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Autore: Hyorangejuice    13/06/2013    4 recensioni
[Rock Band!AU SuChen]
Sono passati quattro anni da quando i Back Up Plan si sono sciolti e Jongdae è tornato.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, D.O., D.O., Suho, Suho, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parte 3

 

 

 

 

 

«Buona sera signori, che cosa vi porto?» Joonmyeon guarda frettolosamente il menu e poi ordina un caffè cercando di sorridere, ma anche quello gli fa scoppiare la testa.

 

Dietro gli occhiali scuri osserva Jongin incantare la cameriera con un sorriso e lasciando che le loro dita si sfiorino quando le dà indietro il menu.

 

«Non cambi mai.» dice Joonmyeon scuotendo la testa.

 

«No.» Jongin conferma con un sorriso furbesco.

 

Joonmyeon sorride di rimando e si fa scivolare gli occhiali sulla punta del naso per togliergli un attimo prima che cadano. La luce non è troppo forte, ma istintivamente strizza gli occhi prima di aggiustarvisi, guadagnandosi un'occhiataccia da Jongin.

Appena di accorge di essere stato beccato mentre si prendeva gioco del proprio hyung Jongin sorride come il bambino insolente che è e Joonmeyon non può fare a meno di lasciarsi scappare una risata. Jongin è sempre stato il suo dongsaeng preferito, ma non ditelo a Chanyeol.

 

«Ordiniamo anche per Kyungsoo-hyung?»

 

Jongin, però, aveva sempre adorato Kyungsoo. Joonmyeon scuote la testa . «Ha detto che sarebbe arrivato tra poco.»

 

Jongin annuisce e inizia a giocare con il tovagliolo, fa tante piccole palline che Joonmyon vede già attaccate ai propri capelli. Jongin è ancora un ragazzino, quando si erano incontrati per la prima volta era il bambino magrolino con le ginocchia sbucciate che abitava nella casa accanto. Joonmyeon ama raccontare di Jongin da bambino quando sono tutti insieme, solo per vedere Jongin arrossire furiosamente cercando di salvare quanto rimasto della propria dignità.

 

Sa che in quei momenti gli occhi di Jongin sono sempre su Kyungsoo, cercando di capire la sua reazione, e quando Kyungsoo gli sorride Jongin arrossisce ancora di più.

 

Jongin è innamorato di Kyungsoo. È quel genere di amore che gli fa disegnare piccoli cuori sui bordi dei suoi spartiti, che lo fa sospirare e arrossire e gli fa sentire lo stomaco sempre pieno e la mente sempre leggera. Joonmyeon trova l'ingenuità di Jongin adorabile, ma non è sicuro di voler essere presente quando si infrangerà in mille pezzi e Jongin si ritroverà con il cuore spezzato.

 

«Hyung, mi stai ascoltando?» Jongin gli agita una mano in faccia, mordendosi il labbro.

 

«Sì... cioè no, che cosa stavi dicendo?»

 

«Ho detto che alla scaletta del prossimo live dovremmo aggiungere la canzone che io e Chanyeol-hyung abbiamo finito ieri.»

 

«Non l'abbiamo provata abbastanza.»

 

Jongin mette il broncio e Joonmyeon si sporge per arruffargli i capelli. «Avrai il tuo assolo la prossima volta, Jongin-ah.»

 

Jongin sbuffa e scaccia la mano i Joonmyeon, ma la sua furia dura poco, perché Kyungsoo si avvicina al loro tavolo e Jongin non riesce a rimanere arrabbiato quando c'è Kyungsoo in giro, tutta la sua energia serve per far ridere e arrossire Kyungsoo.

 

Kyungsoo, però, sembra preoccupato, mentre si siede di fianco a Joonmyeon.

 

«Mi hanno preso.» dice, con le sopracciglia corrucciate, guardando Joonmeyon.

 

«Ti hanno preso per quell'apprendistato alla casa editrice?»

 

Kyungsoo annuisce. «Inizio domani.»

 

Joonmyeon rimane un attimo a bocca aperta prima di abbracciare Kyungsoo più stretto che può e vorrebbe dirgli quanto sia felice e che dovrebbero festeggiare e...

