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Autore: Hyorangejuice    30/05/2013    4 recensioni
[Rock Band!AU SuChen]
Sono passati quattro anni da quando i Back Up Plan si sono sciolti e Jongdae è tornato.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chen, Chen, D.O., D.O., Suho, Suho, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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cose che potrebbero essere utili:
- il font calibri è per il passato, il georgia per il presente.
- le canzoni citate sono robaccia degli anni '80 che ascolto quando mi sento particolarmente spericolata artisticamente.
- buona lettura! 



 

 




 

Parte 1:







 


    Se qualcuno gli avesse chiesto chi o cosa Kim Jongdae fosse avrebbe risposto che avere a che fare con Kim Jongdae era un po' come cercare di accendere una candela in una bufera: impossibile. Forse avrebbe riso a quel punto, ripensando a quando Kim Jongdae era appena ad un braccio di distanza eppure così distante e irraggiungibile allo stesso tempo.

 

«Era la star di uno show a cui nessun altro poteva prendere parte.» avrebbe sussurrato poi.

 

Era cominciato tutto quando ubriacarsi fino a scordare il proprio nome era ancora accettabile, quando per riprendersi da una sbornia servivano ore, non giorni, quando era giovane abbastanza da inseguire i suoi sogni e non il contrario.

 

Kim Joonmyeon ricorda bene quel periodo, anche adesso che sorseggia il suo caffè nel suo bar preferito nascondendosi dal sole e da occhi curiosi.

 

Ripensandoci adesso, adesso che il tempo ha guarito, adesso che tutto non è altro che un ricordo di una gioventù senza freni, tutto ha senso, tutto ciò che Wu Fan gli ha sempre detto, tutto ciò che Kyungsoo gli ha urlato contro e tutto ciò che Jongin si è sempre tenuto per sé. Una perfetta cornice per un dramma annunciato.

 

Per un attimo si sente vecchio, lontano da chi era allora.

 

Si erano incontrati la prima volta in un bar pieno di fumo, vecchie canzoni e rum, tanto rum. Jongdae cantava in quel buco dimenticato da Dio, sopratutto vecchie canzoni jazz che si abbinavano bene all'atmosfera e all'orribile carta da parati. Era stato Kyungsoo a portarlo lì anche se sarebbe più accurato dire che ce lo aveva trascinato dicendo che aveva trovato quel qualcosa che li avrebbe fatti sfondare.

 

«Ti prometto che ne vale la pena.»

 

Joonmyeon sorride al ricordo di quanto grandi fossero i suoi sogni allora, a quando pensassero sulle sue spalle, a quanto gli occhi di Kyungsoo brillassero d'entusiasmo.

 

«Ma io voglio te, Kyungsoo.» avrebbe voluto dire. «Solo te.», ma quello era il passato e avevano già deciso che cosa fosse meglio per entrambi.

 

Non si era innamorato quella notte, né la notte successiva, neanche la notte in cui Kim Jongdae aveva deciso di scoparsi la sua prima chitarra nel letto del suo compagno di stanza, ma quella notte, attraverso il fumo e l'alcol Joonmyeon vide qualcosa, qualcosa per cui valeva la pena sacrificare la sua ultima speranza.

 

 

 

Finisce il suo caffè in fretta, la lancetta delle ore si avvicina alle sei, è quasi buio fuori e la sua mente torna a quando questo era l'inizio della sua giornata, quando tutto girava al contrario.

 

È l'inverno, si dice, è il freddo che langue sulla punta delle sue dita e lo fa scavare più a fondo nella giara dei ricordi. L'inverno aveva segnato l'inizio di tutto.

 

 

 

 

 

 

 

Il party è un successo, pensa Joonmyeon mentre se ne sta in piedi vicino alla porta a vetri che dà sulla terrazza con un bicchiere di champagne in mano. La musica di sottofondo è quella dell'ultimo album che ha prodotto. Mentre segue il ritmo ripensa a tutto ciò che avrebbe potuto fare meglio o solamente in maniera diversa.

Il giovane artista con cui ha lavorato sta ricevendo la sua meritata dose di complimenti, sorrisi e amichevoli strette di mano. Joonmyeon si domanda se anche loro avessero quello stesso sorriso tanti anni fa.

 

«Quindi stai programmando la tua grande uscita di scena, oppure pensi di svignartela di soppiatto?»

