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Autore: Dave1994    16/06/2013    1 recensioni
Skyrim, poco prima della resurrezione dei draghi e del ritorno di Alduin.
Una terra immersa nel mistero e nella magia...talvolta così antichi da trascendere persino il tempo stesso.
Due universi che si incontrano,per ridipingere un passato sconosciuto e incredibile.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Gregorius si voltò, la testa pulsante per l'afflusso di sangue pompato dal cuore: avvertiva all'interno del proprio petto un rumore simile ai colpi profondi di un possente tamburo e sperò con tutto sé stesso che alle sue spalle ci fosse soltanto il suo famiglio dalle fattezze lupesche, anziché una delle sentinelle del Castel D'Our. Con un guizzo delle sue sinapsi cercò la coscienza di Jasper e fu ottenebrato all'istante da immagini sfocate e confuse: una nave in fiamme, tre figure naufragate su una spiaggia senza nome, una città dal vessillo nero e inquietante.

Avrebbe indagato dopo su quelle strane visioni, legate senza alcun dubbio ai due fuggitivi cui gli era stato affidata la cattura.

Un secondo. Tre figure?

Possibile che l'assassina...

- Concittadino, è tutto a posto? - squittì una voce timida e Gregorius si voltò con naturalezza, senza tradire alcuna emozione e recidendo con veemenza il corso dei suoi pensieri. Dagli incavi della sua espressione di pietra i suoi occhi si soffermarono su quel giovane che non doveva avere più di diciotto anni, imporporato nel volto e nei drappi che la sua armatura leggera portava.

Una guardia della città, proveniente dall'anello più esterno. A giudicare dal passo felpato con cui si era portato alle sue spalle, quell'uomo doveva appartenere al settore sorveglianza e da questo Gregorius ricavò che la sua abilità nel combattimento corpo a corpo dovesse essere scarsa, compensata tuttavia con un'ottima mira con l'arco e qualche rudimentale nozione di incantesimi di Illusione o Alterazione.

Non bene, pensò Gregorius. Lui era disarmato e in quel momento poteva contare solo sulla sua forza bruta, sperando al massimo in un provvidenziale intervento del suo lupesco famiglio.

Stava per rispondere, quando qualcosa nello sguardo attento del ragazzo si spezzò per lasciar spazio ad un'espressione sottomessa e di venerazione, un fervore che l'uomo davanti a lui ricordava bene: uno sguardo colmo d'ammirazione all'insegna cremisi della Legione, tanta voglia di dare il proprio contributo per la grandezza della patria natale e la voglia di diventare qualcuno. Era quell'inebriante amalgama di arroganza, sete di potere e grandezza patriottica che faceva di ogni giovane un potenziale elemento per la Legione...e da lì in poi, a seconda dell'arguzia di ognuno, il limite nella scalata gerarchica era solo il cielo.

- Comandante! Siete...voi? - domandò assorto il giovane, facendo scorrere lo sguardo incredulo dall'alto al basso lungo la tunica grezza e i sandali di cuoio portati da Gregorius.

Il ragazzo l'aveva riconosciuto.

Non bene.

Gregorius stava per rispondere, quando un'idea lo fulminò sul posto e anziché biascicare formalità e rituali privi al momento di alcuno scopo tirò fuori la tonalità della sua voce più concitata possibile.

- Soldato, sono stato appena assalito! Dei briganti mi hanno portato via ogni cosa, attaccandomi alle spalle! - latrò, imitando quanto più gli era possibile lo sguardo di un pazzo – Nord selvaggi, in combutta con i Manto della Tempesta! -

- ...briganti qua, a Solitude? -

- Cos'hai, le orecchie foderate di formaggio? - lo rimproverò Gregorius, calando di un ottava il tono della voce – non stare lì impalato, aiutami a prenderli! -

Per il giovane quelle parole furono come una doccia fredda: sobbalzò balbettando parole di scusa e mise mano all'impugnatura della sua spada, dal pomello di uno sgargiante rosso rubino. Prevedendo davanti a sé un lungo viaggio, Gregorius era intenzionato ad affrontarlo preparato a dovere e non si fece scrupoli quando chiese al giovane la sua armatura e la sua arma.

- Come, comandante? Vuole tutto il mio equipaggiamento? - sussurrò il giovane, leggermente sbigottito. L'uomo davanti a lui gli vide in volto un'espressione scettica e aumentò il livello delle sue capacità di recitazione, fingendosi adirato e mostrando occhi di fuoco con il suo sottoposto.

- Ho c-capito, sissignore! - gridò il soldato e si slacciò in fretta e furia l'armatura, slacciando dapprima il corpetto metallico e poi i bracciali, scintillanti alla ribollente luce del sole mattiniero. Infine, porse a Gregorius il fodero e l'uomo ne estrasse la lama, facendola roteare pericolosamente e con meticolosa perizia lungo tutto il fianco.

