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Autore: LunaLove_good_    15/06/2013    4 recensioni
Nata per morire. Viva per combattere.
Trapassare cuori con la spada è facile, estrarre la spada dal cuore trapassato non lo è.
Perché quando il tuo unico scopo è portare sofferenza, tutto quello che l’amore può fare è uccidere.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Jack Frost, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché si muore?
Una persona può morire per tanti motivi: per amore, per dolore, per scelta sua o di un altro.
North è morto per mia scelta, per scelta di Pitch. O forse per scelta personale, perché ha deciso di risparmiarmi.
Se io dovessi morire, per cosa morirei?
Mi rigiro ancora una volta l’elsa della spada tra le dita, stufa della prepotente posizione che questa domanda mi ha preso nel cervello.
Per dolore? No. Per amore? Figuriamoci! Per scelta mia o di un altro? Probabile: quando morirò, sarà perché Pitch non mi vorrà più.
Ed è una cosa bella morire solo perché non servi più a qualcuno?
Mi alzo di scatto dal marciapiede su cui sono seduta e rinfodero la spada seccamente. Io sono un’ombra, uno spettro della realtà che si muove solo sotto gli ordini e le mosse del possessore; un’ombra non fa niente, solo quello che le si dice di fare, e mai devo farmi mettere in dubbio su questo.
Domandarmi perché morirò non mi servirà a niente.
Mi spazzolo via la neve dalla spalle. Jack Frost dev’essere davvero furibondo, la tempesta imperversa da quasi tre giorni; dovrà fermarsi prima o poi, altrimenti Burgess verrà seppellita assieme ai suoi abitanti. Non che mi dispiaccia, farebbe lui il lavoro sporco al posto mio, in fondo.
Riconosco alla mia destra il familiare letto semi-distrutto e mi butto nel buco sotto le assi: il mio signore mi chiama.
Il tunnel è buio e puzza di muffa, come tutte le altre volte che l’ho attraversato, e procede dritto e leggermente in discesa.
Cammino oscillando, tranquilla: come sempre so che quando l’Uomo Nero vorrà farmi smettere di vagare nell’oscurità, allora arriverò nel suo Regno.
Lo raggiungo, il nero totale sfuma nel grigio smorto dell’immensa caverna di Pitch Black e io mi inchino al suo cospetto.
«Davvero ben fatto.» mi dice ghignando, con gli occhi dorati che scintillano.
«Mio signore.» rispondo, annuendo e chinando ancora di più il capo per rispetto.
«I Guardiani sono deboli, distrutti dal dolore, la rabbia li acceca e li rende vulnerabili... il nostro scopo è vicino.» continua lui, prendendo a camminare avanti e indietro e gesticolando elegantemente con una mano.
«Volete che li attacchi ancora?»
Annuisce appena. «Devi spaventarli, far capire loro che non possono nulla contro di te e contro di me. E se alla fine vorrai ucciderli, attenta solo a non prenderti tutta la gloria.» Un sorriso beffardo e inquietante gli compare sulle labbra. «La mia ascesa è vicina.»

