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Autore: Yume Miyu    17/06/2013    0 recensioni
"ℓєgαмι ρєя∂υтι"|☯
∞ 『 http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1916877&i=1 』∞
☯| gємєℓℓαтσ cση:
"ℓєgαмι ∂ιѕтяυттι"
∞ 『 http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2073305 』∞
salve a tutti! questa è la mia prima fanfiction, sono ancora alle prime armi ma spero vi piaccia.
Questa storia si ambienta nell'anime di naruto giusto prima che la guerra iniziasse, anche se all'inizio non lo esplicito più di tanto, inoltre, la vera storia inizia dal cap 3.
Trama: Yume Miyu, dopo aver perso la memoria, si ritrova in uno strano bosco che la porterà in un deserto che sembra interminabile, e successivamente, al famoso Villaggio della Sabbia.
Yume scopre che ha un legame con un essere misterioso e per questo non tutti l'accetteranno, ma riuscirà lo stesso ad ambientarsi anche grazie all'aiuto del Kazekage, il quale inizierà ad avere un pò alla volta una cotta segreta verso la ragazza ...
vi prego fate recensioni, accetto anche le critiche negative! ^_^
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara , Un po' tutti
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Mi risvegliai di soprassalto sentendo le voci degli stessi uomini che mi ero lasciata alle spalle, guardai il cielo: il sole stava per tramontare, avevo dormito troppo! Così mi rialzai ma sentì subito una fitta al fianco, la ferita si stava per riaprire, purtroppo non c’era tempo per medicarla allora mi misi a correre a perdifiato ma, dopo nemmeno una ventina di passi caddi a terra per il troppo dolore, mi guardai alle spalle, gli uomini ormai, mi avevano raggiunta, mi stavo per rassegnare ancora una volta, ma ecco che sentii di nuovo quella voce “forza corri! Corri più veloce che puoi e cercati un riparo!” e, come dal nulla, ancora una volta, ricevetti energia e in men che non si dica mi misi a correre, una cosa che ormai mi veniva di natura. All’improvviso, però mi dovetti fermare, non perché avevo male, ma perché ero sbalordita; improvvisamente il paesaggio era cambiato: davanti a me si stendeva un’ infinito deserto con dune incredibilmente alte e dislivelli a dir poco impressionanti. Rimasi stupefatta, non avrei mai immaginato che uno scenario potesse cambiare così velocemente; dietro di me c’era una fitta foresta, invece, davanti si poteva vedere solo ed esclusivamente sabbia. Guardai dietro e poi davanti a me un paio di volte perché ero indecisa se tornare indietro, nella foresta, dove avrei avuto l’opportunità di nascondermi, oppure continuare sempre dritta nella speranza che quegli uomini non mi inseguissero attraverso il deserto. Non sapevo cosa fare quando sentii una fitta alla spalla, d’istinto ci misi la mano sopra e sentii subito un oggetto tagliente: una freccia. Mi voltai in preda al dolore e ansimante per la corsa appena fatta; quei soldati mi stavano circondando, non mi diedero un attimo di sollievo e uno di loro mi corse in contro con un oggetto in mano, lo avvicinò al mio volto solo all’ultimo istante e mi spruzzò negli occhi qualcosa, all’apparenza semplice acqua, infatti mi chiedevo perché lo avesse fatto, ma dopo qualche secondo gli occhi iniziarono a bruciare, provai a sfregar via quella sostanza con le mani, ma ebbi l’effetto contrario, il bruciore aumentava ogni secondo e capii che era una soluzione acida o una cosa simile, allora provai ad aprire gli occhi ma fu tutto inutile perché vedevo tutto fosco. Urlavo come una disperata e mi agitavo a terra per la troppa sofferenza. I soldati mi saltarono addosso e iniziarono a darmi calci e pugni, proprio come i bulli fanno ai bambini più piccoli per farsi dare i soldi della merenda, sentivo le forze mancare, desideravo solo sparire nel nulla ma per fortuna quegli uomini si fermarono, forse avevano avuto un po’ di pietà. Nel silenzio quasi inquietante che si era fatto tutt’attorno, sentii i passi di uno di loro avvicinarsi, qualcuno mi prese per il mento, io riuscii ad aprire a mala pena gli occhi ma abbastanza per capire che quella persona era il comandante che avevo visto il giorno prima fuori della mia cella, ma qualcosa in lui era cambiato, il suo volto era attraversato da una nuova e fresca cicatrice che faceva rabbrividire la pelle « Ma che brava, i miei più sinceri complimenti, sei riuscita a scappare dalla nostra prigione. Devo ammette che non è cosa da poco. Se fosse per me ti ammazzerei qui, in questo momento »fece una breve pausa per guardarsi attorno come per capire se qualcuno ci stesse spiando « Purtroppo, però, ho dei superiori molto intransigenti: pretendono che tutto sia fatto in modo perfetto e questo implica che per farti fuori dobbiamo portarti nelle nostre celle. Hai delle informazioni molto utili che ci interessano, quindi non possiamo farti più di tanto male. Adesso ti riporteremo nel nostro nascondiglio e tu ci dirai quello che vogliamo sapere »anche questa volta non attese una risposta e mi prese per i capelli per trascinarmi « Lasciami! Lasciami! »tentai di urlare con la poca voce che mi rimaneva « Stai zitta brutta mocciosa! »mi ordinò subito quell’uomo e mi cacciò il colpo di grazia. Si voltò e mi diede un pugno dritto nello stomaco, sputai sangue e mi raggomitolai per il dolore; stavo per svenire, questa volta veramente le forze mi mancavano. Sbattei la testa nella sabbia e negli ultimi istanti di coscienza sentì il battito del mio cuore e in contemporanea il suono chiaro del battito di un altro cuore. Attorno a me vedevo solo nero, non a causa degli occhi chiusi, lo sentivo chiaramente: attorno a me il nulla più completo.