 

«Non canterai più con noi?» Jongin domanda e Joonmyeon si ritrova senza parole per un motivo del tutto diverso. Ripensa a quando di notte camminavano a piedi nudi nel giardino sul retro della casa di genitori di Kyungsoo. A come la voce di Kyungsoo sembrava sciogliersi nell'aria calda d'estate. A come volesse ingoiare tutte quelle note meravigliose perché sembrava che ciascuna di esse portasse con sé un pezzetto di Kyungsoo e Joonmyeon lo voleva tutto per sé. Ripensa alla prima volta che hanno suonato tutti insieme nel garage di Chanyeol. Ripensa a come gli occhi di Kyungsoo brillassero d'entusiasmo giusto due giorni fa quando sul palco aveva chiamato in avanti per dividere un microfono durante il ritornello e a come avrebbe voluto baciarlo, lì di fronte a tutti.

 

Pensa a come quanto voglia tenere Kyungsoo sempre vicino e a come Kyungsoo sembri sempre allontanarsi.

 

«Non avrei tempo, i primi mesi sono importanti... Ho bisogno di questo lavoro... io voglio questo lavoro.» è a disagio, spostando gli occhi tra Joonmyeon e Jongin come se si aspettasse di essere giustiziato da un momento all'altro.

 

Joonmyeon sa quanto Kyungsoo voglia quel lavoro, quanto Kyungsoo ami i libri, lo sa perché lui ama la musica allo stesso modo e Kyungsoo è sempre stato lì per sostenerlo, per spingerlo a inseguire il proprio sogno e ora è venuto il momento per lui di fare lo stesso.

 

«Kyungsoo-yah, grazie per essere stato con noi fino ad ora. Grazie per aver supportato il nostro sogno fino ad ora» dice guardando Jongin che sembra capire.

 

«Adesso noi supporteremo il tuo.»

 

Kyungsoo tira un sospiro di sollievo rilassandosi contro Joonmyeon che gli passa un braccio intorno alle spalle.

 

«Pensavo che vi sareste arrabbiati.»

 

«Non possiamo obbligarti, e vogliamo fare le cose sul serio dovremo lavorare sodo e abbiamo bisogno di persone che lo vogliano quanto lo vigliamo noi o sarebbe inutile, quindi non ti preoccupare, ok?»

 

Kyungsoo annuisce e sorride. Joonmyeon vede la tristezza negli occhi di Jongin, ma il suo sorriso è troppo accecante perché possa vederla anche Kyungsoo.

 

 

 

 

Una settimana dopo, dopo il secondo rimpiazzo una ragazza carina che poteva toccare le note più alte e che aveva cercato di spogliare Chanyeol nel bagno degli uomini e dopo che il terzo tentativo si era ubriacato troppo, troppo presto, costringendo Joonmyeon a cantare, Kyungsoo si presenta al secondo lavoro di Joonmyeon, cinque minuti prima che il suo turno finisca, con un ghigno soddisfatto stampato in faccia.

 

«L'ho trovato.» dice tamburellando le dita sul bancone del negozio di dischi.

 

«Hai trovato chi?» Joonmyeon domanda, buttando l'occhio alla porta dell'ufficio, semmai il suo pazzo datore di lavoro stesse per uscire fuori urlando come un pazzo, di nuovo, perché Joonmyeon sta perdendo tempo invece di occuparsi del negozio. Joonmyeon è sicuro che quel tizio verrà spedito in un manicomio un giorno o l'altro, ma prega che quando ciò succederà, avrà trovato già un altro lavoro.

 

«Ho trovato il tuo cantante.» Kyungsoo risponde, orgoglioso, attirando la completa attenzione di Joonmyeon.

 

«Kyungsoo non-... »

 

«Non ti preoccupare, lascia fare a me. Andrò a dare un'occhiata in giro mentre tu finisci, sperando di non avere una reazione allergica alla polvere degli anni ottanta che si annida dietro quegli LP...»

 

«Hey! Lo pulisco io questo buco, ok?» Joonmyeon ribatte, rimanendo ignorato.