- Come ti chiami, giovanotto? -

- S-seamus, signore. Quarta cerchia delle mura... -

- Ho un grosso favore da chiederti. Hai degli spiccioli? -

- Come...signore? -

- Monete, soldato. - latrò Gregorius, fingendosi impaziente – septim. Potrei averne bisogno da qui a qualche ora. -

- Ma non doveva inseguire...? -

- Non fare domande, ragazzo. Ti garantisco che riavrai tutto al mio ritorno e anzi, magari vedrò di metterci dentro qualcosa di ringraziamento per il disturbo. -

Passò un minuto e Gregorius contò le monete all'interno dei sacchetti di cotone legati alla sua cintola. Cinquecento septim dovevano bastare per l'immediato futuro: avrebbe pensato in seguito a come fare dopo.

- Ti ringrazio, soldato – disse Gregorius, sinceramente grato a quel ragazzo di cui conosceva solo il nome e la divisione – mi hai tirato fuori dai pasticci. Un giorno avrò modo di ringraziarti a dovere per l'enorme favore che mi hai fatto.

- Si figuri, signore. Lei...lei è una leggenda tra le nuove reclute, sa? - rispose il ragazzo e qualcosa dentro Gregorius si lacerò, come una bestia che si morde la coda.

- E perché mai? Che cosa posso avere mai fatto di tanto speciale da affascinarvi tutti quanti?

Il giovane davanti a lui non rispose, limitandosi a sorridere con aria sornione.

Come se Gregorius avesse raccontato la barzelletta più divertente del mondo.

- Le sue imprese sono mirabolanti, comandante. Lei è fonte di ispirazione per centinaia di nuove leve della Legione. -

Ma l'uomo davanti a lui non stava più ascoltando. All'improvviso udiva quella voce così lontana, come proveniente da un altro pianeta...

E ripensò alla sua vita fino ad allora.

Che cosa ho fatto finora?

Ho servito l'Impero, si rispose. La sua campagna militare ad High Rock e la conquista fulminea che ne conseguiva era destinata a essere tramandata nelle ballate e nelle memorie di guerra per secoli.

E concretamente...cosa ho fatto finora?

Gregorius non voleva dare risposta a quell'inquietante interrogativo.

Si allontanò da quel giovane stupito e incredulo in silenzio, con passo lenti e quasi strascicati per terra.

 

 

Scaglie di gelo nelle ossa, pungenti come lame affilate.

Me le sentivo nella carne, le avvertivo penetrare nel cuore trafiggendolo. Non mi sarei sorpreso più di tanto se all'improvviso tastandomi il petto avessi sentito scorrere il mio stesso sangue lungo la mano, caldo e di un rosso spiccante sul bianco brillante della neve.

La tempesta infuriava intorno a noi, miseri viandanti dispersi nella bufera. A guidarmi restava solo la sagoma indistinta del mio eterno compagno di viaggio, Tevinias, una figura ricurva e appoggiata debolmente sul suo bastone di duro legno nero.

Dove eravamo? Sembravano trascorse ore e ore da quando avevamo lasciato Dawnstar e per tutto questo tempo vidi soltanto distese innevate e rocce solitarie affioranti sulla superficie ghiacciata. D'improvviso inciampai, annaspando nell'aria come un ubriaco in preda ai suoi deliri.

Un braccio mi sorresse, forte e sicuro, impedendo che mi accasciassi al suolo.

- Sebastian – sussurrò Tevinias, mentre il suo fiato si condensava in minuscoli cristalli ghiacciati – ce la fai? -

- Io...non lo so, fa così freddo. -

- Resisti, amico mio. -

Un bagliore infuocato avvampò davanti al mio volto e riconobbi in quelle lingue di fiamma un'altra delle magie dello stregone. Stava attingendo alle sue forze rimaste per me, per impedirmi di congelare e morire assiderato.

- Grazie. -

Tevinias non rispose, socchiudendo invece gli occhi per minimizzare l'effetto del vento ghiacciato. Anche senza sapere chi stesse cercando nella bufera, potevo leggere la sua espressione dal suo volto come se fosse un libro aperto.

Ashlotte ci raggiunse pochi istanti dopo, taciturna e quasi richiusa a riccio nelle sue spalle.

Lo stregone non proferì verbo, continuando invece la sua marcia verso l'orizzonte. Il globo magico accanto a me si gonfiò, fino ad assumere l'estensione di uno scudo d'acciaio: mi ci avvicinai il più possibile, godendo delle lingue di fiamma che solleticandomi la pelle senza tuttavia scottarmi mi riscaldava piacevolmente al pari di una coperta di lana in una notte fredda e solitaria.

Con la coda dell'occhio vidi la donna dai capelli biondi accoccolarmisi accanto, come dimenticando le divergenze che ci separavano. Osservandola più attentamente, vidi sul suo volto le prime macchie grigie sintomi dell'assiderazione.

- Credo che questa – dissi, facendomi da parte facendo un cenno verso la palla di fuoco – serva più a te che a me. -

Ashlotte bofonchiò un grazie sommesso, senza tuttavia muoversi di un passo soltanto. Feci per porgerle una mano e mi accorsi che stava tremando terribilmente.

- Tevinias... - sussurrai, quasi certo che il fischiare del vento gelido attorno a noi avesse coperto ogni mia parola. Ma così non fu: lo stregone si fermò, come in attesa di un segno.