 

Joonmyeon si volta per vedere Chanyeol, ancora troppo alto per i suoi gusti, avvicinarsi con un sorriso. Nei suoi occhi Joonmyeon rivede la stessa dose di malizia che era solito cogliere sotto le luci dei riflettori.

 

«In carne ed ossa» Chanyeol apre le braccia sorridendo mettendo in mostra il suo fisico slanciato nel suo completo firmato.

 

«È una ruga quella?» domanda Joonmyeon puntando col dito all'angolo dell'occhio destro di Chaneyol.

 

«Ah-ah. Non ci casco più, hyung» il suo ex-chitarrista risponde arriciando il naso. «Quindi, che cosa fai nel tempo libero di questi tempi? Ovviamente quando non sei impegnato a dare la luce a nuove hit»

 

«Allevo pinguini mutanti nel mio frigorifero» risponde, sorridendo.

 

«Spero ti ricorderai dei tuoi amici quando conquisterai il mondo con la tua armata di pinguini»

 

Chanyeol lo guarda serio e Joonmyeon offre il suo bicchiere per un brindisi. I loro bicchieri si toccano appena e il sorriso di Chaneyol si fa più ampio, Joonmyeon si rende conto di quanto Chanyeol gli sia mancato dopo lo scioglimento, molto più di quanto non si sarebbe aspettato, nonostante essere in una band con Chanyeol significasse molti mal si testa e crisi apocalittiche.

 

«E tu? Che cosa fai a parte apparire splendente su ogni manifesto pubblicitario in Corea?»

 

«Sarò splendente in un drama. Mi hanno scritturato la scorsa settimana. Iniziamo a girare tra un mese.»

 

Un altro brindisi è d'obbligo e Joonmyeon non può fare a meno di trovarsi d'accordo quando Chanyeol propone di festeggiare il suo primo ruolo che non comprenda strani giochi di parole con BB cream o dentifrici, con una favolosa sbornia.

 

 

 

 

 

●●●

 

 

 

 

«Se lo facciamo davvero abbiamo bisogno di un nome davvero davvero figo» dice Jongin, dopo essersi sgraziatamente lasciato cadere sul pavimento del salotto di Minseok.

 

Joonmyeon non è sicuro che formare una band con questa gente sia classificabile tra le sue idee più geniali, ma al momento non è in condizione di ribattere che, prima di un nome, avrebbero magari bisogno di provare insieme e magari scrivere almeno qualcosa da poter suonare in qualsiasi livehouse sia disposta a prestare il proprio palco per più di due minuti.

 

«Qualcosa tipo... i Re del Rock» suggerisce Lu Han, dal divano, dove sta pigramente giocando con i capelli di Minseok.

 

«Tu non fai neanche parte della band, non puoi scegliere un nome, e poi io non mi faccio consigliare da un tizio che ha chiamato il suo gatto Fibonacci» ribatte e Lu Han gli tira i capelli.

 

«Non so neanche come faremo a creare una vera band senza un cantante» fa notare Joonmyeon.

 

«In effetti... »

 

«Ci sono!» Chanyeol si rialza dal pavimento con le mani aperte di fronte a sé e lo sguardo di chi ha appena avuto una rivelazione divina...

 

 

 

 

«Quindi vi siete chiamati Back Up Plan?» chiede Jongdae, nascondendo un sorriso dietro il suo boccale di birra.

 

Chanyeol scuote la testa e Jongin gli dà una amichevole pacca sulla spalla. «La mattina dopo nessuno si ricordava il nome perfetto che aveva trovato Chanyeol» chiarì Jongin. «Quindi ci siamo chiamati Back Up Plan»

 

«Visto che non potevamo avere il nome perfetto per la miglior band mai vista, abbiamo deciso di accontentarci di qualcosa... »

 

«Di totalmente random» Lu Han interrompe l'entusiasta spiegazione di Chaneyol.

 

«Se avessimo ascoltato te ci saremmo chiamati Venn, o qualcosa del genere» dice Jongin con un sorriso di finto scherno.

 

«Per quanto ancora me la farete scontare?» Lu Han rotea gli occhi per poi puntarli suo duo all'altro capo del tavolo cercando di sembrare minaccioso.

 

«In ogni caso c'è anche che siamo tutti il piano di riserva di ognuno, ci copriamo le spalle a vicenda insomma» aggiunge Jongin, sporgendosi sul tavolo verso Jongdae. «Quindi? Ci stai?»

 

Joonmyeon trattiene il respiro, vuole che Jongdae dica di sì, perché Jongdae con la sua voce piena e seducente e tutto ciò che stavano cercando.