Il purosangue incubo che sto cavalcando atterra sul suolo inglese con un tonfo e un battito di zoccoli.
La Gola di Cheddar mi si presenta imponente svettando altissima nel suo insieme di rocce e alberi; due montagne divise da una minuscola striscia di terra lottano tra loro in una corsa forsennata verso il cielo, come a volerlo toccare, e la natura afferma tutta la sua supremazia sull’uomo in uno spettacolo meraviglioso e selvaggio.
Proprio un bel posto.
Mi passo una mano tra i capelli e faccio mente locale: se la memoria non mi inganna, la caverna che sto cercando dovrebbe essere a est, ad un centinaio di metri massimo, o a centotre iarde circa, come direbbero da queste parti.
Mi avvio su per la salita, che si rivela anche più ripida del previsto, mentre un acquazzone fastidioso stile diluvio universale cade dal cielo perennemente coperto del Regno Unito, tanto che, quando finalmente riesco a mettermi al riparo sotto alcuni alberi, sono bagnata dalla testa ai piedi e tutta ricoperta di fango.
Ma dico io: a che scopo vivere nel posto più piovoso del mondo tra i monti più fangosi che possano esistere!?
Per idiozia!? O per il semplice gusto di rendere la vita impossibile agli altri!?
Bah!
Sbuffo seccata e mi abbasso il cappuccio, che ormai è diventato pesantissimo a causa dell’acqua, e mi passo di nuovo una mano tra i capelli umidicci. Almeno sotto questo insensato ammasso di alberi la pioggia penetra poco e niente e posso sperare di non arrivare a destinazione sotto forma di scolapasta ambulante.
Il mantello è diventato un inutile carico da portarsi dietro, ma preferisco non toglierlo perché ne avrò bisogno tra poco.
Un lampo squarcia il cielo, subito seguito dal rombare di un tuono, e il vento agita le fronde tutto intorno a me. Devo muovermi: se non per non essere beccata in pieno da un fulmine, almeno per andarmene subito da questo posto infernale.
E pensare che all’inizio mi era parso quasi bello!
Comincio a correre tra i tronchi, appesantita dall’acqua che mi è piovuta addosso, saltellando qua e là per evitare radici e arbusti. Il mio riparo non dura molto, anzi, salendo, gli alberi spariscono in fretta e la vegetazione in generale diventa rada e quasi inesistente. Però sono fortunata: prima che il diluvio si trasformi in un’autentica bufera di neve per la bassa temperatura, riesco in lontananza ad intravedere l’imbocco della caverna che devo raggiungere.
Non che abbia chissà quanta voglia di arrivare, in fondo sto solo andando a trovare l’essere più irritante e opportunista mai scelto dall’Uomo nella Luna. Ma quello lì non poteva sceglierseli decentemente i suoi eletti!?
La grotta diventa sempre più grande man mano che mi avvicino, e non credo sia una mia impressione, visto che ci vedo benissimo sempre e comunque, anche con un acquazzone che renderebbe cieco un falco. Quando arrivo, un immenso buco nero mi sovrasta del tutto; a quanto pare il mio caro amico soffre di megalomania, se vuole davvero vivere in una caverna che sembra inghiottire chiunque abbia la sventurata idea di avvicinarsi più del dovuto.
Entro accolta dall’umidità e dal ticchettio fastidioso dell’acqua che gocciola. Mi strizzo un minimo il mantello, sperando di farlo smettere di rigettare pioggia ed evitare di lasciarmi dietro mezzo fiume ad ogni passo, e stringo l’elsa della spada: è una minaccia, il mio modo per far sapere che sono sempre io a tenere le redini del gioco.
E mi avvio.
Mi muovo veloce ma silenziosa, visualizzando mentalmente il percorso che dovrebbe portarmi al centro di quello strano insieme di gallerie spuntato dal nulla tre secoli fa nel mezzo della Gola di Cheddar. Ricorda vagamente un labirinto, in effetti, con l’unica differenza che per non perderti basta procedere senza staccare mai la mano sinistra dalla parete. Trucchetto simpatico, ma piuttosto banale, dopotutto.
Dopo circa una decina di svolte, le stalattiti cominciano a ricoprire il soffitto, e finisco per ritrovarmi di nuovo bagnata proprio quando avevo iniziato ad asciugarmi. Mi trattengo dall’urlare solo perché se lo facessi probabilmente crollerebbe tutto e finirei infilzata.
Man mano che mi addentro in quelle che ormai si potrebbero dire le viscere della terra, l’aria sa sempre più di muffa e si comincia a sentire l’eco lontana di respiri famelici.
Sono vicina.
Continuo a camminare e il rumore si fa sempre forte e pesante, fino a quando diventa quasi assordante, rimbombando praticamente da tutte le parti.
Io acuisco i sensi e rafforzo la presa sull’elsa.
Poi un ringhio. Rumore di zampe su pavimento e pareti.
Sguaino la spada e me la porto davanti al viso nello stesso istante in cui zanne affilate fendono l’aria a pochi centimetri dal mio viso. Con un calcio cerco di spingere il peso che mi è piombato addosso all’improvviso e piego le gambe per non sbilanciarmi troppo all’indietro.
Diversi morsi tentano inutilmente di spezzare la mia lama, io do un colpo di reni e con un altro calcio riesco a scrollarmi di dosso quel povero illuso che ha cercato di fuori.
Bhedder J. Wolf, altrimenti conosciuto come il Lupo Cattivo.
Due metri circa di pelo, zanne, artigli e occhi a palla: decisamente il prototipo di mostro per spaventare i bambini.
Mi ringhia contro e comincia a girarmi attorno, indeciso se riprovare ad attaccarmi o no.
Io ghigno e lo minaccio con la spada. «Attento, lupacchiotto, potresti farti male.» sussurro, nonostante la mia voce rimbombi per la caverna come se avessi urlato.
Quello mi rimanda un’espressione feroce e si alza su due zampe. «Fonhìas Oneyron, giusto?» mi domanda.
Il fatto che conosca il mio nome mi dà la conferma che – purtroppo – non ho sbagliato a rivolgermi a lui.
«Precisamente.» ribatto.
«E a cosa devo un tale onore?» Mi fissa con gli occhi gialli al di là del muso, sospettoso e pronto a scattare, ma non tenterà di attaccarmi ancora: ha capito in fretta che non sono io la preda qui.
«Interessi.» rispondo.
«I miei?»
Idiota e megalomane sul serio! Ma ho bisogno della sua malvagità e non posso permettermi di stenderlo. «Quelli di Pitch.»
«Immaginavo.» Come no!
«Mi serve un favore.» decreto. Non l’ho messo al corrente delle mie intenzioni, volevo solo che recepisse al volo che un no come risposta non è consentito.
Lui scopre le zanne in quello che dovrebbe essere un ghigno spaventoso. Dovrebbe, appunto. «Sai che non lavoro mai gratis, vero?»
Gli getto ai piedi un sacchetto pieno di pepite d’oro ripescate in una miniera giorni fa. Cosa se ne fa l’invisibile e opportunista Lupo Cattivo delle pepite d’oro? Non ne ho la più pallida idea, forse è talmente vanitoso che gli piace dire al mondo di essere ricco, anche se ad uno Spirito non serve a niente.
Il lupacchiotto si ficca una pietruzza tra i denti per verificarne l’autenticità, quindi sorride e mi guarda con le orecchie tese. «Cosa devo fare?»
Mi schiarisco le idee e lo fisso minacciosa. «Devi sbarazzarti dei colibrì della Fatina dei Denti.»
Sobbalza e mi ringhia contro: codardia o determinazione?
«Black ha per forza bisogno del mio aiuto? Non può farlo da solo?»
Scatto come una molla alle sue parole e gli punto la spada alla gola. «Bada a come parli.» soffio tra i denti, a pochissimi centimetri dal suo orecchio.
Lui si agita e tenta di liberarsi, ma sa che un movimento di troppo potrebbe costargli caro, quindi rinuncia. Lo lascio andare solo quando lo sento mugolare alla ricerca d’ossigeno.
«Dicevi?»
«Cinque giorni. Mi servono cinque giorni.» mormora.
«Te ne do tre.» Lo minaccio ancora con la spada per fargli capire che non è in condizione di contrattare, quindi giro i tacchi e mi avvio.
Lo sento graffiare con gli artigli sulla roccia, indeciso se azzannarmi o no alle spalle, e sorrido soddisfatta quando sbuffa e si mette a correre dalla parte opposta.
Ottimo lavoro, Fonhìas.

