CAPITOLO
CINQUE- FUNERALI, SCARROL E JACK HARKNESS
Fammi
illudere, fammi credere
ancora un po’ a un ideale d’amore che ho.
(Bucaneve,
E.Ramazzotti)
“Per
quanto ancora dovremmo sorbirci questa lagna?”
chiese Ianto sussurrando all’orecchio della donna che gli
stava seduta accanto.
“Ehi,
è morta una persona. Abbi un minimo di
rispetto”, gli rispose Rhiannon con tono di rimprovero.
Ianto
sbuffò e allungò le gambe, appoggiandosi allo
schienale della panca su cui sedeva. Voltò il capo verso il
fondo della chiesa,
incrociando lo sguardo di Jack che se ne stava appoggiato al muro, con
le
braccia incrociate, ben avvolto nel suo cappotto da seconda guerra
mondiale. Il
Capitano, non appena lo vide, gli strizzò l’occhio
e gli mostrò quel sorriso
sghembo che gli piaceva tanto.
Ianto non poté far altro che ricambiare, ma quando
girò di nuovo la testa per
rivolgere l’attenzione alla messa, vide una vecchia signora
raggrinzita che lo
guardava piuttosto male. Il ragazzo si strinse in sé e fece
finta di niente.
Finalmente,
dopo quella che gli parve un’eternità, la
messa si concluse e i partecipanti furono liberi di andarsene per
accompagnare
la bara al cimitero, dove sarebbe stata seppellita.
Rhiannon si fermò dentro per scambiare qualche parola con i
parenti, mentre
Ianto scappava immediatamente fuori, altrimenti ci sarebbe finito anche
lui in
una bara, per mancanza di ossigeno. Detestava i posti angusti e pieni
di gente,
specialmente il tipo di gente che era presente quel giorno alla messa.
Raggiunse Jack, che se ne stava poco fuori dalla chiesa, appoggiato al
tronco
di un grande salice.
“Vivere
e morire. Le sole e uniche certezze che
abbiamo”, sospirò non appena lo vide arrivare.
“Non
direi che lo stesso valga per te”.
“Ovviamente
esistono sempre le eccezioni”.
Ridacchiarono
entrambi, mentre accanto a loro
passavano delle persone in lutto con fazzoletti in mano e visi rigati
di
lacrime.
“Ti
prego, fai che al mio funerale non ci sia tutto
questo dramma. E soprattutto non voglio tutte queste
persone”, disse Ianto,
appoggiandosi anche lui all’albero.
Jack
si voltò a guardarlo con una strana
espressione. “Io spero piuttosto che il tuo funerale avvenga
tra molto, molto
tempo”.
Ianto
ricambiò lo sguardo rimanendo immobile, anche
se tutto il suo corpo fremeva per saltare su quelle sue labbra morbide
e farsi
avvolgere nel suo caldo abbraccio.
“Non
capisco una cosa”, si limitò a dire, infine.
“Perché hai insistito così tanto
perché andassi a questo funerale? E
soprattutto, perché hai insistito per venire?”
Il
Capitano parve riflettere un po’ prima di
rispondere. “Te l’ho detto, per conoscere tua
sorella”.
“Sì,
ma non serviva un funerale”.
Jack
stava per aggiungere qualcos’altro, quando
venne bloccato dall’arrivo di Rhiannon e di suo marito.
“Ianto!
Ecco dove ti eri cacciato! Ma ti sembra il
modo di sparire?” la donna rimproverò il fratello,
dandogli una leggera sberla
dietro la nuca.
“Stavo
soffocando là dentro”, si lamentò lui.
“Ma
da quanto tempo è che non metti piede in una
chiesa?”
Ianto
ci pensò un attimo, poi rispose. “Credo dalla
mia prima comunione”.
Rhiannon
sospirò rassegnata, abbassando le braccia.
Solo in quel momento parve accorgersi della presenza di Jack.
