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Autore: CarlottAlien    21/06/2013    1 recensioni
E se grazie al destino la tua vita cambiasse? E se questo potrebbe sconvolgere la tua vita, il tuo modo di pensare, la tua anima? Una FF sui gemelli Kaulitz che vi terrà incollati al PC!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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  Correva. Non sapeva più nemmeno quanto veloce andasse. Non gli importava. Aveva un bisogno estremo di Bill, sentiva di essere al limite, sul punto di scoppiare. La costa californiana scivolava sotto di lui, la luce della luna illuminava gli spruzzi dell’oceano mentre si frantumava sugli scogli, creando una miriade di riflessi che si specchiavano sulle lacrime di Tom. Perché? Perché era successo? Come ha fatto Caroline a non rendersi conto dei suoi sentimenti? Il suo cuore era una sfera di vetro già crepata, che si ruppe definitivamente. No, non doveva pensare in quel momento. Avrebbe finito per pensare a chissà cosa e rischiare un incidente. No, non avrebbe accettato di doversi dividere anche da Bill. Lui era la sua unica salvezza.

L’auto di Tom sfrecciava sulla costiera, era ormai tardi e passavano pochissime altre macchine. Il ragazzo si affrettò ancora, schiacciando il pedale e facendo rombare il V10 della sua R8. Nemmeno quando si infilò nel viale di casa rallentò, alzando un voluminoso polverone dietro di lui. Un po’ si pentì del rumore che stava facendo, magari Bill stava dormendo. Impossibile, era ancora presto. Arrivò davanti casa frenando bruscamente, dall’agitazione quasi si dimenticò di spegnere la macchina; uscì, sbattendo così forte la portiera che per un attimo pensò di aver crepato il finestrino. In quel momento una luce si intravide da sotto la porta d’ingresso e davanti a Tom apparve la figura di Bill, che aprì la porta trafelato. Era rimasto sorpreso e confuso dal trambusto che aveva fatto il fratello e si era precipitato all’ingresso brandendo uno dei candelabri che aveva trovato sopra al tavolo. Ma quando vide davanti a sé Tom con il fiatone, i vestiti sgualciti e le tracce delle ultime lacrime, gli morì il cuore in petto. Fece cadere il candelabro, la candela si ruppe al contatto con la pietra appena tiepida. Arrivò anche Scotty, attirato da quel trambusto. I due fratelli rimasero a fissarsi, l’uno a pochi metri dall’altro, sapendo che le parole non sarebbero servite a nulla. Capivano. Capivano entrambi il dolore, la sofferenza, che intrappolava i loro cuori. Bill era sconvolto nel vedere suo fratello ridotto così. La vista di Tom cominciava ad appannarsi per le lacrime che cercavano ostinate di uscire ancora, per la milionesima volta in quella sera. Avanzò, pochi passi e fu di fronte a Bill che lo fissava con occhi lucidi. Lo abbracciò. E il fratello rispose all’abbraccio cercando di infondergli il proprio conforto. Rimasero li sullo stipite non seppero mai per quanto, abbracciati l’uno all’altro, piangendo insieme come non facevano da tanto tempo.

 

 

 

    “Pensavo..pensavo fosse il momento giusto. Non aspettavo nient’altro che confessarle i miei sentimenti. Ho forse sbagliato? Sono stato troppo avventato?..non avrei dovuto provare a baciarla..”

    “Tom, non hai colpe. Né tu né lei. Era solo il momento..”

    “Il momento, Bill..? No, non era quello il problema. La vedevo felice. Mi guardava con occhi diversi da come mi ha guardato dopo che..ho sbagliato io. La colpa è solo mia..!”

‘Lacrime..ancora lacrime. Per quanto, ancora?’

