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Autore: Hyorangejuice    05/06/2013    2 recensioni
[Rock Band!AU SuChen]
Sono passati quattro anni da quando i Back Up Plan si sono sciolti e Jongdae è tornato.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, D.O., D.O., Suho, Suho, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Parte 2.

 

 

 

 

Jongdae sta seduto sul bordo del palco, nella mano sinistra stringe una birra ghiacciata, ha l'aria stanca, ma soddisfatta e sotto le luci basse dei riflettori la sua pelle brilla per il sudore. Ha lo sguardo perso e un sorriso strano sulle labbra e Joonmyeon pensa che vorrebbe mangiarsi quel sorriso con un bacio.

 

Due anni fa se qualcuno gli avesse detto che avrebbe reclutato nella sua band un teenager disfunzionale, ubriaco il più delle volte e in grado di fumare più di Joonmyeon stesso, Joonmyeon gli avrebbe riso in faccia. Grazie, ma no grazie.

Eppure eccola lì, la prova che a tenerlo sveglio la notte non era solo quel venti Americano che aveva comprato sulla strada di casa.

 

Osserva Jongdae ridere per qualcosa che Chanyeol sta raccontando e sente qualcosa muoverglisi nello stomaco, qualcosa che lo spingerebbe ad andare da Jongdae, mettergli un braccio intorno alle spalle e dire qualcosa di stupido come ti amo. Sì, potrebbe farlo.

 

È allora che Jongdae alza gli occhi e il suo sguardo inizia a vagare per la sala ormai deserta, e Joonmyeon sente le labbra fremere per una sigaretta. Tira fuori il pacchetto mezzo-accartocciato dalla tasca posteriore dei jeans e si avvia verso la porta sul retro.

L'aria fredda gli fa venire i brividi, incassa la testa nelle spalle cercando si tenersi caldo.

 

Ricorda che la prima volta che aveva pensato che essere una rock-star dovesse essere una figata era appena alto abbastanza da arrivare al tavolo della cucina senza doversi mettere in punta di piedi. Aveva pensato a come doveva essere fantastico stare in piedi di fronte a tutta quella gente che vuole te, che ti presta attenzione. Essere in una rock band, pensa Joonmyeon adesso, mentre aspira la prima boccata di fumo, è duro lavoro.

 

Si tocca il collo dolorante e sente sotto le dita i muscoli tesi, probabilmente dovrebbe massaggiarlo più spesso o sarà difficile suonare.

 

La porta sul retro a quel punto si apre e Jongdae esce fuori sorridendo compiaciuto.

 

«Ti ho trovato» dice, soddisfatto.

 

Joonmyeon deglutisce a vuoto mentre Jongdae si avvicina, sempre più vicino, troppo vicino. Joonmyeon smette di respirare quando Jongdae inizia ad annusargli il collo, prima di lasciare un promettente bacio sulla sua carotide pulsante.

 

«Mi piace il tuo odore» Jongdae sussurra lasciando un altro bacio sulla pelle sensibile dietro l'orecchio.

 

Joonmyeon dovrebbe dire di no, ha imparato a sue spese quanto sia difficile mantenere una relazione all'interno di una band senza mandare tutto all'aria, e non sta certo per buttare al vento tutto quello che è riuscito a conquistare fino a questo momento, non adesso. D'altra parte non è sicuro che qualche lavoretto in bagno o nell'occasionale angolo buio si possa classificare come 'relazione'

 

Jongdae bacia come canta, sempre affamato e con un retrogusto che sa si solitudine, prende, prende e prende e Joonmyeon non può far altro che lasciarsi trascinare nel suo ritmo impazzito. Lascia cadere la sigaretta a terra e porta le mani sui fianchi di Jongdae, lasciando scivolare le dita sotto la stoffa leggera della canottiera.

 

Jongdae è sempre impaziente di toccare, di sentire, di baciare, Joonmyeon non sa se Jongdae sia affamato di calore umano o di affetto e non è neanche sicuro che ci sia una differenza.

 

Qualcuno però sta in piedi sulla porta, Joonmyeon riconosce subito Kyungsoo e spinge via Jongdae. Kyungsoo sembra scioccato e Jongdae ha uno strano sorriso in faccia, per un attimo Joonmyeon pensa che forse Jongdae l'abbia pianificato.