“E
lui chi è?” chiese al fratello.
“Ehm…
lui è… il mio… capo”,
biascicò il ragazzo,
piuttosto imbarazzato.
“E
perché mai ti porti il tuo capo al funerale
di…”.
“Sono
Jack Harkness”, la interruppe il Capitano,
porgendole la mano. “E sì, sono il capo di Ianto,
ma sono anche il suo
compagno”, aggiunse poi con disinvoltura e un sorrisetto
beffardo.
“Piacere,
Rhiannon Davies e lui è mio marito John”,
ricambiò lei guardando l’uomo affascinata. Solo in
un secondo momento, però, si
accorse di quello che le aveva detto. “Un momento! Hai detto
compagno?”
“Sì”.
“Ma
compagno… in che senso?” questa volta il suo
sguardo si spostò su Ianto.
Il
fratello, per tutta risposta, si strinse nelle
spalle e corrucciò le labbra. Ma a Rhiannon bastò
quello per capire.
“Noooo!!
Mi prendi in giro?!” esclamò lei con gli
occhi quasi fuori dalle orbite.
Ianto
scosse il capo in un segno di diniego.
“Ma
perché non me l’hai detto? Sei proprio un
cretino!”
“Ouch!”
esclamò il ragazzo al pugno neanche troppo
leggero che la sorella gli aveva mollato sulla spalla. La donna aveva
aperto di
nuovo la bocca per aggiungere qualcosa, quando vennero interrotti da
una
ragazza bionda, in equilibrio su dei tacchi alti quanto un grattacielo.
“Oh
mio Dio! Ianto!” esclamò questa.
Ianto
la squadrò dall’alto in basso con sguardo
confuso. “Ci conosciamo?”
“Non
ti ricordi? Sono Christa. Ci siamo visti un
paio di volte un bel po’ di anni fa. Avevamo sedici anni,
più o meno”.
La
ragazza, Christa, sembrava parecchio emozionata
di averlo incontrato, come se avesse davanti il suo cantante preferito.
E Ianto
non volle deluderla, dicendole che non la ricordava affatto.
Così assunse la
sua espressione più simpatica e sorpresa e disse:
“Ah,
Christa, sì certo che mi ricordo. Ne è passato
di tempo”.
“Sì
e tu sei cambiato parecchio. È un peccato che ci
incontriamo in un momento così triste”.
“Christa!”
si sentì qualcuno urlare da dietro.
La ragazza si voltò e fece un gesto con la mano a un uomo
che la stava
chiamando. “Devo andare adesso. Spero di rivederti di
nuovo”.
“Certo”,
sorrise Ianto e la guardò allontanarsi. Poi
si voltò verso sua sorella. “Chi cazzo era
quella?”
“E’
la nipote della prozia Ursula”.
“E’
chi è Ursula”.
Rhiannon
lo guardò di sbieco e infine sospirò.
“Lasciamo perdere”.
Intanto, dietro di loro, Johnny e Jack se la ridevano sotto i baffi.
“Comunque,
voi due…”, continuò la donna, puntando
un
dito sia sul Capitano che sul fratello. “Venite a pranzo da
noi. Dovete
raccontarmi questa cosa”.
Ianto,
Jack, Rhiannon e John erano seduti attorno al
tavolo della sala da pranzo, gli avanzi del cibo e i piatti sporchi
ancora
davanti a loro, in attesa di essere lavati. Ma nessuno dei commensali
aveva
voglia di alzarsi per farlo.
David e Misha, i figli di John e Rhiannon, erano in salotto a giocare.
“Allora,
vi siete conosciuti al lavoro?” chiese la
padrona di casa, fissando il fratello che incrociò le
braccia e si mise a
guardare ovunque tranne lei. Durante il pranzo avevano parlato del
più e del
meno, o meglio, John aveva raccontato tutti gli aneddoti che lo
riguardavano,
da quando era piccolo fino ad adesso, così Ianto aveva
sperato che la questione
lui e Jack fosse stata dimenticata.
