Cara Melisanna, grazie per il tuo costante incoraggiamento. Continuo
a seguire con molto interesse la tua fiction.
Come al solito, c' è la possibilità di discutere più
in dettaglio al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397&p=3.
Questo capitolo è più rilassato del precedente, ed il problema della segretezza sembra avere trovato una facile soluzione dopo due settimane di tensione. Sara davvero così? |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon affida a Vera, una copia di sè stessa che appare come una ragazza più grande, l'incarico di rintracciare le gocce astrali, le sosia create dalle guardiane, e ribellatesi ad esse più di un anno prima . La goccia di Cornelia si chiama Carol. Quella di Irma, Irene. Quella di Hay Lin, Pao Chai. Quella di Taranee, Terry. Quella di Will, Wanda. Elyon propone alle gocce di collaborare con Vera a raccogliere informazioni tecnologiche per modernizzare Meridian. Vera dimostra subito di essere in grado di materializzare documenti e denaro falsi, ma perfetti. Le gocce sono entusiaste di lei, tranne Carol, che ne è gelosa e vorrebbe riprendere i contatti direttamente con Elyon. Le gocce si trasferiscono, con Vera, in due eleganti appartamenti contigui. Come copertura, fingeranno di essere delle studentesse universitarie; ognuna riceve una lista di argomenti e l'incarico di individuare degli esperti su ciascuno. Per fare fronte a futuri incarichi e imprevisti, Elyon e Vera decidono di addestrare le gocce ai poteri mentali, quali la lettura e trasmissione del pensiero, lo sguardo del comando e la telecinesi. In alcune occasioni, le ragazze commettono goffaggini che attirano l'attenzione della polizia e perfino dei giornali. Wanda convince Vera che la polizia segreta, che già la ha rapita in passato quando era la goccia di Will, potrebbe rimettersi sulle loro tracce. Il problema della segretezza crea alcune situazioni tese. |
Cap. 25
Il ciclone Irene
Camera di Irene, inizi di Settembre
‘E con ciò?’.
Irene ha sempre adorato questa frase dal suono impertinente.
Ma, nell’ultima settimana, deve molto di più a queste tre paroline,
troppo umili e banali per sembrare una formula magica. Invece questa frasetta
sbarazzina ha dissolto tutti i terrori di domande senza una risposta convincente,
di sguardi sospettosi ed indagatori, di gaffes dalle conseguenze imprevedibili.
Soprattutto, ha dissolto le paranoie spionistiche di Vera e di Wanda,
un incubo per tutte loro, e da allora la vita ha ripreso a sorridere.
Irene apre gli occhi nella camera buia, cercando le cifre rosse proiettate
sul soffitto dalla radiosveglia. Le quattro e dodici. Si è svegliata
prestissimo, ripensando eccitata allo splendido pomeriggio che ha passato.
Appena dopo pranzo, ha salutato tutte le amiche ed è andata
all’università, dicendo che voleva consultare la biblioteca della
facoltà di agraria. La avevano guardata uscire con sorrisini di
intesa. Perfino Vera ha solo alzato un sopracciglio, senza fare obiezioni.
E poi, perché avrebbe dovuto brontolare? Fino all’università
Irene ci è andata davvero, e poi si è pure guardata in giro
per scegliere qualcuno a cui chiedere della biblioteca. La facoltà
aveva ricominciato ad essere affollata per gli appelli dei primi di settembre,
e lei è stata una buona mezz’ora a godersi l’imbarazzo della scelta.
Alla fine, un bel ragazzo ha ricambiato la sua lunga occhiata. Quello
sguardo le è piaciuto subito. Whow, lui aveva tutta l’aria di uno
che sa dov’è la biblioteca di … come si chiama … di agraria. Un
lampo di occhioni, e lei lo ha subito eletto a suo salvatore.
Strofina il viso sul cuscino, con voluttà. Frank. Frank Cowlinger,
il più bel Frank del mondo. Per me.
Fin dalle prime parole lei ha capito di avere fatto colpo. Da quando
ha ritrovato la sua bella linea originale, che aveva perso tra i frollini,
questo le è molto più facile. Grazie, Vera. Lo devo a
te.