Sto per morire? E’ questo che si sente quando si sta per perdere la vita? Il nulla tutt’attorno e le forze che piano, piano se vanno?
Una luce si fece strada nel buio e questa volta udii chiaramente due parole “Kirara” “Brisingar” perché in un momento critico come questo mi vengono in mente queste parole così assurde e senza senso?.
Con l’apparizione di quella luce le forze mi ritornarono, ma questa volta era diverso, quell’energia che mi stava venendo aveva un non so che di diverso, di stano, di magico. In quel momento non sentii più il male causato dalle varie ferite, apii gli occhi e i contorni delle figure erano finalmente chiari; vedevo con piacere i soldati, che prima mi circondavano e mi malmenavano, ora invece terrorizzati da me; indietreggiavano e tremavano come una preda davanti al cacciatore, quella nuova forza che avevo appena ricevuto era molto gratificante e mi faceva sentire la più potente di tutti, la più forte. I miei occhi passarono in rassegna tutti quelli che prima mi guardavano con tanto disprezzo e odio, poi mi soffermai a guardare il volto di quell’uomo che prima si sentiva tanto superiore a me « P-presto, che aspettate, catturatela! »cercò di balbettare, ma questa volta nessun soldato osò avvicinarsi, e io non avevo intenzione di farmi sfuggire quell’occasione: mi mossi come se quello che stavo per fare lo avessi già fatto qualche centinaio di volte prima, anche se in realtà non avevo coscienza di quello che stavo facendo. Stesi il braccio, indicai tutti i soldati e alla fine, concentrai tutta la mia energia nella mano e la liberai tutta in un solo momento urlando con tutta la voce che avevo in gola « Brisingar! »d’ un tratto sentii il calore del fuoco avvolgere me e tutto quello che mi circondava, i corpi di quelle persone si agitavano in preda al panico tra le fiamme, mentre io stavo li a osservare la scena e, a differenza di loro, non bruciavo, anzi più stavo a contatto con le fiamme più mi divertivo e quella forza si faceva sentire, ribolliva nelle mie vene come se fosse contenta di vedere la morte di quella gente. Ma, come era comparsa, quella misteriosa energia scomparve e mi ritrovai inginocchiata e ansimante per quella mancanza improvvisa di potenza. Ero circondava da quei corpi carbonizzati, qua e là qualche cadavere stava ancora bruciando. Sono veramente io questa? Un’assassina spietata?. No, non potevo perdermi in quei pensieri perché molto probabilmente quella era solo una delle tante pattuglie che mi stavano cercando: in fondo quell’uomo aveva detto che io ero preziosa per loro. Gli occhi e le ferite tornarono a far male e così chiusi le palpebre per sentire meno male e cercai di fermare il sangue premendo le mani sulle ferite. Optai per il deserto, in fondo i soldati potevano benissimo pensare che nelle mie condizioni non avrei avuto il coraggio di addentrarmi li, così proseguii il mio cammino.
Andavo avanti a fatica, non avevo la più pallida idea di dove fossi, cadevo spesso ma l’idea che altri alleati di quei tipi mi trovassero, mi faceva rialzare; inoltre il sole era quasi sopra di me e volevo trovare un riparo per potermi rilassare all’ombra, mi faceva male ogni singola cellula del mio corpo e avevo una sete tremenda. Il caldo era diventato mio nemico, molto probabilmente era mezzogiorno perché si sentiva chiaramente l’afa e il ribollire della sabbia per la temperature troppo elevata, dovevo trovare un riparo o tutta la fatica che avevo fatto per sbarazzarmi di quella gentaglia sarebbe risultata inutile, provai ad aprire di più gli occhi, non immaginavo che farlo facesse così male tanto che caddi a terra per il dolore, ma comunque tutti i miei sforzi non risultarono vani: riuscii a vedere qualcosa di molto grande e alto davanti a me, una montagna molto probabilmente, finalmente potevo ripararmi dal sole e riprendere le forze. Mi incamminai verso quel luogo, nella speranza che i miei inseguitori non fossero arrivati li prima di me, sentii le gambe cedermi per la fatica e la sofferenza era sempre più assillante, così, ancora una volta, persi i sensi prima di arrivare in quel posto che in quel momento significava la mia salvezza. 
   
 
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