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Autore: BebaTaylor    15/06/2013    3 recensioni
Era difficile per lei non pensare a lui. Difficile come trattenere il respiro troppo a lungo. Sospirò e appoggiò la testa sulla scrivania, sopra al quadernino dalla copertina verde smeraldo che usava come diario.
Sospirò e chiuse gli occhi, lì riaprì e se ne pentì subito. Davanti a lei la foto, quella foto, quella che avevano fatto qualche anno prima.
Lui e lei, vicini, stretti in un abbraccio; sullo sfondo l'oceano Atlantico.
Alison sospirò nuovamente e alzò la testa, lo sguardo sempre fisso sulla foto, sul sorriso di lui, su quelle labbra morbide che avrebbe voluto baciare ancora, su gli occhi blu in cui avrebbe voluto perdersi nuovamente.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan James, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Ocean, blue sky and happiness


Capitolo Uno


Sette anni prima

«È per il tavolo quattro.» esclamò Tom, il proprietario dell'esclusivo pub nel centro di Londra, spingendo il vassoio davanti ad Alison.
«Ma è il privè!» disse lei posando le mani sul bordo del vassoio, «È della zona di Kat.»
«Kat è andata a casa, non si sentiva bene.» pronunciò Tom prima di allontanarsi.
Alison alzò le spalle, prese il vassoio e si diresse al piano di sopra, la zona dei privè.
Fece un cenno con la testa al bodyguard ed entrò nella stanza sulla sinistra.
Rimase sorpresa quando vide chi era il cliente che doveva servire.
Respirò a fondo, si stampò un sorriso sulle labbra e s'impose di non tremare.
Non era la prima volta che nel locale entrava qualcuno di famoso ma era la prima volta che entrava lui.
«Il Margarita?»domandò stupendosi di avere voce.
Lui le sorrise. «È il mio, grazie.»
Alison lo guardò e si sentì arrossire. Aveva un sorriso bellissimo, meraviglioso. Abbassò il viso e posò i drink sul tavolo, il Margarita davanti a Duncan e la Caipiroska davanti a Tara. Posò la ciotola con i salatini, mormorò un salutò e se ne andò sentendosi sempre più imbarazzata. Duncan non le aveva staccato gli occhi di dosso, ne era certa. Si domandò perché la stesse guardando, lei era una ragazza normale, non una super modella dalle gambe chilometriche e dal corpo perfetto.
Tornò al piano inferiore, in attesa del prossimo ordine da consegnare, anche se la sua mente tornava a quell'attimo, quell'istante in cui lui le aveva sorriso e la sua giornata aveva avuto finalmente un senso.
La serata proseguì senza intoppi almeno fino a circa l'una del mattino, quando Tom le disse di tornare nel privè, doveva portare un altro ordine.
Alison fissò lui poi il vassoio, questa volta c'era solo un bicchiere, il Margarita. Deglutì la saliva, prese il vassoio e andò al piano di sopra.
Duncan era da solo, sembrava pensieroso. Alison sorrise e posò il Margarita davanti a lui, che le sorrise.
«Grazie.» disse continuando a fissarla.
Alison si bloccò non sapendo cosa dire o casa fare, alla fine, dopo quelli che gli sembrarono ore, sorrise.
Duncan alzò il bicchiere continuando a guardala. «Come ti chiami?» le domandò.
«Ali... Alison.» balbettò lei imbarazzata, lo guardò negli occhi e abbassò il viso sentendosi avvampare. «Devo andare.» disse e si allontanò dandosi della stupida.
Posò il vassoio sul bancone e andò nel retro del locale, si appoggiò al muro e respirò profondamente.
Sì, era una stupida e quando la sua amica e coinquilina Charlene avrebbe saputo che aveva incontrato Duncan James e che non gli aveva detto praticamente nulla, si sarebbe sicuramente arrabbiata.
Si passò una mano sul viso e tornò in sala, mancava poco più di mezz'ora alla fine del suo turno.

