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Autore: becca25    13/06/2013    4 recensioni
“Ma che diamine significa?”ansimò John, accasciandosi al suolo “perché…cosa…che facevamo lì?”
“Oh, solo per passare il tempo” tossì Sherlock, rivolgendo uno sguardo veloce all'amico “e per dimostrare una cosa”
“Che cosa?”
“Tu”
[Hogwarts!/Jonhlock!]
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buona sera a tutti!
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio cogliere l’occasione per chiedere perdono e per rassicurare tutti coloro che stanno pazientemente attendendo il nuovo capitolo di “Sette passi per farlo tuo” che ho tutte le intenzioni di concluderla al più presto, quindi tenetela d’occhio!=)
Passando a questa Fic che vi propongo, si tratta di una Johnlock ambientata ad Hogwarts in un periodo non specificato, quindi non troverete nessun personaggio della saga che conoscete, mi dispiace!u.u
La storia è già conclusa e l’aggiornerò due volte a settimana, precisamente di giovedì e lunedì!
Se successivamente i giorni verranno modificati vi avviserò!
Questo primo capitolo è semplicemente una premessa, niente di troppo coinvolgente, ma spero possa piacere comunque!
Mi scuso anticipatamente se la caratterizzazione dei personaggi si discosta un po’ dall’originale, premetto che ho fatto del mio meglio!
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Un bacio a tutti e buona lettura,
Becky
 
Oh, quasi dimenticavo!Il titolo dell’opera è ispirato dalla raccolta di gialli di Agatha Christie “In tre contro il delitto”, non una delle mie preferite, ma non sapevo che altro scegliere!u.u
 
Capitolo 1.1 Uno studio in verde
 
 
John spalancò gli occhi di colpo, le immagini che avevano animato il sogno solo pochi istanti prima ancora stampate vividamente nella mente; ci impiegò diversi minuti prima di rendersi conto che si era trattato solamente di un incubo, l’ennesimo incubo.
Con uno sforzo estremo John si mise a sedere, passandosi con stanchezza una mano sopra gli occhi affaticati ed umidi. Era stanco, incredibilmente stanco. Sogni atroci animavano ogni sua notte, rendendolo al mattino sempre più debole e spossato e questo aveva notevolmente influito sul suo rendimento scolastico, tanto che il Grifondoro, che avrebbe dovuto concentrarsi sullo studio e sulle lezioni, in vista dei G.U.F.O., si trovava costretto ad usare tutte le sue energie per combattere i suoi incubi.
Il pensiero della scuola lo riportò immediatamente alla realtà, svegliandolo finalmente da quello sciocco torpore nel quale aveva indugiato; con uno sguardo orripilato John si voltò verso la sveglia poggiata sul proprio comodino, che lo avvisava di essere già in ritardo di cinque minuti per la prima lezione della giornata.
Il Grifondoro impiegò altri dieci minuti per lavarsi ed indossare la divisa e un quarto d’ora per raggiungere, correndo come un forsennato, i sotterrai nei quali si esercitava pozioni, così da arrivare in aula con mezz’ora di ritardo.
Giunto ansimante e grondante di sudore davanti alla porta della classe, il ragazzo si concesse qualche minuto per riprendere fiato e cercare di sistemarsi alla meglio la divisa, sperando di ottenere, con scarsi risultati,  un aspetto quanto meno accettabile, prima di decidersi a spalancare la porta dell’aula ottenendo l’attenzione generale degli studenti, già impegnati a preparare la pozione del giorno e del professor Clarke che gli indirizzò uno sguardo scocciato e infastidito.
“Grazie per averci onorato della sua presenza, signor Watson” lo accolse questo, mostrandogli un sorriso sarcastico “e se ora volesse essere tanto gentile da smettere di disturbare la mia lezione e sedersi, mi farebbe un gran piacere”
John gli rivolse delle scuse veloci, prima di cercare un posto libero da occupare. Come aveva previsto tutti i suoi compagni si erano già divisi a coppie per lavorare e così anche i ragazzi di Serpeverde. Cercò con lo sguardo i suoi migliori amici, nonché compagni di stanza, Eric e Taylor, che lo salutarono dalla medesima postazione con un sorriso dispiaciuto e un “Noi abbiamo cercato di svegliarti” sussurrato a fior di labbra, per poi rivolgere la propria attenzione alla sua amica Molly, che era già al lavoro con Sarah, che lo salutò con un sorriso veloce.
