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Autore: becca25    17/06/2013    3 recensioni
“Ma che diamine significa?”ansimò John, accasciandosi al suolo “perché…cosa…che facevamo lì?”
“Oh, solo per passare il tempo” tossì Sherlock, rivolgendo uno sguardo veloce all'amico “e per dimostrare una cosa”
“Che cosa?”
“Tu”
[Hogwarts!/Jonhlock!]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate l’ora tarda, ma sono appena rientrata a casa!^ ^”
Come promesso eccovi il secondo capitolo che, come i successivi paragrafi che pubblicherò, ho dovuto dividere il due parti per una questione di lunghezza!
Per prima cosa voglio ringraziare Maya98 per la gentilissima recensione, tutti coloro che hanno  aggiunto la storia tra le preferite, seguite o ricordate e anche solo chi l’ha letta!
Alla prossima!
Buona lettura,
Becky
 
Capitolo 2.1  L’ippogrifo cieco
 
Probabilmente chiunque vedendo il proprio migliore amico comodamente abbandonato a terra al centro del corridoio, avvolto in un’elegante vestaglia blu, intento a scagliare incantesimi contro il muro che gli stava davanti, si sarebbe preoccupato, ma non John.
Ormai il Grifondoro si era abituato al carattere e agli atteggiamenti stravaganti di Sherlock e così, semplicemente, dopo aver preso un lungo respiro per distendere i nervi ed essersi passato un paio di volte la mano sugli occhi stanchi, si limitò ad accucciarsi accanto al Serpeverde.
“Sherlock, cosa stai facendo?” domandò rassegnato, decidendo di ignorare, almeno per il momento, il fatto che il suo migliore amico andasse in giro per la scuola in pigiama.
“Mi annoio” esclamò Sherlock, lanciando un'altra maledizione al muro “mi annoio, mi annoio, mi annoio!” urlò esasperato, gettando ogni volta un nuovo incantesimo per ribadire il concetto.
John strizzò gli occhi, infastidito dal il rumore molesto, aspettando che l’amico si decidesse a farla finita “Non credo che il muro abbia colpa per questo” osservò sarcastico, strappando un mezzo ghigno a Sherlock.
“Il muro se l’è meritato”
“Sherlock, abbassa la bacchetta, l’ultima cosa di cui hai bisogno è una punizione. E poi vorresti spiegarmi perché non sei vestito?”
“Preferirei essere a punizione, almeno avrei qualcosa da fare!” si lamentò Sherlock storcendo il naso “possibile che non succeda mai nulla in questo posto?”
“Ti rendi conto che non è trascorsa nemmeno una settimana dal caso di Thaddeus Sholto?”* gli fece notare John, ricordandogli l’ultimo caso su cui avevano lavorato, mentre Sherlock, sospirando con aria infastidita, prendeva nuovamente la mira davanti a sé.
“Sei giorni, Jawn” bisbigliò con voce sepolcrale “sei giorni di noia assoluta! Non posso restarmene a fare niente per tanto tempo!Il mio cervello ha bisogno di stimoli costanti!A volte vorrei avere una mente semplice e limitata come la tua…”
“Allora tieniti impegnato come fanno tutte le persone normali!” sbottò John, ignorando l’ultima affermazione del ragazzo “leggi un libro, fai una passeggiata, vieni con me a bere una tazza di tè”
“Noioso, noioso, non ho sete” replicò velocemente Sherlock, mantenendo lo sguardo rivolto al muro.
John alzò le mani in segno di resa, mentre si rimetteva in piedi e si sgranchiva le gambe “Allora sai cosa ti dico” esclamò con voce stanca “resta qui a sfogarti sulla parete, io ci rinuncio” esclamò, voltando le spalle al ragazzo che finalmente si decise ad osservarlo.
“Dove stai andando, Jawn?”
“Torno in sala comune, Sherlock” la voce di John era più acuta e incerta del solito “non ho intenzione di trascorrere la mia domenica a dar corda a un bambino viziato in astinenza di attenzioni!”
Sherlock inarcò un sopracciglio, osservando il Grifondoro di sottecchi, studiandolo “Sei irritato” constatò con voce pacata, mentre John sbuffava, tremante di rabbia.
“Indovina di chi è la colpa, Sherlock!” scoppiò il ragazzo.
