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Autore: ChocoCat    15/06/2013    1 recensioni
*in fase di aggiornamento per cambiamenti nella trama*
E se qualcuno avesse sottratto Sirius alla morte quel giorno della battaglia nell'ufficio misteri?
Estratto dall'ultimo capitolo:
...Era perché le stava accanto giorno e notte, che pensava tanto a lei. Era perché il destino di Averill era più nero del suo, che si dannava tanto vedendola piangere. Era perché se ne occupava come di una bambina, che aveva cominciato a preoccuparsi naturalmente per lei.
Il fuoco si stava spegnendo, così fece un gesto per cercare la bacchetta, ma non la trovò. Una macchia nera d’angoscia dilagò nel suo petto, cogliendolo del tutto impreparato.
“Averill!”
“AVERILL!”
Si alzò di corsa, scivolando e aggrappandosi alla poltrona, e in un attimo batteva i pugni sulla porta sigillata del bagno, senza ricevere risposta; era esattamente quello che si sarebbe dovuto aspettare...
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Come una pioggia di mattoni, tutto quello che era successo gli piombò ferocemente sulle spalle: Harry era rimasto là, in preda ai mangiamorte, con i suoi amici! E Remus? Erano sopravvissuti? L’angoscia gli morse le viscere e gli tolse il respiro già carico per la cicatrice che ancora gli ardeva la pelle. Il dolore esiste anche nel regno dei morti, o almeno lo pensò mentre cercava con difficoltà di rimettersi in piedi. Non c’era rumore di uccelli, solo silenzio di tomba in quella nebbia fitta e assiderante. Mentre cercava un qualche segno, di qualsiasi cosa, inciampò malamente su un corpo disteso a terra e nascosto dalla nebbia.

È viva, fu il suo unico pensiero quando ella si ridestò e gridò così forte da farlo balzare in piedi spaventato. Gli parve d’un tratto che il tempo volasse, mentre dopo essersi accorto che quella donna stava soffrendo le pene dell’inferno cercava di capire da dove arrivasse tutto quel sangue. Sentì l’ansia crescere e insieme ad essa l’urgenza di porre fine a quella sofferenza; gli ricordava la sua, si rispondevano ed erano come due onde sonore perfettamente sovrapposte. Sirius tremava come una foglia, un tremore che sulla sua pelle sapeva di Azkaban

“Ehi, ehm, piano, non piangere! Su, calmati... dimmi, hai una bacchetta? Ce l’hai? Ce l’hai, vero?”

 

Lei fece segno di no, mentre grosse lacrime le bagnavano il viso; decise che non poteva darle retta, era visibilmente spaventata e confusa e negava qualsiasi cosa lui le chiedesse. Sirius, che si era dimenticato di aver perso la sua durante la battaglia, cercava freneticamente con una mano la federa di cuoio in cui solitamente la conservava, a livello della cintola. Poi la vide; la bacchetta della ragazza era a pochi centimetri dalla mano che la usava – la sinistra- e che probabilmente l’aveva usata poco tempo prima.

Non esitò e la prese in mano, mentre sussurrava piano parole di conforto a quella strega sconosciuta. La bacchetta di lei era calda al tatto e sembrava avesse subito danni da un incantesimo estremamente potente perché una crepa si apriva dall’impugnatura alla punta, lasciando intravedere un color lava incandescente all’interno di essa. La vide sbuffare scintille indispettita sotto al suo tocco e al suo potere, ma dopo essersi assicurato che funzionasse con un incantesimo di Appello decise che non era il momento di fare tanto il difficile tentò tutti gli incantesimi di Guarigione che conoscesse. La ragazza piangeva ed era piena di tagli sanguinanti, uno spettacolo orrendo, da fare pietà, come se numerose mani l’avessero aggrappata; le braccia, il collo esile e il petto erano in sangue. Sembrava che delirasse e il suo sguardo era completamente offuscato.

Mentre sollevava le mani su di lei e mormorava a bassa voce per arginare il flusso di sangue, lei parve immediatamente meno pallida e piano piano riprese un respiro normale. Si puntellò sui gomiti e timorosa lo guardò dritto negli occhi.  

“Sirius”

 

Impallidì al suono del proprio nome. Pensò che doveva averla già vista da qualche parte, tentò un rapido sommario delle ultime notizie sulla Gazzetta, ma non si ricordava affatto di lei. Forse era morta tempo addietro? 

“Ci conosciamo, vero? La tua faccia… mi dice qualcosa. Come ti senti?”

Si, in un certo senso” lei parve essere sul punto di perdere i sensi, si aggrappò al suo braccio e Sirius guardò la sua pelle perdere gli ultimi sprazzi di colore “senti, parliamone meglio… quando le cose si saranno risolte. Ho bisogno che ritroviamo qualcosa…”

 

Sirius parve spiazzato, ma si riprese in fretta.

 

“Cos’è?” disse, preoccupato.

 

Nemmeno morto, lo avrebbero lasciato in pace? Dov’era il riposo eterno tanto nominato, tanto invocato? Si ridestò quando vide le mani di lei tastare il terreno.

 

“È un orologio; è molto importante, Sirius. Aiutami… Ti prego, Appellalo”

“Accio!” un sibilo gli disse che qualcosa stava effettivamente sfrecciando verso di lui.

 

Acchiappò al volo l’orologio d’oro da taschino, non ebbe neanche il tempo di guardarlo bene che lei glielo prese di mano facendo scattare il coperchio. Alla vista delle lancette, come un segnale che aspettava da tempo, si slanciò verso di lui “Presto, vieni qui!” e si strinse forte alla veste scura di Sirius, che mentre stava per caderle nuovamente addosso si sentì risucchiare per l’ombelico un’altra volta. Merlino, cosa significa tutto questo? Istintivamente Sirius e la strega erano rimasti aggrappati per le vesti, per fortuna, perché atterrarono in una seconda radura, non più conosciuta della precedente; si ritrovarono stesi a terra ansanti. Il cielo era scoperto, incorniciato dalle fronde di querce e platani lussureggianti. Non erano al riparo. Sirius si sedette e si portò indietro i capelli arricciati dall’umidità, in un gesto di nervosismo. La sua veste era una passaporta - un’altra-, ne era certo. E lei, di cui non sapeva nemmeno il nome, l’aveva usata, chissà forse anche programmata. Chi era quella strega?