Aveva ormai quasi rinunciato, optando per sistemarsi da solo in un banco vuoto, dove provare a preparare un intruglio il più possibile accettabile, quando il suo sguardo si posò su un ragazzo seduto da solo, in un angolo leggermente nascosto della classe, intento a rimescolare svogliatamente la soluzione.
Era un Serpeverde che John aveva notato più volte, soprattutto al primo anno ricordava di essere rimasto piuttosto colpito da quel ragazzo così particolare, non riuscendo a rimanere del tutto impassibile davanti a tale bellezza; un corpo sottile e longilineo, il volto diafano coperto in parte da una massa di ricci scuri perfettamente ordinati, le labbra rosee di una perfetta forma a cuore e due occhi di ghiaccio tanto profondi da far venire i brividi.
Eppure con il passare del tempo John non aveva più fatto caso a quell’individuo tanto solitario e introverso, non lo aveva più notato durante le lezioni, non ricordava di averlo mai visto a pranzo e, sicuramente, era certo di non avergli mai rivolto la parola, come del resto la maggior parte dei suoi compagni, aggiunse tra sé.
Decidendo che era l’unica scelta possibile, gli si avvicinò con passo deciso, bloccandosi una volta giunto al banco; si schiarì la voce con un colpetto di tosse, costringendo il ragazzo a rivolgergli la propria attenzione.
“Ciao, ti dispiace se mi sistemo qui?” domandò John con un sorriso, non appena si trovò gli occhi ghiaccio del compagno a scrutarlo; questo non rispose immediatamente, si limitò a far vagare lo sguardo sul corpo del Grifondoro, in apparenza per studiarne ogni dettaglio, prima di fare un piccolo cenno affermativo col capo e spostare la propria borsa dalla sedia accanto, per permettere al ragazzo di accomodarsi.
“Grazie” esclamò John, sedendosi e iniziando a trafficare con i propri libri “comunque io sono John Watson” aggiunse non appena ebbe finito, porgendo la mano al Serpeverde, che l’afferrò con poco entusiasmo.
“Sherlock Holmes”
“Allora” iniziò con un sorriso, rivolgendo lo sguardo alla lavagna dove erano segnati i punti da seguire per la preparazione della pozione rigonfiante “a che punto sei arrivato?”
“Al terzo”
“Quindi dobbiamo continuare a mescolare per cinque minuti, poi abbassare il fuoco, aggiungere una milza di gatto e tre gocce di sangue di drago e poi lasciare riposare per dieci minuti” lesse John con attenzione.
“Signor Watson, vorrebbe cortesemente smettere di chiacchierare tanto amabilmente con il signor Holmes?” lo riprese il professor Clarke dalla sua scrivania.
John si scusò per l’ennesima volta, prima di sprofondare sulla sedia, borbottando  una serie di insulti verso l’uomo.
“Non devi prendertela, non è arrabbiato con te, vuole solo sfogarsi” osservò all’improvviso Sherlock, facendolo sobbalzare.
“Come, scusa?”
Sherlock gli rivolse un’occhiata infastidita, inarcando un sopracciglio, prima di decidersi a rispondere “Ho detto che il motivo per cui si accanisce con te è per sfogarsi, probabilmente per il fatto che la moglie lo ha lasciato, presumibilmente perché ha scoperto la sua relazione clandestina con Mrs Adler”
John lo osservò stupito “Come puoi dirlo?” domandò incerto, ricevendo come risposta uno sguardo da ma perché me lo domandi dal momento che è così ovvio? Che lo fece innervosire parecchio.
“Per la prima volta in cinque anni il signor Clarke si è presentato a lezione senza indossare la fede nuziale” iniziò Sherlock con sicurezza “ma dubito che si tratta di una semplice dimenticanza, in quel caso non avrebbe trascorso l’ultima mezz’ora ad osservare il segno più chiaro evidente sull’anulare sinistro, ma non è stato lui a lasciarla, bensì il contrario, altrimenti non avrebbe tenuto la sua foto sulla scrivania”
“E come puoi dire che è stato per…?”
“Per Mrs Adler?”domandò tranquillamente Sherlock “era evidente che quei due avessero una relazione, almeno era così fino a due giorni fa, quando hanno smesso di rivolgersi sguardi eloquenti durante il pranzo o di incontrarsi nelle aule vuote durante le ore buche; quindi, perché mai troncare un rapporto che persiste da tanti anni, se non perché è stata scoperto?” concluse Sherlock con aria annoiata, prima di rivolgere nuovamente la propria attenzione alla pozione, controllandone la compattezza.
“Q-questo è incredibile” boccheggiò John completamente sbalordito “impressionante!”
