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Autore: RiceGrain    02/01/2008    3 recensioni
Ero stata costretta a fuggire. Costretta non da qualcuno in particolare, ma da tutta una serie di cose che mi avevano profondamente convinta che la "vita fa schifo", o meglio "life sucks"...rende decisamente meglio. La banalità dello scorrere dei giorni tutti uguali, uno identico all'altro mi stava soffocando, e sapevo che non avrei retto ancora per molto. Così la decisione di fuggire, provare a ricominciare tutto d'accapo in un altro posto...sì, ma quale? Ely e Gerard...due persone così lontane eppure così vicine...le loro vite sono destinate ad intrecciarsi e a restare unite per sempre...through it all...
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Ero stata costretta a fuggire

Ero stata costretta a fuggire. Costretta non da qualcuno in particolare, ma da tutta una serie di cose che mi avevano profondamente convinta che la "vita fa schifo", o meglio "life sucks"...rende decisamente meglio. La banalità dello scorrere dei giorni tutti uguali, uno identico all'altro mi stava soffocando, e sapevo che non avrei retto ancora per molto. Così la decisione di fuggire, provare a ricominciare tutto d'accapo in un altro posto...sì, ma quale?

Ogni posto è identico ad un altro quando non hai meta, quando ci sono persone che se ne fregano che tu sia andata via, ed altre di cui a te non importa se soffrono per la tua partenza.

Quando hai la consapevolezza di essere sola al mondo, circondata da persone che non ti capiscono, che non sanno apprezzarti per come veramente sei, tutto assume un' altra prospettiva. Improvvisamente ed istintivamente ti proteggi dagli altri e ti barrichi dentro il tuo castello dalle mura impenetrabili, come quelli che popolavano le tue fiabe da bambina...e nonostante tutto, nonostante tu abbia capito che la realtà è ben diversa dalla fantasia, c'è una parte di te, la tua parte migliore, che si nutre e vive di sogni e sa che un giorno arriverà qualcuno a portarti via dalla prigione in cui tu stessa ti sei intrappolata e, come nelle migliori fiabe, ti porterà via con sè in un posto felice.

 

                                                                                   *

 

La pioggia scorreva lievemente, rendendo l'atmosfera circostante umida ed ovattata, dandomi l'impressione di essere in una bolla di sapone.

La strada davanti a me era deserta, e solo il tocco dolce e cadenzato delle gocce di pioggia sulle mie braccia nude mi facevano capire che ero sempre viva.

All'improvviso vidi un'insegna luminosa in quella tetra solitudine. Alcune lettere mancavano di illuminazione, il che contribuì ad accrescere la sensazione di disagio che provavo.

Entrai, spingendo la porta a vetri del locale e un trillo argentino di campanelle, così fuori luogo in un posto del genere, avvisarono il mio ingresso.

Il bar era deserto, fatta eccezione per un ragazzo la cui testa era celata dal cappuccio della felpa.

Stava bevendo un qualcosa di indefinibile, probabilmente vodka. Non ci badai e mi andai a sedere dalla parte opposta, con la predisposizione d'animo di rifugiarmi nell'alcool...un amico che soprattutto nell'ultimo periodo mi aveva aiutato ad andare avanti.

Un tizio dall'aria per niente rassicurante si avvicinò e mi chiese cosa prendevo. "Una tequila liscia" sospirai "Me la faccia doppia..." aggiunsi, poi inconsciamente mi voltai verso il ragazzo dall'altra parte del bancone e notai che mi stava guardando a sua volta, probabilmente incuriosito dalla mia voce.

I suoi occhi mi catturarono immediatamente...due gocce di smeraldo iridescenti brillavano su un volto corrucciato ed annebbiato dall'alcohol...ma non c'era solo quello nella sua espressione....no...era un misto di sentimenti...come se per qualche misteriosa ragione stesse ancora aspettando qualcosa o qualcuno che gli facesse credere che valesse la pena vivere. Mi ci ritrovavo un po'...

