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Autore: itsbrie    18/06/2013    0 recensioni
Così, ogni volta che si fermava ad osservare il mare, gli veniva in mente quella figura che le aveva fatto girare la testa quando era ancora una ragazzina.
Non avrebbe mai dimenticato le sensazioni che aveva provato, neppure se volesse.
Il tempo era passato, ma non era stata in grado di dimenticare l’unica persona che le fece dimenticare l’orrore della guerra e del dolore anche se per poco tempo.
Quella notte si erano amati, e il suo nome era inciso in un angolo del suo cuore, in un posto riservato e sicuro dove solo lei poteva entrare.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Vi propongo una storia che scrissi per un concorso scolastico l'anno scorso, e che ho molto a cuore.
E' breve, ma spero sia altrettanto intensa.
Spero che possiate apprezzarla, ci tengo davvero molto!
Un abbraccio forte :)
M.L


***

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 Portsmouth, Inghilterra, Novembre 1970

 

 

 

Il mare le aveva sempre trasmesso un senso di calma interiore, equilibrio, pace.
Osservava il mare con aria nostalgica e, seppure fosse vicina, lo sentiva lontano, avvertendo come un ronzio il rumore delle onde.
Notava che si susseguivano in ordine di sei, quando all’improvviso ce ne fu una settima.
La settima onda è l’inflessibile, le prime sono flessuose e armoniose, è possibile anche calcolare il modo in cui si alternano.  
Non fanno sorprese. Si potrebbe restare a guardarle per ore intere, tanto ripeterebbero sempre lo stesso ordine. Ma non vale lo stesso per la settima, che arriva e sconvolge le prime sei.
Claire vide come l’acqua modificava l’ordine delle pietre, scambiando toni chiari con altri scuri. La brezza pizzicava il suo naso, facendole provare un piccolo formicolio sulle narici.
Faceva particolarmente freddo, non che fosse una sorpresa per lei, così abituata alle rigide temperature dell’autunno inglese, ma quel giorno, avvertiva  il gelo perfino nelle ossa.
C’era qualcosa in quell’aria salmastra che le riportò alla mente un giorno d’estate, con un sole luminoso ed un cielo terso e limpido.
Ma adesso, il vento le scompigliava i capelli, le faceva venire il mal di testa.
Il mare non perdonava nessuno, neanche lei.
Era agitato, le onde si gonfiavano incredibilmente, dando l’impressione di venirti addosso e travolgerti nel loro vortice.
Sulla riva, restava solo quella spuma bianca che trasportava ciò che il mare rifiutava.
Disseminati sulla spiaggia i detriti di lunghi giorni di tempesta.
Sola, come non lo era mai stata, volgeva lo sguardo all’orizzonte infinito che si protendeva di fronte a lei con immensa imponenza.
Iniziò a chiedersi cosa ci fosse dietro quell’infinitezza, cosa si nascondesse di così grande da non poter essere scorto da anima viva.
Era sempre stata affascinata dal mare, dalla profondità dei suoi abissi, dagli oscuri segreti che sembrava celare una sola goccia d’acqua.
Certo, ne aveva anche paura, ma amava perdersi nei pensieri e provare ad immaginare una vita sul mare, lontana da tutto e da tutti.
Lontana dal dolore, dalle convenzioni, dall’allegria, dai sorrisi.
Claire non sorrideva molto, c’era qualcosa di ipocrita nei sorrisi delle persone, che fosse la volontà di mascherare la sofferenza, che fosse la volontà di manifestare una gioia, non importava.
Ma sorridere le piaceva, era facile distendere i muscoli e liberare la tensione, ciò non toglieva che si era abituata perfettamente a distinguere un sorriso sincero da uno falso.
Nel corso del tempo si era anche abituata a studiare gli occhi delle persone, gli sguardi secondari, quelli che nessuno nota. 
Quelli che tutti nascondiamo senza neanche accorgercene.
Avrebbe voluto gridare, gridare forte per fare eco anche nel passato.
Ma le parole non sempre servono, non sempre sono necessarie, ma ci sono dei momenti in cui sono essenziali.
Ma non ce la fanno, muoiono ancora prima di essere pensate o pronunciate.
Come si fa, però, a confessarle? Come si fa a dirle?
In quel momento, Claire comunicava con il mare, con quella distesa infinita di acqua che aveva di fronte agli occhi.
Si strinse nelle braccia per riscaldarsi un po’. 
Si lasciò trasportare dal vento, scivolando nei ricordi più intimi della sua vita passata.
Era il suo compleanno quel giorno, e decise di farsi un regalo: iniziò a ricordare.

