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Autore: _Frency_    16/06/2013    1 recensioni
Dal testo:
[...] Lei, la ragazza senza nome dallo sguardo assente, aveva dei meravigliosi occhi verdi speranza. Una speranza così forte e disarmante da palesarsi in tutta la sua meraviglia. E tutta la speranza che celava in fondo a quegli specchi smeraldini sembrava aver abbandonato il suo corpo, per andare a rifugiarsi solamente nei suoi occhi. [...]
Lei si chiama Nesta. Come il secondo nome del famoso Bob Marley. Non è nessuno e non cerca di diventare qualcuno. Agli occhi di molti è senza età, e ad altrettante tante persone appare molto più trasandata e provata dei suoi coetanei. Ha una famiglia numerosa, ma non ha genitori. Anzi sì, ci sono, però sono lontani. O forse è lei ad essere distante da loro. Patita del reggae, è una fumatrice incallita e odia ballare. Non è bella, almeno non a prima vista: è strana.
Quando i Tokio Hotel al gran completo fanno la sua conoscenza, è un caso: Bill e Nesta sono ricoverati nello stesso ospedale, ma per motivi ben differenti. Nesta non ha paura della morte, ma non per questo si definisce coraggiosa, no. Lei si definisce incosciente. Quando la sua vita si ritrova legata a quella di "quattro mocciosi ricchi sfondati" come li definisce lei, non è felice. Affatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 12: If I Fall… Down.

§

 

Luce.

Bianca e accecante, quella luce improvvisa l’aveva investita in tutto quel buio che sentiva circondarla. Fredda, surreale. Vivida e intensa, dai contorni sfocati, era apparsa in un bagliore improvviso. Ad accompagnarla, uno stridio lancinante e strascicato, estremamente fastidioso. Un guizzo doloroso, il peso del corpo che cade al suolo in un tonfo sordo. L’asfalto freddo e la pelle bollente. Il fiato che si mozza in gola. Silenzio. Poi, confusione.
Gli occhi di Tom non li ricordava così luminosi. E l’aria poco prima non le appariva così calda e soffocante. Boccheggiava, e non riusciva a mettere a fuoco chiaramente i contorni delle persone accanto a sé. Vedeva solo lo sguardo disperato del ragazzo che le stava accanto.

Perché sei triste, ragazzo?

Non ci stavamo divertendo?

Tom, Tom, perché non mi rispondi?

Parole e frasi sconnesse tra loro si affollavano nella mente della ragazza, mentre uno strano torpore l’avvolgeva. Sentiva uno strano peso gravarle addosso.

Tom, cosa succede?

L’angoscia cominciò a pervaderla quando si rese conto di non riuscire ad articolare una frase udibile al ragazzo, che continuava ad esserle vicino, ma lo vedeva agitarsi e gesticolare affannandosi. Avrebbe voluto urlare, farsi sentire, ma la voce restava imprigionata nella sua gola.
E continuava quel senso di oppressione e quel formicolio.

Tom, ti prego, guardami!

Lacrime silenziose cominciarono a bagnarle le guance, mentre perdeva lentamente il contatto con la realtà.

Tom, non lasciarmi.

-Nesta!- l’urlò del ragazzo squarciò il vociare concitato, sovrastando il cantilenante e  martellante risuonare della sirena dell’ambulanza, ormai vicina.

Agli occhi dei medici e dei soccorritori la scena, purtroppo, non risultò nuova. Cambiavano le fattezze delle persone, ma il nocciolo della faccenda era sempre lo stesso: un ragazzo o una ragazza, come in quel caso, riverso al suolo, attorniato da una folla di curiosi. Medesimi gli sguardi disperati, le abrasioni sul corpo colpito, i discorsi privi di senso. Stesse le domande.

-Potete aiutarla?- chiese un ragazzo che, agli occhi del medico, parve avere un volto familiare. Inizialmente, sempre uguali le risposte.

-Faremo il possibile- rispose l'uomo. Purtroppo… non sempre identici gli esiti.
 


Bill aveva ricevuto la telefonata del fratello alle quattro e mezza di mattina, nel bel mezzo di una profonda dormita.

Peccato che per mio fratello non ci siano orari…

L’aveva sorpreso la voce rotta dallo sconforto e dalla paura. Tra le frasi sconnesse e concitate aveva riconosciute solo alcune parole, e quelle poche che aveva sentito non gli erano piaciute. Affatto.

Festa, alcool, macchina, Nesta, ospedale.

Cinque dannate parole che rimbombavano nella testa del ragazzo in maniera ossessiva, risvegliandolo completamente dal suo torpore.

-Tom, cosa diamine è successo?- ebbe solo la forza di domandare, augurandosi, nonostante le premesse, di sbagliarsi.