 

 

 

   Tom era seduto sulla sua amata sedia di legno nella terrazza preferita da lui e dal fratello a godersi il chiaro di luna, fumando una sigaretta e cullandosi al dolce rumore dell’oceano sotto di lui. Bill era riuscito a calmarlo, anche se con qualche difficoltà. Ora era pronto a parlare al gemello con chiarezza di quello che era successo. Abbastanza pronto. Era ancora scosso dalla serata. Si sentiva debole, vulnerabile, come una bambola di pezza nelle mani di un pazzo.

Sospirò, rivolgendo i suoi pensieri e il suo cuore colmo di tristezza alla luna, che sembrava confortarlo con la sua dolce luce.

Bill arrivò brandendo una coppa di gelato e una bottiglia di vino dolce.

    “Quando la smetterai di aprire tutte queste bottiglie di vino? Sono sempre io che le pago.”

    “Ma dai, cosa vuoi che sia una bottiglia in più! Pignolo.”

Il biondino si accomodò al fianco di Tom, affondando il cucchiaio sull’enorme vasca di gelato variegato.

    “Vuoi?” chiese ancora con la bocca piena.

    “No, grazie lo stesso.”

    “Dai, Tom. Reagisci! So che la ferita è ancora fresca per te..ed è dura, essere respinti, posso capirlo.” Bill si era voltato ora verso il fratello con espressione seria ma compassionevole, triste per quello che stava passando il suo gemello. “Tu sai di non essere solo.”

    “Bill, lo so. So che posso sempre, e potrò per sempre contare su di te. Sarà anche un pensiero arrogante il mio, ma sono sicuro di questo. Però..” alzò gli occhi al cielo e un sorriso amaro apparve sul suo volto. “..non ero pronto. Non penso che nessuno possa essere preparato ad un rifiuto. Non mi era mai capitata una cosa del genere. E non avrei mai voluto capitasse, mai! Ho sempre tenuto una barriera nel mio cuore, una porta blindata che solo tu potevi aprire. Anche se questo mi faceva soffrire ho sempre pensato che fosse la cosa giusta da fare. Vedevo te, Bill, vedevo quando ti innamoravi ma sempre della persona sbagliata, e soffrivi. Soffrivi come un dannato e non te lo meritavi. Non volevo soffrire come te. E invece? Ecco. Mi sono innamorato di una donna che non mi vuole. Oppure sono stato io a sbagliare? Cos’ho fatto, Bill?”

Tom ora guardava il fratello con le lacrime agli occhi, con quel dilemma interiore che lo divorava. Bill non sapeva cosa dirgli. Era impietrito davanti al dolore del fratello.

    “Cosa devo fare Bill? Cosa?”

    “Lasciati andare.”

Tom lo ascoltò. E si lasciò andare al dolore tra le braccia del fratello.

 

 

 

   Bill aprì la porta dello studio di registrazione e cominciò a scendere le scale con un passo simile a quello di un elefante, sbuffando come un ippopotamo, apposta per farsi sentire dal fratello.

Arrivò nell’ampia sala che conosceva nel minimo dettaglio, dove passava la maggior parte del tempo. Vide il fratello e gli si piazzò davanti, mani sui fianchi e sguardo assassino. Tom si tolse le cuffie e smise di suonare, guardando Bill con sguardo sorpreso e innocente.

    “Perché sei arrabbiato?” gli chiese. “Non ho fatto nulla.”

    “Proprio questo è il punto! Sono tre giorni che te ne stai qua sotto come se fossi un vampiro nella sua catacomba! Sono stufo di farti da mangiare e servirti come un cameriere!”

    “Allora fai a meno di portarmi da mangiare.”

    “E vorresti vivere solo con le schifezze del mini-bar? Eh no, mio caro! Oggi uscirai di qui e mi porterai a prendere delle cose nuove!”

    “E cosa ti fa credere che uscirò dallo studio per accompagnarti a fare shopping?”

    “Queste!” disse Bill, mostrandogli, con un ghigno malefico, le chiavi della sua Audi.