Sherlock si voltò ad osservarlo con curiosità, abbandonando la pozione “Lo credi davvero?”domandò con una nota di sorpresa nella voce.
“Certamente” confermò John con enfasi, sporgendosi maggiormente verso il Serpeverde “come ci riesci?”insistette, mentre un sorrisetto orgoglioso si formava sul volto del ragazzo.
“Basta solo osservare”
“E lo puoi fare con chiunque?”
“Certamente” esclamò Sherlock, distogliendo lo sguardo da quello chiaro di John, per puntarlo su Taylor che lavorava a qualche tavolo di distanza da loro “quel ragazzo, ad esempio, è impegnato da diversi mesi in una relazione stabile con la ragazza che siede a quel tavolo” spiegò, accennando a Sarah, impegnata nel proprio lavoro “tuttavia non hanno ancora reso la cosa ufficiale, probabilmente per volere della ragazza, che infatti sta facendo molta attenzione a non rivolgergli sguardi, diciamo troppo compromettenti”
John sgranò gli occhi con incredulità, passando lo sguardo dai suoi due migliori amici a Sherlock “Questo è impossibile” soffiò “loro non stanno insieme, Sarah non…”
“Non andrebbe mai con il tuo migliore amico dopo che è stata con te?”domandò mellifluamente Sherlock, facendo trasalire John.
“T-tu come?”
“La ragazza non fa che spostare lo sguardo da quel ragazzo a questo banco e dubito che sia per osservare me. Probabilmente crede che la scoperte potrebbe infastidirti; se così non fosse io le parlerei”
“Incredibile” ribadì John, sempre più colpito “incredibile!” ripetè, apparentemente incapace di dichiarare altro, mentre Sherlock sollevava appena le labbra in un sorriso tirato.
“Molto bene ragazzi, basta così” li interruppe il professore, costringendoli a tornare alla realtà “ora, se avete fatto tutto in modo corretto la vostra pozione dovrebbe aver raggiunto una tonalità azzurro pallido” John allungò il collo verso il loro calderone, dove una soluzione della perfetta gradazione azzurrina ribolliva placidamente.
“Dobbiamo aggiungere una milza di gatto” soffiò John, immergendola nella pozione, per poi stappare la boccetta contenente sangue di drago e sistemarsi sopra il calderone; versò con attenzione la prima goccia, quando notò che Sherlock si stava avvicinando al miscuglio con una milza di gatto stretta in mano.
“L’ho già messa, quella” lo informò con tono pacato, tornando ad occuparsi del sangue di drago, dovendosi tuttavia interrompere nuovamente, quando notò che Sherlock non aveva alcuna intenzione di rimettere la milza a posto .
Senza pensarci gli afferrò il polso con la mano libera, impedendogli di aggiungere l’ingrediente, guadagnandosi un’occhiataccia di rimprovero “Ho già messo la milza di gatto” ripetè, senza tuttavia mollare la presa sul suo polso, che tremò leggermente sotto le sue dita.
“Lo so, ma devo inserirne una seconda” ribattè tranquillamente Sherlock.
“No, non è vero” replicò John, rileggendo velocemente i punti scritti sulla lavagna “Ne serve solo una” ribadì, indicando con un cenno del capo le istruzioni scritte sulla lavagna.
Sherlock alzò gli occhi al cielo, sbuffando “È un esperimento” spiegò.
“Un esperimento?”domandò John sorpreso.
“Esattamente. Mi serve per confermare una teoria” continuò Sherlock, mantenendo lo sguardo fisso su John.
“Non puoi aggiungere ingredienti a tu piacimento!È pericoloso, potresti farti del male!O provocare un’esplosione” lo rimproverò sconvolto, osservando stupito il ragazzo che non si scompose per un solo istante.
“Non succederà” lo rassicurò “ho già calcolato ogni cosa, mi serve solo una conferma”
“Ma io non ti permetterò di averla ora!Se proprio vuoi fare un esperimento puoi tornare qui dopo le lezioni e fallo per conto tuo”
“Mi causerebbe una notevole perdita di tempo”
“Non mi interessa!Non puoi farlo e basta!Posa subito quella milza!”
“No!”
“Invece sì!Posala, Sherlock!”
“No” replicò il Serpeverde, irritandosi visibilmente; rivolse a John uno sguardo indignato, tanto penetrante da farlo rabbrividire per un momento, ma vedendo che il compagno non aveva alcuna intenzione di cedere si decise ad afferrare con stizza la mano con cui il ragazzo gli stava stringendo il polso, per costringerlo a liberarlo.