“Ho bisogno di un caso, Jawn!” gli urlò dietro lui, con voce triste e affranta.
“E io cosa posso farci? Vuoi che mi metta a uccidere studenti a casaccio così che tu possa tenerti impegnato?”domandò ironico, fermandosi a pochi passi da Sherlock, che assunse un’espressione schifata.
“Certo che no, John! Non riusciresti a distrarmi per più di dieci minuti, tempo che impiegherei a risolvere qualsiasi delitto commesso da una mente ingenua e semplice come la tua, non varrebbe la pena di farsi espellere per un caso da due o da tre; però, insomma, è stato un pensiero…era ok” biascicò Sherlock, evitando di guardare in faccia John, durante quello forse poteva essere considerato uno strano ringraziamento, che totalmente senza parole si domandò se davvero l’amico non avesse compreso che era solo una battuta.
“Sherlock, io…”
“Sherlock Holmes?” una voce calda e profonda invase il corridoio, interrompendo John, che si voltò verso le scale per individuarne la fonte; a parlare era stato un ragazzo che il Grifondoro aveva incrociato più volte a scuola, era un Serpeverde del sesto anno, se non sbagliava e se non ricordava male doveva chiamarsi…
“Sebastian Moran” si presentò lo sconosciuto, porgendo con un sorriso cortese la mano a Sherlock che, dopo averlo osservato per alcuni istanti, tornò a rivolgere al muro il proprio interesse.
“Emh, John Watson, piacere” si affrettò John, afferrando la mano di Sebastian con un sorriso.
“Piacere mio” replicò tranquillamente, mentre Sherlock sbuffava sonoramente “mi dispiace interrompervi, ma se sono qui è per…”
“Per un motivo di estrema importanza, immagino” lo canzonò Sherlock, rivolgendogli uno sguardo veloce “avanti, parla”
Sebastian parve leggermente stupito, ma fece come gli era stato ordinato, senza soffermarsi troppo sulla totale mancanza di buone maniere del compagno di casa “Ho sentito dire che è merito tuo se Thaddeus Sholto è stato scagionato” iniziò cautamente, mantenendo lo sguardo puntato su Sherlock.
“Cosa vuoi?” lo interruppe velocemente il Serpeverde, invitandolo a parlare.
“Il tuo aiuto; sono stato accusato di aver rubato il diadema perduto di Priscilla Corvonero”
“Accusato da chi?”domandò Sherlock, senza scomporsi.
Sebastian sospirò un paio di volte, passandosi nervosamente una mano tra i capelli corvini “Non potrei parlarne” esordì, facendo sospirare per l’ennesima volta Sherlock “esiste un’organizzazione, qui a scuola, che si occupa di ritrovare alcune reliquie di Hogwarts”
“Cosa?” s’intromise John, notevolmente sorpreso “non ne ho mai sentito parlare?Il preside…”
“Non è il preside ad  occuparsene” lo anticipò Sebastian, sempre più irrequieto “ma uno studente, di cui non si conosce l’identità” aggiunse prontamente “non l’ho mai visto e non ne conosco il nome, mi dice semplicemente di quali cimeli devo occuparmi attraverso alcuni segnali che lascia per la scuola, si tratta di messaggi criptati che incide con un incantesimo in luoghi prestabiliti”
“Come hai fatto a essere assunto per questi compiti?”
“Sono stato contattato alcuni mesi fa, dopo un allenamento al club dei duellanti,  da una studentessa che mi ha domandato se volessi svolgere alcuni compiti, sotto compenso”
“Dove finiscono i manufatti che recuperate?” chiese Sherlock, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
“Non lo so con precisione; una volta che ho trovato l’oggetto che mi era stato assegnato lascio un segnale sul muro davanti all’ingresso della guferia e poche ore dopo vengo contattato dalla ragazza di cui vi ho parlato che viene a ritirarlo lasciandomi il denaro,, dopo di che non ne so più nulla, ma” continuò con aria titubante  “se devo essere sincero credo che una volta recuperati escano da Hogwarts” ammise con aria colpevole.
“Non hai mai desiderato di metterti in contatto con chi è a capo di questo gruppo? O con altri componenti?” domandò nuovamente Sherlock, ancora abbandonato a terra.