E
invece no, quella malefica di sua sorella stava solo aspettando il
momento
propizio, ovvero quando tutti erano sazi, assonnati e un po’
ubriachi.
“Sì,
più o meno”, rispose Jack. “Ianto ha
cominciato
a venirmi dietro fin dal primo giorno”. E ammiccò
in direzione del ragazzo che
si voltò a guardarlo scioccato. “Questo non
è vero!” esclamò. “Sei tu che
mi
hai sbattuto sulla tua…”. Si bloccò
prima di concludere la frase. Forse non era
il caso di dire che cosa gli aveva fatto Jack poche settimane dopo il
suo
arrivo a Torchwood davanti a sua sorella e a suo marito, con il rischio
che
potessero sentire anche i bambini.
“Ma
tu mi hai supplicato di assumerti”, gli ricordò
Jack senza togliersi il sorrisetto bastardo dalla faccia.
“Non
di certo perché c’eri tu”.
“No,
infatti, per il mio cappotto”.
“Che
c’entra il tuo cappotto?”
“Il
mio cappotto c’entra sempre”.
“Ma
guardali, sembrano già marito e moglie”, li
prese in giro John, divertendosi nell’ascoltare i loro
battibecchi.
“E
sei sempre tu quello che è salito sulla ringhiera
di un ponte per costringermi a dirti che ti amo”,
rincarò la dose il Capitano.
“Lo
sai, Jack, sei proprio un bastardo”.
“Ma
è per questo che mi ami”.
Ianto
non trovò niente con cui controbattere. Era
vero, lo amava anche per quella sua bastardaggine e la faccia tosta.
Senza
quelle, dopotutto, non sarebbe stato Jack.
Rhiannon
si mise a raccogliere i piatti sporchi,
ridendo ancora sotto i baffi. “Dai, fratellino, aiutami a
sparecchiare”. Il
ragazzo fece come la sorella gli aveva chiesto e poi la
seguì in cucina con le
braccia cariche.
Appoggiarono tutto nel lavello e la donna aprì il rubinetto
per lavare. Il
fratello rimase accanto a lei, appoggiato alla maniglia del forno.
“Ma
dove l’hai trovato un tipo del genere?” gli
chiese la sorella in tono scherzoso, passando la spugna sulla lama di
un
coltello.
“Oh
be’, viene da un altro pianeta”, le rispose
Ianto facendola ridacchiare. Ma lei non aveva idea quanto quella
risposta fosse
vera.
“Ma
perché non me l’hai mai detto che…
sì, insomma…
che sei gay?”
Ianto
parve rifletterci un attimo. “Perché…
non lo
so. In realtà non credo di esserlo. Jack è il
primo”.
“E
come mai proprio lui?”
“Mi…
mi fa sentire bene. E poi almeno sono sicuro
che lui non se ne andrà mai”. Aveva lo sguardo
perso nel vuoto, fisso in un
punto non ben definito. Ma gli occhi gli brillavano, si accorse
Rhiannon, che
non poté non commentare. “Allora deve amarti
proprio tanto”.
“Oh
be’… lo spero”. In realtà non
intendeva proprio
quello quando aveva detto che Jack non se ne sarebbe andato. Certo, lui
non se
ne sarebbe andato, non come aveva fatto Lisa. Di questo era sicuro.
Tutto il
resto, chissà. Ma non voleva pensarci ora. Era una filosofia
che aveva adottato
quando aveva iniziato a lavorare per Torchwood: non pensare troppo al
futuro,
non sai mai cosa ti potrebbe riservare.
“Però
mi fa piacere”. La voce di sua sorella lo fece
ritornare alla realtà. “Mi sembri più
felice”.
“Davvero?”
“Sì
e non dirmi che non è vero”.
Ianto
sospirò ma non disse niente, così Rhiannon
aggiunse: “Dai, prepara un po’ di
caffè”.
