo rispose di nuovo senza esitazione. “Si, lo conosco. Sarebbe difficile non conoscerlo, credo che abbia tre grandi aziende.”

Lo. La seconda persona che aveva chiamato parlava di Ibuki come se fosse una donna, ma la prima e la terza ne parlavano come di un uomo.  “Sa qualcosa di strano su Akihiko?”

“Non particolarmente.”

Il playmaker del Rakuzan fissò il nome di Takumi. Perché mio padre mi avrebbe dato il nome di una persona inutile? Poi capì un’altra cosa. “Takumi, so che sembra strano, ma posso chiederle qual è la sua specializzazione?”

“… Analisi psicologica e comportamentale. Ero uno specialista.”

Scacco matto.




Akashi rimise a posto il suo secondo cellulare e sospirò. Parlare era un compito noioso. Ultimamente aveva fatto un mucchio di chiamate, il che non era da lui. Parlare con persone che lo guardavano dall’alto in basso finché non realizzavano che era ‘il figlio di Akashi Hayato’ lo irritava parecchio.

Penso che dovrei –

Il cellulare vibrò di nuovo. Questa volta però era quello personale. “Sono stufo di parlare per oggi. Se mi chiamano per qualche inutile motivo, mi assicurerò di far triplicare i loro allenamenti,” mormorò prendendo il cellulare, controllando chi lo chiamava e rispondendo: “Ryouta.”

“Akashicchi.” La voce di Kise non era allegra come sempre. Akashi capì subito che era successo qualcosa.

“Ryouta, che succede?”

“Ah, ecco,” il biondo fece una risatina nervosa, per prendere tempo prima di sputare il rospo. “Sapevo che l’avresti scoperto comunque, quindi dovevo –“

“Idiota, ci stai mettendo troppo tempo. Passamelo.” Kise fu interrotto da una voce brusca. Ci furono rumori di interferenze, proteste e di qualcosa che si spostava. Il rosso aspettò ‘pazientemente’ che cessassero. Quando lo fecero parlò la voce di Aomine. “Akashi, ci sei?”

“Daiki. Si, ci sono.”

Lui sbuffò nel telefono ed urlò, “Oi, Midorima! Tieni Kise lontano da me!... Hm. Bene, verrò al sodo: oggi abbiamo incontrato quella Kuroko Pazzoide.”

Akashi si rifiutò di mostrarsi sorpreso. Sta prendendo di mira tutta la Generazione dei Miracoli? “Oh? Ed è successo qualcosa di rilevante? Per caso ha confessato, o vi ha minacciati?” La domanda ‘Vi ha fatto del male?’ rimase implicita.

“Quella donna pensa di non aver niente d a confessare. Pensa davvero di stare facendo la cosa giusta. E si, ovviamente ci ha minacciati con il suo status sociale o quello che è. E poi… ha avuto una specie di esaurimento nervoso.”

“Esaurimento nervoso?”

“Non so, tipo una crisi di pazzia? È crollata in mezzo al marciapiedi, piangendo ed urlando che era tutta colpa nostra se Tetsuya non poteva ‘guarire’.  Poi ha iniziato a delirare su come lei lo voglia distruggere, ma ci sia sempre qualcuno a ‘guarirlo’. Ha usato proprio questi termini.” Aomine sbuffò e Akashi sentì che stava colpendo qualcosa. “Tutta questa situazione mi fa davvero incazzare!”

“Il suo intento iniziale nell’avvicinarci era di ottenere informazioni,” disse la voce di Midorima un po’ in lontananza. “Voleva sapere quali erano i tuoi piani.”

“Le avete risposto?” chiese Akashi mentre annotava questi fatti su un altro foglio.

“No.”

“Bene,”disse Akashi, contento. “Vi ha attaccati in qualche modo?”

Aomine ci mise un po’ a rispondere. “No, non fisicamente. Ma le sua parole hanno turbato parecchio Kise.”

“Capisco.”

“Dammi il telefono, Aominecchi!” Aomine lo accontentò e poco dopo fu la voce di Kise a parlare. “Akashicchi! Oltre alla mamma di Kurokocchi, l’altro giorno ho anche incontrato Kagamicchi.”