Fu un istante, un istante in cui John, per liberarsi dalla stretta, lasciò la presa dalla boccetta di cuore di drago, facendola cadere nella pozione che emise uno sbuffo bizzarro, assumendo per qualche secondo un’intensa tonalità rosso cardinale, prima di esplodere con un tonfo deciso, riversandosi su John, Sherlock e gran parte della classe, che per alcuni secondi venne percorsa da un’ondata di sinistra immobilità, l’attenzione di tutti puntata sui due ragazzi.
“Watson, Holmes!”tuonò il professor Clarke con un’evidente nota di rabbia nella voce, rompendo definitivamente il silenzio“In punizione!Entrambi!” sbraitò.
 
Per i due giorni successi John non vide Sherlock Holmes da nessuna parte, incrociandolo solamente il sabato mattina in Sala Grande, limitandosi a rivolgergli un veloce sguardo stizzito, prima di tornare ad ignorarlo come aveva fatto fino a pochi giorni prima.
Non che trovasse il ragazzo particolarmente antipatico, a differenza di gran parte della scuola, tuttavia John non riusciva a sopportare di essersi visto assegnare una punizione solamente a causa della testardaggine del Serpeverde che, inoltre, non si era nemmeno degnato di chiedergli scusa, eclissandosi velocemente dall’aula di pozioni al suono della campanella.
Ed ora John avrebbe dovuto trascorrere tutto il sabato in sua compagnia a svolgere qualche indegno lavoretto per conto del professor Clarke, quando invece avrebbe potuto passare la giornata con Emily, la graziosissima Corvonero che solamente cinque giorni prima gli aveva chiesto di uscire.
“E così John, hai scaricato quell’adorabile brunetta per Holmes, giusto?” osservò con un ghigno divertito Taylor, riportando bruscamente alla realtà John, che con uno sbuffo contrariato si decise finalmente di concentrarsi sulla propria colazione.
“Non è che ho avuto troppa scelta” si difese, servendosi una generosa porzione di uova strapazzate e salsicce.
“Avresti dovuto pensarci prima di farti mettere in punizione” osservò con aria serafica Eric, guadagnandosi un’occhiataccia infastidita dall’amico.
“Come se fosse colpa mia!Se Holmes non avesse insistito ad aggiungere ingredienti a caso nel calderone, ora sarei già da qualche parte con Emily!” sbottò John, con voce leggermente alterata “in ogni caso voi, in quanto miei migliori amici, dovreste essere dalla mia parte!” li accusò con aria truce, facendo ridere con più gusto i due Grifondoro.
“Scusaci John, ma è così raro vederti perdere le staffe!” soffiò  Eric, cercando di calmarsi “credo che Sherlock Holmes sia stato il primo ragazzo nella scuola a riuscire a farti innervosire tanto!”
“E immagino che dopo un intero pomeriggio in sua compagnia sarai definitivamente fuori di te” aggiunse divertito Taylor, imburrando con attenzione una focaccina.
“Cosa significa?”
“Oh, semplicemente che Sherlock Holmes è il ragazzo più insopportabile di tutta Hogwarts” spiegò Taylor, rivolgendo uno sguardo veloce al tavolo alle sue spalle, dove sedeva Sherlock “è fastidioso e incredibilmente pieno di sé, considera tutti degli idioti e si crede superiore sia agli studenti che agli insegnanti”
“Senza considerare che non sembra in grado di provare emozioni umane” aggiunse Eric.
“Non credete di esagerare un po’?” ridacchiò allibito John, scoccando uno sguardo veloce al ragazzo che leggeva con aria annoiata la Gazzetta del profeta.
“No John, è la verità” insistette Eric “pensaci, l’hai mai visto in compagnia di qualcuno?”gli fece notare il ragazzo “nessuno vuole avere a che fare con lui, nemmeno nella sua casa. È sempre da solo, non ha nemmeno un amico”
“E la cosa sembra stargli più che bene” concluse Taylor “a quanto pare sta bene per conto suo”
John si strinse nelle spalle, senza aggiungere altro; non era da lui giudicare una persona senza prima averla conosciuta e inoltre, punizione a parte, doveva ammettere di non essersi trovato tanto male a dividere il calderone con Sherlock.
“Ha una bella testa, però” osservò improvvisamente, ricordandosi delle intuizione del Serpeverde.
“Oh, è molto sveglio” annuì Eric “riesce a dirti ogni cosa della tua vita osservando il nodo della tua cravatta”
“Sciocchezze” s’intromise Taylor sbuffando “sono certo che usa qualche trucchetto per riuscirci, qualche incantesimo; nessuno può essere così intelligente”
“Io gli credo” ammise John con un’alzata di spalle, facendo nuovamente ridere i suoi amici.
