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Autore: Britin_Kinney    20/06/2013    3 recensioni
Si sentiva proprio così, mentre l'ennesima sigaretta rotolava sull'asfalto, spegnendosi lentamente. E Avalon di fronte a lui.
Non sapeva perché andasse lì a sedersi e osservare quella maledetta collina con quella sinistra torre sulla sommità.
Doveva per forza essere masochista, o qualcosa del genere.
Nonostante fossero passati secoli, rimembrava quegli ultimi istanti con Artù come fossero accaduti appena un giorno addietro.
La barca si allontava da lui, sempre più. E il grande Re di Albion spariva, inghiottito dalle acque blu e turchesi della sacra Avalon.
Ancora, come un eco costante e pressante udiva le ultime parole dell'uomo che amava, che avesse mai potuto amare. “Ti amo. Ti ho amato con tutto me stesso, non dimenticarlo mai”.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aithusa, Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Bene, ecco a voi il frutto di questa notte insonne C:
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Find A Way To Save You

“Continueranno a cercarsi?
Probabilmente sì. Come fanno da secoli.
Lo faranno finchè non riusciranno a smettere
di perdersi, anche se adesso hanno promesso
a loro stessi di aver per sempre chiuso l'uno con
l'altro. Continueranno a incontrarsi,
a cercarsi senza saperlo.
Ma perché non smettono di scappare l'uno dall'altro?
Perché un amore del genere è difficile da gestire,
e fa paura.
Ma loro continueranno a cercarsi.
È scritto nel loro destino.”
 
 
“Voglio dire... qualcosa che... non ti ho mai detto prima” -biascicò Artù, premendo la mano guantata sulla nuca di Merlino- “Ti amo” -gli sussurrò- “Ti ho amato con tutto me stesso, non dimenticarlo... mai”.
E, detto questo, il Re chiuse gli occhi.
“No. Artù!” esclamò Merlin con voce rotta “Artù!”
E il Re riaprì gli occhi per qualche istante, Merlin sorrise con l'ultima speranza nel cuore.
“Resta con me...”

Ma anche l'ultima speranza era perduta, sapeva che il suo tempo era giunto. Era tutto perduto, finito.
Niente aveva più senso, ormai. 
Quando le palpebre di Artù si abbassarono e il mondo e la vita si chiusero su di lui Merlin urlò e urlò ancora, straziato dal dolore.
Una voragine si fece strada nella sua anima mentre, con la morte nel cuore, dava l'ultimo addio al suo signore...
 
“Prendi atto, giovane mago: Artù non è solo un Re. Lui è il Re del passato e del futuro, quando Albion necessiterà la sua grandezza, Artù risorgerà di nuovo.”
 
 
Ancora tutto questo tempo e di Artù nessuna traccia.
Nessun messaggio, nessun indizio che potesse suggerigli cosa fare per riportarlo indietro. Aspettare, attendere. Morire lentamente, mentre la sua giovinezza restava intatta. Che cosa doveva farsene dell'immortalità, se Artù non era accanto a lui?
Cosa poteva, lui, contro il destino?
Il drago glielo aveva detto, lo aveva avvertito: era troppo piccolo per un destino tanto grande.
Troppo, troppo maledettamente piccolo, insignificante.
Si sentiva proprio così, mentre l'ennesima sigaretta rotolava sull'asfalto, spegnendosi lentamente. E Avalon di fronte a lui.
Non sapeva perché andasse lì a sedersi e osservare quella maledetta collina con quella sinistra torre sulla sommità.
Doveva per forza essere masochista, o qualcosa del genere.
Nonostante fossero passati secoli, rimembrava quegli ultimi istanti con Artù come fossero accaduti appena un giorno addietro.
La barca si allontava da lui, sempre più. E il grande Re di Albion spariva, inghiottito dalle acque blu e turchesi della sacra Avalon.
Ancora, come un eco costante e pressante udiva le ultime parole dell'uomo che amava, che avesse mai potuto amare. “Ti amo. Ti ho amato con tutto me stesso, non dimenticarlo mai”.
Ed una mistura letale di nostalgia, rammarico e risentimento si faceva strada in lui.
Perché non dirglielo prima? Perché aspettare tutto quel tempo? Perché confessargli una cosa così importante all'ultimo istante?
Ti avrei amato anche io, se solo me lo avessi detto prima- pensò, guardando fisso davanti a sé, il lago di Avalon, pieno di segreti e magia e tanto potere da inghiottire l'universo intero al suo interno.
Avalon. Il luogo che aveva risucchiato il suo signore, il suo amico, la sua unica ragione d'esistenza. E che non glielo aveva più restituito.
Dov'era il drago? Perché lasciargli quell'ultima speranza, per poi deluderla e lasciarlo soffrire così?
Merlin si infilò le mani in tasca e sospirò, chinando il capo.
Erano tutti andati via. Aveva visto Camelot cadere in rovina e scomparire.
Aveva visto Ginevra morire, Gaius morire, tutti morire.
Tutti e tutto.
Perché doveva essere sempre lui a rimanere e soffrire, mentre gli altri viaggiavano verso un mondo migliore fatto di pace e vita eterna? Una vita felice, si intende.
Dio solo sapeva cosa avrebbe dato per rivederli tutti anche solo per qualche istante.
Per rivederlo. Anche solo per qualche istante.
 