 


Cauville – sur – Mar, Francia, 1941

 Portsmouth, Inghilterra, Novembre 1970



Il mare le aveva sempre trasmesso un senso di calma interiore, equilibrio, pace.
Osservava il mare con aria nostalgica e, seppure fosse vicina, lo sentiva lontano, avvertendo come un ronzio il rumore delle onde.
Notava che si susseguivano in ordine di sei, quando all’improvviso ce ne fu una settima.
La settima onda è l’inflessibile, le prime sono flessuose e armoniose, è possibile anche calcolare il modo in cui si alternano. 
Non fanno sorprese. Si potrebbe restare a guardarle per ore intere, tanto ripeterebbero sempre lo stesso ordine. Ma non vale lo stesso per la settima, che arriva e sconvolge le prime sei.
Claire vide come l’acqua modificava l’ordine delle pietre, scambiando toni chiari con altri scuri. La brezza pizzicava il suo naso, facendole provare un piccolo formicolio sulle narici.
Faceva particolarmente freddo, non che fosse una sorpresa per lei, così abituata alle rigide temperature dell’autunno inglese, ma quel giorno, avvertiva  il gelo perfino nelle ossa.
C’era qualcosa in quell’aria salmastra che le riportò alla mente un giorno d’estate, con un sole luminoso ed un cielo terso e limpido.
Ma adesso, il vento le scompigliava i capelli, le faceva venire il mal di testa.
Il mare non perdonava nessuno, neanche lei.
Era agitato, le onde si gonfiavano incredibilmente, dando l’impressione di venirti addosso e travolgerti nel loro vortice.
Sulla riva, restava solo quella spuma bianca che trasportava ciò che il mare rifiutava.
Disseminati sulla spiaggia i detriti di lunghi giorni di tempesta.
Sola, come non lo era mai stata, volgeva lo sguardo all’orizzonte infinito che si protendeva di fronte a lei con immensa imponenza.
Iniziò a chiedersi cosa ci fosse dietro quell’infinitezza, cosa si nascondesse di così grande da non poter essere scorto da anima viva.
Era sempre stata affascinata dal mare, dalla profondità dei suoi abissi, dagli oscuri segreti che sembrava celare una sola goccia d’acqua.
Certo, ne aveva anche paura, ma amava perdersi nei pensieri e provare ad immaginare una vita sul mare, lontana da tutto e da tutti.
Lontana dal dolore, dalle convenzioni, dall’allegria, dai sorrisi.
Claire non sorrideva molto, c’era qualcosa di ipocrita nei sorrisi delle persone, che fosse la volontà di mascherare la sofferenza, che fosse la volontà di manifestare una gioia, non importava.
Ma sorridere le piaceva, era facile distendere i muscoli e liberare la tensione, ciò non toglieva che si era abituata perfettamente a distinguere un sorriso sincero da uno falso.
Nel corso del tempo si era anche abituata a studiare gli occhi delle persone, gli sguardi secondari, quelli che nessuno nota.
Quelli che tutti nascondiamo senza neanche accorgercene.
Avrebbe voluto gridare, gridare forte per fare eco anche nel passato.
Ma le parole non sempre servono, non sempre sono necessarie, ma ci sono dei momenti in cui sono essenziali.
Ma non ce la fanno, muoiono ancora prima di essere pensate o pronunciate.
Come si fa, però, a confessarle? Come si fa a dirle?
In quel momento, Claire comunicava con il mare, con quella distesa infinita di acqua che aveva di fronte agli occhi.
Si strinse nelle braccia per riscaldarsi un po’.
Si lasciò trasportare dal vento, scivolando nei ricordi più intimi della sua vita passata.
Era il suo compleanno quel giorno, e decise di farsi un regalo: iniziò a ricordare.
 