 

«...e quando avrai finito ti affiderai a me perché io ti porterò alla chiave del tuo successo.»

 

Joonmyeon scuote la testa e spinge via Kyungsoo con un sorriso.

 

 

 

 

 

 

 

Joonmyeon è seduto su una poltrona nello studio di registrazione. Sono quasi le tre del mattino e ha appena finito di registrare un'altra demo. Baekhyun, il ragazzo che di solito gli presta la propria voce, se n'è andato un po' dopo mezzanotte, ma Joonmyeon doveva sistemare quello che c'era da sistemare e aveva perso la cognizione del tempo. Si sente gli occhi pesanti, non può guidare fino a casa.

 

Ubriaco dal sonno cerca tra i propri contatti il numero della compagnia dei taxi e le sue dita si fermano un attimo di troppo su un numero che ha salvato con un singolo, semplice punto.

 

Non ci pensa troppo e spinge il tasto di chiamata. È solo curioso. È tardi e sta chiamando un numero che, per quanto ne sa, è stato cancellato anni fa, quindi non si aspetta che qualcuno risponda, ma la linea prende vita e dopo qualche secondo una voce assonnata risponde.

 

«'nto?»

 

All'improvviso è più sveglio che mai. La riconosce quella voce, è la voce che gli sussurrava all'orecchio in quelle mattine in cui non aveva voglia di alzarsi e funzionare come tutte le persone normali.

 

«Jongdae?»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Joonmyeon si sente stupido, incredibilmente stupido e totalmente in imbarazzo, mentre siede da solo in un angolo del coffee shop aspettando Jongdae. Probabilmente avrebbe dovuto riattaccare dopo che Jongdae aveva risposto, dopotutto aveva avuto la conferma che che Jongdae aveva ancora quel numero e che stava dormendo alle tre del mattino e che la sua voce sporca di sonno aveva ancora strani effetti sulla propria mente.

 

Eppure aveva incespicato sul suo nome prima di riprendersi. Aveva sentito il rumore delle lenzuola e Jongdae aveva sbadigliato prima di domandare perché mai chiamasse ad un'ora tanto ingrata.

 

«Volevo sapere se avei tempo per un caffè, magari domani?»

 

Poteva immaginare le labbra di Jongdae che si piegavano all'insù e sentì lo stomaco contorcersi. Lo stava facendo sul serio?

 

«Se chiami a quest'ora potrei pensare che tu voglia cogliermi in un momento di debolezza per assicurarti che io dica di sì.» aveva sorriso a quel punto, sentendo una sensazione familiare scivolare sulle propria membra stanche. «Ma sei fortunato, perché domani ho tempo, quindi mandami un messaggio quando sarò abbastanza sveglio da ricordami come mi chiamo, ok?»

 

Aveva aspettato, cercando qualcos'altro da dire. «Non hai cambiato il tuo numero.» aveva detto alla fine, ma entrambi sapevano che cosa stava davvero chiedendo.

 

«Troppa fatica.» aveva borbottato Jongdae, e Joonmyeon poteva sentirlo scivolare sotto le coperte. «Buonanotte Joonmyeon.» aveva sussurrato.

 

«Buonanotte Jongdae.»

 

Quando aveva riattaccato Joonmyeon non sapeva se volesse lanciare il cellulare contro la parete o sbattere la testa contro il muro sperando di infilarci un po' di buonsenso.

 

Quando Jongdae arriva, però, Joonmyeon ha i palmi sudati e teme che la propria voce possa tradire quanto il suo cuore stia galoppando, così sorride, salutando Jongdae con la mano e Jongdae gli sorride, avvicinandosi.

 

«Hai aspettato molto?» gli domanda mentre si siede. «Sai, un vecchio pazzo mi ha svegliato nel mezzo della notte e ho fatto fatica a riaddormentarmi quindi non ho sentito la sveglia.» aggiunge con un sorriso.

 

Joonmyeon pianta i piedi sul pavimento i legno per evitare di fare qualcosa di stupido come correre fuori e non tornare più indietro.