Il bel Frank si è subito sentito investito della responsabilità
di aiutare questa nuova arrivata in difficoltà, mostrandogli la
posizione di tutte le biblioteche, dei laboratori e delle aule didattiche
della facoltà di agraria, e, finite queste, anche quelle della vicina
facoltà di veterinaria.
Dopo mezz’ora di giro turistico si sono seduti su un muretto. Tra battiti
di ciglia e domande sull’università, il discorso è scivolato
sui segni zodiacali, un argomento ottimo come biglietto da visita anche
per chi non ci crede affatto.
Esaurito l’argomento, lei ha improvvisato le storie della sua infanzia
in un orfanotrofio, raccontandole con tanto brio che, dopo un breve momento
di compassione iniziale, poteva quasi percepire il rimpianto del ragazzo
per essere cresciuto in una banalissima famiglia normale. Quanto ci hanno
riso assieme!
Per la prima volta, un muretto di cemento le è apparso così
comodo che, qualche ora dopo, ha telefonato alle amiche di prepararsi la
cena da sole.
Frank le ha fatto passare una serata da sogno. Grazie, caro. Grazie,
occhi buoni. Grazie, bellissimo.
E le altre? Le sue amiche? Una giornata così, sprecata sui computer?
Non si può. Così serie, così comprese nel loro compito…
Deve fare qualcosa per movimentare questa vita troppo riservata. Domattina
ci penserà lei. Le sta venendo un’idea irresistibile…
Sìììì! Non può non farlo!!!
Si sente sveglia come un grillo, e apre gli occhi nella semioscurità.
Le cinque e zero sei. Ancora quattro ore scarse…
I poster alle pareti appaiono come vaghe sagome rettangolari, ma lei
può immaginare il sorriso complice di Karmilla e degli altri suoi
divi che le ammiccano: ‘Sei brava, Irene! Fagli vedere cosa sai fare!’.
Soggiorno, ore 09.00
“Ci siamo tutte?”, chiede Vera. E’ una domanda retorica, naturalmente,
soprattutto se fatta osservando il posto vuoto tra Wanda e Carol. “E Irene?”.
“E’ andata un attimo in bagno”, ridacchia Pao Chai. “Sai, alla pancia
non si comanda”.
“Soprattutto alla sua”, completa Carol con nonchalance.
“Bene, ragazze”, riprende Vera, aprendo un notes. “Oggi dovremo definire
le priorità per…”.
Un tremolio ai margini del campo visivo cattura la sua attenzione.
La Luce di Meridian appare nello splendore dei suoi paramenti reali.
La sua vocetta intona: “Sorpresa, ragazzeeee”.
“Ehi, Ellie…”. Richiude il notes. “Ti aspettavamo per domani mattina”.
“Scusa, cara, ho dovuto anticipare… la giornata di domani sarà
tutta impegnata a Meridian”. Si siede nella sedia vuota tra Vera
e Wanda, che le fanno posto.
“L’inaugurazione della fiera dell’artigianato? Non era di pomeriggio?”.
“Fosse solo quella… ti racconterò”. Sorride guardandole tutte.
“E Irene?”.
“E’ in bagno”, si affretta a rispondere Pao Chai con un risolino.
“In seduta di gabinetto”, completa Carol. “Un po’ come i tuoi ministri”.
Vera si schiarisce la voce. “Ho qualcosa da mostrarti”. Si alza
a prendere alcuni oggetti da un cassettone. Estrae con delicatezza un elicotterino
lungo venti centimetri, lo depone sul tavolo davanti a lei, e conclude
con uno sguardo da Sono brava?.
“Wow!”. La regina avvicina il suo viso al giocattolo, e lo sfiora con
i polpastrelli.
“Per fortuna era nell’hangar”, commenta Vera, “Altrimenti
lo scroscio dell’altra notte sarebbe stato più tragico di mille
sguardi indiscreti”.
“E’ una favola. Così sottile… è fragile?”.