In effetti no, Pitch non avrebbe potuto catturare nuovamente le Fatine con i suoi incubi come aveva fatto tre anni fa: i Guardiani lo tengono d’occhio da quando è stato sconfitto. Non abbastanza da impedirgli di crearmi, certo, ma a sufficienza da fermarlo nel caso provasse ad attaccare ancora.
Sicuramente, se non fossero distrutti dalla scomparsa di North, avrebbero anche tentato di fermarci, ma credo che al momento siano troppo impegnati a piangersi addosso e a riparare i danni che provocherà il Natale mancato.
Ho deciso di mirare al Palazzo di Dentolina perché attaccare la Conigliera sarebbe stato inutile, visto che Pasqua è ancora lontana, mentre la Nave di Sandman è come sempre dispersa da qualche parte. Mettere fuori gioco la Fatina dei Denti, invece, mi servirà a far perdere immediatamente fiducia ai bambini, ma restava sempre il problema dei piccoli e fastidiosi colibrì che mi avrebbero scoperta in un niente.
Se il Lupo Cattivo pensa a farli fuori, non solo mi darà libertà di azione, ma attirerà su di sé l’attenzione dei Guardiani, che cercheranno una spiegazione da lui e non da me.
Non penso che il lupacchiotto tacerà a lungo, anzi sono sicura che da bravo codardo mi denuncerà non appena ne avrà l’occasione, ma dovrei avere abbastanza tempo per attaccare.
Dentolina morirà per scelta non sua, ti sembra giusto?
Quasi mi viene voglia di prendermi a calci da sola, quando una vocina fastidiosa mi rimbomba nella testa.
Non si tratta di giustizia, si tratta di dovere. E il mio dovere è preparare il mondo all’ascesa del mio signore.
In fondo neanch’io ho molta scelta, no?







***









Sciau mondo bello, sono tornata!!!
Okay, povera me, prima o poi qualcuno potrebbe venire a conoscenza dei miei seri problemi mentali D:
Ma voi non direte niente, no?
Passando al capitolo, nel film i Guardiani si chiedono l'identità del loro nuovo compagno, il che mi fa pensare che ci siano altri Spiriti ambulanti a cavolo nell'atmosfera oltre al nostro caro Jack. Partendo da questa geniale deduzione *elementare, Watson* è nata la figura dell'opportunista Bhedder J. Wolf. Il nome è nato dalla traduzione inglese di Lupo Cattivo, con qualche modifica e aggiungendo quella J in mezzo che ci stava troppo lol.
Lo odio, penso che a malapena lo citerò nel prossimo capitolo, tanto per essere precisi.
Dal prossimo capitolo per la povera Fonhìas cominceranno i cavoli amari, giusto per spoilerare qualcosa.
Ringrazio Lirah e dianadreamer per aver recensito la storia e Lirah per averla messa tra le preferite. *si mette a ballare la danza della pioggia per loro*
Scusate, avevo finito il marmo per le statue :(
Se vi va di recensire, il vostro commento sarà sempre apprezzato con grandi festeggiamenti da parte della mia povera coscienza perversa che butta giù certe cose u_u

Oggi niente immagine, non mi andava di caricarla *si punisce con una lampada stile Dobby*
  
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