 

«Penso che dovrei andare. Ti chiamo, Joonmyeon» e con questo Kyungsoo se ne va e Joonmyeon si sente troppo stanco per tornare dentro, per inseguirlo e spiegargli che cosa è che ha appena visto.

 

Quindi quando Jongdae intreccia le loro dita e lo trascina via, Joonmyeon si lascia portare.

 




 

●●●

 

 

 

 

 

 

Minseok lo chiama dopo una settimana e mezzo, è in Giappone e sta facendo a cazzotti con la barriera linguistica.

 

«Mi sono dovuto arrangiare con il mio inglese, ci crederesti? In ogni caso, l'intervista è domani, finalmente! Dovrei tornare sabato, ti va una pizza?»

 

'Pizza' significa una pizza gigante, con qualsiasi cosa gli possa venire in mente sopra, consumata sull'ottomano di Minseok. Non sul divano. «Perché poi la paghi tu la tintoria per quel coso.» come Minseok ama ricordare a tutti quanti.

 

«Quindi, come vanno le cose?» Minseok chiede poggiando a terra la sua seconda birra.

 

«Bene, sto lavorando ad un album nuovo per una solita, è carina, lavora sodo.»

 

Minseok sospira. «Ho parlato con Jongdae, è venuto nel mio ufficio con due caffè l'altro giorno e io avrei voluto prenderlo a pugni.»

 

«Allora immagino non sia cambiato.»

 

Minseok lo guarda come se da un momento all'altro dovessero crescergli un paio di corna.

 

«Non mi ha chiesto di te.»

 

Bhè, questa brucia.

 

 

 

 

●●●

 

 

 

 

 

Sono le cinque di mattina, Joonmyeon è seduto al tavolo della cucina con un piccolo taccuino che ha pescato dal caos che regna su suo appartamento. Fissa la pagina bianca e inizia a pensare a tutte le cose che sa su Kim Jongdae, pensa che se non prova a scriverle tutte uscirà pazzo.

 

Non riesce a capire come sia possibile che non riesca a capire se l'uomo che vede sotto le luci stroboscopiche del palco, l'uomo che occasionalmente divide il suo letto, l'uomo che sorride come un gatto, sia reale o se non stia vivendo un incubo e non è neanche sicuro di volersi svegliare.

 

È tutto così surreale, è tutto troppo, voleva soltanto fare in modo che la band si facesse un certo nome, voleva che fossero famosi vendendo la propria musica, che vivessero cogliendo l'attimo. Non aveva messo in conto niente del resto.

 

Si accende un'altra sigaretta e inizia a scrivere.

 

Prima di tutto scrive Kim Jongdae al centro della pagina.

 

Nato... non sa quando sia nato Jongdae.

 

«Hai idea di quanti compleanni falsi posso avere se nessuno sa quando io sia nato davvero?»

 

Allora si ricorda che non può fidarsi di quello che Jongdae dice e decide di scrivere soltanto ciò che sa perché lo ha visto e non perché lo ha sentito dire.

 

Sotto il nome di Jongdae scrive bugiardo.

 

Jongdae ama camminare per casa con le cuffiette nelle orecchie che sparano musica pop degli anni novanta, mimando le parole sbagliate. Lo fa le Domeniche mattina più lente e pigre, e poi magari si mette a cantare davvero mentre masturba Joonmyeon vicino alla finestra dove qualcuno potrebbe vederli.

 

Aggiunge esibizionista.

 

E pervertito. Poi però lo cancella perché in realtà glielo lascia fare e quindi è altrettanto colpevole e non può proprio giudicarlo.

 

Joonmyeon aspira un'altra boccata e sputa fuori il fumo con un sospiro rassegnato.

 

Ha una cicatrice sotto la clavicola sinistra, sicuramente non se l'è fatta quando gli alieni lo hanno rapito. Joonmyeon si era sempre assicurato di baciare, succhiare e leccare, quella cicatrice ogni volta che facevano sesso o si baciavano nell'oscurità del back-stage. Che poi, davvero, non era così difficile visti gli out-fit che a Jongdae piaceva indossare sul palco.