Le ferite che tanto lo avevano spaventato poco prima avevano ripreso a sanguinare ma lei sembrava non curarsene, era visibilmente preoccupata da altro. Sirius sentì lo stomaco stringersi, la bile risalire: non era ancora finita. 

“Presto, seguimi”.

 

Lo aiutò ad alzarsi – con quale forza, si domandò Sirius- e si diressero verso un sentiero fra gli alberi che aveva ben poco di rassicurante. La strada si rivelò essere corta, e Sirius ne fu immensamente grato: in petto gli pulsava ancora dolorosamente la cicatrice, era debole e stanco per tutti gli incantesimi che aveva dovuto fare per far rinsavire la strega.

Lei pareva riacquistare serenità nonostante il viso pallido. Sirius ebbe modo di studiarla; era di media statura; i capelli marroni erano quasi rossicci, e dopo le varie cadute erano bellamente arruffati attorno al viso; aveva un viso dalle curve morbide ma era contratto in una maschera di serietà assoluta. Camminava sicura, ma tenendosi le braccia, rabbrividendo. Le mani le tremavano debolmente quando cercò nelle tasche della veste un mazzo di chiavi.

Poi gli chiese indietro la bacchetta, “Devo rompere i sortilegi di Protezione” si arrampicò su un grosso masso ricoperto di muschio accanto a loro e sollevò le mani; “Li ho messi io” aggiunse, forse sperando di confortare Sirius che pareva ancora intontito e profondamente poco convinto della piega che prendeva la situazione.

Se non altro me lo aspettavo, pensò malignamente quando sentì le gambe diventare di ricotta per il terremoto; come un fungo d'autunno, tra gli alberi si sollevava lenta una casupola in pietra, facendo tremare tutto ciò che li circondava. Si sentì immediatamente al sicuro là dentro, ma non riusciva a smettere di pensare ai compagni dell’Ordine. Non ci fu alcun sospiro di sollievo. La rabbia che provava per Bellatrix Lestrange gli arse la gola, e parve risalire a tutta la bocca perchè gli si seccò la lingua; non per quello di cui l'aveva privato, ma per quello che aveva fatto al piccolo... continuava a rivivere la maschera di orrore che aveva visto specchiata negli occhi di Harry mentre lui se ne andava via. Sapeva cosa rappresentava ai suoi occhi, lo sapeva che finalmente Harry era felice di poter contare su un adulto, l'idea di avere qualcuno che ti aspetta da qualche parte era parsa rassicurante anche a lui... tutti motivi che l'avevano spinto a buttarsi tra le braccia del nemico per salvargli la pelle. La sua vecchia pellaccia inutile. Solo che era stato ingannato e preso in giro dal Signore Oscuro per essersi voluto aggrappare a quell'unica persona che era lui: Sirius. Per la seconda volta nella sua vita, il senso di colpa lo avviluppò come un serpente, e non riuscì a concentrarsi su nient'altro, nei minuti che seguirono la chiusura della porta da parte della strega. Lei non gli prestò attenzione per qualche istante, era occupata a proteggere nuovamente quell'angolo di bosco sicuro.

Sirius Black si lasciò cadere su una poltrona vicino ad un focolare acceso - era stata lei ad accenderlo, o lo era già da prima? Non ne aveva idea...- e si portò stancamente una mano sugli occhi.

“Sirius” Una timida voce femminile lo appellò alla realtà, che di realistico non aveva proprio niente in quel momento:

“Posso offrirti qualcosa, posso fare una zuppa...

“No grazie, ora siediti, per favore” lo disse con voce calma, ma il mento tremava d’impazienza; aspettò che lei fosse seduta per cominciare.

“Io sono morto, rassicurami. Perdona la mia maleducazione ma ho bisogno di chiarimenti. È vero, giusto? Perché so di aver ricevuto una Maledizione Senza Perdono. Ne ho sentito il contraccolpo qui sul petto, quella vipera velenosa… insomma, la mia assassina, ha puntato al cuore. Mi ha fatto male, dunque sono morto, per forza. Ma ora dove siamo, nel mondo dei morti? E, se posso permettermi, tu chi sei, e cosa c’entri con tutto questo… con me?

 

Lei parve impallidire, forse per la stanchezza, ma rispose comunque abbassando la testa.

 “Tu non sei morto, Bellatrix ti ha colpito con un Avada Kedavra, hai ragione; ma sono riuscita a trascinarti via al momento giusto, e ho deviato l’incantesimo” alzò lo sguardo per incontrare il suo. La rabbia che incupiva il viso di Sirius si dissolse un poco, per lasciar spazio all’incredulità:

“Stai scherzando? Come hai potuto fare una cosa del genere ed essere ancora viva? In ogni caso, io non…” lei si alzò in piedi a fatica e lentamente si avvicinò per raggomitolarsi sulla poltrona di velluto di fronte alla sua.

“No, non sto scherzando, Black. Non ti ricordi di me, vero?”

 

Sirius non se ne accorse ma il cuore di lei cominciò a contrarsi più rapido che mai. Gli bastò un’occhiata per rendersene conto. Non si ricordava affatto di lei. In compenso, l’impressione di averla già vista si accentuò un poco.

 

“Emilia Averill, piacere tutto mio a quanto vedo

“Sirius Black, ma tu mi conosci già non è così?”.


Le mani le tremarono quando prese a raccontare la sua storia, mentre le ombre del fuoco danzavano sulle pietre scure dei muri attorno a loro.

 “…Ad Hogwarts, quando tu, Lupin, Potter e Minus andavate alla stamberga strillante?” Sirius annuì, deciso a non interrompere per pura impazienza “Sappi che non eravate sempre soli. Per la mia incolumità, il preside mi aveva reso Irrintracciabile e Disillusa, ma voleva qualcuno che vi tenesse d’occhio, sai, perché non succedesse niente nella foresta, perché Lupin non ne combinasse una troppo grossa… ogni volta, tu e Potter riuscivate a recuperare le briglie della situazione. Io ero presente. Ero sempre con voi. Vi tenevo d’occhio, per il professor Silente”.

 

Averill si perse nei ricordi, mentre lui la fissava inebetito. Le pupille marroni del mago non l’abbandonarono un solo istante. Improvvisamente si fecero minacciose; si era fidato di lei, ma perché? Gli si strinse la gola, non la conosceva, e forse nessuno dei due era morto come lui credeva. Aveva abbassato fin troppo la guardia perché le era sembrata debole. Tienilo a mente, Sirius, questa donna ti ha portato via dal tuo mondo; ti ha salvato la vita, ma non ti conosce nemmeno, potrebbe anche averti preso in custodia per consegnarti a… solo il pensiero della prigione in cui aveva passato quasi metà della sua vita gli fece rizzare capelli sulla nuca. Scosse la testa con forza, non voleva fidarsi. Non doveva. Non poteva.