“Non molto. Dopo che P…… che qualcuna l’ha stritolato tra le
dita senza volerlo, ho fatto un incantesimo protettivo che gli mantiene
la forma”. Lo riguarda con orgoglio.
“E’ perfetto! Anche questo è una copia?”.
“Sì, come tutto. Non abbiamo mai rubato niente. Ma aspetta,
ci sono altre sorprese”. Estrae dal cassetto qualcosa di vagamente simile
ad un albero di Natale di filo di ferro legato ad alcune scatoline penzolanti.
“Questa è una centrale per i telefonini cellulari, non so come si
chiama”.
Carol si schiarisce la voce. “Quella non è stata proprio un’operazione
esemplare. Hai… è stato causato un blackout dei telefonini di quaranta
minuti”.
“Grazie, Carol”, le risponde con sarcasmo mentre estrae dal cassetto
un altro oggettino, simile ad una gomma da matita. “Ed ecco un campione
di telefonino in scala ridotta”.
“Grande!”, commenta estasiata Sua Altezza Reale. Se c’era ironia, non
si è sentita.
“Beh, non esageriamo”, si schermisce Vera. “Non è stato così
difficile copiare il telefonino di Carol”.
“A pensarci, non ci sarà anche la copia della mia rubrica lì
dentro?”, chiede sospettosa la padrona.
Elyon lo prende delicatamente nel palmo. “Non preoccuparti, perché
mai dovrei curiosare?”. Chiude la mano, facendo sparire l’oggetto come
per un inspiegabile gioco di prestigio.
Mentre Carol aggrotta le sopracciglia, Pao Chai ridacchia. “Racconta
del distributore del caffè”.
Vera estrae dal cassetto un aggeggio simile ad una scatola di fiammiferi.
“C’è anche quello, anche se non cambierà molto la vita di
Meridian”.
“Vabbè, caffè ristretto”, risponde seriamente Terry.
Pao Chai continua a ridacchiare. “Racconta della copia che hai fatto
per casa nostra, e che hai cercato di ingrandire”.
Vera la guarda storto. Cos’ha da ridere così, quest’anatra
mandarina? “Dopo mezza giornata di lavoro, il coso non ha superato
i trenta centimetri. Alla tua Barbie è piaciuto, Pao?”.
L’altra ridacchia sempre di più.
“Come mai così allegra oggi?”, chiede Vera irritata. “La tua
bambola ti ha offerto da fumare qualcosa di strano?”.
Ovviamente la domanda non fa che aumentare i risolini.
Elyon fa un’espressione disorientata. “Vi divertite , qui….”.
“Beh, c’è chi lavora, anche, quando le altre glielo permettono”,
risponde Vera un po’ indispettita. “Ora tieniti forte, ecco un’autogru
da diciotto tonnellate”. Deposita sul tavolo un giocattolone giallo.
“E il gruppo elettrogeno…”. Depone davanti al gruppo un oggetto che sembra
un ibrido tra un triciclo ed un frigorifero.
Elyon li sfiora con un dito. “Brava! Bravissima!”, poi li spinge lontano
e torna a coccolarsi l’elicottero.
D’improvviso nota che Pao smette di ridacchiare, spalanca gli occhi
nel miglior stile manga e fissa sbalordita alle sue spalle. Tutte le altre
si fanno stupite, e gli sguardi si muovono tra lei ed un punto indistinto
vicino alla finestra. Vuoi vedere che…
Si volta. Alle sue spalle c’è un’altra Elyon, con uno di quei
completini grigioazzurri che le sono abituali e un’aria seccata che, invece,
le è nuova.
La nuova arrivata rompe il silenzio sbalordito: “Irene… ma cosa combini?”.
“Io… io volevo solo scherzare un po’”, si giustifica la reginetta,
mentre lo spettacolare abito reale si trasforma in una canottiera, e la
figura acquista il viso e la corporatura di Irene.
Elyon tamburella col piede.“Allora, mi hai fatto il verso?”.
“Ci hai prese in giro!”, sbotta incredula Vera. “Ecco cos’aveva da
ridere Pao Chai!”.