Lei
nel frattempo aveva finito di lavare i piatti e
aveva richiuso il rubinetto. Ma uno strano rumore scoppiettante la fece
sbuffare. “Accidenti! Si è otturato di nuovo.
Johnny l’aveva sistemato la
settimana scorsa”.
Ianto lanciò un’occhiata sospettosa
all’oggetto incriminato. “Fammi vedere”,
disse, avvicinandosi. La sorella si spostò per fargli spazio
e lui guardò con
un occhio dentro al tubo di scarico. Di nuovo si sentì un
rumore provenire
proprio da lì dentro, come di qualcosa che scoppia.
“Rhian,
va’ a chiamare Jack”, ordinò a Rhiannon,
senza spostare lo sguardo dal lavello.
“Ma
no, ci penserà John”.
“Non
si tratta di otturazione. Va’ a chiamare Jack”.
La
donna non capiva che cosa il fratello volesse, ma
non fece altre domande e obbedì, andando in sala da pranzo.
“Passami
il cacciavite grosso”.
Ianto
prese l’oggetto e lo passò a Jack, sdraiato di
schiena sul pavimento della cucina, con la testa sotto al lavello, ad
armeggiare col tubo che faceva scorrere l’acqua.
John e Rhiannon erano fermi lì accanto a chiedersi che cosa
i due stessero
facendo.
“Forse
ci sono!” esclamò Jack, infilando tre dita
dentro al tubo. “Accidenti, è stretto”.
“Vuoi
provare a prenderlo con delle pinze?” gli
chiese Ianto, inginocchiandosi accanto a lui.
I
padroni di casa, intanto, si guardarono straniti.
“No,
no, lo sento. L’ho quasi preso. Eccolo!” Il
Capitano, con l’indice e il pollice, aveva estratto qualcosa
fuori dal tubo,
qualcosa di lungo, viscido, marrone e puzzolente. “Datemi una
bacinella,
veloce!”
Rhiannon,
colta alla sprovvista, fece un balzo sul
posto ma riuscì ad afferrare una bacinella blu sulla mensola
dietro di lei e a
passarla a Ianto che la porse a Jack perché ci mettesse
quella strana cosa che
aveva estratto dal lavello.
“Sono
stati Misha e David. Hanno sicuramente buttato
della roba dentro”, concluse Johnny, guardando
l’oggetto contenuto nella
bacinella.
“No,
non sono stati i bambini”, lo contraddisse
Ianto.
“Vi
presento uno Scarrol!” Jack ammiccò in direzione
dei presenti, allungando poi la bacinella verso Rhiannon, che
buttò un’occhiata
incuriosita. “Cristo santo! Ma che puzza! Che diamine
è?”
“Uno
Scarrol”, ripeté il Capitano come se stesse
semplicemente parlando del tempo. “E’ una creatura
che vive nelle tubature e
ogni tanto si incastra da qualche parte. Non mordono”. Con un
dito andò ad
accarezzare quello che sembrava il naso dello Scarrol. Questi
aprì gli occhi e
gli azzannò un dito. Jack lo ritrasse con un ghigno di
dolore. “Be’, non sempre
almeno”. Poi si voltò a guardare gli altri.
“Scusate, amici, ma è il momento
che io e Ianto leviamo le tende. Dobbiamo portare questo coso al
sicuro”.
“Ehi,
ma dove credete di andare? Ci dovete spiegare
che cos’è quella cosa?” gridò
Johnny dalla cucina, quando Ianto e Jack furono
già alla porta d’ingresso, intenti a indossare le
giacche.
“Ve
l’abbiamo detto, è uno Scarrol”.
“Sì,
ma da dove viene?”
“E’
una storia lunga, Rhian, ma prometto che un
giorno te la spiego”.
Misha
e David, seduti sui gradini, osservavano la
scena con aria stupita e confusa.