  Poco dopo, i due gemelli erano già in auto, un Tom imbronciato che guidava e un Bill tutto contento al suo fianco. Era pomeriggio inoltrato e, sebbene facesse davvero caldo per le vie di Los Angeles, le strade erano affollate, piene di turisti e lavoratori. Tom guidava tranquillamente, senza mai accanirsi contro alcuni guidatori distratti che “hanno trovato la patente nelle patatine”, come diceva lui.

    ‘Strano..’ pensò Bill. lo guardò e notò lo sguardo triste e malinconico che ormai da quattro giorni si era impossessato di suo fratello.

    “Dai, Tom, datti una mossa!” cercò di scuoterlo il fratello. “Ho voglia del mio frappé!”

    “Come vuole, signorino.”

Tom svoltò a sinistra e, sempre con la sua calma, cominciò a percorrere la solita via verso il loro locale preferito. Guidava in modo automatico, conosceva bene quella strada. All’improvviso Bill si ricordò che proprio vicino allo Shaker c’era anche il palazzo dove lavorava Caroline.

   ‘Che idiota!! Dovevo ricordarmelo!’

   “Ehm, Tom! Non ho più voglia del frappé!” si affrettò a dire Bill.

    “Come non hai più voglia? Sono venuto qui apposta per il tuo frappé!”

Tom sembrò non ricordarsi del palazzo di Caroline, così Bill tirò un sospiro di sollievo e incrociò le dita.

    ‘Speriamo non ci faccia caso..’

Purtroppo l’enorme grattacielo di vetro era troppo vistoso, anche a causa dei fastidiosi riflessi che emetteva dove il sole lo colpiva, e Tom non poté non notarlo. Bill osservava il fratello, preoccupato per la reazione che avrebbe potuto avere. Tuttavia il moro guardava il palazzo con uno sguardo vacuo, vuoto, con apparente indifferenza, ma Bill sapeva che stava morendo dentro. Accelerò e svoltò in fretta l’angolo, parcheggiando proprio di fronte al locale.

    “Eccoci arrivati, signorino.” Disse Tom, rivolgendosi al fratello con un sorriso accennato.

 

 

   “Però potresti provare a chiamarla.”

Tom perse un battito a quell’affermazione di Bill.

   “Sto parlando seriamente. Che ne sai tu se lei scusarsi o no?”

   “Se volesse parlarmi mi avrebbe già chiamato. Non credi?”

   “Ma dai, Tom, è una donna! Si sente in colpa per quello che ti ha fatto, che sia innamorata di te o meno! Ascolta me, chiamala.”

Mentre Bill aveva dato fondo a tutte le risorse del suo frappé ed era in procinto di ordinare in secondo, Tom fissava lo schermo del telefono, invaso da mille pensieri.

    ‘Tanto, cos’ho da perdere?’. Selezionò il nome di Caroline dalla sua rubrica e partì la chiamata. Aveva i sudori freddi come quando doveva chiamarla la prima volta per vedersi. Bill lo fissava in silenzio, sorseggiando il suo secondo frappé. Tom rimase in attesa per quei secondi che a lui sembravano secoli, finché una voce, la sua voce, non ruppe quel silenzio, facendolo sussultare.

    “Qui parla la segreteria di Caroline Ferrero! Mi dispiace, ma ora sono occupata. Se avete urgenza di contattarmi, lasciate un messaggio dopo il segnale acustico, vi richiamerò!” Biiip.

Tom riattaccò.

    “Allora?”

    “C’è la segreteria.”

    “Starà lavorando! Provaci più tardi!”

    “Ci proverò.”

Ma la delusione di Tom era infinita e sembrava che nulla, a parte suo fratello, potesse salvarlo dall’abisso.