“Ma come!”. Elyon si rivolge a tutte, indignata. “Non vi accorgevate
che è un’ignobile parodia?”.
Guarda le altre. Sei sguardi imbarazzati.
“Veramente, no”, risponde Vera. “Neanche un sospetto”.
Wanda scuote la testa. “Era perfetta in ogni dettaglio”.
“La voce, il modo di muoversi…è stata abilissima”, aggiunge
Therese.
“Grazie”, risponde Irene con la testa incassata tra le spalle, come
se aspettasse il crollo del soffitto.
Elyon sembra scandalizzata. “Ma… Ho davvero quella vocina? Quella cantilena?”.
Altri sguardi imbarazzati.
“A noi piaci così”, risponde Carol.
“Perché ti disprezzi?”, fa eco Vera. “Ti vogliamo bene tutte”.
Sorrisone di incoraggiamento.
Lo sguardo deluso di Elyon si posa sulla grande attrice. “Irene, fatti
vedere. Oggi mi sembri diversa”.
L’altra si alza, sfoggiando orgogliosa la sua ritrovata forma fisica.
“Niente male, vero?”.
Carol la guarda con sufficienza. “Come avrai capito, alla prima prova
di trasformazione corporea si è dimenticata sette chili da qualche
parte nell’iperspazio”. Sorrisino. “Speriamo che duri. Tutte le passioni
di Irene sono del tipo che fa crescere la pancia”.
“Torniamo in argomento?”, chiede Wanda impaziente. Certi lazzi riescono
sempre ad adombrarla.
“Certo”, riprende Vera. “Siediti qui, Ellie. Come hai già capito,
l’altro giorno ho iniziato ad addestrarle alle trasformazioni corporee.
Irene è particolarmente abile, anche ad imitare le voci e le mimiche”.
“Ho visto”.
Terry rompe il suo silenzio serioso. “Irene è sempre stata un’imitatrice
abile, anche prima di sapersi trasformare”.
Pao Chai si entusiasma: “Sì, non hai mai visto la sua imitazione
di Carol?”. Si accorge troppo tardi di avere parlato troppo.
Gli occhi della bionda lampeggiano con ira. “Irene… come hai osato?”.
“Non c’era niente di offensivo”, si affretta a chiarire Pao, spaventata
dal luccichio sinistro di quello sguardo.
“Era una cosa innocua, tra noi”, minimizza con calma Therese.
Non basta a placare la superbionda. “Sei fortunata, Irene. Non riuscirei
a farti fare, neanche volendolo, una figuraccia come quelle che fai da
sola!”.
L’altra si erge in tutta la sua statura ed imita l’espressione sdegnata
di Carol. “Non è colpa mia se la creatività ti scarseggia”.
Un lungo sguardo torvo le cala dall’alto.“E rendimi il mio cellulare!”.
Tende il palmo per riprenderselo.
Irene apre la sua mano. L’oggettino a forma di gomma è lì.
“Elyon, questo fa parte del tuo bottino”. Glielo porge, ignorando l’intimazione.
“Grazie”. Elyon lo prende. “Non preoccuparti, Carol cara, non spierò
la tua rubrica”. Il suo sguardo cade sugli altri oggetti sul tavolo.
Vera cerca di riprendere l’iniziativa. “Prima di essere interrotta,
stavo per mostrarti le nostre prede della settimana. Un elicottero, un’autogru…”.
“Ho visto. Vera, hai fatto un lavoro splendido”. Elyon si siede accanto
a lei, ed accarezza gli oggettini sul tavolo, come se fossero troppo delicati
per poter essere afferrati. “Li porterò ad ingrandire oggi stesso”.
Fa un gesto delicato, come se spazzasse le briciole dal tavolo con il taglio
della mano.
Le gocce hanno già visto troppo per meravigliarsi di quella
semplice magia che fa sparire gli oggetti, come ingoiati dal palmo. Ormai
lo sanno fare loro stesse. Tasca dimensionale, la chiamano.