 

La prima volta che si erano incontrati Jongdae gli aveva detto che aveva delle belle mani, Kyungsoo, più tardi lo avrebbe preso in giro per quel commento.

 

«Ho quasi pensato che avrebbe chiesto favori sessuali in cambio del suo ingresso nella band»

 

Joonmyeon era scoppiato a ridere, colpendo Kyungsoo con un pugno inoffensivo.

 

«Chi ti ha detto che avrei rifiutato?» lo aveva sbeffeggiato, godendosi poi la risata piena di Kyungsoo.

 

Poi, alla fine, non aveva rifiutato, anzi, era stato anche troppo volenteroso troppo ubriaco per dire no alle mani invadenti di Jongdae e al suo sguardo intenso. No non era tra le opzioni, ora lo era, ora e per favore non ti fermare e per favore ancora, al contrario erano tutte molto valide.

 

«Mi piacciono le tue mani» Jongdae aveva sussurrato mentre riabbottonava i jeans di entrambi.

 

Alla fine Joonmyeon non sa niente su Jongdae, niente che conti davvero, e sa che chiedere non lo porterebbe da nessuna parte. Jongdae mentirebbe, è scritto chiaro e preciso su quella pagina. Jongdae è un bugiardo, uno bravo, e Joonmyeon doveva solo ricordarselo.

 

Quando torna a letto, Jongdae si è spostato dalla sua parte del letto, rubando tutte le lenzuola. A Joonmyeon non piace guardare la gente che dorme, e Jongdae non è un'eccezione, quindi spegne la luce e si lascia cadere sul letto, e cerca di non pensare a labbra che preferirebbe baciare piuttosto che guardare mentre formano parole che preferirebbe non sentire.

 

Sente Jongdae spostarsi fino a raggomitolasi contro il suo fianco, poggiando la testa sulla sua spalla come se quello fosse sempre stato il suo posto.

 

E probabilmente lo è.

 

Ed è questo che tiene sveglio Joonmyeon.

 

 

 

 

●●●





 

 

 

Il problema è che se Joonmyeon dovesse incontrare Jongdae, diciamo adesso, probabilmente sorriderebbe offrendogli un caffè e facendo domande educate per recuperare il tempo perduto, tutto quello che si è perso negli ultimi quattro anni, perdendosi di nuovo dietro al sorriso raggiante di Jongdae.

Poi, magari, si ricorderebbe di essere arrabbiato con Jongdae, che dovrebbe urlargli contro perché dovevano essere il loro piano di riserva quando tutto il resto fosse andato a puttane, ma mentre tutto il resto andava puttane Jongdae era semplicemente sparito.

 

 


 



●●●




 

 

 

«Non puoi fare la rockstar per sempre.» gli dice suo padre al telefono quando Joonmyeon chiama per annunciare lo scioglimento.

 

Gli risponde che lo sapeva, e che sì, sarà a casa per il compleanno di sua madre.

 

È un giovedì qualunque quando riattacca e sente i passi leggeri di Jongdae andare verso il bagno e pensa che dovrebbe almeno piovere perché non è giusto che lui sia l'unico ad avere una giornata di merda.

 

Avevano deciso di non dirlo a nessuno, di tenerlo per sé, lasciando che i fan si godessero o spettacolo come se fosse dovuto durare per sempre, nascondendo le lacrime dietro sorrisi ancora più brillanti. Alla fine si erano presentati tutti insieme di fronte al loro pubblico e avevano spiegato come il loro viaggio fosse stato più lungo del previsto, tutto grazie alla passione dei fan. Avevano ringraziato ognuno di loro e avevano detto addio.

 

Il silenzio era stato assordante a quel punto, quando era stato chiaro che non si trattava di uno scherzo e che era davvero la fine. Erano rimasti lì, in piedi a cercare di marcarsi a fuoco nel cuore e nella mente il suono del loro ultimo applauso.

 

Joonmyeon si accende una sigaretta.