 

Parlano di ora, di domani, entrambi cercando di riabituarsi alla presenza dell'altro. Quando Jongdae gli racconta della signora seduta al suo fianco sul volo di ritorno da Parigi e di come il suo profumo gli avesse fatto venire le vertigini, Joonmyeon ride.

 

Quattro anni sono lunghi, pensa, mentre ride ad una battuta patetica, e Jongdae ride più forte, sapendo benissimo che non era poi così divertente. Se fosse stato la stessa persona che era quattro anni fa non sarebbe stato in grado di parlare così con Jongdae, di condividere pezzetti della propria vita, pensava sarebbe stato arrabbiato, che sarebbe stato molte cose che invece non è.

 

Si era aspettato molte cose, ma si era sbagliato. Non è arrabbiato, e forse è quello che lo spaventa di più. Non sono più giovani e senza paura, ma avere coraggio significa sconfiggere le proprie paure, quindi osa chiedere.

 

«Quindi, l'Europa?»

 

«Già, sono tornato due settimane fa dall'Italia» il sorriso di Jongdae sembra spegnersi appena.

 

Joonmyeon annuisce e stringe la propria tazza come un salvagente, cercando di calmare la tempesta che gli si agita nello stomaco e gli fa pensare che forse sta per rivedere il take-away Thai della sera prima.

 

«Minseok mi ha detto che sei andato a trovarlo in ufficio»

 

Jongdae lo guarda strano e sembra pensare a cosa dire, alla fine annuisce. «Dopo essermi sistemato ho pensato di iniziare a rimettermi in contatto con tutti»

 

Joonmyeon vorrebbe chiedere come mai non io per primo?, ma sa già la risposta.

 

«Mi ha detto che sei un produttore famoso adesso» Jongdae dice con un ampio sorriso, ed è contagioso.

 

«Non posso negarlo, praticamente sono una fabbrica di hit» risponde con un ghigno soddisfatto e le Jongdae inarca le sopracciglia.

 

«Hai passato troppo tempo con Chanyeol? Non credevo che le manie di protagonismo fossero contagiose»

 

Joonmyeon rotea gli occhi e beve un sorso di caffè. Sente le spalle rilassarsi, ma il respiro gli si mozza quando vede Jongdae sorridere dietro la propria tazza. È passato così tanto tempo eppure sembra ieri che camminavano per strada contando le stelle cadenti dividendo una sigaretta. Gli sembra in tutti questi anni di aver continuato a contare nonostante le stelle avessero smesso di cadere da un pezzo.

 

«E tu? Che cosa ha fatto tutto questo tempo?»

 

Jongdae lascia che i propri occhi vaghino nel locale ormai pieno mentre un sorriso malinconico prende possesso delle sue labbra. Prende un respiro e continua a guardare lontano mentre parla.

 

«All'inizio ho preso qualunque lavoro mi venisse offerto, cameriere a Londra, ragazzo delle consegne a Marsiglia, volevo viaggiare e non ho fatto altro. Poi sono entrato in un'agenzia per modelli e ho fatto qualche photoshoot. Mi hanno detto che avevo dei lineamenti passabili, ma che ero troppo basso per la passerella.» scuote le spalle e, con un sorriso stanco guarda Joonmyeon. «È andato tutto bene finché non mi hanno messo in mano una scatola di lassativi dicendomi di perdere non ricordo quanti chili per la collezione autunno-inverno.»

 

Joonmyeon non chiede oltre, lo sguardo che Jongdae indossa in questo momento è più che sufficiente e da lì scivolano in una conversazione superficiale e confortevole per entrambi.

La musica è sempre stato un punto in comune e Jongdae ha ancora un lingua tagliente e gli occhi brillanti che diventano sottili mezze lune ogni volta che il suo sorriso si allarga.

 

Joonmyeon non dovrebbe sentirsi così.

