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Autore: Luthien_13    21/06/2013    9 recensioni
Nella grande metropoli londinese, Alicia, ragazza universitaria vispa e senza peli sulla lingua, si ritroverà a condividere l'appartamento con l'arrogante amico d'infanzia, Nathan.
Fra litigi e aspre discussioni, la convivenza sarà tutt'altro che semplice e, contro ogni previsione, una discussione più accesa delle altre sfocerà in una reazione decisamente diversa dalle precedenti.
Passione ed attrazione sconvolgeranno irrimediabilmente la normale routine dei protagonisti che, alla fine, cederanno alle tentazioni, credendo di riuscire a gestire la situazione.
Ma se qualcosa andasse storto?
Dal prologo:
[...] Quindi, se quel pezzo di stoffa non era mio ma, si trovava nella mia cucina, poteva esserci una sola spiegazione: -Nathan!- strillai furiosa e il mio grido risuonò nel silenzio spettrale in cui era avvolta la casa. [...]
[...] - Ci si vede in giro Sarah! - ribatté lui con voce roca.
Vidi la ragazza cambiare espressione in un solo istante; afferrò la giacca che lui le stava porgendo e se la infilò con fare irritato.
- Mi chiamo Julie, idiota! - sibilò prima di uscire a passo di marcia e lanciarsi di corsa giù per le scale. [...]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Alzai il volume della radio al massimo preparandomi con le note di Wonderwall degli Oasis. Cercai di trovare  un abbigliamento sobrio ma, allo stesso tempo giovanile e mi misi un filo di trucco.
Guardai tra i fogli sperando di trovare in fretta la cartellina rossa, contenente il curriculum e tutti i riconoscimenti ottenuti negli anni, che presentavo ad ogni colloquio lavorativo.
La scorsi sotto il computer portatile e subito la riposi nella borsa. Avendo ancora del tempo a disposizione, pensai bene di riassettare un poco la stanza. Esaurita in breve la voglia di sistemare, rinunciai a lottare contro il disordine e decisi di uscire prima di casa.
Lasciai la stanza per avvisare Nathan ma, lo scrosciare dell’acqua, mi avvertì che si stava facendo la doccia. Così, gli lasciai un bigliettino sul tavolo.

Sbuffai ricordandomi che sarei dovuta andare a piedi ma, passando nel corridoio, scorsi le chiavi dell’automobile di Nathan lasciate incustodite e pensai che forse lui non si sarebbe arrabbiato così tanto se, anche senza il suo permesso, le avessi prese.
Controllando che lui fosse ancora in bagno, le afferrai ed uscii di casa ridacchiando al pensiero di una sua possibile espressione dopo aver scoperto il mio misfatto.
Salii in macchina e risistemai il sedile adattandolo alle mie dimensioni. Misi in moto e attentamente mi immisi nel traffico londinese. Sebbene fosse presto, già circolavano diverse autovetture e i tipici bus rossi a due piani.
Seguii per un tratto il percorso del Tamigi e poi svoltai diretta verso una zona più periferica. Mi fermai allo stop ed osservai i passanti. C’era gente vestita elegante e con le valigette alla mano, studenti ancora assonnati, signore anziane con i carrelli della spesa e gente in veste ginnica che si dedicava alla corsa mattutina.

Ognuno era perso nei propri pensieri ed io non ero da meno , tant’è che nemmeno mi accorsi che il semaforo aveva cambiato nuovamente colore e le macchine dietro di me dovettero suonare più volte richiamandomi alla realtà.
Imprecai agitando un braccio verso di loro. Erano tutti così impazienti!
Mi guardai intorno facendo attenzione a svoltare nelle vie giuste che mi venivano indicate dal navigatore. Sembrava un quartiere tranquillo con quell’atmosfera pura e indisturbata. Da entrambi i lati della strada, si dipartiva vano due lunghe file di alberi che conferivano all’ambiente un’aria così magica.

Abbassai il finestrino ed accostai per chiedere informazioni ad un passante ma quello dovette scambiarmi per una malintenzionata visti i modi con cui mi aveva cacciata. Stupita mi rimisi in moto e sperai di trovare qualcun altro a cui chiedere. Fortunatamente, c’erano alcuni ragazzi che si mostrarono molto disponibili.
Ripresi la guida svoltando ancora in diverse vie secondarie  e poi, come ero stata precedentemente consigliata, parcheggiai l’auto a ridosso di un parco e percorsi l’ultimo centinaio di metri  a piedi.
Svoltai l’angolo irrompendo in un viale costeggiato da diverse villette indipendenti. Frugai nella borsa in cerca dell’appunto che avevo preso su un foglietto stropicciato che poi, si rivelò essere nella tasca dei pantaloni.
Rilessi l’indirizzo e mi guardai intorno per trovare l’ abitazione giusta. Superai diversi numeri civici prima di giungere dinanzi a quello indicato e, prima di suonare il citofono, controllai nuovamente il biglietto per essere certa.
Ricevuto il consenso, aprii il cancello e risalii lungo il vialetto guardandomi intorno. Il giardino era piccolo ma molto curato; addossate nel sottoscala, stavano due biciclette da bambini e disseminati qua e là, c’erano giocattoli di vario tipo.