 

Quando Jongdae fa capolino in soggiorno, con i pantaloni del pigiama che sembrano dover cadere da un momento all'altro e i capelli che vanno un po' in tutte le direzioni, Joonmyeon pensa che se tutto quello che gli rimane alla fine è quest'uomo allora può accettare di perdere tutto il resto. È pazzesco perché i Back Up Plan erano stati il suo sogno per così tanto, come un figlio che aveva cresciuto lui stesso, mentre aveva passato gli ultimi tre anni a ripetersi che Jongdae non era suo e non avrebbe potuto sperare di poterlo tenere per sé.

 

«Ti va di andare a mangiare qualcosa fuori?» domanda e Jongdae annuisce.

 

«Vestiti.» Jongdae biascica ancora mezzo addormentato.

 

Jongdae indossa solo i boxer, quando Joonmyeon lo raggiunge nella propria camera da letto, e sta scavando nell'armadio alla ricerca di una maglietta pulita.

 

«Ti va qualcosa di specifico?» domanda sedendosi sul bordo del letto.

 

«Torta... Torta al cioccolato.» Jongdae risponde cercando di stirare con le mani una maglietta verde con un uno strano disegno sopra che Joonmyeon neanche ricordava di avere.

 

«Jongdae?» dice sdraiandosi sul letto con gli occhi chiusi. «Penso di amarti.»

 

È un codardo, tiene gli occhi chiusi, lasciando che le parole rimangano sospese nel silenzio. Sente il materasso abbassarsi sotto il peso di Jongdae e subito dopo sente Jongdae sdraiarsi al suo fianco.

 

Jongdae gli bacia il collo, «Lo so» lo sente sussurrare prima che si alzi.

 

Mentre sente l'acqua scorrere in bagno pensa che sarebbe potuta andare molto peggio.

 

Finisco a mangiare torta al cioccolato in un locale che Lu Han ha fatto conoscere a Joonmyeon un po' di tempo prima, un posto in stile americano, è tranquillo e la torta è buona.

 

«Se potessi andare in qualunque posto in questo momento, dove andresti?» domanda Jongdae dal nulla.

 

 

●●●

 

 

 

 

 

 

 

 

Kyungsoo lo sveglia alle nove, un Mercoledì mattina che Joonmyeon aveva pensato di spendere a letto, tentandolo con un caffè un bacio appassionato nell'ingresso, prima di comunicargli che stanno per andare a cercare un letto.

 

Joonmyeon sente ancora gli occhi chiudersi per il sonno, anche se l'enorme Americano che tiene in mano lo aiuta a concentrarsi quella voce di Kyungsoo piuttosto che sul suo bisogno di tornare a letto.

 

«Hai bisogno di un letto nuovo?» domanda afflosciandosi sul divano e imprecando a bassa voce quando rischia di rovesciarsi il caffè addosso.

 

«No, tu ne hai bisogno.» Kyungsoo risponde dalla cucina, dove si sta preparando un tea.

 

«Io ho un letto.» Joonmyeon ribatte, trovando difficile articolare frasi più lunghe e sensate e, sopratutto, domande.

 

«Bhè, ne compriamo uno nuovo perché quello che hai è vecchio e ti farà venire il mal di schiena.»

 

Quando si era trasferito dal suo vecchio appartamento Joonmyeon aveva fatto del suo meglio per salvare tutti i mobili che aveva potuto, principalmente perché non poteva pensare di lasciare un posto che aveva chiamato casa per così tanto tempo senza portarsene via almeno un po'.

 

Aveva salvato una cassettiera, una dove teneva calzini spaiati e bollette e che adesso si trova nella sua camera da letto. C'è anche il puffo che ha vinto quella volta che si sono ritrovati in una sala bigno e Jongin era stato praticamente adottato da metà degli anziani presenti nella sala. Poi c'è la libreria, dove Chanyeol una volta aveva attaccato la sua dannatissima gomma da masticare e nessun prodotto noto all'uomo era riuscito a staccarla e dove Jongin, colto dall'ebrezza dell'alcol, aveva cercato di disegnare ciascuno di loro. Aveva disegnato un paio di corna a Lu Han, occhi enormi per Kyungsoo, strane sopracciglia per Wu Fan e poi c'era Chanyeol con i capelli per aria, un occhio diverso dall'altro e con un braccio mancante.

