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Autore: Gwen_cav    15/06/2013    3 recensioni
Una storia d'amore ribelle. Ovviamente nella storia ci sono io medesima con Castiel (Sì, mi piace Castiel). Non intendo offendere nessuna Dolcetta presente nel gioco dicendo che io e Castiel siamo predestinati o cose simili, ASSOLUTAMENTE no. Ma dato che ognuno ha la possibilità di giocare come protagonista, fate finta che ci sia il vostro nome invece del mio. A presto e spero vi piaccia.
Avvertimenti: Essendo io una grande Fan di A Tutto Reality, Castiel, usa il simpatico soprannome che Duncan usa per Courtney "Principessa". (Non sono una DxC)
/dal testo
perfetta, volubile, tutti erano così, lei di più lei era colei che riempiva quegli angoli vuoti di casa mia, lei, che lì stupita giaceva, tra le mie braccia, di un ragazzo innamorato per la prima volta in vita sua.
/fine tracciato testo
Gwen@cav
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo, finita la scuola, sono andato a trovarla, mi aveva dato il suo indirizzo, credo, prima di andare via mi ha infilato un bigliettino in tasca. Le avevo portato il pranzo, McDonald, il mio preferito. Alzo lo sguardo su una casa, mattoni, cemento, 3 piani. Niente di speciale. Guardo il biglietto.
“3° piano...Ce la puoi fare Castiel!”
Mi dico stringendo i pugni. Spingo il portone, aperto, niente ascensore, salgo le scale velocemente. Arrivo alla porta più in alto. Appoggio una mano sulla porta. È aperta, la spingo ed entro nel marasma totale. Poster degli Skillet e dei Three Days Grace, disegni sparsi dappertutto, come i CD e i vestiti, un graffito enorme è disegnato sul soffitto, e teschi intagliati dappertutto decorano la stanza dai muri bianchi, la vedo su una sedia con le rotelle e le cuffie, girata di spalle e piedi sul tavolo, che a tutto volume sente una canzone, che canticchia.
 
- If you feel so empty
So used up, so let down
If you feel so angry
So ripped off so stepped on
You're not the only one
Refusing to back down
You're not the only one
So get up

Let's start a riot, a riot
Let's start a riot
Let's start a riot, a riot
Let's start a riot

 
- Riot, Three Day Grace.
- Ma è possibile che mi devi sempre interrompere?
Mi dice, senza neanche girarsi, come se sapesse da tempo che ero lì.
- Non ti hanno insegnato a bussare?
Mi chiede, girandosi, finalmente, verso di me, e togliendo le cuffie dalle orecchie.
- Bhè, la porta era aperta.
Dico indicando la porta.
- Bhè, si bussa lo stesso.
Mi dice, come se sapesse a memoria le regole, mi si avvicina, come per darmi un bacio, ma il suo unico scopo è rubarmi il sacchetto che tengo stretto in mano.
- Mmh...Bravo, non ho ancora mangiato.
Mi dice frugando nella busta.
- Vieni.
Mi dice, senza alzare lo sguardo dal sacchetto, andando verso una scala, che porta su, fino ad una botola. Io la seguo silenzioso. La osservo salire, dato che indossa solo un paio di leggins attillate e una maglietta con un teschio nera, non posso non soffermarmi sul suo di dietro che sale agilmente le scale. Salgo anche io. La vedo seduta sul ciglio del tetto, che si mangia l’hamburger.
- Ehi! Lì dentro c’è anche roba mia!
Le dico rubandole il sacchetto. Lei alza le spalle, incrocia i piedi nudi che sventolano dal tetto. Si crearono taciti momenti, nel quale si sentivano solo le nostre mascelle che ruminavano cibo. Finalmente parlò.
- Dimmi una canzone.
Mi disse a bocca piena.
- Um...La conosci...Fallin’ In The Black?
- Mh!
Mi rispose lei. Ingoiò.
- Sì. È una delle mie preferite.
- Ok...allora...
- Lucy, Skillet.
- Sì...No...Qual’è?
Lei si schiarì la voce.
- Quella che fa...Hey Lucy, I remember your name
I left a dozen roses on your grave today...La conosci?