“Fin dall’inizio mi è stata ordinata la massima discrezione e segretezza, se si viene a meno di questa promessa si è fuori e, insomma” aggiunse imbarazzato “quei soldi mi facevano davvero comodo, per cui…”
“Ma non è possibile che una cosa del genere accada proprio sotto il naso del preside” esclamò John sconvolto, mentre Sherlock sbuffava sarcastico.
“John, ti stupiresti di scoprire tutto quello che accade proprio davanti al nostro caro preside e di cui lui non si accorge minimamente, o finge di non vedere; in ogni caso, Moran” continuò, rivolgendosi nuovamente al ragazzo “sei stato accusato di aver rubato il diadema di Priscilla, quindi devo supporre che era l’oggetto che ti era stato chiesto di trovare”
“Esattamente” confermò Sebastian “ma non sono riuscito a recuperarlo; ci viene concesso un limite di tempo, a seconda del pezzo in questione e se, una volta  scaduto, il cimelio non viene trovato, ne viene affidato un altro; per il diadema mi erano stati dati quattro mesi, che sono terminati alcuni giorni fa. Non ne ho trovato alcuna traccia, ma al termine del tempo è apparso  un messaggio di minaccia in cui si ordinava di restituire l’oggetto o avrei avuto dei problemi” 
“Capisco” sospirò Sherlock, analizzando per un’ultima volta il cliente, che sempre più disperato continuò a pregare Sherlock.
“Mi devi aiutare” lo supplicò “con questi non si scherza e io non voglio avere problemi per una cosa che non h fatto, soprattutto con gente del genere! Mi aiuterai?” 
Sherlock parve rifletterci su per qualche secondo, prima di rispondere con un secco “Non mi interessa e comunque non ho tempo” che colse John totalmente alla sprovvista.
“Ed ora” aggiunse, alzandosi in piedi “se volete scusarmi, ho da fare” sbottò, allontanandosi dal corridoio a grandi falcate, lasciando i due compagni senza parole.
“Mi avevano detto che sarebbe stato difficile convincerlo” ammise Sebastian con rammarico, passandosi stancamente una mano tra i capelli “il problema è che senza il suo aiuto… io non ho fatto nulla, non ho mai rubato quella tiara!” esclamò frustrato e John non potè fare altro che provare una grande pena per lui.
“Senti” sussurrò, posandogli una mano sulla spalla “perché non mi spieghi tutto con più attenzione? Non posso prometterti di riuscire a convincerlo, ma forse se avesse più elementi potrebbe interessarsi alle indagini”propose con un sorriso gentile, al quale Sebastian rispose con sollievo.
 
Sebastian e John parlarono del caso per buona parte della mattinata e il Grifondoro offrì il proprio aiuto al ragazzo, promettendogli che avrebbe fatto del suo meglio per persuadere Sherlock ad accettarlo e chiedendogli di rincontrarsi quella sera stessa per  continuare le indagini.
Sebastian parve francamente grato a John e incredibilmente sollevato per le sue precarie sorti; aveva più volte sentito parlare del carattere impossibile e capriccioso di Sherlock Holmes, ma non avrebbe mai pensato di poter incontrare una persona tanto generosa e buona come John Watson.
Da sempre tra Serpeverde e Grifondoro non scorreva buon sangue e spesso Moran si era trovato a infastidire e provocare differenti studenti di quella casa, con il solo scopo di divertirsi e invece ora non poteva fare a meno di ricredersi, davanti a quel ragazzo che aveva immediatamente accettato di aiutare uno sconosciuto, senza compenso o secondi fini, immischiandosi lui stesso con persone con cui era meglio stare alla larga.
Si salutarono alcune ore più tardi e John partì immediatamente alla ricerca di Sherlock, deciso come non mai a farlo ragionare e lo trovò a bighellonare in Sala Grande.
“Hai finito di andare in giro con Moran?” domandò seccato il moro, non appena John prese posto accanto a lui, osservando con aria annoiata la tazza di tè che stringeva in mano.
“Stavo solo cercando di aiutarlo, Sherlock”
“Stai pensando di prendere il suo caso?” domandò sarcasticamente Sherlock, il viso imbronciato e l’aria stizzita.
 “No, ho solo deciso di ascoltare ciò che aveva da dire” sospirò John con esasperazione, versandosi a sua volta una tazza di tè; era proprio quello che serviva per affrontare una discussione con uno Sherlock Holmes offeso e oltraggiato.
