Un
giro in moto, un paio di birre ed il mattino dopo House
arrivò al lavoro più
assonnato che mai.
Non
aveva dormito granché e per svegliarlo ci voleva ben
più di una tazza di caffè
caldo.
Fortunatamente
la giornata volò tra casi da risolvere, diagnosi da fare e
team da prendere in
giro e schiacciare con la sua mente geniale, come faceva di solito.
Adorava
fare nuove diagnosi, sentire le baggianate che dicevano Chase, Cameron
e
Foreman e bocciarle tutte dalla prima all’ultima.
Lo
divertiva.
“Che
ha Cameron?”chiese Wilson, vedendo uscire la ragazza, a testa
china e con le
lacrime agli occhi quando entrò nel suo ufficio, alla fine
del lavoro.
“Niente.
È solo sconvolta.”
“Perché?
Che lei hai fatto?”
“Perché
deve essere sempre mia la colpa?”
“Perché
la maggior parte delle volte è
così?”rispose lui, ridendo.
“Non
ritiene giusto un destino di una paziente, contagiata
dall’HIV.”
“E
tu le dai torto?”
Wilson
era stupito.
“Diciamo
che non riesco a provare compassione per tutte le persone che soffrono.
Non
ho lo spirito da crocerossina, come lei.”
Wilson
sospirò.
“Devi
umanizzarti un po’, House.”
“E
come intendi fare, sentiamo? Conosci qualche magia o farmaco che io
ignoro che
mi faccia diventare la copia maschile di Cameron?”
Al
cenno di dissenso dell’amico, House rise.
“Lo
immaginavo.”e zoppicò via.
Wilson
lo rincorse.
“Dove
diamine vai così di fretta?”
“Ho
da fare. Ci vediamo domani.
Notte,
Wilson.”
“Notte,
House.”rispose l’oncologo.
Lo
vide allontanarsi da lui e non sapendo il perché
sentì una stretta al cuore.
Aveva
una brutta sensazione che non lo lasciava mai, quando pensava ad House.
Gli
stava nascondendo qualcosa, se lo sentiva.
Non
gli era sfuggito il sorriso triste dell’amico quando aveva
detto “Ho da fare”.
“In
che senso, non sta dando frutti?”chiese al medico.
“Credo
sia colpa dei suoi antidolorifici.
Deve
smetterla di prenderli se vuole stare meglio.”
“Non
posso smetterla. Non ci riesco.”
“Lei
è un drogato, Dr House e se non vuole morire, deve fare come
le ho detto.”
“Se
lo scordi.”disse e balzò giù dal
lettino dell’ospedale.
“Se
fa così, morirà.”
“Almeno
lo farò senza soffrire.”rispose lui, andandosene.
Era
stato uno stupido a rifiutare di continuare la cura.
Lo
sapeva ed ora i medici che lo curavano non facevano altro che chiamarlo
ed
incitarlo a tornare.
Non
ci riusciva ed aveva bisogno di dirlo a qualcuno, ma ogni volta che
l’idea lo
sfiorava, lui trovava il modo per allontanarla, una volta con un nuovo
caso,
un’altra con una diagnosi, o una cena….
Erano
passati tre giorni da quando aveva sospeso la cura ed ora la situazione
era
peggiorata.
Ora
il mal di testa che prima era solo passeggero nei primi giorni, ora era
continuo e fortissimo e la debolezza non lo lasciava mai.
Se
ci aggiungeva anche la nausea, sembrava una in gravidanza.
Era
ormai sera, quando se ne andò.
“Mi
dai un passaggio?”
Era
la voce di Wilson.
“Credevo
che odiassi venire con me in moto.”rispose lui.
“Infatti,
è così. Perché sei un pazzo
spericolato, drogato e zoppo.”
“Grazie
mille, Wilson.”
“Geena
ha preso l’auto e se non voglio tornare a casa a piedi con
questo freddo, dovrò
venirmene con te.”
“Monta
su, dai! Mi sa che ti avvicini sul serio al tuo terzo divorzio,
sai?”
“Mi
sa anche a me. È diventata troppo gelosa, appiccicosa ed
assillante.
Mi
chiama minimo tre volte al giorno per sapere che faccio. È
peggio di mia
madre!”
House
scoppiò a ridere ed accese la moto.
“Fai
la strada più lunga, House. Non voglio arrivare a casa
presto.”fece Wilson.
“Va
bene. Però dopo ti chiedo
l’extra.”rispose l’amico, iniziando a
correre.
Wilson
si dovette aggrappare alla sua vita per non cadere
all’indietro.
Lo
sentì ridere e non potè fare a meno si schiudersi
in un sorriso anche lui.
Sapeva
che House non gli avrebbe mai fatto rischiare la vita.