Mi sembrava di vedere un angolo di paradiso attraverso quelle due fessure, e in un posto del genere l'evidenza di ciò era ancora più stridente.

I lunghi capelli neri, scomposti sulla spalle contribuivano a dargli quell'aspetto di angelo maledetto che istintivamente mi attirava.

Mi fece un cenno con la testa a mò di saluto e io ricambiai.

Dio, che incontri si facevano nelle bettole squallide di Manhattan...

Fui interrotta nei miei pensieri quando il barman mi sbattè davanti un bicchiere, così forte che un po' di liquido trasparente traboccò e si verso sul bancone sudicio.

Lo trangugiai immediatamente ansiosa di avvertire il familiare calore alla bocca dello stomaco, quel calore confortante che presto avrebbe annebbiato tutto, avrebbe cancellato come una bacchetta magica tutte le mie pene. Mi asciugai la bocca con il dorso della mano prima di dire "Un'altra". Avevo bisogno di dimenticare tutti i pensieri che mi trascinavo dietro...sapevo che quello non era il modo giusto, scappare non lo è mai. Ed io stavo scappando, oh sì che lo stavo facendo..proprio come avevo fatto qualche mese prima da casa dei miei. Nessuno aveva avuto il benchè minimo sospetto che io l'avrei fatto...una ragazza così tranquilla, così attenta alle regole....eppure eccomi qui. Avevo mandato a farsi fottere tutto, famiglia, amici, università...non appena avevo avuto un po' di soldi tra le mani, senza dare nessun segno di preavviso, ero andata via. Avevo sbattuto in uno zaino poche cose e me n'ero andata...proprio come avevo sempre sognato fare, proprio come nei film...solo che stavolta era vero.

Nemmeno io stessa avevo creduto di avere le palle per farlo....eppure in quel momento mi era sembrata l'unica cosa giusta da fare. La mia vita mi stava uccidendo...non mi ero mai sentita tagliata per quel posto, troppo diversa da tutti quanti mi circondavano...ed in qualche modo sapevo di stare sprecando gli anni migliori della mia vita in un posto che non era il mio.

E così eccomi qui...New York...l'unica città dove avevo sempre sognato vivere fin da bambina..fin da quando mi studiavo a memoria tutte le capitali degli States e mi leggevo paginate di roba su di essi, giusto per sentirmi più vicina...

Ok...finalmente ero negli States, a Manhattan....ma stranamente ciò non aveva cancellato i miei problemi. Non conoscevo nessuno, nè avevo un posto dove andare...nella mia stupidità e nella avventatezza di andarmene non avevo pensato alle conseguenze di quello che stavo per fare.

I soldi che mi ero portata dietro bastavano ancora per qualche tempo, ma se non avessi trovato una soluzione alla svelta, sarei stata costretta a tornarmene in Italia con la coda fra le gambe..sconfitta un'ennesima volta...il mio sogno americano distrutto....e dopo non ci sarebbe stata un'altra volta. Quando il sogno che hai avuto per tutta la vita si infrange...è come se la tua anima si disintegrasse....non ti resta niente...tu non sei più niente.

Così mi ero stabilita in uno squallido motel, uno dei più economici...dovevo risparmiare...in un posto veramente poco raccomandabile, ma tanto bastava. Avevo trovato un lavoretto come cameriera in una caffetteria, ma la paga non era un granchè.

Mi sentivo sola...tanto sola....avevo lasciato tutti, e dopo la mia fuga non avevo più sentito nessuno...i miei ovviamente avevano provato a convincermi di tornare indietro ma ero stata irremovibile...sapevo che era una cosa che dovevo fare e sarei andata fino in fondo. Anche loro capirono e dopo le prime insistenze lasciarono perdere, non prima di avermi detto che quella che avevo fatto era stata una colossale stronzata, che mi ero rovinata il futuro con le mie stesse mani. Discorsi, che mi entravano da un orecchio e mi uscivano dall'altro.