- Ah, quella triste?
- Sì, quella.
Disse addentando nuovamente il panino.
- Bella, ma preferisco le cose più...
- Vive?
- Esatto.
Le dico, rubandole il panino. Mi guarda male, ma con un mezzo sorriso.
- Preparati a subire la mia ira, QUEL PANINO E’ MIO!!
Mi urla crudele, saltandomi addosso. Per un attimo ho la meglio, e mi tengo il panino stretto tra le dita. Dopo un po’, lei riuscì a bloccarmi, come quella volta che mi aveva preso a pugni, e lentamente, si mangiò il panino davanti a me, impotente.
- Ah! Ti sta bene!
Mi dice, con le guance piene di carne, vedendomi soffrire.
- Mgfh...
- Mi dispiace, quella parola non è nel mio vocabolario.
Mi dice ridendo, mettendomi un dito sul naso.
- Adorabile bulla!
Le dico al momento giusto, invertendo le posizioni.
- ADORABILE?!
Mi chiede seccata.-
- Ahahaha!! Non illuderti Principessa!!
Le dico ridendo. Lei mi guarda male. Agguanta le mie spalle, e mi butta via da sopra lei. Si pulisce la schiena dalla polvere. Prende la spazzatura e scende in camera. Scendo anch’io, la vedo che butta a caso la carta del panino nel cestino, acchiappa un control, e comincia a smanettare con la play-station.
- A che giochi?
- Guitar Hero.
Afferma, attaccando la chitarra all’apparecchio.
- Anche tu hai questo gioco?
- Qualche problema?
Mi chiede seccata, girandosi verso di me.
- N-No. Voglio proprio vedere se mi batti.
- Pff!!
Ride lei.
- Io ti batto quando voglio!
Mi dice bastarda, arrivando al mio naso.
- Vedremo.
Le ringhio, afferrando la chitarra. La sfida è durata a lungo, MOLTO a lungo. Siamo rimasti a suonare per…più o meno 2 ore emmezza.
- Ahahah!! Visto? Ho vinto io!
Le dico puntando il dito contro il punteggio. Mi guarda male, occhi socchiusi e sguardo omicida.
- Brutto stronzo!!
Mi urla, saltandomi addosso. Mi tira due pugni sul braccio per simpatia. Poi mi lascia.
- Mmh…che giorno è oggi?
- Um? Giovedì, perché?
- Uuuf…Un altro giorno a casa.
Sbuffa scocciata, scarabocchiando un foglio.
- Bhè…
Le dico facendo scorrere leggera una mano lungo il fianco.
- Io...domani provo con Lysandro la nuova canzone…
Le dico provocante, sollevando leggermente la maglietta. Lei ignora, continuando a fissare il foglio imperterrita.
- Interessante…
Mi dice con tono di stuzzico, girando, finalmente, lo sguardo verso di me.
- E…che canzone sarebbe, se posso chiedere?
Mi dice, avanzando con le braccia, mettendole ai lati delle mie gambe sdraiate, costringendomi ad indietreggiare con il busto, mentre lei avanzava sempre più con il volto, e strusciava le gambe sempre più provocanti verso di me.
- Um…Fammi pensare…
Le sussurro, allungando una mano sulla schiena, strofinando la maglietta viola, alzandola sempre più.
- Awake and Alive.
- Mmmh…Skillet…
Sussurra, sedendosi a cavalcioni su di me, e accarezzandomi le guance, con una leggera barba invisibile, con le sue dita morbide ma violente.
- Già…
Rispondo soddisfatto, mettendole una mano tra i capelli castani. Le labbra si sfiorano
- Ma sì…perché no.
Mi dice, scostandosi di botto da me. Mi innervosisce un sacco quando fa così, ma se non fosse così, non sarebbe Emma.
- Avete una finestra nello scantinato?
Mi chiede di schiena, con un matita in mano, come una professoressa che interroga.
- Um…Sì, perché?
- Bene, entrerò da lì.
Mi dice sedendosi a gambe incrociate sul davanzale della finestra, mettendosi in bocca la matita.
- Ok.
