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Autore: Teikci Ni Kare Suh    18/06/2013    0 recensioni
"Muovi il culo e seguimi" disse la ragazza. Aggrottai le sopracciglia piuttosto seccato. "Non credo proprio che lo farò" Lei sogghignò. "Oh, credo che lo farai" Mi si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio. "Almeno che tu non voglia morire oggi" La guardai non comprendendo ciò che intendeva esattamente. Mi indicò qualcosa alle mie spalle, così mi voltai. Inorridii alla vista di quello che stava per raggiungerci.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimembranze
 
“Burritos al tavolo quattro! Mark, por favor, sbrigati!”
“Arrivo, Gustavo!” risposi spazientito, raggiungendo la cucina quasi di corsa. Il cuoco mi passò i due piatti e prima che potesse aggiungere qualcosa mi voltai per portarli al loro tavolo.
Sorrisi ai clienti e augurato loro buon appetito mi diressi a un tavolo qualche metro più in là, occupato da una giovane ragazza piuttosto singolare: non che fosse vestita stranamente, o che portasse con sé qualcosa di bizzarro, era invece una sensazione che…trasmetteva.
Affascinante e terrificante allo stesso tempo.
Mi avvicinai titubante al tavolo “Ha già ordinato, signorina?” le chiesi. Lei alzò lo sguardò da alcuni fogli che aveva posti sul tavolo, smettendo di giocherellare con una ciocca di capelli castani e fissandomi “Affatto.  Mi stavo in effetti domandando quando qualcuno si sarebbe degnato di venire a portarmi come minimo il menù”
Gelida e tagliente.
“Beh, mi auguro che accetti le mie scuse da parte di tutto lo staff e…”dissi mentre afferravo un menù dalle braccia di un mio collega “spero che potremo rimediare con la nostra fantastica cucina” conclusi posando il menù accanto a lei.
La ragazza non mi tolse gli occhi di dosso, di un colore scuro e indefinibile, sorridendo leggermente “Non ho bisogno del menù, grazie. Mi basteranno una porzione di tacos e…non è che avete della tequila?”
“Ha un grado alcolico piuttosto alto non credo di…”
Lei sbuffò spazientita e, facendo un gesto di congedo con la mano, ritornò ai suoi appunti “Lo immaginavo. Allora mi basterà una bottiglia di acqua. Naturale, mi raccomando.”
Annuii, anche se la cliente non mi stava più prestando attenzione, e andai a portare l’ordine in cucina, passando per il piano bar. “Henry, abbiamo della tequila?” chiesi al ragazzo che faceva servizio lì. Lui mi guardò con sguardo accattivante “E pensi che anche se ce ne fosse, non me la sarei già scolata dopo l’orario di chiusura?”  Gli lanciai un’occhiataccia divertita e andai verso la cucina, per poi continuare a prendere ordini e portare fuori e dentro piatti dalla cucina.
Dopo mille corse e spostamenti guardai l’orologio: mancavano solo dieci minuti all’ora di chiusura e rimaneva un solo cliente, la ragazza.
Mi avvicinai discretamente e tossii, in modo che lei mi guardasse “Si?” domandò, come se non notasse che fuori era buio pesto e fossero quasi le due di notte. “Il ristorante sta per chiudere, signorina.” Lei mi fissò stupita “Ah, molte grazie. Io ecco…finisco il mio caffè e me ne vado. Ma non mi chiami signorina, la prego. Mi fa sentire vecchia” Io la guardai “Se mi permette non credo abbia più di vent’anni” La ragazza mi sorrise “Molto gentile da parte sua. Ventun anni in effetti” Bevve qualche sorso dalla tazzina e finì il caffè, poi si alzò e mi porse la mano “Mi chiamo Samir.” Le strinsi la mano incuriosito “Samir? Ma non è un…”
“Un nome maschile? Si. E’ arabo significa compagno di una chiacchierata notturna”   disse con orgoglio.
Sorrisi, cercando di non sembrare sfacciato “Beh, allora in onore di questo nome, se aspetta qualche minuto le potrei offrire una tequila o una margarita, in un bar non lontano da qui?”
I suoi occhi mi esaminarono diffidenti “Potrei considerare l’idea.” 
La salutai con un cenno del capo e andai a sfilarmi la tenuta da cameriere nel retro.
Dopo cinque minuti tornai nella sala principale, dopo aver salutato tutti, ma non la vidi. Un po’ abbattuto uscii dalla porta prima che Gustavo mi chiudesse nel ristorante e mi incamminai verso casa. Appena dopo qualche passo però, un piccolo oggetto mi colpì dietro sulla testa e mi voltai “Allora, questa tequila?”
Samir era appoggiata al muro, inclinata leggermente in avanti a osservarmi divertita. “Credevo te ne fossi andata.” dissi per scusarmi. “E pensi che mi sarei persa una tequila gratis?” mi rispose staccandosi dal muro e avvicinandosi.  Iniziammo così a camminare in silenzio, finché lei non ruppe il ghiaccio “Non mi hai ancora detto come ti chiami”.
Le porsi la mano “Mark, Mark White” lei me la strinse “Piacere Mark White” iniziammo a ridere, silenziosi, sotto la soffice luce dei lampioni portandoci in una visione onirica, come se non stessimo realmente vivendo quella situazione.
O almeno, per me era così.
Il suo atteggiamento era cambiato rispetto a quando eravamo nel ristorante, sembrava più rilassata e meno sulla difensiva. I suoi capelli ondulati erano raccolti in una coda a cavallo, tranne qualche ciuffo lasciato libero a contornare il viso, dandole un’aria sbarazzina, mentre gli occhi, circondati da lunghe ciglia, risaltavano grazie a un trucco leggero, sul verde, che s’intonava alla sua pelle, leggermente abbronzata e una complicata maglia bianca aderente, metteva in luce un fisico perfetto, ben allenato e flessuoso.
Mentre discutevamo sugli ingredienti del cocktail che stavo per offrirle, lei si bloccò di colpo, come se un flash l’avesse accecata, chiuse gli occhi e si portò le mani davanti al viso.
“Tutto bene?” le chiesi, mettendole una mano sulla spalla, delicatamente per non essere troppo invasivo.
Samir annuì e riaprì gli occhi: mi sembravano gelidi, neutrali…cambiati.
“Ho dimenticato una cosa importante. Dovremo rimandare la nostra tequila” mi disse, impassibile. “Ma come ti trovo?” le chiesi, mentre lei si avviava verso una stradina secondaria alla nostra destra. “Mi farò viva io” disse, scomparendo nel buio.
Mi voltai, deluso, arrabbiato.
Calciai un sassolino vicino al bordo del marciapiede e osservai il lampione sopra la mia testa.
 