“Oh, capisco!” esalò il Serpeverde “ti ha chiesto di convincermi ad aiutarlo”
“Sebastian non mi ha chiesto nulla” ribatté John irritato, accrescendo involontariamente la presa sulla tazza “è stata una mia idea; Sherlock, quel ragazzo non ha fatto nulla di male e ha bisogno della tua assistenza”
“John, questo caso non mi riguarda in alcun modo” obiettò Sherlock, decidendosi finalmente di sollevare gli occhi sull’amico.
“Come puoi dire una cosa del genere, quando un ragazzo, un tuo compagno di casa per di più, ha bisogno di una mano?”
“Non ho intenzione di lasciarmi immischiare e ti consiglio di fare lo stesso” concluse Sherlock, deciso a chiudere una volta per tutte quel discorso.
“Bè, io non lascerò quel ragazzo in un guaio più grande di lui, troverò il modo di aiutarlo, da solo” replicò John, cercando di mostrarsi più sicuro di quanto in realtà non si sentisse; sapeva che senza l’intervento di Sherlock avrebbe potuto fare ben poco per Moran, ma non lo avrebbe lasciato solo per nessun motivo.
Sherlock scoppiò in una breve risata amara, trasformando lo sguardo di puro rimprovero in uno compassionevole, che fece ribollire il sangue di John nelle vene “E come credi di riuscirci?” lo canzonò, visibilmente divertito.
“Troverò il modo” esclamò John offeso, abbandonando il tè ancora fumante e alzandosi da tavola più nervoso che mai; non sarebbe rimasto un secondo di più a farsi sbeffeggiare da Sherlock.
“Stai davvero andando da lui?” domandò sdegnato, mentre l’amico si allontanava a grandi passi.
“Sì, gli dirò che tu non hai intenzione di muovere un dito per lui, ma che può comunque contare su di me” gli urlò da una certa distanza, stringendo le mani a pugno e contraendo la mascella, pronto a scattare ad ogni offesa che il Serpeverde avrebbe avanzato.
Ma Sherlock si limitò a sbuffare sonoramente, nascondendo il volto dietro alla tazzina di porcellana, prendendo un lungo sorso di tè, prima di esibirsi nel suo famoso broncio.
 
John non lo vide per tutto il pomeriggio e non lo incontrò nemmeno a cena quella sera, così che dovette aspettare il mattino successivo, quando lo trovò ad aspettarlo davanti al ritratto della Signora Grassa, prima di riuscire a parlargli nuovamente.
“Sherlock! Cosa ci fai qui?” domandò John sorpreso, salutando con un cenno Taylor e Eric, che si affrettarono a colazione, ma non prima di scoccare a Sherlock un’occhiata ostile e infastidita; non era un segreto che non riuscissero a sopportarsi.
“Non dovresti saltare le lezioni per sprecare il tuo tempo con lui” ribattè il Serpeverde con serietà, anticipando lungo il corridoio John, che non si chiese nemmeno come l’amico avesse dedotto le sue intenzioni.
“Ieri sera mi ha pregato di passare con lui la mattinata, per parlare” spiegò tranquillamente “e visto che non ho praticamente fatto nessuna assenza questo mese, ho pensato di poter marinare le lezioni per una volta”
“E in che modo una piacevole chiacchierata potrebbe aiutarlo?” s’informò con finto interesse Sherlock, che osservava il Grifondoro con aria severa e infastidita.
“È preoccupato, Sherlock” spiegò pazientemente John “e a quanto mi ha detto non ha nessuno con cui confidarsi; per le persone comuni potersi anche solo sfogare con un amico è già un grande aiuto” aggiunse, restando tuttavia consapevole del fatto che provare a far comprendere a Sherlock qualcosa riguardo ai sentimenti era solo una perdita di tempo
“È inutile sprecare  in questo modo il tuo tempo” insistette infatti Sherlock, indispettito.
“Se tu avessi accettato il caso non sarebbe una perdita di tempo” puntualizzò velocemente John, sorridendo davanti allo sbuffo rassegnato di Sherlock.
“ Puoi dire a Moran che indagherò su questa faccenda” si arrese il Serpeverde, dopo pochi secondi di silenzio combattuto
“Fantastico!” esclamò allegramente John, illuminandosi di un sorriso tanto sincero e felice che riuscì a contagiare anche Sherlock “vado subito ad avvisare Sebastian!” aggiunse velocemente, affrettando il passo lungo il corridoio, ma Sherlock lo fermò prontamente, afferrandolo con forza per un polso.