“Tu ti fidi troppo delle persone, John” ridacchiò Eric scuotendo il capo “ricordati che è solo un irritante Serpeverde”
“Io l’ho trovato geniale”
“Potrà anche essere divertente vederlo usare quello sciocco trucchetto su qualcuno, ma sono certo che dopo un po’ di volte che cercherà di scoprire ogni singolo dettaglio privato della tua vita, non lo troverai più così esilarante”
“Io credo che sia anche per quello che non è molto popolare” aggiunse Eric con un’alzata di spalle “l’altra mattina ha chiesto a Katy Elric se si era divertita a passare la notte con George Wood e lo ha fatto proprio davanti alla ragazza di George!”
“Non gli riesce proprio di non immischiarsi negli affari altrui!”
“È irritante!”
“Ragazzi!” li richiamò velocemente John, abbassando lo sguardo sui resti ormai freddi della propria colazione “viene verso di noi”  
Il terzetto si ammutolì all’arrivo del Serpeverde che, dopo essersi concesso alcuni istanti per osservare Taylor e Eric, rivolse la propria attenzione a John.
“Watson” lo salutò cordialmente, mentre John sollevava lo sguardo su di lui per ricambiare il saluto con un sorriso “credo sia il caso di avviarci verso i sotterranei se non vogliamo fare tardi”
“Già” confermò John alzandosi da tavola “credo tu abbia ragione. Ci vediamo dopo ragazzi”
“A dopo John!” lo salutarono questi, tornando poi alle proprie colazioni.
Camminarono in silenzio fino allo studio del professor Clarke, che con voce serafica li informò che avrebbero dovuto catalogare e riordinare gli schedari che contenevano i compiti in classe di pozioni degli ultimi cinque anni, lavoro che come minimo avrebbe occupato loro tutta la giornata.
“Odio quell’uomo!” sbottò con frustrazione John, sbattendo con un po’ troppa enfasi le carte che avrebbe dovuto sistemare su un banco libero dell’aula di pozioni “ti rendi conto di quanto ci metteremo?Sarà un miracolo riuscire a finire tutto entro oggi!” continuò con stizza, allontanando con un calcio la sedia dal banco, facendola stridere fastidiosamente contro il pavimento, prima di abbandonarsi sopra con un sospiro irritato.
“Avresti dovuto pensarci prima di far saltare in aria il laboratorio di pozioni” osservò con voce tranquilla Sherlock, facendolo sobbalzare.
Per un attimo il ragazzo credette di aver sentito male, insomma, Holmes non poteva averlo detto davvero.
“Come scusa?”domandò quindi  con voce appena più acuta del normale, ottenendo su di sé gli occhi ghiaccio del Serpeverde.
“Odio ripetermi” esclamò dopo alcuni istanti di silenzio, tornando a concentrarsi sul proprio lavoro.
John strabuzzò gli occhi, sconvolto; ora capiva perché Sherlock era sempre solo.
 “Mi sembra di aver capito che è stata colpa mia se la pozione è esplosa” osservò con voce falsamente gentile, attendendo dall’altro una reazione che non tardò ad arrivare.
“È così, infatti. Sei stato tu ad aggiungere troppo sangue di drago”
“Sì, ma solo perché tu volevi metterci una milza di gatto in più!Se non avessi insistito tutto questo non sarebbe accaduto!”
“No, ti sbagli” si difese Sherlock, ora visibilmente irritato “se tu me l’avessi fatta aggiungere non sarebbe successo tutto questo!”
“Magari il risultato sarebbe stato anche peggiore” osservò John.
“Impossibile, avevo già determinato l’esito, volevo solo una conferma”
“Ma così non avremmo portato a termine il compito che ci era stato assegnato!”
“Forse, ma non avremmo avuto la punizione” considerò Sherlock “e la cosa mi sarebbe stata di grande aiuto; non ho tempo da perdere io
“Perché, credi che io invece mi stia divertendo?”domandò John arrabbiato, innervosendosi sempre di più, la voce tremante, le mani strette a pugno.
Sherlock alzò lo sguardo su di lui, studiandolo con aria incuriosita, prima di decidersi a rispondere “No” ammise “no, non credo che tu ti stia divertendo, così come in classe non ti sei interessato alla lezione finchè non hai fatto cadere la boccetta nella pozione”
“C-cosa?” boccheggiò John totalmente colto alla sprovvista, incredulo davanti a quelle parole “credi che lo abbia fatto apposta?”