Nulla
gli dava quella certezza, ma lo sapeva e basta, se lo sentiva.
Come
sentiva che desiderava passare il suo tempo con lui e non a casa.
Come
sapeva che gli voleva bene e che anche lui gliene voleva anche se non
l’avrebbe
ammesso mai, orgoglioso com’era.
House
si concentrò sulla strada, strizzando gli occhi.
La
testa gli pulsava e la vista gli si stava annebbiando.
Accidenti!
Strinse la presa attorno alla moto e tentò di concentrarsi
il più possibile
sulla strada.
Ma
ormai non vedeva che luci ed ombre.
“HOUSE!”sentì
Wilson dietro di lui gridare.
Vide
una luce di fronte a lui e virò appena prima di schiantarsi
contro quell’auto.
Wilson
era dietro di lui. Se fosse morto a causa sua non se lo sarebbe mai
perdonato!
Ed ora cosa avrebbe fatto?
“House!
Ma cosa diamine di è saltato in mente?
Non
sbandare così, rischi di farci cadere dalla moto!”
Wilson
strinse la presa attorno alla vita dell’amico. Stava
iniziando a spaventarsi.
Era
da House fare certe cazzate, ma prima
per poco non si erano schiantati contro un auto.
Cosa
diamine gli stava succedendo?
Vide
una forte luce, qualcuno suonò il clacson ed House
sterzò velocemente, così
velocemente che la moto si inclinò ed entrambi rotolarono
giù, fortunatamente
non in mezzo alla strada, ma sul ciglio.
“MA
COSA DIAMINE TI E’ SALTATO IN
MENTE?”urlò Wilson, rialzandosi lentamente e
correndo verso l’amico che giaceva riverso a terra, la moto
buttata metri più
in là.
Non
c’era nessuno attorno a loro, solo macchine che schizzavano a
tutta velocità.
Nessuno
a cui chiedere aiuto.
“House!”
Wilson
si chinò sull’amico e lo aiutò a
rimettersi seduto.
Si
accorse che tremava, gli occhi chiusi.
Aveva
una ferita alla tempia da cui il sangue usciva copiosamente.
“Oddio,
House!”
“Stai
bene?”chiese lui, sempre tenendo gli occhi chiusi.
“Io…sì…ma
tu sei ferito! Dobbiamo andare all’ospedale!”
Wilson
lo costrinse a rimettersi in piedi ed insieme rimisero in piedi anche
la moto.
“Stavolta,
guido io. Tu reggiti.”
House
obbedì. Era troppo frastornato e confuso per reagire e
controbattere.
Nessuna
battuta sarcastica, nulla di nulla.
Montò
dietro all’amico e sospirò.
Accidenti!
A causa della sua malattia per poco lui e Wilson non morivano in un
incidente!
Aveva
perso il controllo della moto, aveva la vista annebbiata…
Che
stesse peggiorando?
Probabilmente
svenne durante il tragitto verso l’ospedale,
perché, quando si risvegliò, si
trovò adagiato su un letto e collegato ad un respiratore.
Accanto
a lui profondamente addormentato su una poltrona, c’era
Wilson, i capelli
castani che gli ricoprivano gli occhi.
E,
seduta accanto al letto, c’era…
“Bene!
Ti sei svegliato?”disse Lisa Cuddy, posando la rivista che
stava leggendo.
Si
avvicinò a lui e gli tolse il respiratore dal volto.
“Capisco
che non hai un marito, ma ti sei accampata
nell’ospedale?”chiese, cinico.
“Molto
divertente. E tu hai pensato che, dato che non sei soddisfatto della
tua vita,
la cosa ideale era tentare il suicidio?”rispose lei.
“Io
non ho tentato il suicidio. Non ancora, almeno.”
“Wilson
mi ha riferito che stavi per schiantarti contro un auto
perché avevi perso il
controllo della moto.
Quanto
eri fatto?”
“Non
ero fatto! Almeno, non più del solito.”
“Ed
allora come hai perso il controllo? Potevate morire tutti e
due!”
“E
saresti rimasta molto dispiaciuta, eh? Due primari in un solo colpo!
Che
tragedia per te! O forse dovrei dire, per l’ospedale? Non
credo ti sarebbe
importato di noi in quanto persone, ma in quanto medici.
O
sbaglio, Cuddy?”
Lei
tacque, stringendo i pugni.
“Io
non sono come te, House, anche se pensi il contrario.
Io
non sono misantropa, né opportunista, né cinica,
come te. Se mi preoccupo per
voi non lo faccio per l’ospedale, ma perché ci
tengo.
Anche
se credo che il verbo “tenere a qualcuno” non
rientri nel tuo vocabolario.”
Detto
ciò se ne andò, sbattendo la porta e facendo
sobbalzare House.