“Non penso proprio!” ribatté, rafforzando la presa sul polso del ragazzo, che lo osservava perplesso
“non sarà necessario vederlo ulteriormente” spiegò con serietà, trafiggendo John con uno sguardo ammonitore “ho tutti gli elementi necessari per concludere le indagini e la presenza di Moran sarebbe solo un impiccio per entrambi”
“Io…”  iniziò il Grifondoro con titubanza, indeciso sul da farsi; era innegabile che la presenza di Sebastian indispettiva Sherlock, non era certo necessario possedere le sue grandi doti deduttive per accorgersi che tra i due non scorreva buon sangue, ma questo non significava che anche John non avrebbe dovuto frequentarlo “capisco che tu preferisca non vederlo troppo” iniziò con voce titubante “ma non vedo perché anche io non possa più incontrarlo; dovrei almeno dirgli che hai accettato di aiutarlo”
“Molto bene” esclamò Sherlock con sicurezza “vorrà dire che più tardi potrai mandargli un biglietto per tenerlo aggiornato sul caso, anzi, dal momento che dividiamo la sala comune sarebbe decisamente più pratico che me ne occupassi di persona” continuò con un sorrisetto soddisfatto “tutto ciò di cui tu ti devi preoccupare è aiutarmi nelle indagini” aggiunse, mentre John annuiva confuso.
“Co-come preferisci” balbettò incerto, mentre sul volto di Sherlock appariva l’accenno di un ghigno.
“Molto bene Jawn” esclamò allegramente, voltandosi velocemente sui tacchi “dal momento che avevi già intenzione di non presentarti a lezione possiamo subito iniziare con le indagini, giusto?”domandò, facendo scorrere la mano lungo il polso dell’amico, per poi afferrargli con decisione la mano e tirarlo verso di sé, deciso a farsi seguire.
Fu in  quel momento che John si rese conto della presa del ragazzo su di sé e, senza saperne la ragione, si trovò ad allontanare la mano da quella di Sherlock, scostandola con violenza, come se si fosse bruciato; Sherlock si voltò ad osservarlo con aria perplessa e interrogativa e John si trovò ad arrossire impietosamente davanti a quello sguardo indagatore.
“Andiamo” sospirò solamente, superando Sherlock e anticipandolo lungo il corridoio, ripetendosi nella mente che aveva avuto una reazione del tutto adeguata alla circostanza; insomma, non era normale per due ragazzi camminare mano nella mano lungo i corridoio, dove chiunque avrebbe potuto vederli!
 
Fu quello l’inizio della settimana più pesante e stancante che John avesse mai sopportato in vita sua. Sherlock lo stava letteralmente schiavizzando, assegnandogli qualsiasi genere di compito che lo teneva occupato in ogni suo momento libero, impedendogli di svolgere qualsiasi altra attività  all’infuori del frequentare le lezioni più pesanti, dal momento che Sherlock aveva deciso che per lui sarebbe stato inutile perdere tempo seguendo anche Erbologia, Astronomia e Divinazione, materie che il Serpeverde riteneva francamente inutili e che John si trovò costretto a studiare di notte, quando finalmente Sherlock gli concedeva di tornare in dormitorio.
E così, dopo sette giorni di privazione di cibo e sonno, passati a correre in lungo e in largo per Hogwarts, a svolgere compiti sfiancante e snervanti e a cercare di trovare il tempo per studiare qualcosa per i G.U.F.O., tanto per riuscire a non rimare bocciato, John era ridotto ad un ammasso dolorante di sconforto e fatica.
Non che non avesse cercato di sottrarsi a quel trattamento decisamente insostenibile e ingiusto, ma quando aveva cercato di far ragionare il moro, facendogli  notare che poteva benissimo andarsi a cercare da solo la sua dannatissima sciarpa che aveva perso il giorno prima nel mezzo della foresta proibita,- che poi cosa diamine ci era andato a fare nella foresta proibita?-, il migliore amico non si era fatto alcun problema a fulminalo con lo sguardo, ricordandogli che se avevano accettato quel caso era solo per voler suo e che quindi, dal momento che la salute di quel Moran sembrava stargli tanto a cuore, doveva lamentarsi di meno ed impegnarsi di più.