***

«Dove diavolo...» mormorò Alison cercando la tessera dei mezzi pubblici nella borsa, la trovò nella taschina interna, la prese, la tenne fra i denti denti e chiuse la cerniera della borsa.
«Ciao.»
Alison si bloccò e di voltò, prese in mamo la tessera e cercò di sorridere. «Ci... ciao.» balbettò.
Duncan le sorrise. «Sei stanca?» le domandò.
Alison lo guardò, voltò la testa a destra e a sinistra e guardò Duncan, stupendosi che lui stesse parlando proprio con lei.
Duncan sorrise, «Sì, parlo proprio con te.» disse cercando di non ridere.
«Sì, sono un po' stanca.» rispose sentendosi ancora più stupida di prima.
«Vuoi un passaggio?» le chiese facendo dondolare le chiavi della macchina.
Lei lo guardò e si domandò come una persona potesse essere così bella: tutto in lui era perfetto. Si domandò come mai le stesse offrendo un passaggio, in fondo non la conosceva per nulla, era solo la cameriera che gli aveva portato da bere. Lo guardò domandandosi se dovesse accettare. Pensò che doveva prendere la metro e farsi un pezzo di strada a piedi. «Sì.» si sentì rispondere.
Duncan le sorrise e si avvicinò a lei, le circondò la vita con il braccio sinistro e la condusse verso il parcheggio. «Perché mi offri un passaggio?» domandò, «Non mi conosci.»
Duncan alzò le spalle. «Perché sei stata gentile con me.» rispose.
Alison aprì la bocca per ribattere che faceva parte del suo lavoro essere gentile con i clienti ma la richiuse pensando che non fosse il caso. Duncan le aprì la portiera e le sorrise nuovamente, lei salì in macchina e sistemò la borsa sulle coscie e allungò le gambe muovendo i piedi doloranti.
Duncan salì al posto di guida e si voltò verso di lei, «Dove abiti?» le chiese.
Alison lo guardò e per un secondo dimenticò dove vivesse, fu solo un attimo, poi sorrise e gli diede l'indirizzo.
Duncan partì e uscì piano dal parcheggio, «Quanti anni hai?»
«Ventitré, il mese prossimo sono ventiquattro.» rispose incominciando a rilassarsi.
Duncan rimase in silenzio per qualche istante. «Lavori lì da tanto?» gli chiese.
«Da quando è aperto.» rispose sentendosi sempre più idiota, non sapeva cosa dire o cosa chiedergli, tutte le domande che gli venivano in mente le sembrarono così... stupide e infantili. «Come va?» chiese pentendosene subito dopo, quella domanda era la più insulsa che potesse fare, guardò dritto davanti a sé, sperò che lui non si accorgesse delle sue guance rosse.
Duncan sorrise, apparentemente ignaro dello stato d'imbarazzo in cui si trovava Alison. «Bene, grazie.» rispose senza guardarla.
Alison sorrise e si rilassò, aprì la borsa e iniziò a cercare le chiavi di casa visto che non sapeva cosa fare, afferrò il portachiavi a forma di delfino e lo strinse nella mano destra.
«Vivi con qualcuno?» domandò Duncan.
«Con la mia migliore amica Charlene.» rispose lei, «Viviamo insieme da quando abbiamo iniziato l'università.» aggiunse e pensò a quello che avrebbe detto la sua amica quando avrebbe saputo che era stata accompagnata a casa da Duncan James, guardò il ragazzo e decise di non dire nulla.
Duncan le chiese che studi avesse fatto e lei rispose con voce tremolante che aveva frequentato economia, ma che l'aveva fatto solo perché i suoi genitori avevano insistito.
Duncan non disse nulla e rimase in silenzio. «Cosa avresti voluto fare?» le domandò.
Alison alzò le spalle e guardò fuori dal finestrino. «Non lo so, qualcosa di più divertente.» rispose, vide che erano quasi arrivati davanti a casa sua e si sentì male, avrebbe voluto stare con lui ancora a lungo, anche se non sapeva cosa fare o cosa dire.
Duncan fermò la macchina e si voltò verso di lei, ad Alison mancò il respirò quando incrociò il suo sguardo.
«Grazie.» mormorò imbarazzata e girò la testa. “Non è nulla," si disse, "adesso scendo e lui fra due minuti si sarà scordato di me.
«Alison...» la chiamò Duncan. Lei si voltò verso di lui, sorpresa. «Mi daresti... il tuo numero di telefono?»
Alison aprì la bocca sorpresa, «Io... certo!» disse e sorrise.
Anche Duncan sorrise e Alison sentì le farfalle nello stomaco, temette di poter svenire da un momento all'altro, gli diede il suo numero con voce tremante, e gli disse che lavorava dal martedì alla domenica, dalle otto di sera fino all'una e mezza.
Lui sorrise, gli circondò le spalle con un braccio e le baciò un guancia. «Ci sentiamo.» le disse.
Alison annuì e scese dall'auto, lo salutò con la mano ed entrò nel palazzo dove viveva, solo allora si accorse che lei aveva dato il numero a Duncan ma lui non gli aveva dato il suo. Sbuffò e si diede della stupida.
Salì lentamente le scale convincendosi che Duncan non l'avrebbe mai chiamata, era sicura che le avesse chiesto il numero per gentilezza.
Entrò in casa silenziosamente e andò in camera sua, si sedette sul letto e respirò profondamente.
Mentre si massaggiava il piede sinistro le arrivò un sms. “Buonanotte. D.”