“Non ho mai detto questo” osservò Sherlock tranquillamente “ho detto solo che per tutta la lezione il tuo atteggiamento è stato svogliato e annoiato, ma quando la boccetta è caduta nella  pozione e tu ti sei voltato ad osservarla, un attimo prima che la pozione esplodesse, durante quella manciata di secondi in cui eri invaso dall’incertezza di ciò che sarebbe accaduto, i tuoi occhi si sono illuminati”
“Cosa significa?”
 “Semplicemente che ti piace il pericolo e la sensazione che ti regala; ami sentire l’adrenalina scorrerti in corpo, vuoi sentirti vivo, vuoi l’azione”
“Ti sbagli” lo interruppe lapidario John, decidendosi finalmente a tornare ai propri volumi, ignorando con decisione lo sguardo intenso che percepiva su di sé.
“Ne dubito”
John s’irrigidì; ora capiva perché Sherlock si trovasse sempre da solo.
Durante le ore successive nessuno aggiunse nulla; i due ragazzi si limitarono a fare ognuno il proprio lavoro, in un silenzio nervoso, disturbato solamente dal rumore delle pagine che venivano girate, dal grattare delle piume sopra le pergamene e dallo scatto con cui le cartelle ormai ordinate venivano chiuse e poste in una pigna ordinata su un banco vuoto.
Fu solo quando il raschiare della piuma di John si fece meno inquieto, quando il suo corpo parve rilassarsi leggermente e la sua postura diventare meno tesa, che Sherlock si decise a rompere quel fastidioso silenzio, arrischiandosi a rivolgere la parola al Grifondoro.
 “Le ipotesi dei tuoi amici si sono rivelate corrette?” domandò improvvisamente Sherlock, facendo sobbalzare il ragazzo per la sorpresa.
“Come?” boccheggiò John, osservando Sherlock con la piuma sospesa a mezz’aria.
“Ti ho chiesto se le ipotesi dei tuoi amici riguardo a me si sono rivelate corrette” ribadì, osservando il corpo di John contrarsi davanti alla sua domanda.
“Quali ipotesi?”
Sherlock alzò gli occhi al cielo, sbuffando “Questa mattina durante la colazione stavate parlando di me”
“Non, non è così” balbettò prontamente John, alzando lo sguardo per incontrare quello cristallino di Sherlock che, con una nota evidente di divertimento, lo stava scrutando.
“Avanti, sarebbe stato evidente a chiunque!Parlavate a voce relativamente bassa, quindi discutevate riguardo a cose che non volevate far sentire ad altri, quindi cose non troppo lusinghiere, considerando inoltre che per ben due volte vi siete girati a guardarmi e che quando vi ho raggiunto vi siete ammutoliti all’improvviso, non è difficile dedurre che esse riguardassero me. Immagino che ti abbiano detto che mi trovano irritante e pieno di me, poi cos’altro?”
“Non è così” sospirò John, chinando velocemente il capo, sicuro di essere arrossito impietosamente alle parole dell’altro.
“No?”domandò Sherlock con sarcasmo, mantenendo lo sguardo puntato sul corpo rigido di John.
 “Loro non dicevano sul serio” borbottò  infine il Grifondoro, arrendendosi davanti all’evidenza.
“Credo di sì, invece” ribattè Sherlock con voce pacifica.
“Hanno detto che ti credi superiore al resto della scuola e che non credono che tu sia in grado di fare le tue deduzioni semplicemente osservando”
“Interessante” soffiò Sherlock pensieroso “e tu gli credi?” aggiunse poi con noncuranza.
John si fermò a riflettere qualche secondo prima di rispondere; la verità era che credeva a Sherlock dalla prima volta che l’aveva incontrato e che l’aveva sentito fare quelle incredibili deduzioni. In realtà la possibilità che Sherlock stesse mentendo o usando un qualche incantesimo non gli aveva sfiorato la mente nemmeno per un istante e anche ora la riteneva un’ipotesi assolutamente improbabile.
 “Deduci qualcosa su di me!” lo sfidò infine John, allargando le braccia come a volergli dimostrare di non avere nulla da nascondere.
Sherlock sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa, prima di accettare la provocazione con un sorriso.