Le dico, baciandole l’incavo del collo, e abbracciandole la vita. Poi appoggio il mento alla sua spalla, e rimango lì, a fissare il suo medesimo vuoto. Lei rimane immobile, imperterrita ad osservare chissà cosa da quella maledetta finestra.
- E se ti beccano che fai?
Le chiedo per rompere quell’insopportabile silenzio.
- Cosa vuoi che ti risponda, scusa? Scappo, mi sembra logico, oppure picchio quello che mi ha sgamato.
- Ahahahahaha, tipico da te.
Ridacchio, prendendo il suo volto morbido con entrambe le mani, e sollevandolo verso l’alto,  baciandola  fievolmente, come se fosse di vetro. Lei, inaspettatamente, non fa niente, si gode quel bacio dato con amore, entrambi ci lasciamo andare in fin troppe smancerie, ma lì, per la prima volta, la sento, nelle mie braccia, candida all’interno, mi sento stranamente felice. Dopo poco, lei, con un dito leggero appoggiato al mento, mi stacca, di poco, qualche millimetro, forse. Io la stringo forte a me, non voglio perdere questo unico momento nel quale posso concedermi ad essere...come dire...più morbido. Lei scende, e velocemente, con i suoi piccoli piedi nudi, corre via. Io la osservo incuriosito.
- Dove vai?
Le chiedo con tono confuso. La vedo tornare con addosso un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica.
- Voglio uscire, casa mia ha l’odore di Ambra, devo far uscire un po’ di puzza.
Ridacchia, infilandosi le scarpe e afferrando una borsa sotto il letto.
- E dove andiamo, scusa?
Lei si gira verso di me con sguardo di richiesta abbastanza imbronciato.
- Andiamo? Io vado, poi, tu fai quello che vuoi.
Mi dice uscendo dalla porta.
“Mph, bastarda.”
Penso prendendo la giacca ed uscendo, seguendola di corsa giù per le scale. La vedo attraversare la strada con passo pendolante e mani in tasca, fischiettando la canzone di cui poco fa parlavamo. Mi avvicino. Lei neanche si importa di me, continua a fischiettare.
- Mi vuoi dire dove vai?
Cerco di avere una risposta, mentre la guardo male. Lei neanche risponde, fa una mossa che mi svela tutto. Apre un filo la borsa, facendomi vedere le bombolette all’interno. Io sorrido bastardo, ricambiando. Poi, lei torna a fischiettare saltellando ogni tanto.
- Eccoci.
Dice mettendosi una mano sui fianchi con aria soddisfatta. La luce del tramonto fa brillare una finestra del liceo, che mi abbaglia, e mi costringe a mettere una mano davanti agli occhi.
- Ora...
Dice Emma, agitando la bomboletta nera e avvicinandosi all’edificio.
- Vi farò pentire di avermi sospesa.
Dice crudele, cominciando a spruzzare nero sui muri sporchi della scuola. Io mi siedo dietro di lei, sul muretto che affianca il posto, ogni tanto, lei mi dice un colore, ed io glielo lancio.
- Viola.
Dice allungando una mano verso di me. Io tentenno con il capo. Afferro la sua mano e la porto a me. Ha tutto il viso sporco e ricoperto di nero.
- Non correre Principessa.
Ringhio fermandole i polsi.
- Voglio partecipare anche io.
Le dico, spruzzandole il viola in testa. Lei mi guarda furiosa. Mi sorride, come per farmi capire che ho vinto io, si alza e allunga una mano verso il graffito. Appena mi alzo e le volto le spalle...
- Cass!
Mi urla, io mi giro, ritrovandomi in faccia una spruzzata di vernice rossa, che mi fa chiudere gli occhi.
- Argh! Stronza!!
Le urlo, sentendola ridere a crepa pelle.
- Hai cominciato tu!
Mi dice con il suo solito sguardo, agitando la bomboletta.
- Ahahahahah!! Ma guarda un po’, Castiel con una ragazza.
Sentiamo una voce dura proveniente dal muretto.
- Kim?
Chiedo stranito. Lei sorride, sistemandosi il cappello da poliziotta.
- Lei è quella nuova?
Chiede indicando Emma.
- Problemi?
