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Autore: JezelkeRedfern    16/06/2013    4 recensioni
« Vedo che si dichiara innocente. »
« Oh, sì. L’abbiamo trovato immerso nel sangue della vittima, per cui è tutt’altro che innocente. »
« . .E vedo anche che ha aggredito un pubblico ufficiale. »
« Esatto. Ha aggredito proprio me. »
« E’ forse per questo che parla di questo ragazzo con tanto odio impresso nella voce, agente Kim? »
[ ... ]
« Welcome to my personal hell, Doctor Nam. »
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: L/Kim Myungsoo, Nam Woohyun, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nam Woohyun – Principal’s Office.
 
« Il suo primo caso, dottore, sarà un carcerato che è qui da un anno, più o meno. »

Senza dire nulla mi fu gettata una cartella davanti, che io aprii con non poca esitazione. Il mio primo vero lavoro.
Presi il posto dello psicologo di quella prigione, che se ne andò da lì perché non gli piaceva come trattavano i pazienti.
Automaticamente, quelli che andavano dallo psicologo erano quelli che compivano stragi, e normalmente si mandavano lì per capire perché lo avevano fatto.
Se perché spinti da semplice voglia di sangue, o per motivi fondati.
In ogni caso, venivano trattati come bestie.
Quando accettai quel posto lo feci d’impulso, senza badare prima alle varie ‘recensioni’ su quella prigione.
Avevo bisogno di un lavoro, e la prima occasione la colsi al volo.
Sulla cartella lessi il nome del carcerato, l’età e vi era anche la foto, oltre ai crimini ovviamente commessi:
Kim Myungsoo, ventidue anni1, incriminato per omicidio e aggressione a pubblico ufficiale.
Un omicidio, vi assicuro, da un viso come quello non ce lo si aspetterebbe mai.
E’ pulito, dai tratti delicati ma al contempo mascolini; per non parlare degli occhi.
Due pozzi neri che parevano incendiarti, anche dalla foto.

« Vedo che si dichiara innocente. »
« Oh, sì. L’abbiamo trovato immerso nel sangue della vittima, per cui è tutt’altro che innocente. »
« . .E vedo anche che ha aggredito un pubblico ufficiale. »
« Esatto. Ha aggredito proprio me. »
« E’ forse per questo che parla di questo ragazzo con tanto odio impresso nella voce, agente Kim? »
« . .Come? » probabilmente, pensava che non l’avessi capito.
Ero uno psicologo piuttosto bravo, nonostante fossi ancora giovane. In un certo qual modo riuscivo a leggere le persone, e quell’agente era un libro aperto.
Kim Sungkyu era scontroso, freddo, oserei dire agghiacciante.
Tanto, troppo sicuro di sé, probabilmente perché si sentiva al di sopra di tutti i carcerati, essendo il poliziotto a capo della prigione.

« . .Non usi la psicologia con me, dottore. »
« Mi avete assunto qui perché mi credete capace di svolgere il mio lavoro, no?
Ebbene, ora state verificando le mie competenze. » a pensarci ora, sono ancora sorpreso del tono che sono riuscito ad usare con quell’agente.
Di natura ero piuttosto chiuso, solo durante il lavoro mi scioglievo un po’.
E, di fronte all’agente Kim, mi consideravo al lavoro.

« Quando posso vedere il paziente? »


Nam Woohyun – Cell n° 337.

La risposta fu ‘anche subito’.
Capii subito che non mi guadagnai la simpatia del principale, ma sinceramente non mi importava più del dovuto.
Non l’avrei incontrato molto spesso, dal momento che io avrei avuto a disposizione un mio ufficio, e poi nemmeno a me piaceva particolarmente.

Il primo incontro con Kim Myungsoo si svolse nella sua cella, la numero trecentotrentasette.
Questo numero, basta a farvi capire quanto era grande quella prigione.
Un enorme ammasso di celle.
A più piani, la prigione era costituita da mille celle – o come amavo definirli io, mille buchi.
Erano talmente piccole, da poter ospitare a malapena due persone.
Diviso in cinque piani, all’interno del primo edificio c’erano situate le celle, sull’ultimo quelle di isolamento.
Noi, per mio grande sollievo, ci dirigemmo verso il terzo.