“Potete guarire, ancora un giorno. Dobbiamo arrivare ad Avalon” 
“No, Merlin, no. Non c'è più tempo. Non posso andare avanti”
“Non vi lascerò qui. Mai”
“Merlin, mi sono rassegnato. So cosa succederà, ormai”
“Non succederà niente. Tornete a Camelot per riempirmi di lavori ingrati ed insultarmi”
“Non stavolta, Merlin”
“Artù...” la voce del mago si era incrinata “...vi prego, dovete farcela”
“Non posso continuare. La mia ora è giunta”
“Artù, Io non vi lascerò morire. Io non...”
“No, no... Non pretendo nulla. Non più. Solo... solo... stringimi, ti prego” implorò Artù e Merlin seppe che quelle erano le sue ultime volontà. E lo strinse, sapendo di uccidersi, sapendo di trafiggersi il cuore con mille spade affilate.
 
E poi quel... ti amo.
Quel “ti amo” che aleggiava come un'ombra su di lui, senza lasciarlo respirare nemmeno per un secondo.
Che l'aveva tormentato per giorni, giorni che erano diventati mesi, mesi che erano diventati anni, anni che erano diventati secoli.
E del suo Artù, ancora nulla. Solo una nebbia apatica che lo avvolgeva al calar delle tenebre e si infilava in ogni spiraglio dei suoi incubi più neri.
Dei suoi sogni più orribili. Delle sue incertezze più terrificanti.
E lo sognava, lo aveva sempre sognato da quel fatidico giorno. Tornare a Camelot era stato un tormento, ogni dannata persona che incontrava, gli faceva la stessa, identica, maledetta domanda.
-Dov'è Artù? 
-Dov'è il Re? 
-Dov'è mio marito?
 
-Il Re... è morto.
 