Elyon nota il viso un po’ deluso di Vera. Gli scherzi di Irene le hanno
un po’ sciupato il suo momento di trionfo settimanale. “E, cara, sei riuscita
a mettere a punto quella suggestione che dicevi?”.
“Certo”, riprende Vera con nuovo orgoglio. “Funziona a meraviglia,
e senza provocare amnesie. Puoi dire qualunque cosa, anche ‘Era una
notte buia e tempestosa, ma nel cielo risplendeva il sole’, poi, quando
ti accorgi che ti guardano poco convinti, basta una rapida procedura mentale,
e dirgli ‘E con ciò?’, e gli altri non vedono più
alcuna incongruenza”.
“Fantastico!”, conviene Elyon. “Ma… quale incongruenza?”.
Nota il sorrisino soddisfatto di Vera e qualche sguardo imbarazzato
dalle altre. “Ah… me l’hai fatta!”, deve ammettere.
“Scusa Ellie. E’ stata solo una prova. Con la gente normale, l’effetto
è permanente, almeno così credo”.
Torna ad aprire il notes. “Queste sono tutte le novità. Oggi
volevo parlare delle priorità nell’individuare i nomi degli esperti.
L’anno accademico sta per iniziare”.
“E l’estate sta per finire!”, salta su Irene. Apre le tende per mostrare
la bella giornata soleggiata. “Diglielo anche tu, Elyon. Di giornate così,
prima dell’autunno, ce ne restano poche. Tra addestramento, riunioni e
cospirazioni varie, la nostra estate è volata via senza vacanze”.
Irene guarda le altre. “E se passassimo la giornata in spiaggia, a Lasthorn,
facendo finta di essere ragazze normali?”.
Vera storce il viso. “Irene, per oggi hai passato il segno. Sai che
abbiamo delle scadenze, e…”.
Elyon la interrompe delicatamente con una mano sulla spalla. “Avete
fatto un ottimo lavoro. Soprattutto tu, cara. Andate pure, una giornata
non ci creerà problemi”.
Vera la guarda con un po’ di disappunto, poi richiude di nuovo il notes.
Cara
Irene, oggi me l’hai fatta già due volte. “Vieni anche tu, Ellie?”.
“Non so…”, risponde incerta.
“Io non vengo, scusate”, taglia corto Carol. “Di pomeriggio devo andare
in negozio. E poi, l’abbronzatura con i segni del costume per me è
un problema”.
Allo sguardo interrogativo di Elyon, Terry risponde: “Lei fa la fotomodella”.
La Luce di Meridian la guarda ammirata. “Non ho mai visto le tue foto”.
Si sente qualche colpetto di tosse imbarazzato.
Vera cerca ancora di riprendere l’iniziativa. “Va bene, ragazze. Ne
approfitteremo per un addestramento. Prima ci trasformiamo in uccelli,
poi…”.
“Ma dai”, la interrompe Irene. “Sentiamoci delle ragazze normali, una
volta tanto. Vacanza vuol dire vacanza!”. Tira fuori da un cassetto un
orario ferroviario con un biglietto giallo già inserito tra le pagine.
“Se prendiamo il treno alle…” , dice scrutando una pagina, “… ecco qui…
alle dieci e quindici, in un’ora saremo in spiaggia”.
“Ma come!”, sbotta Wanda. “E non ti interessa trasformarti in uccello?”.
“Magari domani”, concede Irene. “Oggi voglio stare in mezzo alla gente”.
“Ma sì, facciamo uno strappo”, concorda Terry. “Tanto per ricordare
com’è la via delle persone normali”. Si rivolge alla biondina in
grigioazzurro. “Vieni anche tu, allora?”.
La Luce di Meridian deglutisce, combattuta e triste. “Mi piacerebbe
tanto… Forse… Ma andate, non aspettatemi”. Saluta agitando le dita.
L’ultima cosa che distinguono mentre svanisce è il suo sorrisino
di rimpianto.
Venti minuti dopo
Ormai la casa è di nuovo silenziosa. L’orda delle gitanti è
partita.
