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Autore: CaTtY    29/12/2007    7 recensioni
Avete presente la solita routine di tutti i giorni, quella a cui ormai siete abituati da una vita?
Quella routine in cui ogni singola persona ha un ruolo, sempre lo stesso, con cui classificarsi nella vita mondana?
Ci sono i potenti, i deboli e poi...loro. Le regine.
E non si scherza con le regine. Tutti lo sanno.
Ma se nella vita mondana arrivasse qualcosa, qualcuno...che cercasse di stravolgere tutto? Che cercasse di cambiare la solita routine?
Il problema è che non sarà così facile...perchè una regina per non perdere il proprio trono è disposta a tirar fuori le unghie. E se si arriva a questi punti...è guerra.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok. Premetto che questa è la mia prima fanfiction, ok, cari lettori? Spero comunque che vi piaccia e che non la troverete troppo banale...io cerco di fare del mio meglio. per il titolo devo ringraziare Lucy, che mi ha dato un grande suggerimento. Grazie davvero. Se ci sono errori di battitura o grammaticali beh, scusate davvero. Cerco sempre di controllare al meglio i miei scritti, ma a volte mi capita di tralasciare qualche difetto. Beh, che dire...questo è il primo capitolo di "Don't Mess With The Queens". Come ho già detto spero vivamente che vi piaccia e invito i lettori a lasciare commenti, sia positivi che negativi, di modo che io possa migliorare il mio modo di scrivere. Se avete dei suggerimenti, poi, siete i benvenuti. Premetto che all'inizio di ogni capitolo o di ogni paragrafo ci sarà scritto in grassetto corsivo il nome del personaggio che parlerà. Sì, perchè ho deciso che la mia storia sarà vista dal punto di vista dei vari personaggi che inserirò man mano nel racconto.
Bene, con queste precisazioni vi lascio al CaPiToLo UnO...buona lettura a tutti. ^^ ____________________________________

Julia.

Erano circa le quattro di pomeriggio quando decisi di andare a farmi una passeggiata, fregandomene del diluvio universale che stava scendendo fuori. Mp3 nelle orecchie iniziai a camminare senza una meta precisa, mentre la pioggia mi inzuppava i vestiti, già larghi di loro.

Indossavo ampi jeans chiari a vita bassa, strappati in più punti e con enormi tasche. Questi ricadevano sulle grandi vans nere e rosa, che adoravo. L’ombelico era coperto dalla mia felpa nera preferita, ornata da dei teschietti viola sulle tasche. Sotto avevo una maglietta anch’essa nera con un’ampia scollatura a “V”. La lampo della felpa era tirata giù, di modo che si potesse vedere la mia collana preferita, quella con un cavallino al galoppo d’argento, che avevo da quando ero piccolina. Le mani erano nascoste nella felpa. Le unghie le avevo smaltate di nero e vi avevo fatto una french bianca.

Un lampo accecante mi distolse dai miei pensieri e poco dopo un tuono fortissimo quasi non mi assordò, facendomi sussultare. Mi fermai e Alzai il viso verso il cielo, chiudendo gli occhi, lasciando che le gocce di pioggia mi scivolassero sul viso. Non mi ero truccata con una spessa riga di matita come contorno ai miei profondi occhi castani come ero solita fare, “tanto” mi sono detta prima di uscire “che mi trucco a fare per passeggiare sotto la pioggia?”.

La pioggia…che bella cosa. La adoravo. Camminare sotto la pioggia mi aiutava a rilassarmi, era un modo per dimenticare…per pensare.

I lunghi capelli castani si stavano inzuppando velocemente e mi ricadevano sulle spalle. Un ciuffo più corto degli altri mi ricadeva sull’occhio sinistro, nascondendomelo.

Un altro lampo, un altro tuono. Aprii gli occhi e mi guardai attorno. Ero al centro del marciapiede e costringevo i pochi passanti che c’erano a fare lo slalom intorno a me. Una ragazza, più o meno della mia età, mi passò accanto, squadrandomi dalla testa ai piedi con aria di sufficienza. Odiavo essere trattata così. mi fermai davanti a lei e la squadrai anch’io: stivaletti rosa lucidatissimi, minigonna rosa che se riusciva a coprirle le cosce era già tanto, calce a rete fucsia, felina firmata A&G anch’essa rosa che lasciava intravedere il mini-top fucsia sotto di essa, collanine e braccialetti vari HelloKitty, trucco pesante nero con ombretto rosa sfumato, occhi azzurrissimi, capelli biondissimi, labbra carnosissime e lucidissime grazie al lucidalabbra brillantinato, mollettine in testa tutte rosa o fucsia e, a regnare sovrano sopra alla testa di questa grandissima tr…ragazza, un ombrellino tutto rosa e bianco.

Ci fissavamo. Da tanto, troppo tempo. La cosa mi infastidiva. Odiavo essere fissata. Loro mi giudicavano perché mi vestivo, a loro parere, StRaNa…e questo mi dava i nervi.

Il mio sguardo si fece torvo, mentre la fissavo negli occhi truccati. Strinsi i pugni. Lei se ne accorse e abbassò lo sguardo, oltrepassandomi velocemente.