 “A parte il fatto che non ce ne eravamo mai accorti, io men che meno” ringhiò Sirius “come mai ti sei nascosta per vent’anni? E per quale motivo sei saltata fuori adesso?!” Non si lasciò impietosire dall’aria fragile che aveva preso in seguito alla durezza delle sue parole. O forse non era per le sue parole? In entrambi i casi, non era rilevante in quel momento, lui aveva bisogno di sapere.

“Silente non voleva che si sapesse. Poi durante la guerra hanno fatto fuori la mia famiglia per motivi che non sto a spiegarti. Tornata a casa, non c’era nessuno. A parte il gatto di casa, voglio dire. Niente e nessuno che mi aspettasse, non avevo più niente. Nemmeno un futuro, per quel che ne sapevo…” La voce si incrinò “Avevo perso tutto quanto”.

 

E fu in quel momento che ricordò perché le era familiare. Gli balenò in mente una ragazza carina che rideva con gli amici e faceva svolazzare i libri sopra la sua testa, sdraiata su una panca nel parco di Hogwarts. Ma c’entrava davvero qualcosa con la strega che aveva davanti in quel momento?

 

“Ora mi ricordo di te… Prefetto Averill, Corvonero; la P non te la toglievi mai di dosso, non è cosi?! Eri al 5° anno quando ero all’ultimo. Dio, eccome se mi ricordo… James ti odiava, non so più quanti punti gli avevi tolto per qualche stupidata… Come hai fatto a dare tanto nell’occhio a Silente?” le scoccò un’occhiata antipatica che lei liquidò scuotendo la testa.

 

Osservandola meglio, si rese conto di conoscere la lei in miniatura e divisa scolastica, con tanto di cappello di feltro e capelli spettinati. Toccò a lui perdersi nei ricordi che, malamente e dolorosamente, aveva custodito da qualche parte.

 

“Non ho avuto bisogno di dargli nell’occhio” disse con aria saccente, leggermente innervosita “avevo dei buoni voti e mi comportavo bene, e Silente ha deciso che fra i prefetti ero quella che meglio conveniva alla situazione; è stato puramente casuale. Quello che è successo dopo, però, di meno”.

 

Mentre parlava si alzò e mormorò un Appello, e un barattolo in vetro contenente essenza di Dittamo le volò addosso; si scansò all’ultimo e con la punta delle dita lo afferrò. Déjà vu.

 “Ed eri anche la cercatrice di Corvonero, ora che ci penso” disse Sirius, più a se stesso che non a lei.

“Precisamente: ci vedevamo spesso, e probabilmente mi hai anche indirizzato qualche parolaccia durante le partite; ma non siamo mai stati amici, vero Sirius-quanto-sono-brillante-Black?”.

 

Stringeva le mani bluastre con forza, gli occhi mandavano lampi, un attimo dopo si rivoltarono e perse conoscenza. Avrebbe potuto accorgersene prima, del tremolio dei suoi gesti, dell'indecisione nei suoi passi. Invece non l'aveva fatto. Così, all'improvviso, il barattolo esplose a terra e il corpo di Averill si accasciò nella poltrona, inerme. Era tutto macchiato di sangue attorno a lei: la poltrona, perfino il pavimento. Sirius sentì ghiacciarsi il sangue nelle vene. Le prese la bacchetta di mano;

 “Reparo!” esclamò, per poi accorgersi che il Dittamo non sarebbe mai stato sufficiente ad arginare quelle ferite, tantomeno i suoi deboli incantesimi di Guarigione.

Cercò nervosamente una libreria per trovare un libro di pozioni, anche di incantesimi, qualsiasi cosa. Quella strega sapeva troppe cose che gli interessavano, e senza giustificazione lo aveva sottratto alla morte, e, allo stesso tempo, ad Harry. Doveva capire. Aveva un disperato bisogno di guarirla. Oltretutto, ora che l’aveva riconosciuta, un pizzico al cuore gli diede l’ultima spinta di cui aveva bisogno per decidersi.

Sirius aprì una porta scura e pesante che cigolò rumorosamente, e i suoi passi echeggianti in quell’abitacolo raggiunsero una scrivania. Era piena di libri e appunti, ma gli saltò agli occhi la pagina tutta scribacchiata di un libro, che parlava vagamente di incantesimi di Protezione; si accorse di una miniatura in bianco e nero, una donna sembrava morta a terra e si dissanguava da ogni dove, era incredibilmente ricoperta di tagli. Accigliato, ordinò alle candele della stanza di accendersi e si sedette a leggere, mentre le mani gli tremavano per l’eccitazione. Perché invece di morire si ritrovava in una situazione del genere? Non aveva avuto un attimo di riposo! E adesso quella ragazza stava perdendo tanto di quel sangue che si chiedeva come potesse essere ancora viva! Una voce maligna si fece strada nella sua mente, mettendolo faccia a faccia con la realtà dei fatti. Una voce che Sirius odiava più di sua madre, più di Mocciosus, più di Minus… il suo vero io, la sua vera essenza: andiamo Sirius, non era quello che desideravi? Palpitazioni, azione, battaglia e melodramma? Su, fatti sotto, e dimostrami di essere all’altezza della situazione… o forse era meglio restarsene buoni buoni, quatti quatti a Grimmauld Place insieme a quel sudicione di Elfo Domestico? Scosse la testa arrabbiato e si focalizzò sull’immagine che aveva visto poco prima. Non ci riuscì. Ingoiò la bile e sbatté le palpebre più volte. Un bambino, presumibilmente figlio di quella donna morente, era vivo e vegeto, e l’intuito gli indicò che forse era lui la vittima prestabilita. Magia antica. Dall’altra parte della scena, l’aggressore scagliava un dardo luminoso con la sua bacchetta. Magia nera.

Non gli venne immediatamente in mente quello che gli sarebbe stato chiaro come il sole in un momento più tranquillo, ossia che la scena ricalcava, più o meno precisamente, la notte in cui il suo migliore amico e la moglie erano venuti a mancare. Riprese la lettura.

 "Se si vuole proteggere una persona ad ogni costo, non si deve temere la morte… al momento opportuno, esser presenti… consumata la pozione Protettiva da poco, come tutti i giorni prima del predestinato… basterà interporsi, fra la persona da Proteggere e la nemica Morte… nessuna garanzia di sopravvivenza… ma l’altro sarà salvo".