Dall’altro capo del filo udì suo fratello prendere un lungo sospiro.

-Hanno investito Nesta- sussurrò.

Cazzo.

Il cantante era sopraggiunto in pochi minuti all’ospedale da dove l’aveva chiamato Tom. Trovò il gemello seduto in una delle tante poltroncine poste nella sala d’aspetto, il capo sorretto dalle mani intrecciate e un bicchiere di plastica ricolmo di caffè abbandonato sul tavolino basso lì vicino.
Posò una mano sulla spalla del gemello, incrociando le sue iridi scure annebbiate da lacrime mai versate e angoscia. Non si sforzò nemmeno di trovare le parole adatte per confortarlo: non sarebbero servite, non con Tom. Si limitò a sedersi accanto al gemello, cercando di trasmettergli tutta la sua comprensione attraverso pochi, semplici gesti.
Era in momenti come quelli che entrambi avrebbero rinunciato volentieri alla fama e alla notorietà, per il semplice capriccio di comportarsi come due fratelli normali, che gioiscono e soffrono insieme. Bill non poteva abbracciare Tom in pubblico, a meno che non volesse rischiare di essere nuovamente scambiato per la “checca di Loitsche”. Ciò lo irritava profondamento, ma anche in momenti delicati come quelli non poteva – non potevano – lasciarsi andare. Ed era snervante, certo, ma una volta a casa, protetti da quattro insulse mura, ritrovavano loro stessi. E il cantante fremeva dal disappunto di non poter far sentire suo fratello protetto, al sicuro.
Si lanciò un’occhiata fugace intorno, cercando di distogliere la mente da funesti pensieri. In quelle decine di sguardi spenti e volti smunti, probabilmente, c’era anche qualcuno che se la passava peggio di loro. Certamente. Solo dopo un quarto d’ora, tuttavia, fecero la loro comparsa un ragazzo ed una ragazza ben noti ai due gemelli. Questi ultimi, però, rimasero piuttosto sorpresi nel notare che la giovane ragazza stringeva tra le mani quelle piccole e paffute di due bambine identiche.

Gemelle.

Uno strano moto di commozione sembrò colpire entrambi i ragazzi, quando quelle due piccole gocce d’acqua si avvicinarono loro per sedersi in una delle tante poltroncine, stringendosi l’una affianco all’altra per non doversi separare. Avevano i musetti arrossati, e i capelli arruffati che celavano, in parte, due paia di occhioni ricolmi di stanchezza e preoccupazione. E riscovarono gli stessi sentimenti negli sguardi dei due fratelli, che vedendoli non poterono fare a meno di sentirsi sollevati. E meno soli.
Incominciarono a parlare senza nemmeno rendersene conto, a bassa voce, come per non turbare quella quiete malsana che aleggiava intorno a loro. Due mondi opposti che si scontravano fino a incontrarsi, che facevano i conti con le proprie differenze ridotte a zero davanti alle medesime emozioni. E si facevano forza a vicenda, trovandosi uniti da quell’uragano che era Nesta, che bene o male era presente nella vita di tutti loro allo stesso modo, per quanto potesse sembrare assurdo. Nonostante apparisse il contrario, Tom era convinto più che mai che Nesta possedesse una vitalità intrinseca nel suo essere, che le permetteva di affrontare qualsiasi difficoltà, che le permetteva di non mollare nemmeno ad un passo dal cadere precipitosamente. Era quella stessa vitalità che lui amava, e che se avessero superato anche quell’ostacolo non si sarebbe fatto problemi a rivelarle.

-Sei tu il signor Tom?- una vocina flebile aveva posto quella domanda.

Raggio di sole.

Era la prima cosa che gli veniva in mente guardando quella piccola bambina rannicchiata accanto alla propria metà, e che gli domandava in maniera quanto mai buffa ed innocente se era lui Tom.
-Sì, sono io, ma non c’è bisogno che però ti rivolgi a me in maniera così formale- le rispose garbato, cercando di risultare più pacato e rilassato di quanto in realtà non fosse.

-Ah, va bene sign… Tom. Lo sai che mia sorella ci teneva tanto a te?- chiese nuovamente, in maniera quasi retorica.

Ci teneva tanto a te.