“Sei un ragazzo tranquillo e pacifico, ben voluto da tutti e con molti amici. I tuoi voti sono appena sopra la media e nessun professore ha mai avuto nulla da ridire su di te. Non ti sei mai cacciato in problemi gravi, a differenza di tuo fratello, il cui problema con l’alcool ti disturba più di quanto tu voglia ammettere. Forse anche questo contribuisce agli incubi che ti tormentano la notte, impedendoti di riposare come si deve, ma volendo rischiare direi che ciò che davvero ti importuna è la totale staticità della tua vita; la mancanza di azione ti innervosisce e il leggero tremore alla tua mano sinistra ne è la prova, infatti, quando a lezione abbiamo discusso, la tua mano era incredibilmente ferma, questo dimostra che ciò che ti innervosisce non è il pericolo, ma la mancanza di questo” concluse Sherlock sottolineando il concetto con un gesto leggero della mano, il tutto sotto lo sguardo di John, sempre più incredulo e ammirato.
“Come fai a saper di Harry?” bisbigliò infine, mentre Sherlock non poteva impedirsi di sorridere.
“È quello il nome di tuo fratello?Bè, è semplice in realtà; questa mattina i tuoi vestiti odoravano di alcool, ma non il tuo fiato, ergo non sei stato tu a consumare bevande alcoliche, ma sei stato vicino a qualcuno che lo ha fatto. I tuoi migliori amici tuttavia erano con te a colazione, quindi sono da escludere, perciò chi altri avresti potuto assistere?Un parente, un cugino o un fratello, azzardando direi un fratello”
“Questo è davvero incredibile, Sherlock” ribadì con stupore.
“Devo quindi supporre di aver indovinato?”
“Tutto tranne una cosa; Harry è mia sorella”
Sherlock fece un gesto infastidito col capo, irritato “Tua sorella; c’è sempre qualcosa!”si lamentò, imbronciato, tornando ad occuparsi del proprio lavoro.
 “Comunque per quello che vale non credo a Taylor” soffiò alcuni minuti dopo John, con voce tanto flebile che sarebbe potuta essere scambiata per il fruscio della pergamena sotto le dita.
 
John non aveva bisogno di prove per convincersi che il suo istinto aveva ragione riguardo a Sherlock Holmes, eppure la mattina successiva, quando durante colazione Taylor e Sarah annunciarono a tutti il loro fidanzamento, ebbe un’ulteriore conferma.
Festeggiarono i due ragazzi con allegria e Sarah ringraziò John per la sua comprensione e sostegno e per l’aver accettato di mantenere segreta la storiella che avevano avuto al secondo anno.
Da parte sua John non poteva essere più contento per i suoi due amici e stava per iniziare l’ennesimo discorso di buon augurio, quando l’arrivo di Sherlock Holmes lo interruppe.
Tutta la spensieratezza e l’allegria si spensero all’istante, mentre i Grifondoro si rivolgevano con diffidenza al Serpeverde.
 “Cosa vuoi, Holmes?” domandò in un sibilo infastidito Taylor, facendo irrigidire John, che prontamente lo zittì con un’occhiataccia.
 “Sherlock” lo salutò invece educatamente, rivolgendosi al ragazzo che si decise a distogliere la propria attenzione da Taylor “cosa ci fai qui?”
 “Posso parlarti un secondo?”chiese  tranquillamente, facendo cenno a John di seguirlo.
Uscirono dalla Sala Grande, allontanandosi dagli schiamazzi tipici della domenica mattina e si sistemarono in una nicchia u po’ in ombra del corridoio d’ingresso.
“Cosa succede, Sherlock? Tutto bene?”
“Mi stavo chiedendo se ti andasse di aiutarmi” replicò il ragazzo, osservandosi intorno.
“Aiutarti in cosa?”
“A pedinare un sospettato; è per un caso” spiegò Sherlock, sotto lo sguardo più confuso e perplesso di John,
“Aspetta, sospettato?Caso?Ma di cosa stai parlando?”
Ma non fece in tempo ad ottenere alcuna risposta, che un gesto fluido e deciso Sherlock lo spinse con fermezza verso il muro, sovrastandolo poi con il proprio corpo, così da nascondere entrambi dentro il cono d’ombra della nicchia.
“Sherlock!” tuonò John sconvolto, con una nota di panico nella voce “che diam…?!”
Ma ancora una volta Sherlock lo interruppe, poggiandogli con forza una mano sulla bocca, intimandolo di tacere, mentre con il capo gli indicava alcuni Grifondoro che stavano uscendo dalla Sala Grande in quel momento.
John si zittì, impedendosi di pensare a qualsiasi cosa che non fossero quei ragazzi, che iniziò a studiare con insistenza; eppure, per quanto ci provasse, la concentrazione non faceva altro che sfumare, sotto la mano salda di Sherlock e il suo corpo caldo che ancora lo inchiodava al muro.
