Quinto Capitolo. Avrile percorse il corridoio velocemente. Aveva voglia di scoprire cosa ci fosse dall’altro lato della porta, e poi finalmente aveva trovato qualcosa di interessante da fare! Arrivò alla fine del suo percorso e aprì l’altra porta, uguale alla precedente. La spalancò. Un sospiro di delusione fuoriuscì dalla sua piccola bocca. Lì non c’era niente, era solamente tornata a casa sua: la disposizione dei mobili, l’odore… identico. Qualcosa però attirò la sua attenzione, poco prima che decidesse definitivamente di andarsene: i colori di quella casa erano più accesi. Proprio questo piccolo particolare la fece rimanere, aggiuntosi al fatto che tutte le luci erano accese: quella non era sicuramente la sua casa. Si fece avanti, fino ad arrivare alla cucina, e lì rimase senza parole. Al tavolo c’erano i suoi genitori, proprio la sua mamma e il suo papà, ma in un certo modo… non erano proprio i suoi genitori. I suoi genitori non avevano quei bottoni neri al posto degli occhi. E i suoi genitori non sarebbero mai riusciti a stare nella stessa camera a giocare a dama senza litigare. Eppure stavano proprio lì, a giocare a dama, a scambiarsi persino qualche parolina dolce ogni tanto. Oltrepassò la porta della cucina. - Ehi, finalmente sei arrivata! – esclamo la sua Altra Madre, quella con i bottoni. - Ti stavamo aspettando – continuo il suo Altro Padre, circondando con il braccio le spalle della mamma. Avrile sgranò gli occhi, sorpresa, non sapendo se stesse sognando. - Sto sognando? – chiese la piccola, per accertarsi che così non era. - Assolutamente no, Avrile. Noi siamo la tua Altra Madre e il tuo Altro Padre! – esclamarono, contemporaneamente. Avrile incrociò le braccia al petto, assumendo un cipiglio sospettoso. - Non sapevo di averne… - Nessuno lo sa, è proprio questo il bello. Noi siamo i tuoi genitori migliori – disse l’Altra Madre, sorridendo. Avrile non fece caso al fatto che i suoi denti erano leggermente più lunghi e affilati del normale. Si rilassò alla confessione della donna, e sorrise. Doveva essere proprio il suo giorno fortunato! - Quindi voi non vi urlate contro? – chiese ingenuamente. - Assolutamente no – rispose l’altro padre, sorridendo soddisfatto. Avrile constatò che quelli erano dei genitori migliori dei suoi. Molto migliori. - E possiamo giocare insieme? - Certo che sì! – esclamò l’Altra Madre. Aveva la mascella serrata, come se fosse infastidita da qualcosa… la piccola non gli diede troppa importanza. - E Alexa dov’è? Anche questa volta Avrile non notò lo scambio di sguardi che avvenne tra i suoi Altri Genitori. Uno sguardo colpevole da parte del padre, ed uno inceneritore da parte della madre. - Alexa arriverà presto. Potresti portarla tu, se vuoi – propose l’Altra Madre. La bambina fece per pensarci, grattandosi la testa. Un luccichio nei bottoni neri della donna la fece esitare: ma, a pensarci bene, quelli erano i suoi genitori perfetti. Non c’era niente di strano e inquietante, in loro. Non doveva avere paura. Assolutamente. - Certo! Posso tornare domani, la porto con me. L’Altra Madre sorrise. - Allora è meglio che tu torni nell’altro mondo. A domani, Avrile. La fortuna sorride a chi sa attendere. *** Avrile varcò nuovamente la porticina, e corse nella camera da letto di sua sorella. Senza curarsi dell’ora -erano le quattro del mattino- iniziò a scuoterla con tutta la forza che aveva, per svegliarla e darle la splendida notizia. - Ale, Ale, sveglia! Ho varcato la porta del salotto, e dall’altra parte ho trovato mamma e papà, solo che migliori! Ale, ho detto all’Altra Madre che ti avrei portata lì, su, svegliati! Alexa si rigirò nel letto, sperando che stesse sognando. - Avrile, smettila di rompere… - Dai, Ale, sbrigati! - Domani, ok? Ora fammi dormire… Avrile smise di scuotere il corpo della sorella: dopotutto l’Altra Madre poteva aspettare fino all’indomani, no? *** - Stupido Gattaccio. Nathan era sdraiato a terra, con l’erba umida che gli bagnava la maglietta. Aveva piovuto? Forse. Dopotutto quello era il mondo dell’Altra Madre, e niente era certo in quel luogo. - Ci hai ripensato? – chiese il Gatto con disinteresse. - Assolutamente no, non sono tipo da tirarmi indietro quando le cose si fanno difficili. - E allora? Cos’è che ti preoccupa, ragazzino? Nathan si voltò verso il Gatto. - Niente mi preoccupa, Gattaccio. Si passò una mano fra i capelli e sbuffò. - Non si direbbe. C’è qualcosa che non ti convince questa volta – disse il Gatto, e Nathan poté giurare di aver sentito la sfumatura di un sorriso, nella sua voce. Ma naturalmente non poteva essere, perché il Gatto non poteva sorridere. - Perché non dovrebbe convincermi questa volta? Non c’è nulla di diverso – disse il ragazzo, tirandosi a sedere. - “Sono il fidanzato di sua figlia, Nathan Jones. Non si preoccupi, stavamo solo ripassando l’ultima lezione di Educazione Sessuale”. Voi umani vi lasciate trasportare dalle emozioni, siete così stupidi a volte – ribatté il Gatto. Nathan si passò nuovamente una mano fra i capelli. - Stupido Gattaccio. *** - Sai, mia sorella ora ha una nuova fissa: stanotte è venuta in camera mia, farneticando su storie di un Altro Mondo, un’Altra Madre e un Altro Padre. Diceva di avergli detto che mi avrebbe portata lì, dopo devo seguirla per veder… - NO! Nathan si era tirato a sedere velocemente, spaventando Alexa. Era agitato, nervoso, e non riusciva a capire perché. - Non devi varcare quella porticina, capito Ryans? Non varcarla per nessun motivo, anche se Avrile ti ci trascina – disse il ragazzo, parlando velocemente e fissandola negli occhi. Alexa non capiva: non c’era nessuna porta da varcare, era solamente una fantasia della sorellina. - Guarda che la porta se l’è inventata, e se c’è sarà murata. - Tu non andarci. Non devi. Varcare. Quella porta. Promettimelo. Alexa sbuffò: si comportava come un bambino capriccioso. Poggiò una mano sul cuore. - Prometto. Il ragazzo sorrise. Poi il suo sguardo cambiò, si fece attento. Nathan attirò la ragazza a se, e la baciò. Poi, in seguito allo sguardo stranito di Alexa, le diede chiarimenti. - C’era tua madre – spiegò, alzando le spalle. Ma Alexa era sicura di non aver sentito nessun rumore di passi. |