Non “Era innamorata di te” o “Ti amava”. No. Un semplice avere a cuore che però a lui, in quel momento, apparve la cosa più meravigliosa del mondo. Percepì chiaramente il suo cuore battere più forte sotto il tessuto bianco della maglietta, sentì la propria mente perdersi per qualche istante, distaccandosi da ciò che lo circondava. Se era quello ciò che si provava quando si era innamorati – accontentarsi di sapere che la persona per cui ti disperi ricambia, anche in minima parte, il tuo sentimento – beh, era fregato: lui era rimasto conquistato da Nesta. Ed era favoloso.
Per primi, ebbero la possibilità di entrare nella camera di Nesta le sue sorelle e suo fratello. I due gemelli non ne rimasero delusi; i famigliari avevano sempre avuto la precedenza, ed era giusto così forse. Tom, nonostante tutto, non poteva fare a meno di fremere, e probabilmente qualche segno di ansia lo lasciava trasparire anche esteriormente, poiché si guadagnò un’occhiata compassionevole da parte del fratello.
Poi, finalmente, videro scendere i fratelli Green dalla scalinata che conduceva alle camere dei pazienti. Si salutarono brevemente, dicendo che il medico aveva lasciato loro la possibilità di vedere la ragazza. Bill e Chris si ritrovarono a lanciarsi un’occhiata di intesa.

-Tom, vai tu. Io ti aspetto fuori, così rilasso i nervi e mi fumo una sigaretta con Christina, ok?-la voce suadente di Bill lanciava al gemello un chiaro segnale, che Tom si premurò di cogliere al volo.

Non ti deluderò.

La camera dell’ospedale assomigliava molto a quella occupata da Bill durante il ricovero, se non che era molto più spoglia e semplice. La sua ragazza, eccola stesa al centro del letto, gli occhi socchiusi e le labbra piegate in una smorfia indolente. Di evidente notò solo un paio di graffi sullo zigomo destro, che probabilmente si sarebbero rimarginati in fretta, senza lasciare alcun segno del proprio passaggio. Sulle braccia, lasciate scoperte dal camicie, spiccavano alcuni lividi e abrasioni, ma nulla che Tom, a prima vista, avrebbe etichettato come grave. Ciò che più lo incupì fu notare, tra i graffi recenti, le cicatrici dei buchi lasciati dalle siringhe. Un indelebile traccia del suo vizio più grande, del suo passato e del suo presente. Che sarebbe diventato futuro se non vi avesse dato una svolta.

-Sono sempre io, Rastaman- sogghignò Nesta, sentendo su di sé lo sguardo curioso del ragazzo. Lui ricambiò il sorrisetto, sedendosi affianco a lei.

-Come stai?- la domanda più insulsa ed importante che la mente del ragazzo potesse formulare in quel momento.

-Beh, sto bene adesso- sussurrò, mentre lui le carezzava delicatamente uno zigomo. Tutta la grinta di cui sembrava essere in possesso si sciolse come neve al solo sotto il dolce profumo di Tom, così vicino a lei. Deglutì rumorosamente, come se dovesse farsi forza per dire qualcosa di estremamente importante.

-Sto bene adesso che ci sei tu- bisbigliò, così flebilmente che il ragazzo credette di aver sognato. Ma era vero. Era reale lei, così bella e fragile, era reale la camera dell’ospedale inondata dalla luce dell’alba ed erano reali quelle melodiose parole pronunciate con tanto timore dalle labbra che adorava. Si chinò per sfiorarle la bocca in un bacio delicato, pieno di dolcezza e amore.

Ti amo. Ti amo. Ti amo.

La mente di Tom non riusciva a formulare altre parole.

-Tom…- lo chiamò lei, distogliendolo da quei pensieri gioiosi.

-Io… io mi rendo conto solo adesso, solo dopo che il tempo sembrava volesse sfuggirmi di mano in maniera irreparabile, che tra noi non sono mai servite parole, che ci siamo sempre capiti con un’occhiata io e te. E adesso che sei accanto a me non ho più paura, perché so che se anche cado verso il basso, ci sei tu ad aiutarmi a rialzarmi. Ci sei tu. E tutto il resto perde significato- mormorò, senza smettere di perdersi nelle sue iridi calde e ammalianti, lucide di gioia.
Per Tom, invece, c’era solo lei, con la sua dichiarazione inaspettata ed una sincerità disarmante. E quelle parole che lui non aveva mai pronunciato in vita sua premevano sul cuore in maniera quasi dolorosa, ora che era una necessità esprimerle e dar loro un suono reale.

-Nesta, ti amo-










My Space:

SORPRESA!

Ok, ammettetelo, non ve lo aspettavate, eh?

Promesso che dopo questo romanticissimo capitolo, spiegherò con accuratezza come si sono svolte le cose, come e perchè è avvenuto l'incidente. In questo capitolo volevo dare spazio all'introspezione dei personaggi, a cosa provano; era meno rilevante l'azione fine a sè stessa.
Mi rifarò nel prossimo capitolo!

Sperando di non aver deluso le vostre aspettative, ci rivediamo mercoledì.

Alla prossima! :)

   
 
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