Carol, seduta sul divano, ricorda la risata chiassosa di Irene, Wanda
tutta muscoli che la invita a farsi una nuotata, il sorrisino di Pao che
le è venuta vicino come per un’ultima supplica di venire, il saluto
cortese e un po’ freddo di Terry, che ha allungato il collo nel soggiorno
per capire che libro lei avesse in mano, ed infine lo sguardo distratto
di Vera che sembrava ancora pensare alle scadenze saltate.
Invero, Carol non se l’è sentita di accodarsi: andare dietro
come una gregaria ad una Irene scatenata, guardare le altre nuotare come
pesci mentre lei entra in mare con passo incerto per evitare le pietre
e i granchi, sudare al sole, scottarsi e riempirsi di sabbia, e soprattutto
rischiare le figuracce che quella là vorrebbe sempre farle fare…
perché dovrebbe? Non è il suo terreno.
L’unica cosa che la consola è che anche Vera ha dovuto subire
l’iniziativa del ciclone Irene. Si vede che non ha voluto dimostrarsi autoritaria
davanti ad Elyon…
Carol sfoglia il libro, godendosi la solitudine ed il grande divano
di pelle scura del soggiorno.
1984, di George Orwell. Terry lo ha passato a Vera, che l’ha
divorato in un giorno, poi è passato tra le mani di Wanda che l’ha
preso molto sul serio. Pao Chai lo ha messo giù, turbata, dopo avere
letto poche righe. Irene, invece, appena scorso il titolo ha scrollato
le spalle, chiedendo perché tutte si interessassero di storia passata.
DIN-DONN
Il campanello d’ingresso. Chi sarà? Non è l’ora del
postino. Si alza per aprire.
“Elyon!”.
Due occhi grigi quasi da bambina la guardano da sotto un voluminoso
caschetto di capelli. “Ciao, Carol. Ti disturbo?”.
“No, no, entra… ma come mai? Di solito appari…”. Si interrompe, circospetta,
e aspetta di chiudere la porta per finire. “… Appari già in casa”.
La più piccola le sorride con un insolito imbarazzo. “Ho voluto
cambiare”.
“Vieni al divano. Ma… c’è qualcosa? Mi sembri strana”. Uno sguardo
sospettoso. “Non sarà un altro scherzo?”.
“No, sono proprio io. Sono venuta per parlarti”.
“Con me?”. Carol si siede di fronte a lei, incredula.
Elyon assente. In un momento di silenzio, il suo sguardo cade sul libro
appoggiato sul tavolino. “Cosa leggi di bello?”. L’espressione si fa ancora
più turbata. “1984?”.
“Lo sto per iniziare”, risponde Carol. “Lo conosci già?”.
“Fin troppo bene”. Si rabbuia. “Mi ricorda… ma non parliamone ora”.
“Come vuoi”.
Dopo un lungo silenzio imbarazzato, le parole di Elyon si fanno strada
a fatica: “Carol, sono davvero così come mi ha imitata Irene?”.
“…”.
“Con quell’aria da bambina petulante?”.
Carol la guarda a lungo, cercando di capire che cosa voglia l’altra.
“Ellie, cosa c’è che non va in te? Io ho adorato il tuo modo di
fare fin da prima di esistere”.
“Grazie, cara”. Elyon non ha dubbi su cosa significhi quella frase
paradossale. “Però io sento di dovermi dare una mossa”.
“Perchè?”.
“Perché vivo in una specie di campana di vetro. A corte, sono
riverita per qualunque scemenza io dica e faccia. Riesco a trovare qualche
pensiero sincero solo quando non sono consapevoli della mia presenza”.
Non penserà mica che le mentiamo? E come potremmo? “Ma Irene
non stava…”.
“Non me la sono certo presa con Irene”, risponde con un cenno noncurante.
Poi torna quell’espressione incerta. “Però io non mi vedevo così,
capisci?”.
“Credo…”. Doveva essere solo uno scherzo… che vaso di Pandora ha aperto?
“Io faccio una vita della quale non esiste l’uguale”. La Luce di Meridian
guarda lontano, persa oltre la finestra. “So, e so fare, cose che sono
al di fuori della portata di chiunque. Sono l’unica iniziata a molti misteri!”.