Chiede lei strafottente. Kim ride ancora.
- Aaah, era ora che una ragazza tosta si facesse viva!
Dice alzandosi in piedi e andandole vicino.
- Benvenuta in questa merda di scuola ‘Junior’.
Dice cattiva, alzando il capo verso Emma, che le acchiappa il collo e l’abbassa con simpatia.
- Grazie, ma non ho bisogno del comitato d’accoglienza, ‘Cap’.
Sorride, afferrando il cappello e mettendolo in testa. Poi la lascia andare.
- Bhè, vedo che sei intenta a fare qualcosa.
Dice indicando la scritta sul muro.
- Già.
Afferma Emma, agitando la bomboletta e lanciandogliela. Kim l’afferra. Poi, la castana si gira verso di me, che ancora mi pulisco dalla vernice rossa, allunga una mano, con sguardo bastardo. Io la guardo male.
- Mph…
Ringhio, osservandola con sguardo tagliente.
- Eh dai, non fare il coglione!
Mi dice afferrandomi e riportandomi in piedi. Poi mi mette in mano la bomboletta gialla, e mi indica dove lavorare. Verso le 7 di sera abbiamo finito il lavoro. Tutti e tre guardiamo la scritta colorata con gusto. Poi, io e lei salutiamo Kim, dato che è diventato buio, ci dirigiamo verso casa sua soddisfatti.
- Non ti penti neanche un po’ di quello che hai fatto?
Le chiedo sarcastico.
- Ma mi prendi per il culo? No!
Mi dice tirandomi un pugno sulla spalla. Un rumore sordo proviene dalla sua pancia.
- Hai fame?
Le chiedo ridendo.
- Ugh…un po’…
Dice mettendosi una mano sul ventre.
- Andiamo a mangiare la pizza?
- Hai soldi?
Mi chiede lei inarcando un sopracciglio. Io annuisco.
- Qualche spicciolo in tasca.
Le dico, mettendo le braccia dietro la nuca.
- Tanto vale.
Sbuffa, scrollando le spalle. Io sorrido, ci dirigiamo verso una pizzeria, la prima che troviamo. Due pizze giganti, ecco cosa ci siamo mangiati, è famelica, l’ha finita in meno di 5 minuti. Quando abbiamo visto il conto, abbiamo lasciato i pochi spiccioli che avevamo e siamo scappati di corsa, mentre il proprietario ci urlava a morte dietro, lei si è girata e ha alzato entrambi i medi delle mani correndo all’indietro. Abbiamo corso fino a casa sua. Sotto il portone ci siamo fermati.
- Ahahahahahah!! Cazzo che soddisfazione!!
Urla alzando un pugno in aria.
- Ahahahah. Sei proprio testarda.
Le dico, mettendole un dito sotto il mento, lei mi accarezza i capelli lunghi.
- Ah, senza di me Rosso, mai avresti scritto un enorme “Fanculo” sul muro della scuola!
Mi dice con un sorriso bastardo dipinto sulle labbra.
- Ah! Questa è bella!
Rido, la blocco al muro, con entrambe la mani. Lei mi guarda cattiva.
- Non puoi scappare Principessa.
Le dico avvicinandomi a denti stretti alla sua bocca.
- Ah, piantala di chiamarmi così…
Dice afferrandomi la nuca. Mi tira a se con violenza baciandomi come se fosse l’ultima volta della sua vita, con sentimento, ma il romanticismo di questo pomeriggio era bastato, niente più morbidezza, un rude bacio, forte e trasportato. Le sue mani aggrappate al mio collo, le mie che carpivano la sua vita. Quando si stacca, si lecca le labbra con sguardo compiaciuto. Io alzo gli occhi al cielo.
- Bhè.
Dice dando un calcio alla porta ed entrando.
- Ci vediamo domani.
Mi dice con tono graffiante, spingendomi lontano da lei.
- Se, ci vediamo domani.
Le dico alzando il mento in segno di saluto, lei sbatte la porta e comincia a correre su per le scale. Io mi giro di scatto, mettendomi la giacca sulla spalla, e canticchiando Awake and Alive, quella che domani, sarà la nostra canzone.
  
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