"Ecco a te..." la voce roca del barman interruppe un'altra volta i miei pensieri. Avevo bisogno di bere....dovevo staccare la spina...alzai il bicchiere e lo scolai tutto d'un fiato per la seconda volta.

 

Dio che voglia avevo di piangere.

 

"Hey, vacci piano..." mi voltai verso il ragazzo e lui indicò i bicchieri vuoti davanti a me. "Ci sono abituata..." risposi, non potendo fare a meno di restare affascinata nuovamente dal suo sguardo.

Improvvisamente si alzò barcollando pericolosamente. Si avvicinò e si sedette accanto a me.

"Preferisco controllare meglio..." esclamò sorridendomi in una maniera che...beh, mi fece percorrere da un tremito improvviso.

Mi venne da ridere improvvisamente...non sapevo se era dovuto alla tequila o al fatto che quel ragazzo stava risvegliando in me delle sensazioni stranissime..l'unica cosa che sapevo era che stavo cominciando a stare meglio. E non volevo che quella sensazione passasse troppo alla svelta.

"Io sono Gerard comunque..." si presentò porgendomi la mano...non era troppo sbronzo, giudicai. Gliela strinsi..aveva una bella presa, forte, determinata ma in qualche modo dolce e carezzovole.

"Io sono Eleonora..." dissi a mia volta. "Eleonora...." pronunciò il mio nome in un modo strano, strascicato...che mi piacque da impazzire. "E' un nome italiano....io sono italiana.." aggiunsi, notando la sua aria vagamente stordita. "Oh...l'avevo capito che non eri di qui..."

Cominciammo a chiacchierare....che strano...era come parlare con il migliore amico che non avevo mai avuto. Gli raccontai tutto di me, della mia banalissima vita da adolescente italiana, senza tenermi dentro niente. Ok, probabilmente era dovuto all'alcohol il fatto che fossi così disinibita, ma non mi importava...mi stavo sfogando e per la prima volta lo stavo facendo con una persona che sembrava veramente interessata a ciò che stavo dicendo...era come se il freno che mi aveva sempre bloccata con le altre persone, fosse stato magicamente tolto e adesso stessi dando libero sfogo a tutto. Anche lui mi raccontò della sua vita...era del New Jersey, di una piccola cittadina chiamata Belleville, un posto veramente squallido dove vivere...succedeva di tutto, e così era cresciuto praticamente dentro casa e ciò l'aveva costretto a crearsi il suo piccolo mondo immaginario dentro la testa...un po' come avevo sempre fatto io.

Continuando a parlare trovammo un sacco di altre cose in comune. Era incredibile...per la prima volta da quando ero arrivata a New York mi sentivo "a casa"...chiacchierare con Gerard era stata una delle esperienze più belle che mi erano capitate fin'ora.

Andammo avanti per non so quanto altro tempo ancora...e avremmo continuato per altrettanto se il barman non ci avesse interrotto..."Sentite belli, io devo chiudere....perchè non continuate da un'altra parte??"

Non avevo bevuto tanto, non ne avevo avuto bisogno quella sera...

 

Così pagammo ed uscimmo fuori, sul marciapiede.

 

"Beh...è stato un piacere averti conosciuto Gerard..." gli dissi una volta che fummo fuori.

Lui rimase un po' interdetto...ero sicura che avrebbe voluto aggiungere qualcosa perchè aprì la bocca...ma la richiuse l'attimo successivo. "Beh...allora buonanotte..." gli dissi prima di voltarmi ed incamminarmi verso il mio squallidissimo motel che stava esattamente due traverse più avanti.

"Buonanotte....Ely...." lo sentii dire qualche secondo più tardi.

Non mi voltai, ma non potei fare a meno di sorridere per la prima volta con la sensazione di essere felice.

   
 
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