Sebastian, tra l’altro, riuscì ben presto a diventare una nuova fonte di stress per il povero John, che se lo ritrovava vicino ovunque e in qualsiasi momento, a pregarlo con aria sconfortata di poter discutere un po’ riguardo alle indagini; al Grifondoro dispiaceva davvero dover rifiutare ogni invito che il ragazzo avanzava, soprattutto perché poteva immaginare la tensione che provava in quel momento e la mancanza di qualcuno con cui alleggerire un tale nervosismo, ma anche volendo non avrebbe potuto fare diversamente.
“Mi dispiace davvero, Seb” si scusò per la millesima volta John con voce triste, camminando, o meglio, arrancando verso l’aula di incantesimi “immagino che tu abbia bisogno di qualcuno con cui sfogarti, ma in questi gironi sono così impegnato; tra la scuola e il caso non ho proprio un secondo di pace”
“Lo so, lo capisco” biascicò Sebastian con sconforto, chinando il capo verso terra “sono io che devo scusarmi, continuo a importunarti, è solo che…”
“No, non devi giustificarti, davvero” lo interruppe John velocemente “vorrei davvero riuscire a starti più vicino…”
“Ma Sherlock ti vuole tenere tutto per sé” lo interruppe Sebastian, irrompendo in una risatina tesa, facendo avvampare John per l’imbarazzo.
“No!” tuonò velocemente, scuotendo con decisione il capo “Sherlock vuole solo che lo aiuti con il caso, ma non…noi non stiamo insieme” boccheggiò, mentre Sebastian gli sorrideva cordiale.
“Scherzavo John, tranquillo” lo tranquillizzò con un sorriso, assestandogli una pacca amichevole sulle spalle “so che state entrambi lavorando molto per aiutami e ve ne sono grato, ma se qualche sera hai voglia di una burrobirra o di fare due chiacchiere sai dove trovarmi!” lo salutò il Serpeverde, allontanandosi poi da John, che si affrettò verso la lezione.
Con uno sbadiglio stanco iniziò a salire la rampa di scale, pregando di riuscire ad arrivare in orario, per una volta, ma si trovò immediatamente ad imprecare ad alta voce quando si accorse che le scale avevano deciso, all’ultimo secondo, di cambiare tragitto.
“No, no, no!” esclamò incredulo “vi prego, non potete cambiare proprio ora, non posso fare ancora tardi!”  le supplicò incredulo, venendo naturalmente ignorato dalle  scale, che si sistemarono con un leggero pop ad un nuovo pianerottolo, che John si affrettò a raggiungere, evitando così di rischiare di trovarsi ancora più lontano dall’aula di incantesimi.
Aveva appena messo piede sul nuovo pianerottolo che le scale decisero di spostarsi nuovamente, lasciandolo senza altra possibilità all’infuori del percorrere il corridoio che si trovava davanti.
Camminò per alcuni minuti lungo il passaggio deserto, il suono dei suoi passi che rimbombavano intorno a  lui, sbuffando di quando in quando per la triste sorte che gli era capitata, quando un’ombra a pochi metri da lui lo costrinse a fermarsi.
Si trattava di un ragazzo, un Serpeverde, che John non ricordava di aver mai visto prima di allora; probabilmente era più grande.
“Buon giorno, John Watson” lo salutò con cortesia il possessore dell’ombra, avvicinandosi al ragazzo con una mano tesa nella sua direzione e un sorriso inquietante stampato sul volto “è davvero un piacere conoscerti” aggiunse.
“Il piacere è mio” balbettò John, più per un riflesso imposto da anni di buone maniere che per vero sentimento, mentre una forte confusione lo attanagliava; afferrò la mano dello sconosciuto, il cui sorriso si allargò immediatamente, soddisfatto.
“Mi rincresce averti dovuto far perdere la tua lezione di incantesimi” continuò il ragazzo, separandosi da John “ma sono certo che non si tratti di un vero problema, considerando tutte le lezioni a cui non ti sei presentato in questa settimana” ridacchiò.
John sgranò gli occhi, colto alla sprovvista “Chi sei tu?” domandò, sorpreso e allarmato allo stesso tempo.