“Samir!”
Guardo sopra di me, ma non vedo nessun lampione, solo un soffitto bianco, immacolato.
Osservo ciò che mi circonda, non c’è nessuna strada, nessun bar o ristorante messicano.
Mi porto le mani al viso e cerco di capire dove sono: poi ricordo.
Ricordo l’uomo biondo, ricordo che sono su una base e apparentemente non esisto e nessuno sa chi sono.
Però…
Un momento, possibile che quello che avevo appena visto nella mia mente fosse… Un ricordo. Eppure se adesso mi sforzo, lo percepisco solo come un sogno, e non come un qualcosa che avevo realmente vissuto.
La porta in fondo alla stanza si spalanca. L’uomo biondo si precipita dentro e affiancatomi, mi prende per la maglia e mi avvicina a lui. “Cos’hai detto?”
Lo guardo stupito  “Non ho detto nulla…”
Lui mi avvicina ancora di più alla sua faccia “Un nome!”
“Samir” mi esce dalle labbra, naturale, come se l’avessi pronunciato migliaia di volte.
L’uomo mi lascia andare e io ricado sul letto, come un peso morto, mentre lui inizia a camminare per la stanza.
“Samir, Samir…” continua a bisbigliare.
“Mark” dico impercettibilmente.
Lui alza lo sguardo. “Il mio nome era Mark White” ripeto. Lui mi osserva “Quella era la tua copertura” mi risponde e fa per uscire.
“Non se ne vada. Mi deve delle risposte!” gli urlo. Lui si volta e mi guarda con un ghigno stampato sulle labbra “Non temere, ci rivedremo presto. Molto presto. Mark White”.
 
Angolo autrice
 
Allora, allora allora…Ecco finalmente abbiamo dato un nome al nostro personaggio. Ed eccone un altro che spunta fuori. Spero che la trama vi intrighi. Mi raccomando recensite, recensite, recensite e fatemi sapere!
 
Teikci
  
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