 

 

   Le ore scorrevano, i giorni passavano. Bill cercava di tenere Tom più impegnato possibile e lui di rimando si faceva scarrozzare qua e la volentieri, cercando di far passare più velocemente le giornate. Lavoravano molto, incontravano manager e produttori, cominciavano ad allestire e organizzare set fotografici, discutevano dei programmi futuri. Tom sembrava diverso mentre lavorava, cercava sempre di distanziare lavoro e vita. Tuttavia c’era qualcosa che pian piano lo logorava dentro. Ogni giorno provava a chiamare Caroline. Non più di una volta però, non voleva sembrare un disperato che le stava alle calcagna. Voleva solo spiegazioni. E sentire la sua voce reale e non più quella della segreteria. Perche, nonostante tutto, lui era innamorato, e l’amore non è un sentimento che si cancella con la spugna da un giorno all’altro. Quando l’amore entra a far parte della tua vita si impossessa di ogni parte del tuo essere, e condiziona inevitabilmente tutto ciò che fai.

Bill era anche riuscito a convincere Tom a chiamare l’ufficio di Caroline, lasciare un messaggio anche li da parte sua, e a farsi d’are il numero di casa della ragazza. Ma dopo due settimane non era ancora riuscito a chiamarla a casa. Forse perché sapeva che avrebbe potuto rispondergli, e il solo sentire la sua voce avrebbe potuto riaprire quelle poche ferite che era riuscito a rimarginare.

   Era il tardo pomeriggio di una domenica ormai volta verso l’inizio della nuova settimana. Bill era sotto la doccia che fischiettava allegramente, mentre Tom era seduto fuori sulla sua terrazza a fumare. Aveva il telefono in mano, con il numero di casa di Caroline già composto. Inspirò una nuova boccata di fumo che gli invase i polmoni. Espirò verso quell’enorme palla di fuoco in cui si era trasformato il sole, in procinto di tuffarsi nel blu dell’oceano. Sapeva che con molta probabilità Caroline era in casa, ma riuscì a convincersi di premere quel benedetto pulsante e avviare la chiamata. Portò il telefono all’orecchio e aspettò. Aspettò, aspettò, senza ricevere risposta fino a che un Biiip invase il suo cervello. Non era partita a segreteria. Caroline era li e aveva schiacciato di proposito il tasto per far lasciare un messaggio da chi chiamava. Che si fosse accorta che era lui a chiamare? O non aveva semplicemente voglia di parlare? Era intento a riattaccare, ma qualcosa lo intimò a parlare.

    “Caroline..sono Tom. Scusa se mi sono intromesso di nuovo nella tua vita e ho chiesto il tuo numero di casa, non ne avevo il diritto, lo so. Ma avevo un disperato bisogno di sentire la tua voce, e non quella registrata nella segreteria. Ecco, ho detto quella parola. ‘Disperato’. Tsk, mi ero ripromesso di non sembrare un povero disperato, malinconico ragazzo ai tuoi occhi e alle tue orecchie.” Un sorriso amaro apparve sul suo volto, come se lui credesse di averla davanti a sé. “Può essere che tu sia in casa, o meno. Non ti ho mai lasciato messaggi, perché credevo fossero inutili. Ma ora ho la sensazione che tu mi stia ascoltando. Sarò anche pazzo oltre al resto, ma la mia testa mi fa capire questo, non so neanche io perché. Forse per auto-convincermi che non sto parlando a un computer ma a te.”

 Tom non poteva sapere che non era la sua mente a convincerlo di questo, ma il suo cuore, che sentiva quello di Caroline fremere dall’altra parte della cornetta. Era rimasta pietrificata nel sentire la voce di Tom e non riusciva a non ascoltare.

   “Se mi stai ascoltando o no, volevo solo scusarmi. Non volevo chiederti il perché di nulla, solo scusarmi per come mi sono comportato con te. Volevo essere diverso per te, non sfacciato e strafottente come sono sempre. Volevo comportarmi in modo diverso insieme a te, per fare vedere a te, o forse più a me stesso, che sono capace anche io di provare dei veri sentimenti. Ma purtroppo non ne sono stato capace. Forse non lo sarò mai, e questa è la mia vera natura.

Ti do le mie più sincere scuse, e mi dispiace averti fatto sentire a disagio. Beh..ehm..questo è tutto. Dai un bacio a Pete da parte mia.”