 

Poi Jongdae sorride, guardandolo dritto negli occhi. «Sì, ci sto» risponde con un sorrisetto.


 


 

●●●
 


 

 

 

Sono le tre passate quando Joonmyeon inciampa sulle sue stesse scarpe nell'ingresso di casa, giusto il tempo per sentire il suo telefono che inizia a squillare. Sta ancora cercando di togliersi il cappotto quando entra in funzione la segreteria e la voce di Lu Han lo saluta.

 

Sta per rispondere, ma Lu Han fa una pausa e la sua voce sembra farsi più piccola. «Non so se tu voglia saperlo, ma è tornato.»

 

Il messaggio viene subito cancellato e un attimo dopo Bruce Springsteen e i Dire Straits riempono il silenzio. Si allenta la cravatta e si trascina fino al divano dove si lasca cadere all'indietro chiudendo gli occhi e sperando che il sonno arrivi presto. Sente un leggero fastidio alla base del collo, come quando teneva una chitarra appesa al collo per ore che sembravano scorrere come minuti, quando la sua vita sembrava bruciare come se dovesse finire da un momento all'altro. Il suo sogno infranto gli pesa sul petto e lo guarda coi suoi occhi felini.

 

 

 

 

Ha un appuntamento con Kyungsoo il giorno dopo, per pranzo.

 

 

 

 

«Mi ha chiamato Lu Han ieri» dice mentre aspettano le loro ordinazioni. Sono seduti l'uno di fronte all'altro sulle panche del piccolo diner americano vicino all'ufficio di Kyungsoo. «Mi ha detto che Jongdae è tornato dall'Europa»

 

Non sa neanche come sia riuscito a dire il nome di Jongdae e farlo sembrare casuale, come una parola qualunque e non un macigno che sembra non riuscire a lasciarsi alle spalle. Si sente intorpidito, come non fosse se stesso.

 

Kyungsoo sembra una maschera, ma Joonmyeon sa leggere i segni, la sua mascella è serrata, le spalle sono rigide e le sue mani si muovono agitate sopra il tavolo.

 

«Probabilmente avrà finito i soldi.»

 

Joonmyeon vorrebbe dire che ne dubita, ma Kyungsoo non ha bisogno della sua opinione, ha solo bisogno di sfogarsi e quindi lo lascia fare, mettendosi a scorrere il menù giusto per avere qualcosa da fare.

 

«Ha cercato di contattarti?»

 

Scuote la testa.

 

«Vorrei anche vedere.»

 

Joonmeyon ride, è una cosa che gli viene facile, è il suo lavoro, vendere la sua musica alle persone con un sorriso smagliante, è come la sua armatura personale contro cose che preferirebbe non vedere, cose che preferirebbe non venissero dette. Come il fatto che sa che Kyungsoo ha ogni diritto di odiare Jongdae in quel modo, ma Joonmyeon non può fare a meno di avercela con lui almeno un po' per questo perché Kim Jongdae è andato tanto affondo.

 

«Sei geloso?» Joonmyeon domanda, alzando un sopracciglio.

 

Kyungsoo sbuffa e gli pizzica il dorso della mano, ma c'è già un sorriso pronto a sostituire l'aura grigia di poco prima.

 

 

 

 

Joonmyeon non può fare a meno di sentirsi in colpa.

 



 




●●●

 

 

 

 

 

 

 

 

«Se potessi andare in qualunque posto in questo momento, dove andresti?» gli chiede Jongdae mentre si dividono una fetta di torta al cioccolato in un piccolo café.

 

Joonmyeon ci pensa per un attimo e poi decide che almeno uno dei due dovrebbe essere onesto.

 

«Nella tua testa.» risponde.

 

Jongdae sembra pensarci un attimo prima di rispondere. «Non penso che ti piacerebbe.»

 

«Non ho mai visto cosa c'è lì dentro, come fai a dire che non mi piacerà?»

 

Per un attimo Joonmyeon pensa che forse ha attraversato una linea sottile che non sapeva esserci perché Jongdae sembra quasi ferito, o confuso, o forse un po' tutti e due, ma potrebbe essere solo un'altra bugia, un modo per attirarlo sempre più vicino, vicino abbastanza da poterlo ferire. O forse quello che ha visto per un millesimo di secondo era davvero Jongdae.