Non potevo farci niente, era una mia…”dote naturale”. Potevo spaventare la gente solo con un’occhiata, quando volevo. E diciamo che volevo abbastanza spesso, visto come le persone che mi ritrovavo sulla mia strada mi giudicavano, senza neanche conoscermi.

Ricominciai a camminare. Le note di “From Yesterday” mi riecheggiavano nella testa, mentre pensavo che quello sarebbe stato il mio ultimo giorno di pace.

L’indomani infatti sarebbe ricominciata la scuola...un altro anno in quelle quattro mura decrepite, a chiedermi perché non avevo ancora preso le mie quattro cose e non ero scappata lontano, via da tutto e da tutti. Via da quell’inferno. Il perché non avevo ancora cominciato a vivere. Davvero.

Improvvisamente il telefono mi vibrò in tasca. Me lo portai all’orecchio svogliatamente senza neanche guardare chi fosse.

< Pronto? > dissi svogliatamente

< Amò? > sorrisi.

< Mitzi!Amò!come va? > il primo sorriso di tutto il pomeriggio.

< Tutto ok…te? pronta per domani? > rispose. Dal tono di voce annoiato ma felice si capiva che anche lei stava sorridendo

< Per niente… > sospirai io

< A chi lo dici…senti, dove sei? > chiese poi lei

sussultai. non sapevo se volevo vederla o no. Era una delle mie migliori amiche, ma quello era l’ultimo giorno di vacanza…e poi pioveva. E avevo già intenzione di andarmene al parco a pensare…nono, dovevo sviare l’argomento!

< Ehm…che domande…dove vuoi che sia! Sta diluviando… > risposi frettolosa io. TrOpPo frettolosa.

Errore.

Noi due ci conosciamo da troppo tempo per poterci mentire. Ormai io so quali sono i suoi atteggiamenti quando lo fa e lei…lei sa quali sono i miei. Si, perché io sono molto decisa quando parlo, e se balbetto o sono insicura i casi sono due: o sono imbarazza, emozionata o sto mentendo.

< Appunto…quando piove tu sei sempre in giro! E per lo più senza ombrello! Ti prenderai um malanno…e poi è inutile che cerchi di mentirmi…non me la fai più a me da mooolto tempo! > ecco. Lo sapevo. Mannaggia a me. Però un po’ ha ragione…se continuo così mi prenderò un malanno.

< Uff… > sbuffai < sono vicino al parco…stavo andando là > ammisi poi

< Ma sei matta? Sarà tutto infangato! > protestò lei contrariata < Che andiamo a farci là dico io! >

“ecco che inizia a parlare al plurale” sospirai io, divertita.

< Mi è venuta un’idea! > squillò poi < Che ne dici di un caffè? >

“Ecco…” pensai, alzando gli occhi al cielo “e tanti cari sauti alla passeggiatina tranquilla” ma sorrisi. Le volevo un bene dell’anima, a quella ragazza.

< E va bene > risposi poi sorridendo un poco < dove ci vediamo? >

< Uhm…non so! > rispose lei

“maledetta la sua insicurezza” pensai tra me e me. In effetti uno dei suoi difetti era essere molto insicura.

< Beh allora ci vediamo sotto casa tua…tanto dieci minuti e sono lì > ridacchiai io

< Si certo e così ti bagni ancora di più! > sbottò lei

< …toglimi una curiosità…sei già vestita? > chiesi allora io, retorica

< … >

< ecco, lo sapevo > risi io < quindi per stare qua a prendere freddo tanto vale che cammini un po’ e ti raggiunga a casa…non trovi amò? >

< ehm, si hai ragione! > ammise lei ridendo di gusto < Sorry amò! Mi preparo subito! Ci vediamo dal portone allora! Ti amo tanto! >

< va bene, anche io…a dp > e chiusi, ancora sogghignando e, sospirando, mi girai e incominciai a camminare, sotto la pioggia.

…………………………………………………………………………………………………………

circa un quarto d’ora dopo eccomi lì, davanti a quel portone di legno massiccio che conoscevo fin troppo bene. Di Mitzi? Nemmeno l’ombra…

“Uff…” pensai io “lo sapevo che era in ritardo…” ridacchiai. Pigiai il dito sul pulsantino del citofono. Dopo qualche secondo un “si?” affannato mi rispose. Evidentemente si stava ancora preparando.

< Amò…sono io… > dissi

< Eccomi eccomi! Sono praticamente pronta! Arrivo! >

< Oh, lo so bene cosa vuol dire il tuo “praticamente”, Mitzi! > sbuffai io

< Daidai ho quasi finito, Julia! > rispose lei divertita

Julia…il mio nome. Dio quanto non mi piaceva! Eppure in molti dicevano che era bella…bah… fatto sta che ci chiamavamo per nome solo in rari casi: caso numero uno, sbadataggine…punto due, incazzatura…punto tre, ci volevamo solo punzecchiare un po’.

Rimasi sotto al porticato ad aspettare ancora una decina di minuti, seduta sull’ultimo gradino delle scale. La pioggia cadeva ancora più fitta e non accennava a smettere. “Tanto meglio” pensai io, rannicchiandomi dentro la felpa. Sentii dei passi dietro di me e mi voltai.