Oggi

Alison aprì gli occhi e sbadigliò.
«Mamma?» la chiamò Emily in piedi accanto a lei.
«Dimmi,tesoro.» esclamò lei mettendosi seduta, si domandò per quanto tempo avesse dormito. Guardò la sveglia, erano le quattro del pomeriggio, aveva dormito quasi un'ora.
«Voglio il succo.» rispose la bambina prendendo la mano della madre e tirandola.
«Arrivo.» disse Alison alzandosi in piedi, accarezzò i capelli biondi della bambina e andò in cucina.
Aprì il frigo e aprì la bottiglia del succo, lo versò in un bicchiere e lo diede alla bambina. «Stai attenta.» le disse. Si spostò verso il piccolo televisore e lo accese.
Lo spense subito dopo quando l'immagine di Duncan apparve davanti ai suoi occhi.
Sbuffò e si appoggiò al mobile. La cucina era piccola, così come il resto della casa, salotto,camera da letto e bagno, ma era l'unica cosa che poteva permettersi.
«Perché hai spento?» chiese la bambina posando il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Perché non mi andava di guardarla.» rispose lei spostando il bicchiere nel lavandino e si inginocchiò davanti a Emily «Ti va di andare a fare la spesa?» chiese. «Tornando indietro possiamo fermarci a prendere la pizza.»
Gli occhi blu della bambina s'illuminarono, «Sì! La voglio con le patatine!» trillò la bambina.
Alison si alzò in piedi. «Vai a lavarti le mani.» disse alla bambina.

***

Alison spalancò gli occhi quando vide chi stava arrivando, prese in braccio Emily e accelerò il passo; sapeva che poco più avanti, sulla sinistra, c'era una stradina in cui avrebbe potuto svoltare.
«Mamma, le paperelle!» protestò la bambina.
Alison la ignorò e andò più veloce.
«Mammina....» esclamò la bimba, spingendo in fuori le labbra rosee.
«Non ci andiamo più, la mamma è stanca.» spiegò Alison e sospirò, accarezzò la schiena della bambina preparandosi alla crisi di pianto che sapeva sarebbe arrivata presto.
La bimba piegò le labbra in un broncio e scoppiò a piangere.
Alison le baciò il viso, «Ci andiamo domani, promesso.» le sussurrò ma la bambina la ignorò e cominciò a scalpitare per poter scendere. «Fai la brava.» le disse la madre.
«Paperelle! Paperelle!» strillò la bambina.
Alison la fece scendere a terra e si piegò per poterla guardare negli occhi. «Non fare così! Ti ho detto che andiamo domani!» disse cercando di non perdere la pazienza.
La bimba si passò una mano sugli occhi lucidi e annuì. «Sì.» bisbigliò, Alison sorrise e la prese nuovamente in braccio.
Le baciò i capelli biondi e guardò davanti a sé, il suo cuore mancò un battito quando vide chi c'era a pochi passi da lei. Aveva fatto di tutto per poterlo evitare ed ora lui era davanti a lei.
«Alison...» mormorò Duncan.
Lei lo fissò a lungo prima di poter ritrovare la voce. «Ciao, Duncan.» disse «Simon.» aggiunse e cercò di superare i due.
«Alison, aspetta!» le disse Duncan mentre Simon li guardava senza capirci molto. Sapeva solo che Alison era la ex di Duncan e che lei l'aveva lasciato e che era sparita dalla circolazione.
«Ho fretta.» disse lei senza guardarlo, stringendo la bambina a sé, alzò per un attimo il viso e lo guardò, per un attimo fu travolta dai ricordi, che la investirono come se fossero un treno ad alta velocità. Le tornarono in mente tutti i momenti passati insieme, tutte le belle cose che avevano condiviso,quanto lo avesse amato e quanto lo amasse ancora.
«Ho fretta.» ripeté.
«Mamma... chi sono?» domandò Emily guardando i due ragazzi.
Alison non guardò Duncan e neppure Simon. «Emily loro sono... vecchi amici della mamma.» rispose e s'incamminò, superando i due, imponendosi di non voltarsi, di non tornare indietro e urlare a Duncan che lei lo amava ancora e che quella era sua figlia, anche se non ci voleva un genio a capirlo, Emily era uguale a Duncan.
«Lo sapevi?» domandò Simon.
Duncan scosse la testa, stava guardando nella stessa direzione in cui Alison e la bimba se ne erano andate. «Quella bambina... è mia figlia.» mormorò, «Emily è mia figlia.»

Ed ecco il primo capitolo, spero che vi sia piaciuto :)
Ringrazio chi legge, chi mette la storia fra i preferiti/seguite/ricordate e chi recensisce.

   
 
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