E tutti avevano ripreso a vivere, tutti tranne lui; un cuore troppo fragile per resistere ad un dolore così grande.
Eppure eccolo lì, dopo decadi e decadi. Ancora giovane e fresco come un tempo.
Merlin sospirò ancora e chiuse gli occhi respirando l'aria fredda e umida della sera.
Sentì un leggero scricchiolio e le sue palpebre di alzarono di scatto, un cagnolino bianco si avvicinò a lui e saltò sul muretto dove si era accomodato poche ore prima.
Merlin gli accarezzò la testolina affettuosamente e la bestiola guai teneramente. Il mago sorrise.
“Che cosa devo fare?” domandò al cagnolino, quello inclinò la testa di lato, come se stesse cercando di capire la sua lingua. Poi sollevò la zampetta a mezz'aria, come se volesse presentarsi. Merlin l'afferrò lasciandosi andare ad un mezzo sorriso.
“Ohh, salve. Io sono Merlin” scherzò leggermente, stringendo la zampa del piccolo cane- “E ora devo andare” sospirò affranto e si alzò per andare via.
Ma la bestiola balzò giù dal muretto e gli trotterellò dietro, Merlin si voltò e lei si fermò, osservandolo.
Il moro la guardò meglio e vide che non c'era nessun collare attorno al suo collo, nessuna medaglietta identificativa. Un cane senza padrone, proprio come si sentiva lui. Un servo abbandonato, senza un padrone che gli lanciasse i vasi e le anfore addosso quando era irritato, o che lo chiamasse idiota ad ogni maldestra azione.
“So come ci si sente” -gli mormorò e lo prese in braccio- “Sono sicuro che nessuno avrà da ridire se ti darò una dimora e del cibo.”
Il cagnolino strofinò il musetto contro la sua guancia, inumidendogli la pelle con il nasino bagnato.
Merlin sorrise. Aveva trovato un amico. Merlin sollevò la bestiola e l'osservò bene: oh, era un'amica.
“Non hai niente in contrario se ti chiamo Aithusa, vero? Sai che nella lingua dei draghi significa 'luce del sole'?” il cagnolino inclinò la testa, producendo un suono interrogativo.
“Lo prenderò come un sì” e, adagiandola per terra, si lasciò seguire fin nel suo appartamento.
Aprì la porta e si buttò sul letto, quando il silenzio gli piombò addosso, gli occhi gli si riempirono di lacrime, come ogni dannata sera.
Era così che cominciava: prima le lacrime, poi l'emicrania, il sonno e gli incubi. Ordinaria amministrazione di ogni maledetto vespro.
Aithusa saltò sul letto, arrancando sul piumone, salì sul suo stomaco e lì si posizionò, acciambellandosi. Merlin si addormentò con il peso del cagnolino sull'addome, e con il calore che emanava quella piccola creatura.
Quella notte, il sogno era diverso.
Merlin sognò Aithusa, la piccola cucciola di drago che gracchiava incessantemente una volta sgusciata dall'uovo. Lui, lui l'aveva fatta nascere.
Aithusa: luce del sole. Lei, un drago bianco. Lei, che avrebbe segnato una svolta decisiva nell'edificazione di Albion e nella costruzione del grande fato che lui ed Artù erano destinati a realizzare. Merlin, però, sapeva che ci fosse dell'altro; all'interno di quel sogno stava filando tutto liscio come l'olio e ciò lo faceva preoccupare ancor di più.

“Tuttavia,” parlò il drago con aria solenne “Artù, non vivrà tanto a lungo da unificare completamente queste terre. Una sola vita non basta. Ricorda giovane mago, mettersi in contatto con chi ha attraversato le porte di Avalon è più semplice di quanto sembra.” e poi le frasi seguenti erano disconnesse, sembravano tanto indizi elencati “Serve qualcun altro... non puoi farlo da solo... troverai la tua risposta nella sensibilità... i druidi non sono scomparsi... puoi farcela...”
 
Merlin si svegliò e il sole lo colpì violentemente sul viso. Sentì immediatamente un leggero peso sull'addome e la osservò: Aithusa. 
Possibile che...?
La reincarnazione, non sempre riproduceva perfettamente l'aspetto della vita precedente.
Aithusa aprì i piccoli occhietti azzurri e lo fissò.
“Sei proprio tu?” domandò sentendosi fuori di testa.
Che dovesse parlargli nella lingua dei draghi? Sì, certo: parlare nella lingua dei draghi ad un piccolo cane abbandonato che credeva fosse il drago che aveva fatto nascere secoli prima!
Merlin chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di ricordare la formula.
Dondighidai, sicca enka imuoa, ieffe iesse, ieffettai, weashac” pronunciò e poi alzò le palpebre lentamente.
Ciò che vide lo scioccò ancor di più, Aithusa era scesa dal suo stomaco e si era messa a quattro zampe sulle coperte, chinando il capo, come si stesse inchinado di fronte ad un re.
Merlin si portò una mano sulle labbra... e gli occhi gli si inumidirono.
“Dimmi che non sto sognando”Aithusa sollevò la testolina e annuì. “Oh, santo cielo: sei proprio tu!” la piccola gli saltò addosso e lui la strinse in un abbraccio.
 
“Ricorda Emrys, finché lo vorrai,
 la speranza non smetterà mai di abbandonarti”
 
Merlin si alzò di scatto, quando sentì quella voce cavernosa riecheggiargli nella mente, Dio... allora era possibile.
 
“Tutto è possibile, giovane mago. Trova il modo di restituirle il suo aspetto”
 
Il moro guardò la piccola e poi sorrise.
“Deve esserci un modo” riflettè e poi annuì “andremo alla biblioteca nazionale, deve esserci qualcosa che parla di questo argomento. Ti restituirò le tue sembianze, è una promessa” giurò solennemente e Aithusa zampettò su di lui, arrampicandosi sul suo busto e leccargli una guancia.
 
  
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