“Vedi
di non sparire come fai sempre o la prossima
volta manderò la polizia a casa tua!”
gridò Rhiannon dietro al fratello.
“Cercherò
di non farlo!” fece il fratello in
risposta quando lui e Jack erano già fuori dalla porta.
“Rhys,
ne avremo di bambini! Abbi un po’ di
pazienza!”
“Sì,
ma quanta pazienza? Quel tuo lavoro…”.
Gwen
sbuffò per l’ennesima volta quel giorno. Rhys
ci andava veramente pesante, quando voleva, e in quel momento ne aveva
veramente le scatole piene, di lui e del suo desiderio di avere figli.
Avevano
affrontato quell’argomento almeno un centinaio di volte, ma
lui pareva non
ascoltarla. Anche lei voleva dei bambini, assolutamente,
però quello non era il
periodo giusto per averne, sia per il suo lavoro sia perché
ancora non si
sentiva pronta. Credeva di esserlo, ma in realtà si
sbagliava e Torchwood, in
un certo senso, l’aveva salvata dal fare quel passo.
“Ascolta,
Rhys”, iniziò, con tono più calmo
possibile e lo sguardo più sincero che le riuscì
di fare. Gli prese le mani tra
le sue. “Io…”.
“Ehi,
piccioncini!”
Gwen
urlò e
Rhys si versò addosso la lattina di birra che
teneva in mano.
“Oh,
scusate, non volevo spaventarvi”.
“Be’,
ci sei riuscito lo stesso!” ringhiò la ragazza
in direzione dell’uomo che era spuntato da dietro la panchina
su cui era seduta
con suo marito. “Comunque, che diamine ci fai qui,
Jack?” Era convinta, ormai,
che l’uomo fosse venuto per dirle che avevano una missione
importantissima e
segretissima da compiere. Almeno quello l’avrebbe salvata da
quello zuccone di
Rhys. Invece, la risposta del Capitano la deluse. “Ah niente,
vi ho visti e
sono venuto a salutarvi”.
“E
guarda che mi hai fatto fare!” si lamentò Rhys,
asciugandosi la camicia con un fazzoletto di carta.
“Mi
dispiace”.
“Sì,
certo”.
“Veniamo
da un funerale”, disse la voce di Ianto che
li aveva raggiunti in quel momento. “Anche se dopo siamo
stati a pranzo da mia
sorella”.
“Funerale?
Oh Dio! Chi è morto?” esclamò Gwen,
allarmata.
“Nessuno
di importante. La mia vecchia bisnonna.
Aveva più di cento anni”.
“Oh,
mi dispiace. Condoglianze”.
“Grazie.
Non la conoscevo. Forse l’ho vista una
volta in tutta la mia vita”. Stava guardando in direzione del
cielo, con aria
pensierosa.
Jack,
allora, si raddrizzò con un scatto e mise le
mani sui fianchi. “Comunque, io e Ianto andiamo a caccia di
Weevil. Ti va di
venire Gwen?”
La
ragazza guardò prima i due colleghi dietro di lei
e poi il marito seduto accanto. Aveva solo due scelte da fare: andare
in
un’emozionante avventura correndo rischi che
l’avrebbero caricata di
adrenalina, oppure restare lì con un marito un po’
noioso a parlare di figli e
di futuro. La scelta era piuttosto semplice.
“No,
grazie. Resto qui”. Ma
perché la coscienza vinceva sempre
sull’istinto? Be’, dopotutto, era giusto; aveva
promesso al marito una giornata
tutta per loro.
“Come
vuoi!” le rispose il Capitano, senza togliersi
il sorrisetto beffardo di dosso. In due rapide falcate si
allontanò da loro e
si piazzò di fronte alla panchina, a un paio di metri di
distanza. “Allora,
tesoruccio. Andiamo?”
Ianto
sospirò, ma raggiunse Jack senza dire niente,
cercando di trattenere un sorrisetto sotto i baffi. Il Capitano gli
circondò la
vita con un braccio e insieme si allontanarono.
