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Autore: MomoHope    18/06/2013    0 recensioni
Lei è una ragazza come tante, odia essere al centro dell'attenzione.
Lei ama osservare la gente intorno a se e immaginare come potrebbe essere la loro vita fuori da quella stazione che ogni giorno li vede arrivare e partire tutti insieme.
Quella stazione che è testimone di amori nati e di amori finiti.
Lui è un ragazzo come tanti.
Beh, di lui si sa veramente poco o quasi nulla.
Lei sa solo che prende la sua stessa corriera al ritorno.
Che quella corriera sia la testimone di un nuovo amore?
Dal primo capitolo:
‘Sono una ragazza semplice, sono me stessa, ma posso essere anche te, quella vicina di casa che conosci da una vita, la ragazza che prende sempre il tuo stesso autobus, potrei essere chiunque.'[...]
‘E’ un ragazzo semplice, è semplicemente se stesso, potrebbe essere il tuo compagno di banco, il tuo migliore amico, il ragazzo per cui hai una cotta, anche lui come me potrebbe essere chiunque.'
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1


8 Maggio 2013

Entro in camera e dopo aver chiuso la porta con un calcio, tolgo velocemente le scarpe per non sporcare il tappeto.
Abbandono lo zaino vicino al letto dove poco dopo raggiungo i miei peluches.
Chiudo gli occhi e mi appare il suo volto, sorrido.
Chi sei ragazzo misterioso?
Avrei tanto voluto capire il tuo nome, è da molto ormai, che ti ho notato.
Non lo sa nessuno. Nessuno sa che ogni tanto m’incanto a guardarti ridere, nessuno sa che i tuoi occhi mi piacciono tanto forse anche troppo, tanti penseranno che il loro colore possa essere banale, ma pensando a loro, non ci trovo niente di banale.
Mi piacciono soprattutto quando sorridi, perché anche loro sorridono con te, si illuminano.
Ho sempre il terrore che tu ti possa girare e sorprendermi a guardarti con una faccia da pesce lesso.
Rido dei miei stessi pensieri.
Mi alzo dal letto e metto un po’ di musica.
Le prime note di Beat It mi avvolgono.
Caro Michael, avrei voluto vederti almeno una volta.
Non riesco a non sorridere ascoltandola.
“But you wanna be bad.”
Questa frase mi fa pensare a te, al tuo viso da cattivo ragazzo, a quel velo di barba sul tuo viso e a quello sguardo ammiccante e sempre sorridente che più volte ho incontrato con il mio color mare.
Sorrido ancora, mi sa che questo sorriso mi farà compagnia ancora per un bel po’.


Rileggo, quel che ho scritto, più e più volte e non posso non accorgermi di aver dimenticato la parte più importante, credo.
Dovrei descrivermi, penso.
Dovrei descriverlo, penso.
Decido di agire e di non pensare più, le voci che provengono dal soggiorno mi fanno da sottofondo insieme a Wish You Were Here di Avril Lavigne, mille pensieri attanagliano la mia mente.
E ora che cosa scrivo? Odio fare le presentazioni. Ti ci sei messa tu in questa situazione.
Ha ragione quella voce che ogni tanto si fa sentire, ha ragione.
Cosa sto facendo?Ah sì, sto cercando di scrivere una storia, per lo meno decente, che sicuramente non mi piacerà nemmeno.
Sbuffo e incomincio a scrivere qualcosa.

‘Sono una ragazza semplice, sono me stessa, ma posso essere anche te, quella vicina di casa che conosci da una vita, la ragazza che prende sempre il tuo stesso autobus, potrei essere chiunque.
Sono alta quanto basta, non sono particolarmente bella, anzi io mi vedo tutto il contrario.
Ho l’autostima seppellita da qualche parte nell’entroterra insieme alla mia voglia di fare qualsiasi cosa che non sia dormire.
Sono piuttosto anonima come ragazza, non mi piace stare al centro dell’attenzione, infatti cerco sempre di nascondermi tra la massa.
Ho una pelle color morto, no dai scherzo è semplicemente bianca come il latte, forse.
Ho lunghi capelli castani e occhi azzurri, ai quali piace cambiar colore col tempo.’


Ok, credo che come presentazione sia più che abbastanza.
Rileggo e cerco di convincermi che quel che ho scritto vada bene.
Non devo cancellare, me lo ripeto ancora un paio di volte cercando di trattenere l’anulare al suo posto, non devo premere quel tasto, semplicemente non devo.
Passiamo a descrivere lui che è meglio.
Sorrido. Da un bel po’ ormai, ogni volta che lo penso sorrido.
Spero che non succeda niente di irreparabile.
Prendo un respiro e incomincio a scrivere di lui.

