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Autore: Ca7    19/06/2013    1 recensioni
<< Non so a quanti di voi sia capitato di incontrare una persona e sentire sin da subito una certa sintonia. Beh, a me è accaduto con Jennifer. Quando l’ho conosciuta, ho come avuto la sensazione che avremmo legato facilmente, non so spiegarvelo bene. La nostra amicizia è cresciuta con il passare del tempo, è diventata un’amicizia importante, ma la cosa che mi ha stupito è stata quella di realizzare quanto lei fosse diventata una presenza fondamentale nella mia vita. E quando tieni tanto a una persona, speri che abbia solo il meglio. >>
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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E’ quando ci ritroviamo faccia a faccia con il nostro io più intimo che confessiamo apertamente i nostri reali sentimenti e ciò che vogliamo davvero. Senza maschere, senza contraddizioni, senza censure.
<< Sei stata stranamente silenziosa questa sera.>>, disse Jennifer a Madison mentre rincasavano.
<< Anche tu. E’ successo qualcosa che non so?>>
<< Sì. E ne dobbiamo parlare.>>
<< Okay! Ma è successa una cosa anche a me… e ne dobbiamo parlare.>>
<< Okay!>>, Jennifer la guardò perplessa.
<< Non ti piacerà per niente sentirla, però sei mia moglie e la verità te la devo.>>
<< Va bene, ti ascolto.>>
<< Ti ho tradita.>>, confessò tutto d’un fiato.
Jennifer cambiò espressione: lo stupore spazzò via la perplessità, ma non era arrabbiata.
<< La sera in cui Micky è venuta a cercarti; il mattino dopo quando ti ho visto dormire abbracciata a lei come facevi con me… razionalmente sapevo che pur senza malizia, avrei dovuto provare almeno un po’ di gelosia e invece non sentivo nulla. Inizialmente la cosa mi ha lasciata con l’amaro in bocca e non capivo perché non ero gelosa di mia moglie. Poi, una sera che sono rimasta in ufficio fino a tardi… ho flirtato con una delle stagiste e abbiamo fatto sesso. E’ avvenuto tutto con naturalezza. Non ho avvertito l’impulso di fermarmi, non ho pensato che fosse dannatamente sbagliato tradirti, e così finalmente ho capito. Ho capito che lo sbaglio di fondo è stato sposarci. Ho sempre vissuto una vita frenetica e quando te l’ho chiesto… allora desideravo qualcosa di normale.>>, prese una pausa per scrutare qualche reazione nel volto di Jennifer, << Mi conosco e so che non sono fatta per questa vita: il matrimonio, una famiglia, una casa da condividere. Ci ho provato, ma non basta. E per quanto possa sembrare assurdo, ti ho amata sul serio Jennifer. Mi dispiace averti trascinata in questa finzione, perché tutto sommato, nel nostro periodo migliore sono stata davvero bene con te.>>, più sincera di così, forse Madison non lo era mai stata.
Non era strano per Jennifer sentirsi sollevata. A lungo aveva sopportato il peso del tradimento, per poi scoprire che non era stata la sola a farlo.
<< Devo essere sincera anch’io con te. Non sei stata l’unica a tradire… anzi, io ho fatto anche peggio perché mi sono innamorata di quella donna: di Micky.>>
<< Micky, eh? Avrei dovuto intuirlo in un certo senso. Ma la realtà è che non ti accorgi di qualcosa perché in fondo non t’interessa.>>
<< Che faremo adesso?>>
<< Siamo libere, Jennifer.>>, Madison le sorrise, si avvicinò per baciarla un ultima volta, << Ci tengo, però, a continuare la collaborazione per la rivista. Spero valga lo stesso per te.>>
<< Sì.>>
 
1:45 a.m.