Gli scarabocchi attorno al paragrafo che stava leggendo, a giudicare dalla calligrafia femminile, dovevano appartenere ad Averill, e riguardavano quella pozione sopracitata. Incorniciavano la pagina degli ingredienti, più in basso, e la ricetta era interamente rivisitata. Questo significava che se anche avesse trovato la soluzione al dissanguamento nel libro non ci sarebbe stata nessuna certezza che avrebbe funzionato. Maledetta ragazza, cosa le era venuto in mente?!

 

*°*

 

Un fumo verdognolo uscì dal calderone, segno che la pozione era pronta. Si sporse e un odoraccio di erbe di campo, zuppa di cavolo e asparagi gli pizzicò il naso. La pozione Arginante era molto complicata, senza contare quante volte avesse dovuto rileggere le modifiche della strega – accidenti, non ci capiva niente!- nel timore di sbagliare tutto e ritrovarsi solo con i suoi dubbi. Con gesti rapidi della bacchetta ottenne delle strisce di tessuto da un lenzuolo e fece levitare il tutto verso il salotto. Averill era ancora sdraiata mollemente sulla poltrona, sembrava aver ripreso conoscenza ma era debole, non aprì nemmeno gli occhi. Sirius trasfigurò la poltrona in un divanetto, un po’ rigido ma perfettamente adatto alla situazione. I segni che si affrettò a guardare sulla carne pallida della giovane erano visibilmente stati fatti da numerose mani. Senza rifletterci più di tanto la mise più comoda e stregò le bende perché s’imbibissero nel calderone e poi s’insinuassero attorno alle ferite. Lavò rapidamente tutto il sangue rappreso che aveva sui vestiti e attorno a lei, poi tornò di corsa al libro aperto.

Rilesse la frase più volte, e poi prese a camminare su e giù per la stanza.

 “Inutilizzabile la pozione Rimpolpa Sangue, si può forse attenuare il dolore e accelerare la guarigione tentando una Soporifera, magari dormendo lei…

 

Averill si svegliò e prese a respirare più a fondo. Non riusciva a vedere chiaro, ma poco importava, era al sicuro. Sentì un odore familiare provenire dal calderone nel camino.

 “Pozione Soporifera? Sei sicuro che sia una buona idea?” mugolò, senza aprire gli occhi.

“Senti, sei molto fortunata ad essere in questo stato adesso, perché se no ti avrei già appesa al muro e tartassata di domande!” Sirius non prese quasi fiato, e continuò imperterrito a sbraitare e gesticolare senza riuscire a stare seduto “Cosa ti è saltato in mente di fare quell’incantesimo? Non mi conosci neanche. Non sai chi sono, cosa ho fatto negli ultimi anni. Per quello che sai, anzi, sono un assassino e un fuorilegge ricercato! Nessuno sa chi sono io, che fine ho fatto. Cosa mi sia successo veramente, dubito che tu ne sappia qualcosa. E adesso tu mi vieni a dire... No, mi dispiace. Tu sei fuori di testa. Anzi, fammi indovinare, è quel pazzo rimbambito di Silente che ti ha obbligato a farla, vero? Si, dev’essere cosi… Per la barba di Merlino… Accidenti!!” sembrava davvero impazzito, tanto che Averill lo squadrò come avrebbe fatto con un Troll che cerca di esprimersi in inglese corrente. Sirius sembrò rendersi conto della sfuriata contro di lei, arrossì e si sedette di fronte con aggressività.

“Non è vero… Silente, non è vero che mi ha obbligata. Mi ha solo messo tra le mani tutte le informazioni necessarie ed io ho fatto quello che ritenevo giusto fare. Non parlare male di lui, non con me. Lui mi ha salvato la vita, e comunque mi ha detto la verità su di te”. Sirius rimase di nuovo interdetto. Sembrava che ci fossero dettagli di cui lui non solo non sapeva niente, ma che oltretutto non avrebbe nemmeno potuto immaginare. Ormai era deciso a non perdersi una parola di succosa verità.

“Sei sicura di riuscire a parlare in questo stato? Non ti sembra il caso di parlarne domani, o quantomeno quando ti sarai riposata? Senza offesa, ma sei terribilmente macabra” Si agitò, come impacciato, sul velluto scuro.

“Probabilmente non è una cattiva idea” assentì lei, e si rilassò immediatamente.

 

Rimase a guardarla sopita per qualche istante, mentre i pochi e brevi istanti in cui l'aveva vista a scuola si sovrapponevano al corpo sdraiato di fronte ai suoi occhi. Nonostante l'inquietudine si addormentò come un bambino, con la mente brulicante di ricordi che credeva ormai persi.

 

*°*

 

Harry gridò il suo nome, più volte, e l’ultima gli sembrò insopportabile. L’eccitazione folle negli occhi di Lestrange raggiunse il suo culmine nel momento in cui, interdetto, rimase a mezz’aria e gli cadde di mano la bacchetta. Il lampo verde lo raggiunse e l’avviluppò. Tutto rallentò improvvisamente e i rumori si attenuarono. Sentiva il petto dilaniarsi, e tutto quello che voleva, era vedere, toccare Harry per l’ultima volta. Sperò che Remus non l’avesse visto, così vulnerabile e così molliccio, sospeso nel nulla. Invece nessuno se n’era accorto, tranne il ragazzo e la sua assassina. Non era morto, non ancora. E lì si accorse delle mani che cingendo i suoi fianchi l’avevano afferrato e portato via. Mani invisibili ma decise. Questa volta se ne accorse in tempo, e allungò disperatamente le braccia verso Harry, “HARRY SONO QUI, SONO VIVO. ASPETTAMI HARRY” gridò, ma non sentì la propria voce, mentre un’altra gli s’insinuò fra i pensieri, più subdola, dolorosa “Tu non lo rivedrai. Te ne sei andato, e l’hai lasciato da solo, indifeso. Non sei stato capace di proteggervi, i tuoi riflessi ti hanno tradito… Forse era meglio se…

 

“NO” gridò Sirius, e si svegliò ansimante dalla poltrona nella quale si era addormentato.