“Forse
ho un po’ esagerato.”si ritrovò a
pensare lui.
Di
colpo una leggera musichetta si diffuse nell’aria.
Era
la suoneria del cellulare di Wilson, House l’aveva sentita
tante di quelle
volte!
Si
liberò delle coperte e lo estrasse dalla giacca
dell’amico che, nonostante il
rumore, continuava a dormire.
“Dormiglione!”sussurrò,
con un mezzo sorriso sul volto, poi rispose.
“Pronto?”
“Pronto!
Sono Geena, la moglie di Wilson.
Con
chi parlo?”
“Sono
il Dr House.”
“E
che ci fa con il cellulare di mio marito? Lui
dov’è?”
“E’
occupato al momento.”rispose House, con un ghigno.
“Siete
soli?”
“No,
dopo ci raggiunge anche
Stiamo
facendo una cosa a tre, ma se vuole ve…”
“Dà
qua!”
Wilson,
che probabilmente si era svegliato durante la chiamata, gli
strappò il
cellulare di mano.
“Geena?
Sono Wilson.”
Le
urla della moglie le sentì anche House, che trattenne a
stento le risate.
Quando
Wilson chiuse il cellulare, si voltò verso l’amico
ed annunciò:
“Sei
un vero idiota, lo sai?”
House
potè ridere, finalmente.
“Sì,
me lo dicono in tanti!”
“Bravo!
Complimenti! Ora pensa che io al lavoro faccia sesso con te e con
House
rise ancora più forte.
“E’
lei che non si fida di te! Che colpa ho io?”
Wilson
lo guardò, scettico.
“Ok,
forse un po’ di colpa ce l’ho! Ma era solo uno
scherzo!
Te
le trovi sempre tu le donne appiccicose e che non sanno stare allo
scherzo.”
“Ai
tuoi di scherzi, vorrai dire.”
“Sì,
ai miei.”
House
si mise seduto sulla poltrona e Wilson gli sedette accanto.
“Era
preoccupata. Ed anche io lo sono stato ieri sera. House, tu non hai mai
perso
il controllo della tua moto e ieri stavano per morire!
Che
diamine sta succedendo? E sei strano in questi giorni!
Sei
sempre di più scontroso e distaccato, sempre con la testa
tra le nuvole.
E
Cameron mi ha detto che spesso ti chiama un tizio all’ufficio.
Ha
detto che una volta ha sentito la tua conversazione e
l’è parso di capire che
era dell’ospedale poco lontano da qui, un oncologo.”
House
sbiancò.
“Mi
stai nascondendo qualcosa, House.
Tutti
mentono, anche tu. Che cosa mi stai nascondendo?”
House
chinò lo sguardo.
“Non
ti sto nascondendo nulla, Wilson.”
“Non
sai mentire e poi ti conosco troppo bene per non capire che qualcosa ti
turba.
Se
c’è qualch…”
“NON
HO NULLA!”esclamò House, più forte di
quanto avesse voluto.
“Non
ho bisogno del tuo aiuto, sto benissimo e so cavarmela egregiamente da
solo,
grazie.”disse gelido.
Lo
vide chinare lo sguardo e provò una stretta al cuore.
Wilson
tentava solo di aiutarlo e lui che faceva? Se la prendeva con lui come
se fosse
colpa sua.
“Scusami…Io
non volevo prendermela con te.”ammise.
“Stai
mentendo, non è così?”
“Non
sono mai stato più serio di così,
credimi.”
Wilson
lo guardò negli occhi.
Occhi
castani dell’oncologo contro gli occhi azzurri del bel
diagnosta.
“Sono
qui, se hai bisogno.”disse Wilson, senza distogliere lo
sguardo.
“Lo
so. Tu ci sei sempre per me. Grazie.”rispose House.
Ecco a voi un
altro chappy della
mia fan fiction sul mio amato Dr House.
Volevo
ringraziare di cuore Nike87,
Lady House e AshleySnape per aver commentato la mia storia e Selvy per
aver
inserito questa storia nei preferiti!!!
Siete grandi,
raga!!!!
Sono contenta
di aver avuto un po’
di recensioni, specialmente da voi che siete bravissime nello
scrivere!!!
Grazie,
grazie, grazie!!!
So che vi sto
tenendo sulle spine
con la faccenda del dottore e del dialogo di House con
quell’altro medico, ma
non preoccupatevi che ben presto saprete la verità!!!
E per quanto
riguarda il pairing,
penso che sia proprio House/Wilson, che adoro come coppia!!!
Attendo
vostre recensioni e
consigli, che ne ho bisogno, sono un po’ alle prime armi con
le long-fic di
House!!!!
Un bacione a
tutti voi e buon
inizio anno 2008!!!!!!!!!!
Lily Black 90