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Autore: clif    15/06/2013    1 recensioni
è un parallelo con la storia "Leon" scritta dall'autore Leonhard. in questa fanfiction assisteremo agli eventi accaduti nella storia precedentemente menzionata, ma dal punto di vista del coprotagonista maschile (Leon).è una storia estratta dal film di Silent hill e ambientata 30 anni prima dei suoi macabri eventi: assisterete alla vita, quasi, normale di un bambino appena trasferitosi nella macabra città.
ne approfitto per salutare tutti e per ringraziare Leonhard che mi ha dato il permesso di scriverla
buona lettura...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alessa Gillespie, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Anche al ritorno Leon usò il bus: Coleman era insieme al dottor Kauffman per assisterlo in un operazione molto seria. Si sedette nuovamente vicino ad Alessa; la bambina sembrava più allegra che all’andata, sicuramente era per via della scelta di leon. La sua fermata era prima di quella della bambina, e questo preoccupava non poco Leon: l’idea di lasciarla sola con gli altri compagni non gli piaceva molto.
Dopo essere sceso, aver salutato la sua amica e aver pregato che gli altri bambini l’avrebbero lasciata stare, si diresse verso casa. Passò accanto alla clinica Alchemilla notando la macchina del padre parcheggiata acanto al marciapiede  (strano: solitamente la mette nel parcheggio sotterraneo) per poi raggiungere la propria casa. Appena entrato posò la cartella e gli stivale di gomma (quel giorno aveva piovuto) all’ingresso per dirigersi, subito dopo, in cucina dove il padre gli aveva lasciato il pranzo. Dopo aver mangiato si diresse in camera sua per fare i compiti, prima, però, pensò a come sarebbe stato il disegno di Alessa.

Anche quella mattina ne il padre ne Coleman lo avevano potuto accompagnare, ma Leon preferiva così, in questo modo avrebbe potuto passare più tempo con Alessa. La mattinata passò normalmente: tranne per il fatto che Alessa si girava di continuo verso di lui con il viso tutto rosso, come se volesse dirgli qualcosa ma non riusciva a trovare il coraggio.
 
“Cosa mi piace?” chiese Leon, vagamente incuriosito, mordendo il suo snack. Finalmente durante l’intervallo, Alessa aveva trovato il coraggio di parlare e gli aveva chiesto cosa gli piacesse.

“È per il disegno che mi hai chiesto” spiegò. “Mi hai detto che qualunque cosa io abbia disegnato, ti sarebbe piaciuta…però non mi è venuto in mente nulla e allora ho pensato…ecco…di chiederti cosa ti piacerebbe”. Il giovane rise.

“Beh, grazie per la premura” disse. Rimase un attimo in silenzio a pensare, poi si volse verso Alessa. “A me piacerebbe il mare”.
“Il mare?” chiese la bambina incuriosita. Lui annuì.
“Sai, io non sono mai andato al mare: sempre montagna. Quindi, vorrei il disegno del mare”. Il disegno che il bambino aveva fatto per il padre, era proprio il panorama del mare ed era più che convinto che se lo avesse disegnato Alessa sarebbe venuto più che bene: a differenza del suo. La bambina però abbassò lo sguardo.
“Neanche io…sono mai andata al mare” mormorò dispiaciuta.