 

La cicatrice in mezzo al petto era ancora calda e sentì gli occhi inumiditi. Corrucciato, volse lo sguardo su tutta la stanza, nulla era cambiato. Il caminetto cullava un fuoco sempre più docile, sul tavolino c’era il calderone pesante con la pozione Soporifera, una boccetta con l’Arginante, e accanto, sul divanetto, Averill che dormiva beatamente sul fianco. Con calma, si disse. Si stropicciò il viso e portò una mano alla cicatrice; quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva sentito il cuore pulsare così rapido e forte? Si massaggiò il petto come per calmarlo e s’incamminò di nuovo verso la stanza del libro. In uno strano stato d’inerzia, cominciò a guardarsi attorno. L’arredamento era povero, ma lui cercava dettagli più importanti. Qualche indizio, di lei, di lui o di Silente. Perché chi altri c’entrava in quella storia, dopotutto?

 

Sul muro, sbiadito, c’era uno stendardo di Corvonero. Una finestra aperta gli fece pensare che c’era un gufo in quella casa. Nonostante tutto, la realtà stonava con l’idea che si era fatto di essa, ossia che non era più completamente vivo. Eppure soffriva, provava rabbia, dolore, imbarazzo e vergogna. Dalla battaglia alla morte alla casa nel bosco. Scosse la testa, angosciato. Non riusciva a capacitarsi di essere ancora vivo. Forse doveva ringraziarla? Aveva deciso che l’avrebbe ringraziata al momento opportuno, quando avesse avuto un quadro più esaustivo della situazione. Inutile affrettarsi. O forse sì, dato che non sapeva nemmeno quanto sarebbe riuscito a tenerla in vita? La testa gli scoppiava per le troppe domande, ma si rese conto di quanto macinasse rapidamente gli avvenimenti. Si sentì inaspettatamente lucido. Da quanto tempo aveva messo in letargo il cervello? Se lo figurò materialmente in un ammasso rattrappito, e gli venne in mente quella volta che James aveva nascosto un piatto di lasagne sotto al letto ad Hogwarts, e l’avevano ritrovato due settimane dopo. “Flora et fauna”, o almeno così l’avevano battezzato ridacchiando.

Sbatacchiò la testa nella speranza di riportare l’attenzione al presente. Uscì dalla stanza ed entrò, una dopo l’altra, in tutte le altre, che non erano poi così numerose a dirla tutta. Il corridoio era corto e stretto e buio, lui lo attraversò con due falcate e raggiunse la prima stanza, che richiuse poco dopo: era il bagno. La seconda era la cucina, da cui aveva già preso tutti gli ingredienti per le pozioni. Non vi trovò nulla, a parte una pentola in rame contenente una zuppa fredda. Lo stomaco gorgogliò all’odore invitante di cipolla. Determinato a non lasciarsi distrarre decise di mettere a scaldare la zuppa sul fuoco, nel frattempo si affrettò ad esplorare un piccolo ripostiglio, l’ultima porta della casa che non aveva ancora aperto. Dovette convincere le candele a seguirlo perché nel corridoio non si vedeva niente, nemmeno le maniglie delle porte che rimandavano solo un fioco bagliore di luce riflessa. Nessuna finestra: dopotutto sembrava più un rifugio anti-attacco che una confortevole dimora, un po' come lo era per lui Grimmauld Place numero dodici.

Con la bacchetta ancora in mano, spalancò la porta e un’istante dopo si ritrovò addosso Averill, più sanguinante che mai; lei lo strinse a se così forte da fargli male, e le bende si spostarono, scoprendo numerose incisioni ricolme di sangue. Sentì i brividi impadronirsi delle braccia e percorrere i fianchi, e sì che ne aveva viste delle belle in vita sua. Cercò di scrollarsela di dosso, ringhiò, gridò, e si dimenò ma lei rispose con un sussurro poco umano, serrando la morsa sempre più forte: “Sei un uomo morto, Sirius. È finita la vita felice che ti era stata concessa nella casa dei tuoi genitori… Ti ho portato qui e non te ne andrai più… Lo senti il sangue che ti bagna?" Sentì i vestiti inzupparsi e la pelle umida contro il petto di lei. Era intrappolato dalla sua presa, mai avrebbe pensato che fosse così forte:

 "È il sangue di quelli che sono morti ieri, mentre ti portavo via” Sirius sentì le forze venire meno…

“…il sangue di Harry” …smise di dimenarsi…
“Ora basta, Accio… Riddikulus


La vera Emilia Averill comparve alle sue spalle, e Averill-la-macilenta scoppiò in una massa polverosa e scura, dopo essersi interamente mummificata senza più riuscire a muovere un muscolo. Le macchie di sangue sui vestiti di Sirius scomparvero, e la strega richiuse la porta. Fece comparire un grosso lucchetto munito di catenacci, poi gli diede un’occhiata in tralice:

 “Sei un’idiota, Black”. Sospirò. “Perché frughi nelle mie cose?”

Sirius aveva ancora lo sguardo fisso, era arrabbiato con se stesso, e non riuscì a fare altro che vergognarsi mostruosamente. Quando finalmente si decise a sollevare lo sguardo, trovò subito quello della strega, che sembrava vagamente conciliante e stanco assieme. Lei esitò, poi gli prese una mano fra le sue, come a voler chiudere ogni conflitto.

 “Hai intenzione di occuparti della zuppa o devo farlo io? Se è la seconda, potrei davvero trasformarmi nel tuo peggiore incubo…” ironizzò “Dai, vieni con me. Non ho intenzione di parlare di niente a meno che non vorrai farlo tu”.

 

Sirius non disse niente; sciolse la morbida stretta di mano e la ringraziò seguendola nel salotto. Si occupò lui della cena senza parlare più del necessario; la casetta acquistò calore e profumo di cipolla, alleviando quel poco che le era possibile l’angoscia di entrambi. Dopo aver sorseggiato la zuppa, sempre in silenzio, si sentì meglio. Aveva una fame terribile. Ogni tanto alzava lo sguardo verso la strega, ma la trovava concentrata sul piatto. Era terribilmente lenta, insopportabilmente debole. Con un piccolo sbuffo, prese la bacchetta da accanto alla mano di lei, e con un bisbiglio trasfigurò il suo cucchiaio in una cannuccia d’argento con tanto di ghirigori in filigrana. Si sentì inspiegabilmente meglio vedendole in faccia l’ombra di un sorriso. D’un tratto il macigno della stanchezza gravò sugli arti; lo stomaco era piccolo per l'ansia, si era riempito più rapido del solito. Non desiderava altro che sdraiarsi e dormire.

“Grazie, Averill. È ora di rifare le bende. Se non ti spiace, rimettiti sul divano”.

