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Autore: Lilmon    13/06/2013    0 recensioni
Raccolta di poesie di un ragazzo diciottenne.
Genere: Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ormai mi sono lanciato, anche se molto probabilmente non interesserà a nessuno...

Canto V


Come nel secondo cerchio fui entrato,
vidi che esso era di raggio minore
di quel che avevam appen superato

Qui stavvi Minosse1, gran giudicatore
de mali e de pene de li dannati
cui gambe tremavan per lo pavore.

Cotesti crollavan inginocchiati
ante il demòn che con abile naso,
portandosi al volto i condannati,

Fiutava ciò che, da lor non evaso,
avevan fatto con grande diletto,
di certo per ingegno e non per caso.

Coda arrotolava poi sul suo petto
per indicare con li avvolgimenti
a quale cerchia un uom fosse costretto.

“Voi due poeti che siete presenti”
ei disse “vostro lezzo or mi ferisce,
di tanti peccati siete fetenti;

E tu qual mortal dall’odor de pisce
non sai ancor che gran male t’attende;
Torna indietro che qua ci si ferisce!”


“Matta bestia de lo regno dolente
chiudi tua fonte di tante sventure
e tu non più gridar!” Disse il sapiente.

Dunque fummo in quell’oscure radure,
ove urla e pianti movon mio foco
e quei sospiri che, com per fessure

Penetrando nel mio più fondo loco,
sopsingon la fiamma della passione
per la qual ora favello ed evòco.

Se per un attimo persi ragione,
il maestro mio mi riportò a terra,
‘ché attendeva gravosa mansione.

In tale landa, che una conca serra,
un’etterna bufera si dimena,
tant’è che pare Eolo2 condurre guerra

Contro li Titani3, che con gran pena
si paran con mani, lenti arrancando,
cadendo in molti sulla rossa rena.

Così era l’aere che il fiato cercando
stancava polmoni con tal lavoro
che paria di morir pur respirando.

“Non mi dimandi chi sono costoro”
disse il poeta “che con questi pianti
paion esser tratti d’ogne decoro?

Essi son certo gli spiriti amanti
che scambian Dio, lo grande Signore,
con donna Lussuria4 e, quali Baccanti5,

Cercarono in lei vitale calore,
unendosi al dio6 che fa rifiorire
nell’animo uman seme di furore.

‘Sì come in vita dovetter soffrire
in balia di passione amorosa,
che come in un’onda fa sopperire;

Ora tal turbine che mai riposa
li tira di qua e di là e poi in basso,
sbattendo lor ne la caverna ariosa.

Posa i tuoi occhi là, verso quel masso,
mira la coppia che più lenta move:
son Paolo7 e Francesca8 che d’un sol passo

Si reggono insieme e van ogne dove,
dilaniandosi lei com lui piangendo
per quel romanzo9 che senno remove.

Di lor tu sai già; più verba non spendo.
Ma guarda quei due che vengono incontro,
segui lor, non me, lume saldo avendo.”

Come egli smise di parlarmi contro,
i due dannati giunser ai miei piedi,
‘sì veloci io misi mani per scontro.

“Tu, che nel mondo dei vivi risiedi,
tieni ben a mente le mie parole,
poiché io alle sbagliate ascolto diedi.

Amore, che il cor di ciascuno vole
come pegno del suo vile servizio,
strappò il mio, nel modo che ancor mi duole.

Amore, che ragione piega al vizio
rendendo l’uomo divin animale,
ingannò me, con un fasullo indizio.

Amore, che è creatura fatale
e più simulacro del paradiso,
sedusse me, con bellezza regale.

Io son la donna10 il cui splendido viso
più d’una volta venne riprodotto
da colui11 che a lungo venne deriso

Per sua nova arte12, che recava in motto
lo bel nome de la classe più bassa:
a semplice pazzo egli fu ridotto.

Da la terra de li angeli13 tu passa,
e pensa alla mia dimora materna
che or il crudel tempo certo sconquassa.

Povera fui, ma ne l’era moderna
non v’è alcuno cui il mio nome sia ignoto:
cantante e attrice, una stella etterna.”

Incantato e dallo sguardo devoto,
miravo quanto splendor sprecato fosse
e non m’accorsi dell’uomo remoto14.

Ei stava chino, muscolo non mosse,
con lo sguardo vuoto perso nel nulla
pareva rimembrar gesta rimosse.

“Costui meco nacque in nobile culla,
suo destino il Fato15 scrisse con oro,
che nessun sa ciò che in testa gli frulla.

Condottiero divenne, il primo in foro,
regnante giusto e di vita modello,
ognuno per costui cantava in coro.

Ma Amore rese il suo bianco castello16,
simbolo d’una nazione potente,
squallida villa, poi vile bordello.