Cauville – sur – Mar, Francia, 1941

Un giorno come un altro, lo ricordava bene, con il sole e le nuvole alte in cielo.
Vent'anni appena compiuti, un viso fresco e chiaro di giovinezza.
Era bella Claire con i suoi lunghi capelli color dell'oro e gli occhi azzurri profondissimi che celavano un pozzo profondo di segreti, proprio come il mare.
Non aveva mai pensato di essere carina, ma la maturità aveva portato con sè la consapevolezza di essere cresciuta e non essere più una ragazzina.
Su uno sfondo così roseo, alle spalle della giovane donna, si infuriava una guerra  crudele e gelida, che fino ad ora non aveva risparmiato nessuno.
I suoi due fratelli si trovavano al confine con la Germania, e la paura che potesse capitare loro qualcosa era diventata ormai una costante delle sue giornate.
Aveva perso sua madre da piccola, quando ancora era troppo presto per capire cosa significasse la morte senza confonderla con un lungo viaggio per tutto il cielo; mentre suo padre era morto in guerra quasi un anno prima.
Per fortuna, aveva ancora i suoi due fratelli e colei che l’aveva cresciuta, sua sorella maggiore Eloise.
Certo non era mai stata troppo fortunata con la vita, Claire , aveva sempre dovuto convivere con un dolore nuovo e lasciare spazio a quello che avrebbe potuto avere poi, se ci fosse stato qualcosa.
Eppure Claire non aveva mai fatto in modo che gli eventi negativi della sua vita prendessero il sopravvento, senza nascondersi inutilmente dietro maschere di forza, Claire lasciava che la tristezza si impadronisse di lei quando ce n'era bisogno, senza paura di mostrare le lacrime alle persone.
Lei lo sapeva che in fondo tutti soffrivano.
Arrivata a vent’anni anni senza il padre e la madre, Claire poteva dire di essere pronta a ricominciare senza lasciare alle spalle il passato, evitando che la influenzasse troppo, ma non aveva fatto i conti con la guerra, ora sua terribile nemica.
La sua vita era questa, una continua agonia nella speranza di un domani migliore con la certezza che anche il giorno dopo sarebbe stato in quel modo, consapevole che la guerra non sarebbe finita così su due piedi.
In momenti come questi, le sarebbe davvero servito per darsi una spiegazione più o meno plausibile a quel meschino gioco che la vita le aveva posto di fronte.
Alla fine, per lei la vita era solo una lunghissima passeggiata nel vuoto, dove non si intravede né gioia, né dolore, né luce, né buio più pesto.
Sperava in Dio, qualcosa di superiore che potesse seguire quel cammino alla cieca  al quale ormai, si era completamente rassegnata.
Ormai era persa, insicura, distesa su un mucchio di foglie secche, senza vita, colori.
E  neanche gli altri sembravano voler ascoltare il suo grido,una  debole richiesta d’aiuto al cielo, perché potessero ascoltarla, salvarla.
Ma sapeva bene che un dolore come il suo era quasi nullo in confronto alle altre migliaia di persone alle quali la guerra aveva strappato via ogni cosa.
E adesso se ne stava lì, seduta in quel minuscolo di bar di Cauville – sur – Mer a contemplare il mare, stranamente calmo.
Aveva preso posto ad uno di quei tavolini con vista sull’immenso canale inglese, con l’acqua che si muoveva lentamente, e il ritmico rumore delle onde dava quasi fastidio alle orecchie.
Le si avvicinò la solita cameriera dai capelli rossi, e lei ordinò il suo classico the al limone con qualche biscotto.  Iniziò ad osservare il paesaggio di fronte a lei: arido e aspro, privo di qualsiasi brandello di vita.
La spiaggia era completamente deserta, si poteva solo scorgere in lontananza un piccolo peschereccio lasciato a marcire per la troppa paura di usarlo.
La cosa più bella restava senz’altro il mare, che aveva perso temporaneamente la sua aria minacciosa e imponente.
Tutto ciò le trasmetteva però, un fortissimo senso di simbiosi con quel mare che l’affascinava e la terrorizzava al tempo stesso.
L’aria fredda fece diventare il naso di Claire rosso, come anche le sue guance.
Si recava a quel posto ogni giorno, ogni pomeriggio per le cinque meno dieci, per l’esattezza.
Ogni suo gesto ormai si svolgeva meccanicamente, non c’era neanche bisogno di pensare.
Di fianco a lei, quel giorno, vi era un’allegra riunione di alcuni militari che, molto probabilmente, avevano avuto qualche giorno di licenza.
In quel momento, le sembrò di essere la persona più sola sulla faccia della terra.
Sospirò, facendo spostare una ciocca dei suoi capelli biondi sulla fronte, poi, come fosse sconfortata, iniziò a fissare il the nella tazza proprio sotto i suoi occhi.
Quel liquido giallastro che lei tanto amava.
Ma lei, era lì da sola, non aveva possibilità di condividere neanche un po’, dei suoi pensieri.
Magari Claire aspettava qualcuno, qualcuno che probabilmente non sarebbe mai arrivato, e che forse, era solo un suo vano pensiero.
Così, con un gran peso alla gola cercò con gli occhi la signorina per chiederla il conto, ma poi, una voce, profonda e giovanile la chiamò << Vuole già andar via? >>
Claire si voltò verso il lato dal quale riteneva provenisse la voce, intravide un cespuglio di ricci scuri e poi, sollevando le spalle disse tristemente << Non credo d’avere motivi per restare >>
Il ragazzo ridacchiò poi le sorrise << Magari posso chiederti io, di restare. Sempre che tu non fraintenda le mie intenzioni >>
Lei lo osservò bene quel giovane tanto impavido: alto, vestito da militare con due occhi scurissimi, che lei stabilì essere neri.
Mai avrebbe creduto ad un avvenimento simile se, non fosse stata del tutto cosciente della realtà. Dopotutto, Claire è sempre stata fin troppo razionale, pochi o troppi pensieri per la testa.
Magari avere una discussione con quel ragazzo non sarebbe stato poi così male.
L’avrebbe aiutata, perlomeno, a sentirsi un po’ meno sola.
Giusto per poco.
<< Non ho fretta, credo di poter restare. Ad ogni modo, io sono Claire >>
Il giovane alzò le spalle compiaciuto << Piacere Claire,Io sono Paul, comunque >>
Claire allungò la mano e lo fece sedere di fronte a lei.
Improvvisamente il tempo si arrestò, e lei si dimenticò anche di se stessa, dei suoi dolori, del senso di razionalità che le imponeva di lasciar perdere la faccenda.
Paul era inglese, veniva anche lui da una cittadina di mare, Pourtsmouth, e si trovava lì solo per quella notte, poi sarebbe ripartito per raggiungere Parigi.
Il mare dietro di loro adesso, risuonava armonioso e leggero, come una melodia soave e docile di un tempo lontano e ormai perduto.
Restarono a parlare per ore e Claire, per la prima volta dopo tanto tempo, vide rivivere il mondo intorno a sé, ma solo per quella notte.
Ma loro erano divenuti leggeri, non pesavano più.
E più erano leggeri, più danzavano in quel valzer infernale, trascinati  dalla voglia inesauribile di amarsi.
Più si sentivamo pesanti, più volavano verso il cielo e poi verso il mare, la cornice perfetta per un amore così profondo eppure effimero.