 

La strega era pallida e sembrava sempre un po’ incerta sui suoi passi, ma fece quello che le era stato detto. Non si sentiva affatto meglio, e l’idea di sdraiarsi parve rinfrancarla; fare quell’incantesimo contro il molliccio l’aveva prosciugata in tutti i sensi del termine. Avrebbe voluto rassicurare Sirius, parlargli, ma faticava a tenere gli occhi aperti, e così non smise di guardarlo negli occhi mentre si occupava di lei. Lui cambiò interamente le bende, le strinse e le annodò a mano, rapidamente e – lei notò il tremore che lui mascherava malamente a livello delle mani- le porse un bicchierone di pozione Soporifera. Non ebbe il tempo di ringraziarlo, si addormentò all’istante. E Sirius, riportati i resti di zuppa in cucina e diminuito il vigore del fuoco, la imitò.

 

*°*

 

Averill si agitava nel sonno, stringeva le mani e le rilassava; era avvolta su se stessa, in posizione fetale. Nel mondo dei sogni non si sentiva protetta. I ricordi riapparvero, indistinti, in un susseguirsi di momenti vissuti, lieti e dolenti, familiari e presunti annullati. A tutti stava negando, anima e corpo, l’accesso al suo cuore; ma il muro era indebolito, e loro fecero breccia dove poterono…

 

Il più recente: "La copertina di quel libro era impolverata, ma una coraggiosa Emilia Averill non si era lasciata intimidire… odore di pergamena, di candele bruciate… il libro si chiuse di scatto, la sua mano spolverò la copertina mentre un’impercettibile tremolìo l’attraversava. In conoscenza di causa, non poteva che agire. Nonostante il pericolo, nonostante l’infausta certezza che non sarebbe mai potuta tornare indietro…".

"Ed ecco una piccola Averill, aveva quindici anni, si era appena punzecchiata i polpastrelli, ma -Merlino- se era fiera di quella spilla da Prefetto sulla veste! Quella mattina le scale non furono capricciose… il succo di zucca l’aveva trangugiato, era già in divisa da Quidditch… Corvonero – Grifondoro. Dovevano vincere! Quelli erano solo dei palloni gonfiati".

"La sera stessa, quasi non sentiva i suoi passi… galleggiò orgogliosa verso l’ufficio del professore di Trasfigurazione, sicuramente voleva complimentarsi per la partita… aveva rubato il boccino sotto al naso di Potter! Quell’allocco non la smetteva di distrarsi guardando la tribuna in cerca di qualcuno… Delusione, curiosità… Silente le aveva confidato un grande segreto, e lei doveva assolutamente tenere chiusa la bocca…a Ma davvero, Lupin era…?".

 

Un altro ricordo : "Era appollaiata su una grossa cassapanca, protetta da un incantesimo di Disillusione –e uno Deodorizzante, non si sa mai, con Lupin!- e osservava il quartetto fare a pezzi il vecchio salotto ammuffito di quella casa abbandonata… Potter si divertiva a scagliare incantesimi a raffica cercando di raggiungere l’esile Minus in forma topesca; Lupin se ne stava in un angolo, leggeva un libro… ma lo sguardo era inquieto e spesso rivolto alla luce chiara proveniente dalla finestra… e poi c’era Black, quel randagio indisponente, che scodinzolava allegramente rivolto agli amici… l’orologio d’oro che Silente le aveva prestato segnava che era in arrivo il momento critico… Nessun libro avrebbe potuto prepararla a quello a cui avrebbe assistito. La mattina seguente aveva ancora brividi e batticuori di puro terrore… Ricordava solo guaiti, urla, risate demoniache e corse a perdifiato… Il buio della foresta Proibita… e poi anche dolore e compassione. Povero Lupin".

 

"…Potter scagliava incantesimi ma nessuno raggiungeva il ragazzo di Serpeverde… era diventato bravo a pararli… Incredula, si sentì serrare la gola di rabbia quando un fiotto di scintille finì per colpirlo alla spalla… Stava per intervenire, ma ecco Black che, nel volersi interporre, si era preso in faccia la risposta del giovane Severus Piton ed era finito disteso a terra. Lo vide rialzarsi con un balzo feroce, il naso in sangue e i capelli scarmigliati, per contrattaccare, ma lei lo precedette. Si interpose con un incantesimo che pochi in quella scuola conoscevano così presto e sapevano usare senza commettere errori. Decisamente quei ragazzi ne conoscevano nome e cognome, perchè lo bloccarono subito. L'esplosione attirò l'attenzione dei passanti, ma la cerchia si dissolse presto all'arrivo del corpo insegnanti. Si concluse tutto con una gita nelle cucine, dove << c’era un discreto bisogno di aiuto per grattare via il grasso dalle pentole >> Era soddisfatta di sé… Li aveva protetti tutti… Quella sera, Silente le aveva sorriso raggiante…".

 

"Ed eccola in quella casa, seduta alla scrivania… i vapori densi di pozioni diverse e complicate erano mescolati in una disarmonia di odori… si, quel sentimento era paura… aleggiava nell’aria, nascosta tra gli effluvi. Cosa avrebbe detto Silente, se avesse saputo della sua decisione? Ma non poteva parlarne con nessuno, di quello che aveva visto…". Si svegliò di soprassalto, tutto era buio e Sirius dormiva. Era li, di fronte a lei. Ed era vivo. Scostò le piccole perle di sudore dalla fronte cercando di riprendere fiato. Si sdraiò e cercò una posizione più comoda, poi cadde nuovamente in un sonno tormentato.

 

"Si rivide durante gli esami dei M.A.G.O. Era seduta in mezzo alla sala, concentrata al massimo nell’ottenere quello che tutti si aspettavano da lei.".

"Il profumo degli alberi in fiore l’accompagnava mentre rileggeva distrattamente le lettere dei suoi genitori; qualche centinaio di alberi più in là, Codaliscia, Lunastorta, Felpato e Ramoso confabulavano a bassa voce, ma lei aveva fatto un incantesimo di Amplificazione Sonora Irriconoscibile… sentì distintamente le voci dei quattro ragazzi che parlavano del nome da dare ad una mappa… erano settimane che ne parlavano… lei stessa, di nascosto e per la noia, aveva sibilato qualche suggerimento alle loro orecchie il giorno prima… non se n’era accorto nessuno… suo malgrado, sentì la propria bocca dischiudersi in un sorriso, poi sbuffò… ma perché “del Malandrino”? Che razza di nome…".