Quest’informazione lo interessò ancora più di quella su Ibuki. “Oh? Kagami Taiga del Seirin?”

“Si, lui. Akashicchi… sta diventando curioso. Molto curioso su Kurokocchi.”

“Davvero? In che senso?”

“Credo… che stia iniziando a fare delle ricerche su Ibuki. Potrebbe raggiungerci presto, se non l’ha già fatto.”


Il rosso fece un sorrisetto e scrisse il nome di Kagami. Hm, potrebbe diventare difficile nascondergli la situazione, anche se non sembra molto sveglio. “Bene,” disse. “Se non possiamo evitare di dirgli la verità, posso almeno utilizzarlo per i miei scopi.”


Kuroko prese i quaderni, le cartelline e gli appunti che l’insegnante gli stava porgendo. Erano tutto il lavoro che si era perso per i suoi giorni di assenza. Pensò che sarebbe stato meglio studiare tutto il giorno così da essere già in pari il giorno dopo. E poi aveva già saltato troppe lezioni ed i suoi compagni si sarebbero insospettiti se l’indomani non l’avessero visto a scuola.

“Guarisci bene,” gli disse l’insegnante.

“Grazie.” Kuroko si inchinò, quindi si girò per uscire dalla scuola, facendo attenzione ad evitare la palestra.

Il percorso fino a casa sua era piuttosto breve e non affollato. D’altronde non era l’ora di punta e la gente non stava ancora tornando a casa dal lavoro. Kuroko fece attenzione a non andare a sbattere contro nessuno, visto che di solito nessuno riusciva a notarlo.

Arrivò a casa, nascondendo il suo leggero zoppicare mentre percorreva il vialetto. Quando era uscito per andare a scuola non aveva chiuso a chiave la porta, ed ora poté riaprirla facilmente e sgattaiolare dentro. Si preparò a correre, nel caso sua madre fosse tornata, ma non ne ebbe il tempo perché qualcuno urlò, “Brutto marmocchio!” ed un pugno lo colpì sul naso.

Kuroko cadde indietro contro la porta, sbattendoci contro la testa. Vide le stelle davanti agli occhi e cadde a terra. Sentì un dolore acuto propagarsi a partire dal naso e gli sfuggì un lamento. Delle gocce di sangue caddero a terra, macchiando il pavimento. Si rese vagamente conto che il sangue era il suo, che gli stava gocciolando dal naso, sicuramente rotto: aveva sentito il rumore di qualcosa che si spezzava.

Rialzati, non importa quanto ti sia fatto male. A terra sei vulnerabile.

Le parole di Akashi riecheggiarono nella sua mente, e facendo un grande sforzo e tremando, Kuroko si alzò tenendosi il naso con una mano. La sua camicia bianca era ormai rovinata dalle macchie. Si appoggiò alla porta per avere un supporto ed osservò sua madre, respirando affannosamente attraverso la bocca.

Sua madre si trovava a pochi passi da lui, schiumante di rabbia. Teneva i pugni serrati, ed il destro si era leggermente macchiato di rosso quando l’aveva colpito. Le sue labbra rosa erano piegate in una smorfia. “Moccioso, non sai quanto mi hai umiliata oggi?”  Ibuki annullò la distanza che li separava con due passi decisi. Lo afferrò per la camicia prima che lui potesse fare qualcosa. “Tre ragazzini mi hanno sfidata davanti a tutti, oggi. Tre, ed è colpa tua!” Lo colpì con un altro pugno, questa volta all’occhio. Kuroko restò in silenzio e cadde di nuovo a terra.

Il naso e l’occhio che era stato colpito gli pulsavano intensamente. Stava già iniziando a sentirsi stordito. Rialzati. Senza esitare, Kuroko afferrò la maniglia della porta e provò ad alzarsi, tenendo un occhio chiuso e tentando di fermare l’emorragia dal naso con l’altra mano. Ma non si mosse di molto, perché il piede di Ibuki scattò e lo colpì allo stomaco.