Quante volte l’amai segretamente,
‘ché moglie aveva e figli piccolini:
cos’è amor se non follia della mente?

Sbagliammo e sbagliamo con atti ferini,
ma quale maggiore e più gran piacere
di sentir nostri sorrisi vicini?

Ma tutto ciò che credemmo di avere
Amor ci tolse, nulla più rimane:
solo polvere giace nel cratere.

Nostre speranze divennero vane,
solo Morte ebbe pietà di noi amanti,
che almen lasciò vuote entrambe le tane;

Fattasi, infatti, verso di me avanti,
prese mia anima precocemente,
stretta accartocciata in ferri pesanti17.

Da lui poi si recò molto repente
- un anno solo egli mi sopravvisse -
e trafitto fu il suo cuore dolente18.

“Ah quale forza l’amore” mi disse,
quando sul suo letto nuda giacevo
“genera di sentimenti le risse.

Nulla può fare anche l’uom di rilievo:
esso sovrasta qualunque altra forza.”
E io in tale dolce mar mi perdevo.”

Detto questo l’uom dalla dura scorza
mosse la sua mano verso la donna,
molte lacrime piangeva con forza,

Quando vedeva che la bianca gonna
evitava il suo sventurato gesto,
rigida e gelida come colonna.

A tal visione il mio animo mesto
più non poté sopportar situazione,
e come per morte improvvisa resto,
caddi come corpo morto si pone.


Note:

1 Minosse: re di Creta, per la sua fama di giusto e di legislatore, Minosse fu designato dai poeti antichi quale uno dei tre giudici dell’Ade (Minosse, Radamante e Ino)
2 Eolo: dio greco dei venti
3 Titani: la stirpe dei cosiddetti Giganti, nati da Gea (la Terra) e Urano (il Cielo) e dominati da Crono, padre di Zeus, di Ade, di Poseidone e di Era. Quando un oracolo riferì a Crono che sarebbe stato spodestato del suo dominio sulla terra da uno dei suoi discendenti, iniziò ad inghiottire i propri figli. Rea, sua moglie, nascose l’ultimo rimasto, ovvero Zeus, in una grotta e diede da mangiare al marito una roccia. Cresciuto grazie al latte della capra Amaltea e venuto a sapere dei misfatti paterni, Zeus decise di condurre una guerra contro i Titani. Liberati i fratelli dalla pancia del padre i futuri dei olimpici sconfissero uno ad uno i Titani
4 Donna Lussuria: personificazione di uno dei sette vizi capitali; donna è da intendere etimologicamente come domina (=padrona)
5 Baccanti: gruppo di donne invasate dal dio greco Dioniso atte a riti mistici ed orgiastici
6 Dio: è Dioniso appunto, dio greco dell’ebrezza, del vino, del divertimento nonché della rigogliosità; si identifica con il romano Bacco (cfr. nota 5)
7 Paolo: Paolo Malatesta, fratello di Gianciotto Malatesta, marito di Francesca da Polenta. Sedusse la nuora e con lei morì per mano del fratello una volta che furono colti sul fatto
8 Francesca: Francesca da Polenta, nobile fiorentina che andò sposa a Gianciotto Malatesta, signore di Rimini; ella tradì suo marito con il fratello, Paolo Malatesta (cfr. nota 8)
9 Romanzo: il Lancillotto del poeta medievale francese Chrétien de Troyes; esso narrava della storia d’amore losco tra Lancillotto del Lago, cavaliere della Tavola Rotonda di re Artù, e Ginevra, la regina; in Inferno V Dante ipotizza che nei loro incontri amorosi Paolo e Francesca leggessero proprio tale novella
10 Donna: Norma Jeane Mortenson (1926 – 1962), conosciuta come Marilyn Monroe, attrice, cantante e modella statunitense, nonché amante di John Fitzgerald Kennedy
11 Colui: Andrew Wharola Jr. (1928 – 1987), conosciuto come Andy Wharol, artista polimorfe e figura predominante del movimento della Pop Art
12 Nova arte: la Pop Art, appunto,abbreviazione diPopular Art
13 Terra de li angeli: Los Angeles, luogo di nascita della Monroe
14 Uomo remoto: John Fitzgerald Kennedy (1917 – 1963), 35° presidente degli Stati Uniti d’America e amante di Marilyn Monroe
15 Fato: ovvero personificazione del Destino; in Dante coincide con la Provvidenza, o in senso lato con lo stesso Dio
16 Bianco castello: la Casa Bianca
17 Stretta accartocciata in ferri pesanti: Marilyn fu ritrovata morta nella sua camera da letto della sua casa a Brentwood, a Los Angeles il 5 agosto 1962
18 Trafitto fu il suo cuore dolente: J. F. Kennedy morì durante un attentato a Dallas, in Texas il 22 novembre 1963 mentre era in visita ufficiale nella città
  
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