Micky dormiva profondamente in camera sua, quando improvvisamente Jennifer s’infilò sotto le coperte e le cinse la vita con un braccio.
Micky aprì gli occhi stralunata, sembrava essersi appena svegliata da un’anestesia. Allungò un braccio verso il comodino, pigiò l’interruttore della lampada che emanò un leggero bagliore di luce.
<< Sto sognando?>>
<< No.>>
<< Okay!>>, sorreggendosi con le braccia, si mise seduta.
<< Il matrimonio tra me e Madison è finito. Entrambe ci siamo rese conto che è stato uno sbaglio e che la cosa giusta da fare era smettere di continuare.>>
<< E tu come stai?>>
<< Oh beh… a dire il vero, non so bene di preciso come mi senta: forse più leggera ma al tempo stesso stranita.>>
<< Quindi, fammi capire: tu e Madison vi siete lasciate e sei corsa subito da me?>>
<< Ti sorprende? E’ quello che ho sempre fatto in tutti questi anni. Da quando ti conosco, sei sempre stata al mio fianco con la tua solita premura: in ogni momento, sapevo che se avessi avuto necessità di chiedere aiuto, avrei trovato te. E tu eri lì, nei giorni buoni e in quelli meno buoni. Come sapevo anche che se avessi perso me stessa, un giorno, voltandomi indietro ci saresti stata tu: la mia migliore amica, la donna per la quale il mio cuore sta battendo all’impazzata.>>, sorrise, << La mia casa.>>, guardò Micky dritto negli occhi. Quest’ultima - rimasta ad ascoltarla con attenzione - le mise una mano sul viso e la baciò con tutta la passione trattenuta finora.
Di buon’ora, il mattino seguente, mentre le due donne facevano colazione, qualcuno suonò al campanello con una non indifferente insistenza. Micky andò ad aprire e si trovò davanti Delia Jones.
<< Ciao, Micky. Sto cercando mia figlia.>>, entrò in casa con disinvoltura.
<< Mamma?>>, squillò Jennifer, << Che ci fai qui?>>
<< E’ quello che chiedo a te. Dovresti essere a casa tua, dove io sono appena stata, con tua moglie, la quale mi ha detto una sciocca assurdità.>>
<< Ne avrei parlato con te e papà… ma poiché già ne sei al corrente, va bene lo stesso.>>
<< Parlare di cosa? Non mi sembra il caso di informare me o tuo padre di un banale litigio con Madison, capita tra coppie sposate. Adesso devi solo tornare da lei, chiedere scusa e tutto si aggiusta.>>
<< Chiedere scusa?>>, squillò Micky, << Senti Delia, sono stata zitta e in disparte per rispetto verso J.J., ma adesso ne ho fin sopra le scatole. Quando la smetterai di darle addosso? Quando la smetterai di disapprovare ogni suo minimo comportamento?>>, alzò il tono della voce, << Dannazione! Hai una figlia fantastica e neanche te ne accorgi. E’ diventata il tuo zerbino soltanto per ricevere un po’ di quell’amore che dovresti darle incondizionatamente. Che razza di madre sei?>>
<< Non osare mai più rivolgerti a me con questi toni.>>, Delia le rispose duramente, << Non mi sei mai piaciuta, quindi non immischiarti in questioni che non ti riguardano.>>
<< Mamma smettila.>>, urlò Jennifer, << Io non devo chiedere scusa a nessuno e non tornerò con Madison. Ci siamo lasciate, lo abbiamo deciso insieme, quindi smettila di intrometterti nella mia vita. Micky ha ragione: ho fatto di tutto per farmi accettare da te, per essere guardata allo stesso modo con cui guardi Brody. Ma non c’è verso, per te non sarò mai all’altezza. E se prima mi faceva star male non capire perché mia madre non riesce a volermi bene… ora non me ne importa più nulla.>>, puntualizzò.
<< Bene, sei stata molto chiara, Jennifer.>>, attutito il colpo, Delia guardò la figlia e subito dopo uscì dall’appartamento.
Jennifer, snervata, chiuse gli occhi, cacciò un lungo sospiro e pianse. Micky la avvolse da dietro con le sue braccia, stringendola forte.
 
Cinque giorni dopo, Quinn comunicò a Micky il suo trasferimento nell’appartamento di Milo e Dustin. Jennifer viveva con lei adesso, e oltre a voler lasciar loro i propri spazi e la propria intimità; una convivenza assieme a Jennifer non era proprio l’ideale per nessuna delle tre.




 

Due anni e due mesi dopo



 



Jennifer rientrò in casa dopo una pesante giornata di lavoro: avere a che fare con la gente, a volte, può provocare un enorme stress.
Era talmente stanca che impiegò qualche istante prima di accorgersi che il salotto era pieno di piccole candele al profumo di vaniglia e che tutte insieme illuminavano la stanza quasi a farla brillare. Si portò una mano sulla bocca quando vide che i divani furono spostati e al centro, il posto del tavolino era occupato da un manichino vestito con un abito della sua ultima collezione. Iniziò a camminare lentamente verso di esso, notando che sulla spalla sinistra era poggiata una margherita, la prese sorridendo.
Nella penombra del corridoio, Micky la osservava silenziosamente contenta.
<< Conosco una persona che quando era bambina affidava le sue decisioni ai petali delle margherite. Lei non diceva “m’ama o non m’ama”, ma “sì o no”.>>, passo dopo passo si avvicinò a Jennifer, << Una volta, mi disse che molto spesso i bambini della sua età la prendevano in giro dicendole che era una stupida, un’ingenua, se credeva davvero che quel giochino potesse decidere per lei. Le dicevano: “I fiori sono solo fiori, non fanno mica le magie.”. Ma lei questo lo sapeva perché non era di certo una stupida. Aveva semplicemente trovato un modo diverso per darsi coraggio per far ciò che più la spaventava. Perché nonostante fosse una bambina bellissima, intelligente, gioiosa, lei si sentiva sempre insicura. Quando il suo papà le insegnò ad andare in bicicletta senza le rotelle, cadde due volte. Allora suo padre le raccolse una margherita e togliendo tutti i petali, l’ultimo rimasto fu quello del “no”. “Aspettiamo, papà.”, disse lei, “Aspettiamo.”, le rispose lui, perché sapeva cosa significava. Aspettarono, e giorni dopo quella bambina riuscì ad andare in bicicletta senza le rotelle. Così riuscì anche a partecipare alla gara di spelling alle elementari; ad andare sott’acqua senza il timore che l’oceano potesse trascinarla giù e tante altre cose. Con gli anni, quella bambina è diventata una donna che a un certo punto della sua vita, ha incontrato un’altra donna… molto cocciuta, talmente tanto che non voleva rassegnarsi all’idea di non poter star con lei, anche se sembrava che il fato avesse staccato un grande petalo di “no”. Ma poi, fortunatamente per lei, tutto cambiò.>>, sorridendo prese la margherita dalle mani di Jennifer e legando una parte del gambo su se stesso, formò una specie di anello, << Penso che abbiamo aspettato abbastanza, tu che dici?>>, prese la mano sinistra di Jennifer e lentamente le infilò quell’anello di margherita, << Mi vuoi sposare?>>
<< Sì! Certo che sì.>>, le rispose Jennifer con i suoi bellissimi occhi azzurri lucidi e irradiati di felicità.
  
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