 

«Lo so perché io ci vivo e non mi piace per niente» Jongdae risponde a voce bassa, guardando Joonmyeon negli occhi con uno sguardo imperscrutabile che non gli piace per niente. Poi si alza e se ne va, senza neanche voltarsi.

 

Joonmyeon sente la campanella sopra la porta trillare e guarda al caffè ormai freddo di Jongdae.

 

Non dovrebbe sentire lo stomaco attorcigliarglisi all'idea che Jongdae se ne vada, non dovrebbe sentire niente perché sa meglio di chiunque altro che questa potrebbe essere stata l'ultima volta che lo ha visto.

 

Kim Jongdae è un susseguirsi di bordi affilati e angoli appuntiti, tenerlo vicino è letale, ma Joonmyeon è sempre stato un po' un eroe drammatico, quindi lascia un paio di banconote sul tavolo e corre fuori, corre dietro ad un fantasma che è sicuro di aver visto dietro un paio di occhi macchiati si eye-liner e solitudine.

 

Va a sinistra, Jongdae va sempre a sinistra quando non conosce la strada, e Jongdae non conosce questa parte della città così bene. Joonmyeon corre e cerca di non pensare a cosa dirà quando riuscirà a raggiungere Jongdae, Luhan saprebbe che cosa dire, Kyungsoo saprebbe che cosa fare, mentre lui non sa niente in questo momento, o meglio non sa niente quando si tratta di Kim Jongdae e i suoi occhi taglienti.

 

Quando la trachea sembra aprirglisi a metà ogni volta che prende fiato e ogni respiro è una lama dritta nei polmoni, Joonmyeon smette di correre.

 

Chiama Kyungsoo, perché è quello che la vita gli ha insegnato a fare quando si sente perso, torna a casa.

 

Kyungsoo era stato il suo limite, lo aveva ripescato dalle fauci di quel buio che minacciava di ingoiarlo e gli aveva dato qualcosa a cui pensare, qualcosa che lo tenesse lontano dai mostri che si annidavano sotto il suo letto.

 

«Credo di aver incasinato tutto» dice, cercando di riprendere fiato.

 

«Non penso che ci sia rimasto niente da incasinare» e ha ragione, Jongdae è un caos così ingarbugliato che non se ne riesce a vedere la fine.

 

 

 

Prende un respiro e l'aria gelida è come una lama tagliente che gli trapassa la gola.

 

 

 

 

●●●

 

 

 

 

Wu Fan è il primo a vedere Jongdae, e Joonmyeon non riesce a capire perché tutti sentono la necessità di tenerlo informato sugli spostamenti di Jongdae ogni volta che ne hanno l'occasione e sinceramente sta iniziando a dargli sui nervi.

 

«L'ho visto l'altra sera in quel locale dove siamo andati a festeggiare il primo vero lavoro di Lu Han, te lo ricordi?»

 

Joonmyeon annuisce, se lo ricorda, anche se preferirebbe dimenticarlo. È uno di quei ricordi che si trovano in quel periodo della sua vita in cui non ancora non aveva deciso se valesse la pena arrancare in avanti o lasciare che il passato lo inghiottisse e preferirebbe cestinare quel periodo, è troppo umiliante pensare a quanto fosse pietoso e triste allora.

 

«Lu Han mi ha detto che è tornato dall'Europa la scorsa settimana» dice giusto per riempire il silenzio, anche se probabilmente Wu Fan lo sa già.

 

Wu Fan gira il proprio caffè, lasciando spazio a Joonmyeon per pensare, e Joonmyeon si odia per quanto sta per chiedere perché non gli dovrebbe importare di Jongdae a questo punto.

 

«Sembrava... insomma, stava bene?»

 

Wu Fan sospira e sembra leggergli negli occhi tutte le domande che Joonmyeon non ha il coraggio di chiedere.

 

«Sembrava apposto, penso che mi abbia visto, ma non mi pareva che fosse in vena di riunioni e io non volevo mettere in imbarazzo nessuno»

 

Joonmyeon annuisce e cerca di concentrarsi sulla tazza di caffè che stringe tra le mani. «Mi fa piacere» butta lì, senza pensarci troppo, mentre nella sua mente c'è di nuovo quella canzone, quella che era solito cantare durante notti insonni a orecchie avide e labbra affamare che lo mandavano fuori tempo. «Love bites, love bleeds It's bringin' me to my knees». Una volta Jongin gli ha aveva detto che scegliere di amare una sola persona era come scegliere di mangiare un solo tipo di caramelle per tutta la vita. Joonmyeon aveva riso, troppo ubriaco per riuscire a trovare qualcosa di altrettanto stupido da replicare, qualcosa riguardo caramelle alla fragola e persone noiose, adesso però Joonmyeon sa che cosa significa desiderare solo un sapore, non averne mai abbastanza e non riesce neanche a ridere di se stesso.