 
Paul fu il suo primo amore, ma non ne parlò mai con nessuno, era il suo segreto, intimo e proibito.
Non ne parlò mai neppure con l’uomo che sposò quando raggiunse l’Inghilterra con i suoi fratelli dopo la guerra.
Non ne parlò neppure con i suoi amati figli.
Erano passati trent’anni, aveva tanto adorato Paul e la sua immagine pura che ancora adesso la faceva sorridere.
Così, ogni volta che si fermava ad osservare il mare, gli veniva in mente quella figura che le aveva fatto girare la testa quando era ancora una ragazzina.
Non avrebbe mai dimenticato le sensazioni che aveva provato, neppure se volesse.
Il tempo era passato, ma non era stata in grado di dimenticare l’unica persona che le fece dimenticare l’orrore della guerra e del dolore anche se per poco tempo.
Quella notte si erano amati, e il suo nome era inciso in un angolo del suo cuore, in un posto riservato e sicuro dove solo lei poteva entrare.
Ecco perché Claire amava tanto il mare, perché con lui c’era l’immagine di Paul, degli anni in Francia, del suo paese natio.
C’era qualcosa in quell’acqua che la faceva sentire libera da qualunque cosa.
Non c’erano barriere con il mare, non esistevano limiti.
E Claire faceva un po’ come il sole, che alla fine di un nuovo giorno cala nell’immensità celeste per risorgere altrove, continuamente.
Il mare non aveva una fine, così come non aveva una fine l’amore di Claire per la vita che, nonostante fosse state maligna con lei in passato, le aveva comunque regalato le cose più straordinarie che potesse immaginare.
Quel mare sarebbe sempre stato dentro di lei, quel mare che Paul e lei avevano riempito per una notte, immergendosi in quell’immensità che era diventata cielo.
Seppure il ricordo di quel giovane fosse ancora vivo in lei, era andata avanti, non poteva restare attaccato a lui per sempre, ma vivendo, niente gli avrebbe impedito di portarlo con sé.
E sarebbe stato così per sempre, perché Paul era una parte di lei.
Non l’avrebbe scordato, non avrebbe cambiato il suo ricordo.
Sarebbe stata forte,di nuovo e ancora, anche per lui.
Come sempre.
Guardò il mare in tempesta per l’ultima volta, poi sorrise, voltandosi.
   
 
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