“Tesoruccio!
Allora quei due stanno veramente
insieme?!” esclamò Rhys, incredulo.
“Certo!
Sei tu che non mi hai mai creduto”.
“Accidenti!
Be’, spero almeno che Ianto faccia
ritrovare un po’ di buonsenso a quel pazzo del tuo
capo”.
“E’
di Jack Harkness che stiamo parlando”.
“Ah,
già. Giusto”. L’uomo si voltò
verso Gwen e
rimase a fissarla con sguardo serio. “Ma torniamo
all’argomento bambini…”.
Ma
perché non sono andata con Jack?
Ianto
si scervellava ormai da due minuti interi
cercando di trovare una scusa per mettere giù la cornetta e
chiudere quella
conversazione. Una bomba esplosa nel suo salotto? No, no, troppo
drastico.
Magari il microonde. Naah, non ci sarebbe mai cascata. O magari che
aveva
improvvisamente perso una mano? Ma la prossima volta che
l’avesse rivista come
avrebbe fatto a spiegare che gli era ricresciuta? Uff…
“Allora,
che diamine era quella cosa?” chiese
Rhiannon per l’ennesima volta. E Ianto sbuffò per
l’ennesima volta.
“Uno
Scarrol”. Ormai quella parola era diventata una
litania.
“Sì,
ma cos’è uno Scarrol?”
“E’
una creatura che vive nelle tubature”.
“Non
prendermi in giro”. La voce di sua sorella si
era fatta decisamente minacciosa. E quello non era mai un buon segno.
“O mi
dici che cos’è o vengo là e ti infilzo
con la forchetta che sto tenendo in
mano”. E conoscendola, Ianto era sicuro che
l’avrebbe fatto.
“E’
un alieno,
diamine!” esclamò infine.
MILLY’S
SPACE
Ma
bene… ma per caso il gatto vi ha mangiato la tastiera
del computer?? No, insomma, che fine hanno fatto le recensioni?
Va be’ dai, non importa, ma la prossima volta ne pretendo
almeno un po’… è
estate, adesso non avete più i libri che vi chiamano per
essere studiati, no? U.U
Allora…
che dire? Un capitolo moooolto di passaggio. In realtà
volevo metterci un po’ di azione anche, ma non mi
è venuto in mente niente. Comunque
non disperate, che dal prossimo capitolo finalmente inizierà
a succedere
qualcosa. E rimarrete molto sorpresi ^^
Ah
e tanto per farvi sapere, lo
Scarrol è una mia invenzione. Non so
esistano alieni che vivono nelle tubature, ma vi consiglio,
d’ora in poi, di
stare molto attenti u.u
Grazie
per la cortese attenzione e non dimenticatevi di
fare un salto sulla mia pagina facebook. E, soprattutto, non scordatevi
le
recensioni.
Baci,
M.
P.S.
quasi dimenticavo: recentemente ho pubblicato una
Oneshot su Torchwood, se avete voglia di andare a leggerla. Si intitola
Stella. Non è niente di
che ma è molto
dolce.
PUFFOLA_LILY: ehi,
carissima. Come ti ho già detto sono
rimasta molto sorpresa ma anche molto contenta di leggere le tue
recensioni in
questa fiction : ) ti ringrazio molto per aver recensito tutti i
capitoli, mi
fa sempre piacere riceverne e mi fa anche molto piacere vedere che i
lettori mi
seguono nelle varie storie che scrivo. Purtroppo in questo capitolo non
compaiono Tosh e Owen. La mia pecca è quella di concentrarmi
di più sulle
coppie che mi piacciono. Con questo non voglio dire che la coppia
Tosh/Owen non
mi piace, però non è quella che preferisco ^^.
Spero di risentirti presto, un grosso bacione.
Milly.
P.S. io la tua scrittrice preferita?? Ma dai… be’,
in tal caso tu sei la mia
lettrice preferita ^^