‘E’ un ragazzo semplice, è semplicemente se stesso. Potrebbe essere il tuo compagno di banco, il tuo migliore amico, il ragazzo per cui hai una cotta, anche lui come me potrebbe essere chiunque.
Non è un ragazzo che noti a prima occhiata, non è quel ragazzo che appena vedi, sbavi per il suo aspetto fisico.
Lui è quel ragazzo che noti solo quando ti soffermi a guardare realmente quel che ti circonda, è quel ragazzo del quale ti piace lo sguardo o il comportamento, non il fisico.
Lui ha gli occhi scuri come la pece, ma che trasmettono tutto quel che prova, lui ha capelli corti e castani.
Lui è un ragazzo come tanti, ma unico nel suo modo di essere.’


Ho scritto davvero io queste frasi?
Sembra che l’ultima frase l’hai presa da un bacio perugina.
Simpatica davvero.
Rileggo quel che ho scritto di lui e sorrido.
Dio, odio quel sorriso, cerco di mandarlo via, ma è più forte di qualsiasi altra cosa e persiste li sulle mie labbra.
La musica intanto risuona nelle mie orecchie.
Starnutisco, che palle di questo raffreddore.
Cerco un fazzoletto accanto a me, ma l’unico pacco di fazzoletti è sulla scrivania, lo guardo e spero che si muova con la sola forza del pensiero.
Continuo a fissarlo per un paio di minuti ma non si decide a muoversi quel bastardo! Perché non sono come Prue? Perché?
Alla fine, come credo sia ovvio, l’ha vinta lui, sbuffando mi alzo e lo prendo scaraventandolo sul comodino, così la prossima volta imparerà a stare un po’ più vicino.


“I’m gonna pick up the pieces and build a lego house…”