 

"Era cresciuta, si sentiva diversa. Ora quando accompagnava segretamente i quattro furfanti nelle loro corse folli, il cuore le batteva all’impazzata… le sembrava quasi di divertirsi insieme a loro... li seguiva in sella ad un thestral che lei stessa non poteva vedere… il petto era gonfio di orgoglio, si sentiva coraggiosa… ora controllava dall’alto, ora se ne stava tra gli alberi, nascosta nelle anfrattuosità della foresta Proibita". "…Potter e Black incastravano una mostruosa creatura al suolo, cercando di impedirle ogni movimento… all’ultimo spasimo della figura grottesca e disumana, loro si trasformavano rapidamente in cervo e cane, scappando come ladri, e i latrati del cane assomigliavano spaventosamente ad una grassa risata incontrollabile...".

Infine, eccolo… quello che non avrebbe mai dovuto far breccia nel muro… il ricordo da non ricordare. "Si era avvicinata molto… Lupin avrebbe potuto girarsi da un momento all’altro… ma a lei non importava, si sentiva al sicuro… dopotutto, quante volte li aveva visti fuggire a gambe levate e cavarsela col sorriso? Tra l’altro, era Irrintracciabile…".

Tutto successe di nuovo nella sua mente, rapidamente, inaspettatamente: "Lupin era trasformato, gli amici non troppo lontani lo tenevano d’occhio e lo incitavano a seguirli… lei era scesa dal thestral per seguirli… un ramo scricchiolò sotto alla scarpa e in un attimo sentì le Protezioni svanire per la paura. Lupin l’aveva sentita. Ecco che l’aveva anche vista. Sentì di non avere abbastanza aria nei polmoni, ma non ebbe il tempo di aprire la bocca che lesse l’intenzione del lupo mannaro nei suoi occhi. Stava per attaccarla. Paralizzata attese che sferrasse il suo attacco, ma ecco che mentre Lupin era a mezz’aria si era ritrovato addosso il grosso cane nero. Sirius scodinzolava ed era arrivato per puro caso nel momento giusto. I due ricominciarono gli inseguimenti, latrando e ululando, uno ignaro, l’altro fortunatamente distratto… Emilia si sentì scossa abbastanza da abbandonare la posizione di paralisi… le ginocchia cedettero… tutto divenne nero…".

 

"Odore familiare di infermeria… La voce di Silente sussurrava garbatamente… “non è successo niente, mia cara… perdonami, non ti esporrò mai più ad un rischio simile… me ne occuperò io… ora riposati” Era delusa, triste, sconsolata…".

 

"Settimane dopo… la tracolla era pesante e zeppa di libri, stava cercando di chiuderla dopo aver tirato fuori la lettera… voleva ringraziarlo, fargli sapere che aveva fatto qualcosa che l’aveva salvata… Aveva anche scritto un piccolo, pulsante post scriptum a pié di pagina che le era costato tutto il suo orgoglio. Ecco Sirius… era di fretta, senza i suoi amici… I capelli scuri erano stranamente annodati in alto rispetto alla nuca, i lineamenti puri e virili di quel viso bambino, e il cuore le tappò l'apertura della gola. Annodate erano anche le corde vocali. Deglutì come per ingoiare un sasso. Veniva verso di lei, con la sua solita aria assente. Non guardava in faccia nessuno, i sorrisi li riservava agli amici. E lei sentì, come una scossa elettrica, il tocco della sua mano sulla spalla. L’aveva scansata gentilmente per continuare la sua strada… Ripose la lettera e tornò in sala comune. Era avvampata per la vergogna…"

Qualcuno dice che il tempo cancella tutto tranne le emozioni, e che solo le emozioni diventano ricordi.

Lei tenne il segreto per sé sigillato dietro le labbra, con una punta di amaro in bocca.

 

*°*

 

“Era diluita la tua pozione Soporifera, vero?”

 

Lo guardò con astio, come se fosse colpa sua. Come avrebbe potuto saperlo Sirius, che lei avrebbe avuto incubi tutta la notte? Lui replicò, con tono abbastanza neutro, scrollando deliberatamente le spalle. 

“Scusami, non ce n’era più abbastanza. Pensavo che sarebbe bastata, sai, poi aggiungici l’effetto placebo… perché, non hai dormito?

 

Se ti può confortare nemmeno io, cara, commentò mentalmente, acido come un pompelmo. La strega volse lo sguardo altrove, torva, e si grattò distrattamente sotto ad una benda. Il sangue riprese a stillare ostinato e lei cercò nuovamente lo sguardo del mago. Sirius aprì le braccia con fare esasperato.

“Cosa diavolo ti è venuto in mente di grattarti?! Ero finalmente riuscito a calmare la cosa!” imprecò in lungo e in largo mentre raschiava il fondo di pozione Arginante.

“…dovevo rifarla comunque” Sentì la propria voce diminuire in volume involontariamente, dopo aver visto la faccia atterrita della strega “adesso stai ferma” le disse, burbero “guai a te se ti muovi!” aggiunse, e prese in mano la bacchetta.

 

Aggiunse una buona dose di Dittamo, ma era come mettere un mucchio di marmellata gelatinosa su una fetta di pane, se ne stava lì immobile e non faceva il suo effetto. Le bende si mossero magicamente e si strinsero un po’ più forte di prima attorno alla ferita che si era riaperta poco prima. Decise che per il momento poteva bastare, ma sentì nuovamente l’inquietudine invadergli la mente. Averill, dal canto suo, tremava impercettibilmente; sentiva le proprie ore contate. Sirius parve notare il fermento dietro il verde dei suoi occhi, e s’immobilizzò.

 “Sirius…”

“Tu hai un sacco di cose da dirmi” lo disse scandendo ogni parola, mentre sentiva il sangue in corpo pulsare più rapido “credo che sia venuto il momento di parlarne, cosa ne pensi?”

“da dove devo cominciare?” mormorò lei, guardando un punto impreciso nei resti del fuoco della sera prima; lui lo riaccese con un gesto stizzito della bacchetta.

 

“Dall’inizio, Averill”.