“Dimmi un po’, Watson” continuò tranquillamente il moro, ignorando deliberatamente la domanda che gli era stata posta “in che rapporti sei con Sherlock Holmes?” chiese a bruciapelo, facendo innervosire ulteriormente John, che si trovò a stringere convulsamente la mano destra, pronto a tutto.
“Chi sei tu?” ribadì nuovamente, scandendo bene le parole; il ragazzo si limitò ad osservarlo con aria incuriosita, prima di porgergli nuovamente la stessa domanda, facendolo sbuffare.
“Siamo amici” si arrese infine, spostando lo sguardo lungo il corridoio, evitando così di vedere il volto irritante del Serpeverde, che aveva ricominciato a sorridere.
“Lo aiuti nelle sue indagini” constatò con tranquillità “siete amici o colleghi?”
“Entrambi” rispose John “chi sei tu?” ripetè nuovamente, puntando gli occhi in quelli neri del ragazzo **“immagino che tu non sia un suo amico” continuò, mentre lo sconosciuto sospirava.
“Lo conosci. Quanti amici credi che abbia?”replicò tranquillamente quello “ma, a quanto sembra, tu sei diverso, non è vero?”
John si irrigidì, deciso a non distogliere lo sguardo da quello decisamente interessato del Serpeverde, che lo analizzava con minuziosa attenzione “e questo potrebbe non essere un male, giusto?” continuò “potremmo guadagnaci entrambi da questa vicinanza”
“Di cosa stai parlando?”
“Sarei felice di aiutarti, facendoti avere a intervalli regolari una certa somma di denaro” esclamò tranquillamente, senza scomporsi davanti allo sguardo minaccioso di John “certo, in cambio mi aspetterei un qualche servizio”** aggiunse con un sorrisetto malizioso che non fece altro che far innervosire ulteriormente il ragazzo “informazioni, per la precisione; informazioni su Sherlock Holmes”
John lo fulminò con lo sguardo, chiudendo la mano a pugno, al limite della sopportazione; chi diamine era quel ragazzo? E chi si credeva di essere?
“No” rispose secco, facendo sparire l’irritante sorrisetto dal volto dell’atro, che si fece immediatamente serio “Non so chi tu sia e chi tu ti creda di essere, ma non voglio che provi ad avvicinarmi ancora; non sono in vendita e non lo sarò mai, per nessuno e per nessuna cifra” specificò, mentre l’altro, con sua grande gioia, s’irrigidiva visibilmente “e ti conviene stare alla larga sia da me che da Sherlock Holmes” aggiunse minaccioso.
“Stai facendo un errore”
“Ne dubito” lo contraddisse John “ed ora, se mi vuoi scusare, devo tornare a lezione”
“Un ultima cosa” lo fermò il Serpeverde, costringendo John a restare fermo al suo posto “dì a Sherlock che non è consigliabile per lui continuare a investigare su questo caso; farebbe meglio a lasciar perdere e lo stesso vale per te, Watson” aggiunse, con serietà; John sostenne il suo sguardo a lungo, senza aggiungere nulla, prima di girare sui tacchi e allontanarsi con passo tranquillo e sostenuto da dove era arrivato, deciso a non dar retta un secondo di più alle parole di quel ragazzo.
Raggiunse il termine del corridoio, scoprendo con sollievo che le scale erano tornate al loro posto, così da permettergli di arrivare al piano inferiore, nuovamente affollato dagli studenti che, terminate le lezioni, si spostavano lungo i corridoi.
John si mischiò velocemente alla folla, prima di iniziare a correre a perdifiato verso la Sala Grande, rendendosi conto solo in quel momento di quanto si sentisse nervoso ed eccitato.
Aveva quasi raggiunto l’ingresso, quando percepì una presa ferrea avvolgersi sul suo braccio, costringendolo a fermarsi; l’immagine dello sconosciuto gli attraversò la mente, insieme all’idea di una possibile aggressione, che lo portò a reagire d’istinto, facendogli stringere le dita in un pungo e sollevare il braccio, nello stesso momento in cui iniziò a voltarsi, pronto a colpire quell’irritante stronzo.
Fu con una certa sorpresa che riconobbe davanti a sé il viso perplesso di Sherlock, che bloccò senza grandi problemi il suo colpo, afferrando la mano nella sua, con cui poi lo costrinse ad abbassare il braccio.