Kuroko inspirò a fatica e cadde in ginocchio, tossendo ed ansimando per il nuovo dolore all’addome. Gli parve di soffocare. Oltre al naso rotto e sanguinante e all’occhio gonfio, forse stava soffocando e non lo sapeva. “Perché non ti decidi a stare giù?” urlò sua madre, tirandogli un altro calcio. Questa volta Kuroko riuscì a reagire grazie all’allenamento con Akashi ed afferrò abilmente il piede di sua madre con una mano. Ibuki ringhiò, muovendo bruscamente la gamba per liberarsi dalla sua presa, e, prima che Kuroko se ne accorgesse, lo colpì con l’altro piede. “Ora ti senti anche coraggioso? Resta a terra! Sei inutile! Incapace! Non sei figlio mio! Mio figlio non è debole, non mi deride, non mi disobbedisce! E sicuramente non mi umilia pubblicamente!” urlò lei colpendolo con forza sul petto.

Kuroko sputò del sangue e si sforzò di respirare. Sentiva di nuovo il suo corpo bruciare. Il dolore non era una cosa nuova per lui, eppure non vi si era abituato e dopo tutto questo tempo, questa tortura non lo aveva ancora reso insensibile.

C’è sempre qualcuno che ti guarisce!

Kuroko afferrò saldamente il piede che stava per colpirlo di nuovo, e lo tirò con quel poco di forza che gli era rimasta. Ibuki, colta alla sprovvista, strillò e cadde sul sedere. Kuroko fu sorpreso per l’efficacia di un semplice trucchetto, e si affrettò ad alzarsi prima che sua madre si riprendesse. Ma sfortunatamente era troppo lento ed i suoi movimenti troppo vacillanti, quindi riuscì a malapena ad alzarsi prima che il piede di Ibuki colpisse la sua faccia, tenendo la sua testa schiacciata tra la porta ed il suo piede.

“Come osi?” gli sibilò. “Come osi?” La scarpa che indossava  era ruvida contro la sua guancia e lo stava spingendo con tanta forza che riusciva a malapena a muovere la testa. “Solo perché hai imparato qualche mossa non puoi pretendere di battermi, tu essere insolente ed incapace.” Il suo piede spinse contro la guancia e la testa di Kuroko, che sentiva il suo cranio venire schiacciato contro la porta.

All’improvviso la pressione scomparve ed il sangue poté di nuovo fluire nella sua testa. Kuroko era vagamente consapevole che il suo naso non aveva ancora smesso di sanguinare, e che doveva fare in modo che smettesse al più presto. Sapeva anche di dover uscire prima che succedesse qualcosa di ancora peggio.

L’uscita più vicina è proprio davanti a me, fuori.

Ma era impossibile. Ibuki era lì e lui non sarebbe riuscito ad alzarsi, aprire la porta e scappare prima che lo raggiungesse.

Kuroko aprì lentamente un occhio, chiedendosi cosa avesse fatto fermare sua madre. Capì subito il perché; suo padre si trovava al fondo delle scale, pallido e spaventato ma con uno sguardo determinato. Ibuki lo fissò male sfidandolo, “Hai intenzione di fermarmi e non lasciarmi educare nostro figlio, Haru?”

Suo padre deglutì, e Kuroko lo guardò silenzioso ed implorante. Haru si accorse del suo sguardo, ma interruppe velocemente il contatto visivo. E poi, con orrore di Kuroko, disse, “C-certo che no, Ibuki. Sfoga pure tutte le tue insoddisfazioni… su di lui.”

“Oh?” Il viso di Ibuki si distese in un sorriso contento. “Hai finalmente capito, Haru? Sono felice.”

No… Ma, otou-san… lui è…

“Hai sentito, Tetsu-kun?”canticchiò sua madre. “Anche tuo padre approva i miei metodi.”

“N-no,” bisbigliò Kuroko.

Una mano lo schiaffeggiò con forza sulla sua guancia già gonfia. “Non parlare con quella voce così monotona,” gli sibilò. “So che lo fai per prendermi in giro.”