- Guardala... - lo implorai, senza tuttavia ricevere nessuna risposta.

Passarono i secondi e quella donna che fino a poco tempo prima aveva cercato di ucciderci – o peggio, consegnarci alla Legione – batté i denti come un'indemoniata.

Lo stregone non si mosse, né fece cenno di aver compreso le mie parole.

- ABBI PIETA', ALMENO! - ruggì con tutta il fiato che mi restava nei polmoni, buttando fuori tutta la rabbia che la sua stolida arroganza provocava in me ogni maledetta volta.

Tevinias si voltò e continuò a camminare, riprendendo la sua marcia. Infuriato feci per alzarmi e raggiungerlo, quando un gemito mi colse di sprovvista alle spalle e voltandomi vidi sparire il globo infuocato in un guizzo colorato: scintille e baluginii arancioni avvolsero la donna in un soffice manto dal tepore confortante, propagandosi da lei come i raggi di luce attorno al sole.

Feci trascorrere qualche secondo, poi non riuscii più a trattenere quella domanda.

- Si può sapere cosa è successo fra voi due? Sembrava aveste chiarito. -

- Io...ho visto... - sussurrò, con un filo di voce.

- Cosa? -

- Non...non lo so. -

- Mhh. -

Guardai davanti a me, intravedendo il limitare del colle che avevamo quasi finito di percorrere. Sopra di me il cielo era un terribile bianco lattiginoso, inframmezzato di tanto in tanto solo da nubi scure e promettenti tempesta.

Una bufera coi fiocchi, come si dice dalle parti di Riverwood.

- Dove stiamo andando? - domandò la donna, stringendosi nel suo improvvisato soprabito di cotone. Sarebbe morta di freddo, se avesse continuato ad indossare la sua armatura leggera in cuoio a cui tanto era affezionata.

- Windhelm. - esalai, cercando Tevinias con lo sguardo – ma credo dovremo far tappa nuovamente per fare rifornimento. Abbiamo bisogno di abiti molto, molto più pesanti. -

- Se quella là in fondo è Saaarthal – disse una voce, che riconobbi immediatamente appartenere al mio compagno di viaggio, intendo a scrutare l'orizzonte con occhi attenti ed uno sguardo meticoloso – possiamo fermarci a Winterhold, e da lì proseguire a sud. -

- Dobbiamo allungarci così tanto? Di questo passo ci metteremo almeno cinque giorni per raggiungere Ulfric. -

- Sebastian, non possiamo proseguire in queste condizioni. -

E aveva ragione. Akatosh solo sapeva quanto fossimo stremati da quella traversata in mezzo alle lande ghiacciate che separando il Pale e Winterhold.

- Inoltre – sussurrò lo stregone, con aria angosciata – credo che qualcuno ci stia seguendo. Una presenza che mi pizzica la nuca. -

- ...E' lei? - chiesi, praticamente senza voce. Il ricordo di quell'entità senza forma, di quell'abisso senza confini mi attanagliava la mente e mi soffocava il fiato nel petto.

L'oscurità ci avrebbe colto di sorpresa quella notte, e stavolta nessuno stratagemma ci avrebbe salvato.

Nessuno.

- Non...non lo so, Sebastian. Prega che non sia così, non mi resta una goccia di magicka per difenderci. -

- Di chi state parlando? - intervenne Ashlotte, sinceramente incuriosita dalle nostre espressioni preoccupate. Tevinias fece una smorfia, guardando la donna dritta negli occhi.

- Nulla che tu possa anche solo lontanamente comprendere. -

- ...E' quella cosa, vero? Quella della visione? -

Il silenzio cadde tra i due, spesso come una coltre. Solo il vento ghiacciata spezzata l'atmosfera tesa con il suo lento, sommesso e inarrestabile fischiare.

Uuuuuu-uuuuu.

E di nuovo.

Uuuuu-uuuuu.

- Lascia che ti dica una cosa, assassina – fece Tevinias con un tono di profondo disprezzo – se quell'essere, quell'Ombra, ci raggiungesse...non esiste arma, incantesimo o amuleto in grado di fermarla. Possiamo sperare solo nella luce dell'alba, ma è una possibilità praticamente irrisoria: non si farà cogliere da questo trucco una seconda volta. -

- Ma che cosa... -

- Vuole lui. - la interruppi, senza darle la possibilità di finire la frase.

- E' una storia lunga da spiegare, ma quella cosa gli dà la caccia e lo vuole morto. -

- Morto è un parolone – rispose Ashlotte, con un'espressione mesta – dopo quello che ho visto sulla nave. -

- Ragazzina – disse Tevinias, avvicinandosi alla donna e fulminandola con occhi di brace. Ashlotte fu certa di vedere in quegli specchi profondità insondabili, che mai avrebbe voluto attraversare: desiderava soltanto distogliere il suo sguardo da quello dello stregone, ma scoprì con suo enorme rammarico di non riuscirci affatto.

- Ci sono cose ben peggiori della morte. - concluse l'uomo, ritraendosi e lasciando in disparte Ashlotte e Sebastian. Poi continuò per la sua strada, lasciando i due in preda a mille domande.

  
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