 

Poi il suo telefono suona. È Kyungsoo che gli chiede di portare il vino perché si è scordato di comprarlo quando ha fatto la spesa. Alla fine del messaggio c'è un sorriso. Joonmyeon sa che non sta facendo niente di male, non sta tradendo Kyungsoo se prende un caffè con un altro uomo, lo fa continuamente. Il fatto che l'uomo con cui sta prendendo un caffè lo abbia lasciato con il cuore rotto e rotto in generale e che Kyungsoo lo odi, però, gli fa pensare che forse un po' lo sta tradendo.

 

«Penso di dover andare.» dice rimettendosi il telefono in tasca dopo aver risposto concludendo il messaggio con un occhiolino.

 

Jongdae sembra cogliere il cambiamento d'umore. «Sì... io ho delle cose da fare.» dice passando la tazza da una mano all'altra.

 

Joonmyeon si trova a dover ingoiare la sensazione che questa sarà l'ultima volta che si vedono, è un'abitudine a cui non riesce ancora a sottrarsi.

 

«Dovremmo vederci di nuovo» Jongdae butta lì.

 

Joonmyeon ha imparato a leggere tra le righe e annuisce. «Dovremmo» annuisce.

 

 

 

 

 

 

Eccetto che non lo fanno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo lo scioglimento Joonmyeon aveva preso l'abitudine di chiamare Jongin almeno una volta alla settimana. Jongin una volta gli aveva detto che lo sentiva più spesso della propria madre, Joonmyeon aveva sorriso continuando poi con le sue solite domande da genitore preoccupato.

 

A volte Jongin suona la chitarra nelle canzoni che Joonmyeon produce. Jongin potrà ancora essere un ragazzino con le ginocchia metaforicamente sbucciate, ma sa come far correre le dita su sei corde e a Joonmyeon piace il sound di Jongin, è caldo, a volte impreciso, ma avvolgente. E quando il nome di Jongin, o meglio il nome di Kai, appare nei credits la canzone venderà sicuramente almeno diecimila copie su iTunes.

 

Ogni tanto, dopo le registrazione, uscivano a bere soltanto loro due e a Joonmyeon piace parlare del passato seduto dietro un bicchiere di tequila o qualunque drink coloratissimo Jongin abbia ordinato per loro.

 

Nessuno di loro dopo lo scioglimento erano riusciti a lasciare la musica completamente da parte, e iniziare a vivere quella vita che i loro genitori avrebbero sempre voluto per loro. Jongin era stato l'unico che aveva continuato a fare esattamente la stessa cosa: suonare. Negli anni aveva imparato a suonare un po' di tutto, imparando le basi della batteria e del basso e un po' di percussioni e aveva iniziato a suonare il piano dopo lo scioglimento.

 

Qualche collaborazione, un album strumentale che aveva venduto abbastanza bene e aveva continuato a cercare di fare del suo meglio per continuare a fare quello che aveva fatto da quando era stato in grado di decidere per se stesso: quello che voleva.

 

Joonmyeon invidia la passione di Jongin che sembra non finire mai e brucia, incendiandogli gli occhi come quelli di qualcuno che la vita non ha ancora sconfitto, come fosse invincibile.

 

C'è stata una volta, erano sdraiati sul pavimento ricoperto di tappeti della sala di registrazione, l'unica luce proveniva dall'altra parte del vetro, e Jongin glielo aveva chiesto per la prima volta, con gli occhi pieni di qualcosa di troppo simile alla rabbia.

 

«Hyung, pensi che mi manchi qualcosa?» Jongin trascina le sillabe, è stanco e Joonmyeon quanta di quella stanchezza sia imputabile alle quasi quindici ore di lavoro allo studio.

 

«Non penso che ti manchi niente, Jongin.» Joonmyeon non è sicuro di dove stia andando a parare.

 

«Ma non è abbastanza. Per quanto ci provi non è mai abbastanza.»

 

Joonmyeon sospira, Jongin è sempre stato troppo duro con se stesso, troppo concentrato nel raggiungere gli altri quando probabilmente era sempre stato un passo avanti a tutti.

 

 

 

 

 

 

 

«Il mio manager ha una proposta per te, ma non credo che ti piacerà» aveva detto Chanyeol al telefono.

 

Aveva ragione, a Joonmyeon non piace per niente, ma non è sicuro che Chanyeol intendesse questo tipo di avversione quando aveva pensato di avvertirlo in anticipo.