Quando era stato sollecitato a spiegare il motivo del braccio mancante da un Minseok molto interessato e armato di telecamera Jongin aveva spiegato, trascinando le 's' e fermandosi un paio di volte per ridere delle proprie mani, che il braccio di Chanyeol era nascosto dietro la sua schiena perché stava tenendo in mano una fatina.

 

«Perché Chanyeol terrebbe in mano una fatina?» Minseok aveva chiesto tenendo la telecamera puntata sulla faccia di Jongin.

 

«Perchè sorride troppo, e siccome non si droga o Joonmyeon-hyung lo picchierebbe, o lo farebbe picchiare a sangue da Wu Fan hyung, l'unica possibilità è che si spruzzi polvere di fata ogni mattina, tanta polvere di fatina.»

 

Poi c'è il suo letto. Non è nulla di speciale, niente testiera, con un vano sotto il materasso, fatto di assi di legno dipinte di nero. Era un regalo che si era fatto con i primi introiti dal loro primo album indie. Gli piace quel letto, non gliene serve un altro. Vuole tenerselo insieme a tutti i ricordi che ha nascosto sotto il materasso, tra le pieghe delle lenzuola.

 

«Mi piace il mio letto.» borbotta quando Kyungsoo lo raggiunge, accoccolandosi al suo fianco sul divano. «Non credi di doverne comprare uno nuovo.»

 

Kyungsoo corruccia le sopracciglia sorseggiando il proprio tea bollente.

 

Joonmyeon chiude gli occhi e circonda le spalle di Kyungsoo con un braccio, quando Kyungsoo nasconde il viso nel suo collo, Joonmeyon gli bacia i capelli e prende un profondo respiro.

 

«Kyungsoo-ah, che cosa c'è che non va?»

 

Kyungsoo si irrigidisce appena e Joonmyeon prende la tazza dalle sue mani depositandola sul pavimento insieme alla propria, per poi circondare la vita di Kyungsoo.

 

«Perché non lasciamo la caccia al letto per un'altra volta e invece oggi non ce ne stiamo a casa? Potrei andare a prendere qualche dolcetto dalla pasticceria dietro l'angolo» domanda, carezzando la schiena di Kyungsoo e sperando di mettere da parte la questione del letto almeno finché Kyungsoo non la scorderà del tutto.

 

Kyungsoo annuisce e mugola soddisfatto. Joonmeyon gli ruba un bacio prima di andarsi a vestire. Non pensa di stare fuori a lungo, quindi si infila una tuta e si mette una felpa sopra la maglietta del pigiama, nascondendo il viso dietro una enorme sciarpa.

 

Mentre è in ascensore pensa a Kyungsoo sdraiato sul suo divano e la confusione che ha letto nel suo sguardo.

 

Lui e Kyungsoo sono amici da sempre, Kyungsoo c'era nei momenti importanti e Joonmyeon sa che se Kyungsoo non ci fosse stato le cose sarebbero potute andare molto peggio.

Kyungsoo era sempre stata la riva sicura dove poteva riposare la propria mente stanca. Ama Kyungsoo, ha sempre amato Kyungsoo, come un amico, come un fratello, come un amante, ma a volte gli sembra che qualcosa manchi. Come quando si sveglia nel mezzo della notte e suona il piano finché le dita non gli fanno male solo per riempire il silenzio e l'enorme buco che gli brucia in petto che minaccia di ingoiarlo. Neanche Kyungsoo è riuscito a guarirlo quello.

 

Joonmeyon si sente in colpa perché non riuscirebbe a lasciarsi il passato alle spalle neanche se fosse Kyungsoo a chiederglielo.

 

Il negozio è pieno di gente quando entra, si mette in fila e aspetta il suo turno, cercando di sbirciare nella vetrina per vedere che cosa la pasticceria abbia da offrire oggi. Sorride quando vede la Sacher che piace a Kyungsoo.

 

 

 

Una settimana dopo dovrebbe incontrare Kyungsoo appena esce da lavoro. È appena mezzogiorno e è appena sopravvissuto ad una riunione con il suo capo che gli ha quasi fatto rassegnare le dimissioni per scappare in un isola deserta con le palme e l'acqua limpida. Sicuramente piacerebbe anche a Kyungsoo.