Non appena i quattro ragazzi furono scomparsi sulle scale, Sherlock si ritrasse nuovamente, liberando John, che finalmente riprese a respirare.
“Si può sapere cosa…?”
“Muoviamoci John, è lui!” tuonò Sherlock, scattando verso le scale e senza poter aggiungere altro John si trovò a seguirlo.
Corsero per tutta la scuola, appostandosi agli angoli dei corridoi o dietro le armature per controllare il quartetto, oppure sparendo dentro scorciatoie di cui John ignorava l’esistenza, per poi riapparire due passi avanti rispetto al ragazzo che sembrava interessare a Sherlock.
John lo riconobbe; si trattava di un Grifondoro dell’ultimo anno, il caposcuola Gregory Lestrade.
Lo inseguirono senza sosta per gran parte della mattina, fermandosi solo quando il ragazzo si serrò dentro un’aula vuota, dove venne raggiunto poco dopo da un coetaneo di Corvonero.
“Secondo te cosa stanno facendo?”domandò John ansimante, osservando la superficie lucida della porta dove i due ragazzi erano spariti.
Sherlock nascose a stento un sorrisetto, studiandolo di sottecchi “Credo che sia arrivato il momento si scoprirlo” decretò, facendo un balzo avanti verso la classe.
Aspettò che John gli fu dietro e poi spalancò l’ingresso con forza, precipitandosi al suo interno come una furia.
John, alle sue spalle, non potè trattenersi dal sussultare davanti alla scena che gli si presentò davanti agli occhi; i due ragazzi trasalirono spaventati, separandosi di scatto all’ingresso del Serpeverde, ma osservando gli abiti in disordine, le cravatte slegate, i volti arrossati e ansimanti, non ci vollero le capacità di Sherlock per comprendere cosa stessero facendo prima di essere interrotti.
“Sherlock!” tuonò Gregory dopo un primo attimo di smarrimento, chiudendosi la cintura dei pantaloni e recuperando da terra il maglione nero che si era sfilato “che diamine ci fai tu qui?” ringhiò, spostando lo sguardo dal Serpeverde a John, che imbarazzato come era stato poche volte nella su vita, fissava ostinatamente le proprie scarpe.
“Buon giorno, Lestrade” lo salutò pacatamente Sherlock, assolutamente a proprio agio “mi dispiace di aver interrotto le vostre, emh…attività” ghignò, mentre il povero Corvonero soffocava a stento un gemito “temo di aver sbagliato aula” concluse, mentre la smorfia sul volto del Grifondoro si trasformava in un ringhio minaccioso.
“Holmes!”tuonò, facendo un passo in avanti, mentre Sherlock usciva nuovamente nel corridoio, trascinando John con sé.
“Dubito che ci farebbe davvero del male, ma non penso sia il caso di metterlo alla prova” constatò, afferrando John per un polso e ricominciando a correre lungo il corridoio.
Corsero a perdifiato finchè non si ritrovarono dalla parte opposta del castello, dove finalmente Sherlock decise di fermarsi, appoggiandosi al muro.
“Ma che diamine significa?”ansimò John, accasciandosi al suolo “perché…cosa…che facevamo lì?”
 “Oh, solo per passare il tempo” tossì Sherlock, rivolgendo uno sguardo veloce all’amico “e per dimostrare una cosa”
“Che cosa?”
“Tu” rispose tranquillamente il Serpeverde, lasciando John totalmente senza parole.
“Quindi Lestrade non era davvero sospettato?” domandò titubante, sotto lo sguardo assolutamente divertito di Sherlock.
“Oh, assolutamente no; diciamo che gli ho messo i bastoni tra le ruote perché dovevo un piacere a una persona” liquidò velocemente, facendo un cenno noncurante con la mano.
John lo osservò sconvolto “Sherlock!Tu mi hai fatto correre per tutta Hogwarts, pedinando per tutta la mattina un ragazzo, interrompendolo mentre stava per fare sesso e rischiando così un pestaggio, senza che ce ne fosse la minima necessità?”
Sherlock lo osservò per qualche secondo “Come ti senti ora, John?”
John si rimise in piedi, cappeggiando Sherlock con sicurezza “Non mi seno mai sentito meglio di così” ammise, mentre un ghigno complice increspava le labbra di entrambi.
John si poggiò nuovamente al muro, vicino a Sherlock e senza riuscire a trattenersi scoppiarono entrambi in una fragorosa risata.
  
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