Tom riattaccò. Non poteva credere a quello che aveva appena fatto. Era riuscito davvero a dire quello che voleva. Non tutto, ma almeno in parte. Sorrise amaramente un’altra volta, ma dentro si sentiva vuoto. Sapeva di aver detto addio all’unica ragazza che gli aveva davvero fatto battere il cuore.

Si alzò, lasciò perdere il cellulare, si diresse verso l’ingresso e prese le chiavi della sua auto. In quel momento Bill uscì dal bagno mentre si asciugava i capelli con l’asciugamano.

   “Ehi, dove te ne vai?”

    “Via per un po’. Scusami anche tu, Bill.”

Tom uscì, seguito da Scotty. Bill guardò l’ingresso ancora sorpreso e confuso. Sentì il rumore dell’auto del fratello accendersi e le ruote mangiare la ghiaia mentre la macchina si allontanava.

Uscì sul terrazzo e la leggera brezza fece tremare il suo corpo ancora umido dalla doccia. Il biondino si accorse del cellulare del fratello sul tavolo, lo prese e si accorse che, tra le ultime chiamate, c’era quella di poco prima al numero di casa di Caroline. Si voltò di nuovo verso l’ingresso di casa come se potesse vedere ancora la figura del fratello andarsene.

   “Oh, Tom..”

 

 

 

   Era ancora lì, un’altra volta per lo stesso motivo, per la stessa donna. Seduto sulla spiaggia, assaporava con gli occhi  quell’ultima fetta di sole che si univa all’oceano, come due amanti che rimangono separati tutto il giorno, potendosi vedere ma non toccare, avvicinandosi sempre un po’ alla volta, fino ad arrivare a quel momento in cui, travolti dalla passione e dall’amore, possono immergersi l’uno nell’altra.

I suoi piedi immersi nella sabbia ancora tiepida gli infondeva una sensazione piacevole e rilassante. Scotty sguazzava allegramente nell’acqua, lottando contro un bastone portato dalla marea. Tom si divertiva a guardare cosa faceva il suo amato amico. Tuttavia i cattivi pensieri non sembravano abbandonarlo. Decise allora di reagire e andare a giocare con Scotty, almeno non ci avrebbe pensato troppo. Arrotolò i pantaloni fino a metà polpaccio, si tolse la maglietta, si legò i lunghi dread e chiamò Scotty, che gli corse incontro con il suo nuovo trofeo in bocca. Giocarono insieme nell’acqua, Tom gli lanciava il bastone e Scotty correva ovunque per prenderlo e riportarlo al suo padrone. Dopo un tempo che Tom non seppe definire, si accasciarono entrambi sulla sabbia, sfiniti. Ora nel cielo la luna era diventata la regina, e tante piccole stelle cominciavano a farsi strada nel blu del cielo. Tom si rivestì e si accorse che Scotty dormiva sfinito al suo fianco. Sorrise e cominciò ad accarezzarlo affettuosamente. Era ora di tornare da Bill. Ma qualcosa lo fermò. O meglio, una voce.

   “Tom..?”

Il ragazzo si congelò. Riconobbe subito quella voce. La voce che lo aveva incantato. Si alzò e si voltò verso la direzione da cui proveniva. E davanti a lui comparve la figura che mai si sarebbe aspettato di vedere in quel momento, in quel luogo.

    “Caroline..”

 

 

 

E dopo secoli, ho pubblicato il capitolo 11!

Innanzitutto..chiedo perdono per non aver aggiornato la storia prima ‘^^

Ho avuto alcuni problemi e il tempo per scrivere è veramente scarseggiato..

Ma alla fine ce l’ho fatta lo stesso! ^^

So che non è molto avvincente,

è un capitolo di mezzo che mi ha portato non poche difficoltà..

è anche davvero molto lungo e spero non pesante ‘^^

ho già le idee chiare per il capitolo 12,

che spero non tardi ad arrivare,

e sicuramente sarà molto più sconvolgente! ^^

Buona lettura ^^

  
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