 

Wu Fan sta per dire qualcosa quando una ragazza piuttosto minuta si avvicina al loro tavolo con un sorriso insicuro sulle labbra.

 

«Mi dispiace disturbare.» dice e Joonmyeon nota il piccolo block notes e la penna che la ragazza tiene in mano. «Sei Suho, dei Back Up Plan?»

 

Il nome suona strano dopo quattro anni dal loro ultimo live, ma annuisce e il sorriso della ragazza si illumina mentre gli porge il block notes. «Potresti farmi un autografo?»

 

«Certo, a chi?»

 

«Min Ah, mi chiamo Min Ah» risponde, quasi balbettando. «Ero al vostro ultimo concerto, ho pianto quando avete annunciato che era l'ultimo»

 

«Grazie, è bello sapere che c'è qualcuno che ancora si ricorda di noi»

 

«Eravate... Siete una delle mie band preferite» dice mentre riprende il block notes, e sorridendo quando nota il cuore che Joonmyeon ha aggiunto al suo autografo. Min Ah ringrazia prima di tornare al suo tavolo per mostrare il suo premio alle amiche.

 

Si domanda come il pubblico li vedesse, vedevano quanto fossero stanchi? Quanto fossero assurdamente felici mentre cantavano a squarciagola ammassati su un unico microfono?

 

Louder. Louder. Louder.

 

Qualche anno fa si è fatto stampare la cover non ufficiale del loro primo album. L'aveva fatta Chanyeol con la sua vecchia stampante, glitter e qualche adesivo. Sullo sfondo c'era una foto che non ricordava neanche quando l'avessero scattata, erano tutti seduti sul bordo del palco, come uccelli su un filo del telefono. Jongdae è seduto alla sua destra, con un braccio intorno alle sue spalle e un sorriso smagliante sulle labbra. Tutte le volte che guarda quella doto si domanda perché ricorda solo Jongdae che sorride come una bambola rotta, perché ricorda solo le ciò che lo fa soffrire e non ricorda quel sorriso.

 

Quando Jongdae se ne era andato con un fottuto post-it appeso allo specchio del bagno come scusa di un addio, Joonmyeon si era sentito affogare, per giorni l'aria sembrava rimanergli incastrata in gola. Aveva dovuto liberarsi di tutto, per primi i CD di Jongdae, poi i vestiti, poi tutto quello su cui riusciva a mettere le mani e che gridasse Jongdae.

 

Wu Fan lo guarda come se stesse per avere un attacco di panico.

 

«Non pensarci troppo, probabilmente non vi incontrerete neanche» Wu Fan cerca di essere rassicurante, Joonmyeon sorride, data la sua solita fortuna è strano che non si siano già incontrati.

 

«Penso che se evitaste di sentire l'urgenza di informarmi su ogni sua mossa sarebbe d'aiuto» il suo tono è amaro, Wu Fan sembra sorpreso e Joonmyeon non prova neanche a scusarsi perché è esattamente quello che pensa.

 

Si sente come se avesse di nuovo vent'anni, come se fosse ancora troppo giovane e triste e troppo vecchio tutto insieme.

 

Vuole vedere Jongdae e non vuole.

 

Sente la testa che gli gira.

 

Gli viene da vomitare.

 

Vorrebbe che il mondo per una volta chiudesse la bocca.

 

«Penso che fare meglio ad andare a casa, non mi sento molto bene» dice tirando fuori il portafoglio dalla tasca.

 

Wu Fan lo ferma. «Lascia, sono io che ti ho invitato»

 

Sorride prima di avviarsi verso l'uscita e girare a sinistra una volta fuori, quando si ricorda che è Wu Fan che lo ha portato qui e lui non ha idea di dove si trovi.

 

 

 

 

 

 

 

a.n:
- gli esami mi stanno uccidendo.
- il comeback mi ha causato un arresto cardiaco. sì, joonma, sto guardando te.
- causa dieta non posso andare al burger king a prendere gli orsetti del cuore.
- posterò ogni giovedì! la storia ha quattro parti e sono già finite da un po'.
- comments are love!



 

   
 
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