 

Il fuoco scoppiettava allegro e stonava terribilmente con l’aria che tirava quella mattina. Sirius era in attesa delle sue risposte, e lei doveva dargliele. Nel vero senso del termine, s’intende. Non riuscì ad avviare il discorso, perché anche risalendo il fiume dei ricordi non le era mai stato chiaro dove tutto avesse preso inizio. Lo sguardo interrogativo di Black non la mollava un secondo, e di certo non l’aiutava a concentrarsi. Averill sembrava un gatto impaurito bloccato in un angolo senza vie di scampo

“E va bene, facciamo così” disse l’uomo, spazientito “cominciamo dal mio mantello. Come diamine è possibile che sia diventato una passaporta e per quale motivo?

 

La risposta le salì rapidamente dallo stomaco – dove si trovava il suo morale appena un attimo prima- alle labbra; quella era una domanda a cui poteva rispondere facilmente.

 “Avevo paura di spaccarmi con la materializzazione congiunta” O di spaccare te.

“Mi era giunta voce che fossi un'auror; era una voce falsa?”

“Lo sono – anzi ero" non perse tempo a dargli spiegazioni che sicuramente le avrebbero fatto più male che a lui del bene "Un auror capace di portarsi da un posto all’altro anche senza dover per forza ricorrere alla materializzazione. Per l’amor del cielo, Sirius! Era ieri, e ti sei già dimenticato in che stato eravamo? No, avevo troppa paura. Forse in un’occasione tranquilla avrei potuto farlo, ma non ieri

“Ok. Molto bene. Come hai fatto a sapere dov’ero e cosa stavo facendo?

“Non hai una domanda di riserva?”

“E tu ce l’hai una giustificazione valida per questa assurda faccenda?” ringhiò lui.

“Sirius, per favore!”

“Allora spiegami come hai fatto a portarmi via… in quel momento” rimbeccò, deciso a ottenere qualcosa a tutti i costi.

 

L’avrebbe spremuta come un limone. Non passava un’ora che lui non rivivesse quel momento, e non solo si lambiccava senza risultati, ma l’angoscia di non sapere come stavano i suoi amici gli attanagliava dolorosamente l’addome e rendeva ogni bisogno una necessità assoluta.

 

“Ero entrata con i mangiamorte, ma non mi hanno vista. Allora sono rimasta in un angolo, e ho aspettato. Poi quell’insulsa strega ha fatto quella cosa, e ti ho preso al volo e portato via, dentro l’Arco. Eravamo in una specie di limbo. Te la ricordi, la nebbia, vero? Poi ti sei svegliato e abbiamo preso di nuovo la passaporta” non la smetteva di arrotolare un filo che si sfibrava da una benda, cosa che infastidì Sirius oltre ogni misura “ed eccoci qui”.
“Mi stai dicendo che sapevi che Harry sarebbe andato al Ministero per cercarmi? Che era tutta una finta solo per attirarci lì e recuperare quella maledetta profezia?! Tu lo sapevi?” Era di nuovo in piedi, camminava per tutta la stanza cercando di non aggredirla. C’era ancora molto da scoprire, dannazione.

“Non proprio. Io non sapevo tutti i dettagli. Sapevo solo che tu saresti morto a quest’ora se qualcuno non avesse fatto qualcosa”.

 

Black continuò a camminare, ma l’andatura era inequivocabilmente passata dal galoppo al trotto. Ancora qualche sforzo Averill… si incoraggiò la strega, appena prima di piombare per l’ennesima volta nell’inconscio. Accidenti, Sirius. Impara a controllare le tue emozioni.

 “Cosa è successo questa volta?” disse più a se stesso che ad Averill, la quale era sdraiata con gli occhi chiusi e respirava debolmente. Le prese il polso, e la scoprì madida di sudore e spaventosamente fredda. Emilia riaprì gli occhi, ma parve confusa.

“Dove siamo?” biascicò lei, poi inaspettatamente sorrise. “Sei tu Sirius?”

 

Crollò di nuovo sul cuscino e si accorse che lui le teneva il polso stretto in mano. Lo sentì aumentare di portata ogni secondo di più. Di fronte a lei, l’uomo era visibilmente in preda ad un grosso dilemma interiore. Si, ce l’hai con lei perché tiene in pugno la situazione e la tua vita, è vero. Però ti sentirai meglio quando saprai tutto e potrai trovare il modo di tornare dai tuoi. Magari ti insegnerà addirittura il modo per sapere preventivamente se qualcuno che conosci è in pericolo di morte! Qualcosa di meno rischioso dell’orrendo “dono” di Harry. Chissà, forse anche lei ha accesso alla mente di qualcuno del campo opposto. O forse no? Guarda in che stato è adesso… che ne sarà di lei? Sirius si passò una mano sulla faccia con forza, come per lavar via le tracce del bizzarro monologo che aveva appena avuto con se stesso. Si sentì in colpa per essersela presa con lei, in quel momento gli sembrò più indifesa che mai. Senza guardarla negli occhi le disse:

“Facciamo così, adesso con molta calma e senza preoccuparti di niente mi spieghi un po' di cose. Ho bisogno di sapere, capiscimi. Io resto qui, se vuoi mi siedo vicino a te” aggiunse, perché sembrava riluttante nel vedere che si stava alzando “che ne dici? Allora, cominciamo. Come mai correre un rischio così grosso per una persona che non conta niente per te? Devi capirmi. Per me potresti benissimo essere una spia del Ministero. Che ne so io. Dunque, cosa mi dici adesso?”

“Che non avresti potuto scegliere domanda peggiore, Black” ansimò la strega di rimando, poi continuò “non ti aspettare una risposta illuminante…” lo guardò, fugace, negli occhi.

 

Si morse la lingua, non aveva fatto altro che strafalcioni e passi falsi per tutta la vita. Ecco l'ennesima prova. Lui la fissò insistentemente, e lei dovette voltarsi. Provò caldo, freddo, brividi ovunque, e un'inconfondibile voglia di vomitare l'anima.

 “Settimane fa stavo pedinando Lestrange, l’ho seguita fin dove ti ho trovato ieri… e ho sentito una profezia. Naturalmente riguardava lei, ma io speravo che riguardasse qualcosa di più interessante, se capisci cosa intendo… Invece no. In compenso, un certo numero di cose, dopo la profezia, mi hanno fatto intuire che qualcuno sarebbe morto quel giorno preciso a quell’ora precisa, a meno che non succedesse qualcosa”.

 

Sirius fece finta di niente nonostante lei avesse visibilmente ignorato un dettaglio importante.  

“Quel qualcosa è successo. Sapevo della profezia, Sirius. Come potevo lasciare che qualcuno morisse? Sarei stata una complice…” il volto era una smorfia di dolore “poi ho capito che si trattava di te”.


 

   
 
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