“Jawn” lo chiamò sorpreso, mentre il ragazzo lo fissava con occhi sgranati, il respiro affannato e il corpo ancora rigido.
“Dannazione Sherlock” sospirò John, liberando finalmente la mano, per poi passarsela sugli occhi “mi hai spaventato”
“Pensavi volessi aggredirti” constatò il Serpeverde, facendo scorrere lo sguardo sul copro affannato dal Grifondoro “non eri a lezione oggi, non avresti mai saltato un’altra ora senza un motivo valido, eppure qualcosa ti ha tenuto occupato per tutto il tempo, qualcosa di non molto piacevole considerando quanto tu sia teso e irrigidito; inoltre stavi correndo a perdifiato lungo il corridoio, verso la sala Grande, volevi parlarmi?” s’interrogò, socchiudendo gli occhi “sì, volevi raccontarmi ciò che ti è successo, o meglio, chi hai incontrato, immagino la stessa persona che credevi volesse aggredirti proprio ora” concluse Sherlock e John non riuscì a impedirsi di sorridere, ammirato davanti al flusso di pensieri che il suo amico aveva espresso ad alta voce, che, come sempre, lo avevano portato alla deduzione corretta.
**“Ho incontrato un tuo amico” biascicò John sarcastico, ancora intento a riprendere fiato, mentre lo sguardo di Sherlock si faceva sconvolto e incredulo.
“Un amico?”domandò con voce stridula, costringendo John a correggersi.
“Un nemico”
“Oh” sospirò Sherlock più tranquillo, facendosi pensieroso per alcuni istanti “ti ha offerto del denaro per spiarmi?” domandò infine.
“Già” sospirò John “non l’ho accettato”** aggiunse subito dopo, deciso a mettere in chiaro le cose; Sherlock sorrise impercettibilmente “mi ha anche chiesto di dissuaderti dal continuare a investigare su questo caso” aggiunse John, titubante, ma Sherlock non sembrò nemmeno averlo sentito e iniziò a camminare, guidando John verso l’ingresso, ignorando la Sala Grande.
“Le minacce ti spaventano, Jawn?” domandò solamente.
John ridacchiò appena, scuotendo il capo con convinzione “No” rispose con sincerità e Sherlock gli restituì un sorrisetto soddisfatto; sapeva che era la verità, non era spaventato, al massimo si poteva dire eccitato.
Decisamente troppo eccitato. Aggiunse tra sé Sherlock; lo scontro/incontro che John aveva avuto sembrava averlo rinvigorito notevolmente, restituendogli l’energia, la vitalità e la voglia di vivere  che con tanta fatica Sherlock era riuscito a sottrargli in quei giorni di oppressio… emh, indagini.
“Ora Jawn” esclamò allegramente, spingendo il ragazzo verso i limiti della foresta “devi tornare a concentrarti; devi raccogliere dei particolari fiori dai petali bianchi e neri che crescono nella foresta, mi servono per un esperimento” aggiunse prontamente “quando avrai finito potrai iniziare a interrogare i personaggi dei quadri adiacenti alla guferia e ai sotterranei di Serpeverde, per vedere se qualcuno di loro ha informazioni riguardo alla persona che rispondeva ai messaggi segreti di Moran”
John si trovò a sbiancare di fronte a quella richiesta, totalmente sconvolto “Sherlock, ho lezione questo pomeriggio!”gli ricordò, sperando di farlo ragionare.
“Per l’inizio delle lezioni pomeridiane sarai già riuscito a recuperare i fiori” lo rassicurò lui, sorridendo appena “per quanto riguarda il resto, puoi occupartene dopo le cinque” aggiunse, sorridendo affabilmente alle proteste scocciate di John.
“Tanto vale che rinunci fin da subito alla mia vita sociale” si lamentò, addentrandosi tra i primi alberi della foresta, mentre Sherlock lo seguiva con lo sguardo; finalmente John aveva capito l’antifona.
 
Note:
*Riferimento a “Il segno dei quatro”
** Dialoghi da “Uno studio in rosa”
 
Eccoci arrivati alla fine del capitolo!Mi dispiace dovervi lasciare così in sospeso, ma tranquilli, giovedì pubblicherò la seconda!=) un bel regalo per chi indovina chi c’è dietro!u.u
Un saluto a tutti!
Becky.
 
  
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