< Amò! > eccola là, la mia amorina.

I jeans chiari le aderivano perfettamente alle gambe magre, la felpa era bianca con due grandi tasche davanti e la cerniera abbassata permetteva di vedere il top verde con una scollatura a “U” e le maniche a tre quarti. I capelli castani chiarissimi e con qualche mesh bionda le ricadevano oltre le spalle, perfettamente piastrati.

Sbuffai.

< Ma te li piastri sempre? Te l’ho già detto che ci stai meglio un po’ ondulata… >

< Lo so… > mi sorrise < Ma mi piacciono di più così! >

Le sorrisi anche io. Tanto era bella sempre.

Aprì un grande ombrello rosa e mi ci permise di mettere sotto insieme as lei, poi, camminando sotto la pioggia, mi chiese:

< Ti fa ancora molto male? > io la guardai, senza capire. I suoi occhi erano puntati sulle mie labbra.

< Cos…Ah, questo? > caddi dalle nuvole io, indicandole i due pallini che sbucavano dalla mia pelle, sul labbro inferiore, a sinistra

< Si > sorrise lei

< Nono, sta passando > dissì allora io, stuzzicandomelo con la lingua < …a te? > aggiunsi poi, guardando la sua pancia coperta dalla felpa

< Non tanto, sta passando anche a me! > mi sorrise lei scostando la maglia, lasciando vedere la piccola farfallina d’argento che sbucava dal suo ombelico, sulla pancia piatta.

Avevamo deciso che ce li saremmo fatti insieme, i piercing. Io al labbro, lei all’ombelico. Li adoravamo e così un giorno *zack*…siamo tornate a casa con quelli. Mio padre tra un po’ non mi buttava fuori di casa, ma alla fine gli è passata, un po’. Comunque sono contenta, sono davvero belli e, modestia a parte, ci stanno da Dio.

< Sai, non riesco a capire come fa a piacerti così tanto la pioggia! > iniziò lei.

Io alzai gli occhi al cielo “ci risiamo” pensai

< Insomma…mette tristezza! E poi bagna tutti i vestiti! E quelli che porti te > aggiunse sottolineando il “te” < sono larghissimi già di loro! >

sorrisi, sospirai e mi affrettai a risponderle le stesse cose che le rispondevo da una vita < Ma è rilassante camminare sotto la pioggia. e il rumore della pioggia, quello anche è rilassante. >

< Sì amò, ma lo vedi questo? > aggiunse lei indicando l’ombrello sopra di noi < vedi, questo non è un optional! L’hanno inventato apposta per giornate come queste…così ti eviti di prenderti una broncopolmonite! E Io come farei senza la mia amorina preferita? >

< …nonché unica. > aggiunsi io sorridendo con lei.

Parlando parlando eccoci arrivate a un bar. Era piccolo ma caldo e l’odore di caffè era buonissimo. Così siamo entrate abbiamo ordinato due marocchini.

< È carino questo posto! > commentai io, mentre mettevo lo zucchero nel caffè (ovviamente prima ci avvo tolta tutta la schiuma)

< Già! > rispose sorridente lei, iniziando a berlo

< Uff che palle amò…doma riinizia la tortura… > sbuffai io

< Già…però pensiamo ai lati positivi… > rispose lei sorridendo maligna. La guardai interessata, era raro che sorridesse così, ma se lo faceva voleva dire che la cosa era molto interessante…per noi. < …Domani arriveranno due nuovi compagni di classe… > terminò lei, guardandomi negli occhi.

Ricambia lo sguardo complice e anch’io inizia a sorridere come solo noi sapevamo fare in quei casi. “due nuovi compagni…” pensai “…ma è fantastico!”

Iniziai a saltellare sulla sedia battendo le mani come un’idiota, lo facevo sempre quando ero felice e questo fece sorridere Mitzi.

< Ma è fantastico amò! > aggiunsi io, ancora saltellante < E dimmi, lo sai come sono? > chiesi poi interessata

< Come sono no > rispose in un soffio lei < ma so che sono due ragazzi interessanti…pensa, addirittura GeMeLLi! > concluse fiera di sé nell’essersi documentata così bene dal preside.

< Benebenebene… > aggiunsi con un sorrisetto sempre più maligno io < Dunque sono maschi eh? Gemelli eh? Pensano di poter venire nella nostra scuola, nella nostra classe con tanta semplicità eh? > chiesi retorica

< Già… > sorrise anche lei e ci battemmo il cinque

< Lo sai amò? > le chiesi poi < Tutto sommato, ho il presentimento che sarà un anno interessante… >

__________________________________________ Bene. Questo era il primo capitolo...sono ansiosa di sapere che cosa ne pensate. Come inizio come vi sembra? Per gli aggiornamenti...Beh, appena posso aggiornerò. Vi prometto che non vi farò attendere molto, tra un capitolo e l'altro.
Un bacione a tutti quelli che hanno letto e a tutti quelli che recensiranno.
Grazie davvero.
Love,
Giulia.
  
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