“Mmmh…” Mugugnando parole incomprensibili, mi giro assonata dall’altra parte e con la mano tasto il comodino per prendere il cellulare e spegnere la sveglia.
Guardo l’ora, sono le 6:00, posso sonnecchiare ancora per un po’.
Mi rigiro dall’altra parte e richiudo gli occhi immaginandomi abbracciata con lui in stazione.
Sorrido, ancora.
“Althea ma oggi non vai a scuola?” Dice mio padre agitato.
“Sì perché?” rispondo con voce assonnata.
“Sono le sette!” Mi urla dietro.
Non ho nemmeno il tempo di realizzare che cosa ha detto che mi scopre e tira su le persiane per poi andarsene correndo di qua e di là come un matto.
Quanto è agitato quest’uomo!
Vengo accecata dalla prima luce del mattino.
Sbatto più volte le palpebre, per abituarmi a tutta questa luce, e ripensando a quel che ha detto, mi alzo di scatto andando a sbattere con la testa sulla mensola sopra il letto.
Santo cielo che male! Continuando a massaggiarmi la testa controllo l’ora, non è possibile che siano già le sette ho chiuso gli occhi giusto per pochi minuti, non ci credo che mi sono riaddormentata e poi non si sa mai che quell’uomo abbia deciso di farmi prendere un infarto così a caso.
Il mio cellulare segna le 6:30, dimmi che stai scherzando!
Emetto un gemito di frustrazione e scalcio con le gambe, come una bambina.
Mi ha fatto prendere un colpo per nulla!
Ho preso una mensola in testa per nulla!
Ormai, sveglia e sconfitta, sbuffo decidendo di alzarmi dal letto per cercare qualcosa da mettermi.
Mi vesto velocemente, preparo lo zaino sperando di non aver dimenticato nulla e poi vado in bagno dove mi lavo la faccia un paio di volte per svegliarmi del tutto, mi lavo i denti e decido di mettere un po’ di mascara, giusto per non sentire troppi lamenti sul fatto che non mi trucco mai.
Commenti che poi ci sono comunque, vorrei aggiungere.
Ma non hai nulla da fare alle sette meno dieci del mattino tu?
Evidentemente no, non credi?
Simpatica sul serio, penso sbuffando.
Vado in cucina dove Elisa e Devid molto assonnati, aggiungerei, fanno colazione, li saluto velocemente e prendo la merenda ritornando in camera velocemente, sembro tanto un ladro che compare, prende quel che deve prendere e poi paff, scompare alla velocità della luce.
Velocità della luce adesso. Non esageriamo.
Stai zitta, che è meglio.
Ok ora che la merenda è al sicuro ho preso veramente tutto.
Esco di casa lasciando galleggiare nell’aria un ‘ciao’ urlato al nulla, per poi avviarmi per prendere la mitica 22.
Yeah, che emozione!
Decido di lasciar stare quella vocina, che a dire il vero mi fa sentire veramente stupida e fuori di testa.
Quando arrivo in stazione, sempre che quella specie di edificio giallo e in disuso possa essere definita tale, vedo che la corriera versione bruco è già arrivata.
Salgo e vado a sedermi a quei soliti quattro posti, Sheila arriva poco dopo e si siede di fronte a me.
“Ciao!” Esclama sorridendo.
“Ciao! Come stai?” Rispondo sorridendole.
“Bene e tu?”
“Bene dai.”
Wow alla faccia del gran discorso.Penso.
Pian piano il bruco incomincia a riempirsi, e insieme a tutta quella gente arrivano anche Eloise e Maia.
Dopo una breve chiacchierata su verifiche da fare oggi, o nei prossimi giorni o sui nostri professori ognuna di noi si prepara per il lungo viaggio.
Poco prima di partire metto le cuffiette e mi estranio dal mondo circostante, quando il bruco decide di partire, come al solito arriva il ragazzo che è perennemente in ritardo e che incomincia a corrergli dietro sperando di riuscire a salire comunque, ma l’autista oggi non sembra per niente interessato a farlo entrare e va avanti.
Volto lo sguardo fuori dalla finestra, mentre la musica continua a scorrere.
Guardo fuori dalla finestra e non penso a nulla, guardo ma in realtà non vedo, è come se andassi in una specie di trans, il quale unico risveglio è l’arrivo alla stazione.
Eloise picchietta sul mio ginocchio destro cercando di risvegliarmi dai miei non-pensieri e capisco che vuole appoggiare i piedi sul mio sedile, così che poi io sistemo e appoggio i miei sul suo.
Rivolgo di nuovo il mio sguardo disinteressato, al paesaggio che ormai ho imparato a memoria.
Sempre gli stessi campi, sempre le stesse case, sempre gli stessi alberi, sempre gli stessi ponti, sempre gli stessi visi, sempre le stesse fermate da ormai tre anni.
Siamo già a Groska, mi sa che ho perso completamente la cognizione del tempo.
Alla prima fermata come al solito vedo le mie compagne di classe che aspettano la 1.
Le saluto con un sorriso mentre il bruco riparte.
Ora invece passiamo davanti a un hotel e come sempre da tre anni, guardo che temperatura segna, ormai è diventato come una specie di rito.
Ci sono 15 gradi oggi. Interessante.
Guardo l’ora, sono le 7:47 e come sempre ora siamo alla fermata dei giardini.
Cambio artista, cambio canzone.
Guardo fuori dalla finestra e vedo un ammasso di gente, tra i tanti visi sconosciuti, vedo quello del mio ex compagno di classe alle elementari, eh già me lo ricordo ancora. Tra quei visi però vedo anche lui, il primo ragazzo per cui io abbia mai perso la testa.
Sono passati due anni da quando ero completamente persa di lui, il sentimento ovviamente non era corrisposto, ma di certo non mi aspettavo il contrario.
Ricordo ancora le figuracce che ho fatto in sua presenza, un sorriso compare sulle mie labbra, ma cerco di nasconderlo facendo una smorfia, non vorrei che qualcuno vedendomi pensi che sia una matta che sorride al nulla.
Il bruco riparte dopo che le solite persone sono salite e le solite son scese.
Vedo Maia e Eloise parlare di qualcosa, allora tolgo una cuffietta, ma quando mi accorgo che parlano di cose e persone che non conosco la rimetto e torno nel mio mondo.
Siamo passati davanti alla tua fermata, ogni volta la guardo sperando che ci sia tu, ma puntualmente tu non ci sei, tu sei già in stazione probabilmente.
Il viaggio continua, vedo il solito ristorante e già so che tra poco passerò sul ponte sopra l’Inzo per arrivare in stazione.
Già so che sta per iniziare un altro giorno scolastico.
Guardo l’ora, sono le 8 e 5 minuti e noi siamo ancora fermi alla seconda rotonda, odio il traffico che si crea qui ogni mattina.
Dopo un paio di minuti riusciamo ad uscirne e a passare anche l’ultima rotonda prima della stazione.
Siamo quasi vicini ora, tolgo le cuffiette come anche Sheila, Maia e Eloise.
Ci guardiamo e preghiamo che non si fermi lontano da dove noi, poi, dobbiamo prendere le navette.
Forse qualcuno lassù ci ha ascoltato perché il bruco va avanti, per poi fermarsi vicino alle navette che dobbiamo prendere e non possiamo che gioire.
Mi fermo ad osservare la gente sul marciapiede.
Ed è lì che vedo certi miei compagni di classe che si avventurano in mezzo a tutta quella gente per passare e arrivare alle navette.
Ed è li che ti vedo parlare e scherzare coi tuoi amici.
Passano pochi secondi prima che distolgo lo sguardo per scendere e seguire le altre.
Appena scendo alzo di nuovo gli occhi e vedo che stai guardando verso di me, vorrei rimanere qui ferma a guardarti negli occhi, ma uno spintone mi fa perdere l’equilibrio e mi risveglia da quel momento, che per me è tanto speciale quanto raro.
Mi giro e vedo le altre guardarmi preoccupate gli faccio cenno che è tutto apposto e saliamo sulla prima navetta vuota che troviamo.
Sono ormai le 8 e 12 e tutte le navette ora si preparano per lasciare la stazione e portare noi poveri studenti, nell'edificio da noi più odiato.







Momo's space
Eccomi qui con il primo capitolo! :3
Spero vi sia piaciuto, non saprei cos'altro dirvi.
Grazie a te che la stai leggendo! :) 
Se volete fatemi sapere che ne pensate.
Gruppo: RRCCLCTA
Baci Momo :3
  
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