Le percosse non durarono ancora per molto. Sembrava che l’incontro con Haru avesse migliorato un po’ l’umore di Ibuki. Kuroko ricevette solo più qualche calcio, qualche insulto, un po’ di dolore in più e poi tutto finì. Ibuki sputò sul pavimento annoiata, ed uscì dalla casa con un “Tks.”

Alla fine non erano state le botte a bloccare Kuroko rendendolo insensibile. Era stato il fatto che durante il suo dolore aveva visto suo padre tirare fuori una fotocamera e scattare foto a sua madre e a lui.

Non appena sua madre fu uscita, Haru gettò quasi a terra la fotocamera e corse da suo figlio. Kuroko era per terra, ed una piccola pozza di sangue si era formata vicino a lui. Aveva la faccia gonfia per gli innumerevoli colpi. “Tetsuya, non muoverti, ti –“

Kuroko spinse via la mano che voleva aiutarlo. “Non toccarmi, per favore,” disse piano.

Queste parole gelarono Haru. Spalancò gli occhi con orrore e paura, aprì la bocca e la richiuse, prima di riuscire a dire, “No, Tetsuya non capisci. Akashi non ti ha spiegato –“

Kuroko non lo ascoltò. Stava impegnando tutte le sue energie per stare in piedi senza aiuto. Si alzò lentamente spingendosi con le mani ed ignorando il dolore. In qualche modo riuscì a mettersi in piedi.  La sua vista era molto sfocata,  e sembrava che tutto si muovesse davanti a lui, ma non importava. La sua destinazione era il bagno.

Face un passo, e rischiò di svenire dal dolore. Haru lo afferrò per le braccia per sostenerlo. “Per favore, Tetsuya, lascia che ti spieghi.”

“Per favore, non mi toccare,” bisbigliò di nuovo Kuroko. I suoi occhi blu erano senza espressione e sembravano senza vita. Si allontanò da suo padre incespicando, e riprese il suo percorso. Un passo, due passi, tre – si appoggiò al muro per evitare di cadere. Anche il più piccolo movimento lo faceva restare senza fiato.

Haru lo seguì, senza toccarlo e disse dolcemente, “Capisco che ora provi disgusto per me, ma lascia che almeno ti aiuti col kit di pronto soccorso.”

“Per favore, non toccarmi.” Il ragazzo ripeté le stesse parole, piene di dolore. Era come un robot, ferito ma insensibile e il suo viso non mostrava nessuna emozione.

“Tetsuya!”

Kuroko si fermò per appoggiarsi di nuovo alla parete. Guardò verso i suoi piedi, dove gocce di sangue continuavano a cadere. Haru strinse le mani sulle braccia di Kuroko, deciso ma con attenzione. “Per quanto tu possa essere cocciuto, ti porterò alle scale.”

Suo figlio non rispose, quindi Haru prese il suo silenzio per un ‘va bene’. Lo aiutò a raggiungere le scale, camminando lentamente. Quando arrivarono, Kuroko era senza fiato. “Vuoi che –“

“No.” Kuroko si liberò dalla presa di suo padre. “Per favore, non toccarmi più… otou-san.”

Queste parole fecero sgorgare delle lacrime dagli occhi di Haru. Si lasciò cadere sulle ginocchia, tremando. Guardò suo figlio che si trascinava su per le scale con fatica, lasciando tracce di sangue dietro di sé. Vedendo questo, Haru si coprì il volto con le mani. “Non capisci,” disse piangendo.

Il suo compito potrebbe essere… emotivamente difficile, ma è piuttosto semplice per le competenze che richiede….  Ma credo che lei sia il più adatto per questo lavoro.






NdT:Oggi mi sento felice, perché il mio esame di tedesco è andato bene! Quindi, per festeggiare, ho deciso di aggiornare con un po’ di anticipo rispetto a quello che avevo previsto.
Questo è, per ora, il capitolo più lungo… ed anche ricco di eventi, direi. Si scoprono nuovi indizi su Ibuki, quale sarà la verità? Ed il piano di Akashi inizia a prendere forma. Per non parlare di Rin!!
A voi i commenti! xD
Nienor_11
   
 
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