 

Sulla strada si ferma da Sturbucks per prendere un latte e qualcosa di dolce per Kyungsoo, ma è pietrificato quando, entrando, scorge una famigliare testa di capelli neri che fissa il menu sopra la cassa.

 

Se lo sarebbe dovuto aspettare, e dovrebbe anche voltarsi, uscire e correre da Kyungsoo, baciarlo e magari scusarsi, perché il suo cuore sta battendo come se avesse di nuovo vent'anni e non si fosse ritrovato con il cuore in mille pezzi, ma non fa niente di tutto questo.

Si avvicina, invece, mettendosi in fila e aspettando di vedere se sia davvero Jongdae o sia solo la sua immaginazione.

 

Jongdae ordina una caramel mocha con panna montata e scaglie di cioccolato, Joonmyeon ricorda quando Jongdae beveva solo americano, rigorosamente amaro, seduto sul bancone della sua cucina mentre Joonmyeon fingeva di saper cucinare.

 

Di solito si ritrovavano in cucina nel tardo pomeriggio, e erano soliti chiacchierare di cose senza senso o cantare qualsiasi cosa passassero in radio, e all'improvviso si ricorda di Jongdae che ride cantando 'I love Rock'n'Roll' con un cucchiaio come microfono e una passione che avrebbe fatto vergognare Joan Jett.

 

Lo vede come se ce lo avesse davanti in quel preciso momento, il sorriso di Jongdae quando si era unito all'improvvisato karaoke durante il chorus, brandendo una forchetta.

 

È stupido come non riesca neanche a respirare quando Jongdae si volta e i loro occhi si incontrano, ma forse non è il solo. Jongdae sembra altrettanto scioccato.

 

Jongdae sorride, gli angoli delle sue labbra si alzano appena.

 

La ragazza alla cassa richiama l'attenzione di Jongdae e lui paga velocemente, prima di avvicinarsi a Joonmeyon.

 

Joonmyeon sente le dita fremere, vorrebbe toccare Jongdae, sentire la sua pelle sotto le dita, tracciare le piccole rughe agli angoli dei suoi occhi. È un po' come quando, prima di smettere di fumare, sentiva il bisogno, forte e fastidioso, sulla punta delle dita di tenere una sigaretta tra le dita e prendere una lunga rilassante boccata di fumo.

 

Jongdae e le sigarette erano entrambi altrettanto letali in quel periodo, entrambi lo uccidevano da dentro.

 

«Ciao.» dice e Joonmyeon, finalmente, respira.

 

«Ciao.»

 

Stanno in piedi l'uno di fronte all'altro chiaramente a disagio, a Joonmyeon sembra di stare cadendo di testa in un precipizio e pensa che non smetterà mai di cadere. È spaventoso e eccitante allo stesso tempo, esattamente come lo era tanti anni fa.

 

«Lu Han mi ha detto che eri tornato.» non c'è molto altro che possa dire al momento, quindi decide di andare con qualcosa di facile e poco... compromettente.

 

«Due settimane fa, ho pensato di sistemarmi un po' prima di mettermi in contatto con tutti.»

 

Joonmyeon annuisce e fa un passo verso la cassa, è quasi il suo turno e vorrebbe trovare qualcosa da dire che convinca Jongdae a rimanere, ma allo stesso tempo teme che non farebbe altro che starsene in silenzio a fissare Jongdae per tutto il tempo.

 

Ha bisogno di tempo, ma ciò non gli impedisce di domandare. «Se hai tempo potremmo sederci...»

 

Jongdae scuote la testa. «Forse la prossima volta» risponde con un ampio sorriso e Joonmyeon ride, sentendo un po' della tensione scivolare via. «Ho un colloquio un lavoro tra mezz'ora»

 

«Oh, buona fortuna allora»

 

«Grazie» Jongdae agita la mano e si avvia verso la porta. «Ciao, Joonmyeon» aggiunge voltandosi un attimo prima di uscire.

 

«Buongiorno, che cosa posso portarle?» la voce del ragazzo dietro il bancone lo riscuote dalla sua piccola reverie.

 

 






a.n:
-insomma eccoci qui.
-aggiornamento anticipato per via di happy camp. capitemi. e mi annoiavo.

┻━┻ ︵ヽ(`Д´)ノ︵ ┻━┻
 

   
 
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