« Le consiglio caldamente di tenersi a distanza di sicurezza, quando arriveremo alle sbarre del detenuto. »
« Perché mai? »
« Il detenuto riscontra vari problemi di aggressività, non vorrei che––  »
« Agente, io ci lavoro con i casi difficili e aggressivi. Mi lasci fare quello che meglio credo, lei si limiti a tirare fuori le chiavi. » quest’affermazione credo che la prese male, però non fiatò.
Probabilmente pensava che avrei imparato da me, a stare lontano dalle sbarre.

Pochi minuti dopo, mi ritrovai di fronte alla fantomatica cella, stringendomi al petto la cartella gialla contenente i dati del paziente; ero agitatissimo, inutile dirlo.
Continuavo a pensare come potevo fare per stargli simpatico, a come non farmi odiare.
Avevo questo genere di paranoie, sì. D’altronde non pensavo fosse esattamente una buona cosa per la propria autostima, dover andare dallo psicologo.
Con mio totale disappunto, invece che aprire la cella, l’agente si limitò a far scorrere il manganello sulle sbarre d’acciaio, provocando fastidio persino a me.
Infatti non mi sorpresi per nulla, al sentire un paio di mugolii proveniente da lì.

« Silenzio Jang. Kim, muoviti e avvicinati. » bestie.
Non potei far altro che pensare questo. Li trattavano come bestie là dentro, non mi sorprendeva il fatto che fossero tutti così scontrosi e aggressivi.
Pochi secondi dopo un cigolio indicò che qualcuno si era alzato dal letto, un tonfo che qualcuno ne era sceso, ma non si vedeva nulla; i letti erano in penombra, ed era ancora piuttosto presto.
Riuscivamo a scorgere a malapena una sagoma slanciata, sicuramente di una persona alta.

« A cosa devo la sua visita nel mio umile metro quadrato di casa, agente Kim? » quella frase trasudava di ironia.
Ironia mista a rabbia calma, ma che faceva ben capire che la persona che parlava sorrideva.

« Il nuovo psicologo. Avvicinati. »
« Ce n’è uno nuovo? Peccato, il dottor Park iniziava ad andarmi a genio. »
« E’ andato via. Avvicinati. » una risata si sprigionò tra le pareti del piccolo buco qual’era quella cella, facendomi scorrere un brivido lungo la spina dorsale.
Era evidente che, il ragazzo, lo faceva apposta.
Rimanere nascosto, era quello che faceva infuriare Sungkyu, o probabilmente quello che lo faceva infuriare era l’esser preso in giro.
Infatti lo vidi digrignare i denti, ma proprio quando  prendeva fiato per parlare, cominciò poco a poco a vedersi l’immagine di Kim Myungsoo stagliarsi contro le sbarre.
Tuta arancione, con le maniche tolte che ricadevano lungo i fianchi, lasciando in bella vista la canottiera nera volutamente attillata per evidenziare il fisico asciutto.
Ho supposto fin da subito che, non avendo nulla da fare, i carcerati facessero palestra praticamente ventiquattro ore al giorno, dal momento che anche il suo compagno di cella era abbastanza ben messo.
Seppure più basso, aveva molta più muscolatura in particolare nelle braccia e nel petto, e aveva anche compresa nel pacchetto l’espressione da appena sveglio.
Rivolta verso Sungkyu, ovviamente.

« Onorato di fare la vostra conoscenza, Doc. » un inchino che mi spiazzò, dal momento che fu da donna.
Come se tenesse l’orlo di un vestito tra le mani, e tono informale.
Come se di queste cose non ne vedessi già tutti i giorni, poi.
Prima che Sungkyu potesse esprimersi lo scansai gentilmente da davanti a me, avvicinandomi forse troppo alle sbarre.