Il momento di autocelebrazione finisce. Elyon affonda nel divano. “Nonostante
questo, oggi mi sento una bambina goffa e viziata. Divento sempre più
imbranata, capisci?”.
Carol le sfiora la spalla. “Sei rimasta male per l’imitazione. Anch’io,
quando ho sentito la mia voce registrata, sono rimasta delusa”. Fa una
caricatura di voce nasale. “Signore e soprattutto signori, ecco la grande
Carol Hair”.
Elyon fa un sorrisino divertito, ma dura solo un attimo. “Non è
cosa solo di oggi. Mi succede spesso. Mi sono abituata ad usare la telecinesi
per ogni scemenza, il teletrasporto anche per andare in bagno, ed a leggere
il pensiero invece di ascoltare. Ho paura di allontanarmi sempre di più
dalle altre persone, e anche dal loro modo di sentire e di vivere”. Gli
occhi le si inumidiscono. “Di veder invecchiare e morire le persone a cui
voglio bene, e di essere troppo lontana ed aliena per farmi nuovi amici”.
Carol le prende una mano tra le sue. “Non ti allontanerai, se non vuoi”.
“Non lo voglio. Non in questo momento”.
“Hai bisogno di amiche, Ellie?”. Anche io. Tanto, anche se è
duro ammetterlo.
“So che mi volete bene, voi, Cornelia e le altre, la gente di Meridian…
In questo momento vorrei imparare a stare con gli altri”.
Carol accenna ad alzarsi dal divano. “Vuoi che raggiungiamo le altre
al mare?”. Spero proprio di no.
L’altra si tormenta le trecce. “Non so… paragonarmi con loro… tutte
ragazze vissute, con fisici da modelle… Mentre io…”.
“Allora capiti male. Io sono la più vissuta di tutte, e nel
gruppo sono l’unica che fa davvero la fotomodella”. La guarda a lungo.
“Ellie, devo dirti il vero, non ho capito che cosa vuoi”.
Elyon resta un attimo interdetta. “Scusa, cara. So che ho fatto confusione,
ho detto tutto ed il contrario di tutto… prendilo come uno sfogo”. Tace
un attimo, raccogliendo le idee. “Quello che vorrei da te, Carol,
è che mi insegnassi qualcosa del tuo modo di essere. Della disinvoltura
con cui affronti il mondo”.
“…”. Ma cosa vuole dire con ciò?
“In un anno e mezzo, sei passata dal modo di vivere e di pensare di
Cornelia a quello di una donna navigata”.
Una stilettata. Cornelia… “Ellie, ciò che vorrei di più
al mondo è avere quello che ha lei. Una famiglia che la amerà
qualunque cosa possa fare. La sicurezza economica, senza dipendere da Vera.
Vorrei non dover fingere quando non ho voglia. Insomma, tutto quello che
ho fatto è stato solo un ripiego”. Le molla la mano. “Per me sarebbe
un onore insegnarti quello che posso. Ma, credimi, troppe cose non ti piacerebbero”.
Elyon le riprende la mano con foga. “Mi interesseranno comunque. Ti
prego! Sono stufa di vivere in mezzo all’ovatta, come se fossi di cristallo!
Portami a conoscere gli ambienti che frequenti!”.
Si rende conto di cosa mi chiede? “Ti ci troveresti a disagio.
Sono ambienti molto… adulti”.
Elyon assente. “Lo sai, sono in grado di assumere qualunque aspetto”.
Fosse solo per questo… “Se vuoi sembrare cresciuta, fallo, e
andiamo in spiaggia con le altre”.
“Ti prego!”. La trattiene per una spalla. “Carol, facciamo così:
tu mi insegnerai come fai a muoverti con tanta disinvoltura, ed io ti insegnerò
qualcosa di ciò che so io”.
Gli occhi di Carol brillano. La magia di Meridian. I segreti di
un mondo misterioso. I pensieri di una regina onnipotente. “Se proprio
lo vuoi, Ellie cara…”.