“Ah…” commentò Leon, abbassando lo sguardo. “Scusami” aveva fatto una terribile gaf. Lei scosse la testa.
“No, scusami tu: non posso farti il disegno…”. “Aspetta!” esclamò, gli venne in mente un idea fantastica e si colpì la fronte per non averlo pensato prima. “Però ho qualche cartolina del mare! Oggi pomeriggio, finiti i compiti, passa all’ospedale e te le mostro, se non hai nulla da fare”.
Così oltre a farsi fare il disegno avrebbe avuto una scusa per farla conoscere al padre e lui ne avrebbe avuta una per conoscere la signora Gillespie. Notò gli sguardi scandalizzati che i compagni volsero nella loro direzione, ma non ci fece caso, più di tanto (alla faccia vostra) pensò: non era cattiveria ma se lo meritavano un pensiero cattivo. Alessa sembrò pensarci su un attimo per poi rispondere che avrebbe chiesto alla mamma.
In effetti questo era un particolare che Leon aveva trascurato: il padre era sempre molto impegnato e non vi era alcuna sicurezza che senza alcun preavviso avrebbe avuto il tempo di accogliere le due. Ma ormai l’aveva invitata… anzi le aveva invitate: sia lei che la madre; perciò non poteva certamente rimangiarsi la parola, specialmente con Alessa.
Non riusciva a capire come mai si era affezionato così tanto a lei in così poco tempo: forse era per via del suo carattere, del suo sorriso o chissà cosa; ciò che era certo e che si sentiva felice di starle accanto, di vederla sorridente. Aveva avuto anche altri amici e non solo maschi: ma con Alessa sentiva una sensazione nuova, diversa da ciò che sentiva con le sue compagne di Brahams.
 Il suono della campanella lo distolse dai suoi pensieri: la benedì mentalmente, perché era sicuro che da solo non si sarebbe mai fermato. Assicurò un ultima volta ad Alessa, dicendole che lei e sua madre potevano venire a trovarlo all’ospedale più tardi: l’orario non era un problema.
Dopo essersi chiarito ingoiò l’ultimo boccone dello snack e si diresse verso la classe: per un attimo gli sembrò che Alessa lo stesse chiamando ma quando si voltò verso di lei la vide in silenzio con lo sguardo perso nel vuoto, pensò così di esserselo immaginato.
Questa volta Leon, dopo essere sceso dal bus, non si diresse verso casa: si fermò prima, più precisamente davanti all’ospedale Alchemilla. Nella clinica era conosciuto da tutti, perciò alla reception non fecero storie
“Ciao Lisa!” Fece lui alla ragazza seduta alla reception: era una ragazza giovane, sui vent’anni, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. “Ciao tesoro! Scusa, non ti avevo visto, ma oggi siamo impegnati, pensa che oltre al mio lavoro devo stare anche qua alla reception”; i due si erano incontrati molte volte quando il padre lo portava a vedere dove lavorava e la considerava quasi una sorella maggiore. “Sai dov’è papà?” Chiese lui guardandosi intorno, sperando di vederlo passare; “Credo che sia nel suo ufficio: vuoi che lo chiami?”. Leon sorrise “no tranquilla: vado da solo”.
Salutò Lisa e si diresse verso l’ufficio del padre, ricordava a memoria la strada anche perché non era difficile. Percorse un lungo corridoio, superò alcune stanze e raggiunse una stanza con una targa incisa sopra
Dottor Michael Kauffman
 “Ciao papà!”
Il dottore rimase sorpreso vedendolo sulla soglia della porta. Posò sulla scrivania dei fogli che stava esaminando e fissò il figlio “come mai sei qui?” gli chiese. “Sei impegnato?” gli chiese Leon osservando lo stato dell’ufficio: era, come sempre, ordinato e pulito. “Questa mattina è stata molto faticosa… ma in questo momento non ho niente da fare…” rispose, diffidente: come se si aspettasse una contro risposta dal figlio. Infatti, dopo un attimo di silenzio, Leon, con un sorriso, aggiunse “Avrei invitato qui quella mia compagna di cui ti ho parlato, insieme alla madre: è un problema?”
“Accidenti Leon! Eppure non sei così precipitoso!” il padre era un po’ seccato, ma non più di tanto; sospirò e guardò il figlio con un sorriso. “Quando dovrebbero venire?” chiese il padre: aveva già ceduto. “Gli ho detto che poteva venire quando voleva: non so di preciso quando”.
“La prossima volta avvertimi prima” Disse severo, anche se in realtà era contento per il figlio: aveva trovato in poco tempo un amica; temeva che ci avrebbe messo tanto, come quando andava a scuola a Brahams.
Passarono poco più di un ora ad aspettare il loro arrivo: Il dottor Kauffman stava dando un ultima occhiata ad alcune cartelle seduto davanti la scrivania, mentre Leon aspettava pazientemente sul divano posto in fondo all’ufficio. Passò tutto il tempo a pensare cosa avrebbero fatto lui ed Alessa: non voleva che gli facesse solo un disegno, l’avrebbe portata nel suo rifugio segreto, la sua stanza privata dove teneva tutti i suoi tesori; piccole cose che per altri potevano sembrare stupide ma per lui erano importanti, si era ripromesso che ci avrebbe portato solo qualcuno a cui teneva molto.
Era così assorto nei suoi pensieri che non si accorse dell’aprirsi della porta, il padre invece alzò lo sguardo severo, per poi aprirlo in un sorriso. “Ah, ecco!” esclamò. “Scusi, ma il nome di Alessa non mi era nuovo: non pensavo che fossi proprio tu. Entrate, accomodatevi”. A quelle parole Leon alzò lo sguardo sorpreso: da quella posizione non poteva vederla ma sapeva che dietro di lui vi era quel piccolo e dolce angioletto viola.

come promesso, ho aggiornato questo capitolo praticamente subito: ditemi un po' cosa ne pensate e a presto Bye-Bye
  
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