« Lavoreremo per un po’ assieme. Chiamami Woohyun, non mi interessa della formalità. »
« Woohyun. Nome inusuale, decisamente.
Dino-hyung? » inizialmente non capii chi stesse chiamando.
Ma non appena il suo compagno di cella si girò, e mi puntò gli occhi addosso, capii che era lui che chiamava.

« A tuo parere, quanto può durare il pivellino qua? »
« Non so. . due, tre settimane? »
« Quanta fiducia. » non mi innervosii.
Mi inquietai. Lo sguardo di quel ragazzo, perennemente puntato su di me, bruciava come pochi altri.
I suoi occhi erano tranquillamente paragonabili a due pozzi neri, e la bocca storta in un ghigno bastardo non gli si addiceva più di tanto.

« . .Sia che ci starò per poco o meno, nel lasso di tempo in cui starai con me vorrei che collaborassimo.
Credo che questo potrebbe rendere meno spiacevoli le sedute. »
« Alla fine della seduta mi darà anche la caramellina, dottore? »
« Kim. » con un cenno della mano feci capire a Sungkyu di non interrompere, nonostante una risata paragonabile a quella di una iena facesse capolino da dietro il mio interlocutore; né alla risata né al richiamo del poliziotto, Myungsoo diede cenni di interesse.
Continuava a fissarmi, sempre più insistente, lo stesso ghigno disteso sulle labbra sottili.
Cosa potevo fare se non ricambiare lo sguardo?

« Il tuo essere scontroso con me, non fa alcuna differenza, né cambia i miei piani.
Voglio solo aiutarti, questo spero si sia capito.
Allora, potremo lavorare insieme? . .Myungsoo? » il suo nome lo pronunciai con una nota interrogativa, come a volergli chiedere se potevo chiamarlo per nome.
Lui probabilmente non si aspettava un approccio così gentile e calmo, da parte mia.
Non riuscivo nemmeno a pensare, a come lo avessero trattato precedentemente. Bastava vedere che razza di modo avevano per svegliargli, figuriamoci averli in pugno così, in una stanza a fargli domande per esplorargli il cervello.
Dopo un attimo di pausa sembrò ritrovare la sua sfacciataggine, mentre il ghigno si scioglieva un po’ in un’espressione più normale.

« L.
Mi chiami L. »
« Va bene, L. Tu mi chiami Woohyun, io ti chiamo L. »
« Tempo scaduto– dottore, dobbiamo andare. » la voce dell’agente mi distrasse.
Gli occhi di Myungsoo, sembravano volermi dire qualcosa, in quel momento.
Qualcosa che mi incuriosiva, mi attirava. Qualcosa che, in quel momento, smaniavo di sapere.

Ma dovetti andare via.
Con non poca riluttanza mi girai, per cercare di non perdere di vista l’agente, e seguirlo; o almeno, questi erano i miei piani iniziali.
Una presa ferrea, sul mio polso mi costrinse contro le sbarre, prima di sentire un fiato caldo affianco sull’orecchio.

« Welcome to my personal hell, Doctor Nam. »

Feci in tempo solo a sentire una risata non poco inquietante proveniente da dietro le sbarre, prima di venir trascinato via dal poliziotto; quella frase bastò a farmi rabbrividire, e a farmi temere un’ingannevole faccia d’angelo come quella di Kim Myungsoo.
 
 
*1: in corea – per chi non lo sapesse si aggiunge un anno agli anni occidentali, quelle riportate nella storia sono tutte età coreane, ovvero in occidente L dovrebbe avere ventuno anni.


* Angolino miomio. *

Saaaaalve a tutti!
Come primo capitolo mi rendo conto che non è un gran che - è solamente una sorta di introduzione -, ma spero possa piacere comunque.
Come penso si sia già capito, la coppia principale è la MyungHyun, che a quanto pare non shippa praticamente NESSUNO. / angolino piangente.
Nonostante questo, spero apprezzerete comunque la storia. ; A ;
Non ho molto altro da dire, perciò ci si becca al prossimo capitolo!
Chu-
Jez;

  
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