 

«Abbiamo pensato che potrebbe essere buona pubblicità se fosse disponibile a scrivere la OST per il drama di Chanyeol e magari rimettere insieme i Back Up Plan... » il manager di Chanyeol lo guarda con un sorriso professionale e gesticola con le mani per enfatizzare qualsiasi cosa gli stia uscendo dalla bocca e Joonmyeon è sicuro che quest'uomo non sappia che cosa gli sta chiedendo in realtà.

 

Vorrebbe accettare. Vorrebbe tornare in studio con i suoi migliori amici per fare musica, ma adesso gli sembra quasi di infrangere qualche legge facendolo.

 

Joonmyeon fissa il contratto, lo legge cercando di trovare qualcosa che non vada, qualcosa che gli permetta di dire di no senza dover trascinare la propria vita privata nell'equazione.

 

Chanyeol lo guarda con un sorriso tirato che è più di circostanza che rassicurante. Joonmyeon ignora le lusinghe del manager e guarda Chanyeol.

 

«Che cosa ne pensi?» domanda.

 

«Qualsiasi cosa il leader decide, andrà bene.» Chanyeol risponde e il suo sorriso si allarga.

 

Joonmyeon sorride, dando una pacca sulla spalla a Chanyeol in un silenzioso grazie.

 

«Avete già contattato gli altri membri?» domanda riportando la propria attenzione sul manager.

 

«No, non ancora, volevamo prima assicurare la sua partecipazione come produttore prima.»

 

Joonmyeon prende un profondo respiro e dice qualcosa che probabilmente rimpiangerà. «Se gli altri accettano potete contare sulla mia collaborazione»

 

Il manager sembra soddisfatto di sé e Chanyeol gli regala uno dei suoi sorrisi più inquietanti che gli fanno ballare l'occhio destro.

 

«Hyung, sono felice che tu abbia accettato.»

 

«Sì, anche io» ma non è sicuro di essere sincero.

 

 

 

 

 

 

La sera stessa chiama Kyungsoo domandando se fosse in casa e se avesse un po' di tempo per parlare. Kyungsoo ovviamente dice di sì, e lo sta aspettando mezz'ora dopo con un tea e le braccia aperte.

 

Kyungsoo non è contento, ma non è niente di inaspettato. Joonmyeon sospira e si umetta le labbra.

 

«Se non avessi già accettato non saresti qui a parlarmene e quella faccia da cane bastonato è la conferma.» Kyungsoo sembra stanco e Joonmyeon si sente egoista e incapace di rinunciare anche quando è chiaro che Kyungsoo sta soffrendo a causa sua.

 

«Io-... »

 

«Lo so, credimi, lo so. Non potevi dire di no.»

 

Kyungsoo tende la mano verso Joonmyeon che la stringe tra le proprie. Kyungsoo è caldo, è soffice, sorride brillante come il sole e come il sole c'è sempre, anche quando non si vede, e Joonmyeon si fida di Kyungsoo più di quanto non si fidi di se stesso.

 

Joonmyeon accarezza le mani di Kyungsoo e ripensa a vecchie melodie che aveva scritto pensando a quelle mani, quando poteva solo sperare di tenerle tra le sue e poterle dire proprie.

 

«Hai le mani da pianista» Joonmyeon sorride carezzando le dita piccole di Kyungsoo.

 

Kyungsoo sbuffa e sorride, è solo un accenno, ma c'è, Joonmyeon lo vede comunque, dietro la preoccupazione e la tristezza, quel sole che brilla negli occhi di Kyungsoo. Il sole scompare però, quando Kyungsoo parla. «Magari se le avessi avute sarebbe stato più facile tenerti con me»

 

Joonmyeon si sente lo stomaco all'altezza delle ginocchia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


a.n:
-sono a casa, finalmente! 
-oggi sono andata in piscina (─‿‿─)
-domani devo tornare a bologna 
ಥ_ಥ
-dov'è happy camp? GIVE IT TO MEEEEEH.
-penultimo capitolo!

   
 
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