Bussai alla porta e sentii dei passi avvicinarsi e una voce squillante chiedermi di pazientare. Riassettai i vestiti in fretta e controllai che fosse tutto in ordine per poi aprirmi in un sorriso rassicurante.
La porta si aprì rivelando una donna sui quarant’ anni che mi sorrise cordialmente.
-Buongiorno. Sono Alicia Bones e sarei qui per il colloquio come baby-sitter.- esclamai porgendole la mano che lei strinse con molta foga.
-Prego, si accomodi.- replicò lei lasciandomi entrare.
L’ingresso dava su un piccolo atrio dal quale si dipartivano le altre stanze ed una scala che portava al piano superiore. Il tutto era ben arredato; mobili in stile retrò, quadri raffiguranti paesaggi della campagna e scogliere marine, non una cosa un disordine.
La signora Moore mi fece fare un breve giro della casa e poi ci recammo nel salotto.
-Accomodati.- disse lei gentilmente dopo aver chiesto il permesso di darci del tu; mi raggiunse portando un vassoio, su cui c’erano una teiera da tè e dei dolci fatti in casa.
-Serviti pure!- disse spingendo una tazza verso di me e servendosi a sua volta.
-Allora, per quanto riguarda il colloquio, hai con te il curriculum?- chiese guardandomi ed io annui rovistando  nella borsa in cerca della cartellina rossa che le porsi. Lei iniziò a leggere i vari fogli e si complimentò per alcuni risultati che avevo ottenuto. Aveva l’aria soddisfatta e sperai che ciò stesse a significare che avevo buone possibilità di ricevere quell’incarico.
Dopo che ebbe visionato tutto mise da parte la cartellina e fu il suo turno di presentarmi un documento.
-Ho avuto modo di vedere che hai avuto diverse esperienze lavorative che hai svolto al meglio e hai anche un ottimo percorso scolastico. Posso sapere cosa stai studiando all’università?- domandò consegnandomi il foglio che strinsi nelle mani sudaticce per l’ansia.
-Architettura. -  risposi prontamente gettando un occhio su quanto c’era scritto.
-Facoltà interessante. Comunque, considerando il tuo curriculum non posso che ritenermi soddisfatta. Quindi, a me farebbe davvero piacere concederti questo incarico!- disse sorridendomi e porgendomi una mano come a voler sigillare il patto.
La strinsi felice e mi sciolsi un poco felice del risultato raggiunto.
-Quando posso cominciare?- chiesi impaziente.
-Allora, considerando il tutto, credo che , già dalla prossima settimana, puoi iniziare.- iniziò a dire lei, -I tuoi turni dovrebbero aggirarsi intorno alle otto ore distribuite nell’arco della giornata. Catherine ha quattro anni e frequentando ancora l’asilo, vorrei che tu venissi qui il mattino presto perché io e mio marito usciamo prima per andare a lavorare mentre, Evelyne e Matt, che sono più grandi, hanno l’autobus presto. Quindi tu dovresti prepararla accompagnarla a scuola e poi andare a riprenderla e occupartene fino alle quattro del pomeriggio.- spiegò affabile consegnandomi dei fogli dove aveva scritto i miei compiti nei dettagli.
-Come avrai modo di vedere anche tu, è una bambina molto calma. Poi tranquilla, se avrai  bisogno di una giornata libera, non ti resta che dircelo e non ci organizzeremo in qualche altro modo. - continuò lei disponibile alle trattative.

Continuammo a discutere riguardo la paga e i vari giorni lavorativi per circa una mezz’ora poi, fummo interrotti dal suono del campanello. Si alzò scusandosi e lasciò la stanza. Sentii i suoi passi riecheggiare nel corridoio e nel frattempo, controllai il cellulare per vedere che ora fosse.
Appena la schermata si illuminò, rilevò la presenza di un messaggio da parte di Nathan.
Dopo facciamo i conti signorina!”. 
Ridacchiai tra me  e me e ignorando anche le sue chiamate senza risposta, riposi il telefono nella borsa e rimasi in ascolto sentendo delle nuove voci provenire dall’ingresso.
 -Non correre Catherine!- disse la signora Moore ma, la bambina, non le diede ascolto e irruppe nel salotto bloccandosi subito dopo avermi notata.
Aveva un vestitino a fiori, le ballerine ai piedi, un cerchietto in testa che le teneva indietro i lunghi e lisci capelli neri e gli occhi verdi.
Abbozzò un sorrido mostrando la dentatura priva di qualche dentino che la fece sembrare alquanto buffa e aveva le mani e la bocca sporche di cioccolato.
Le sorrisi e la invitai a farsi avanti.
Lei si avvicinò timidamente e con voce sottile mi salutò.
-Sei la mia nuova tata?- domandò dondolandosi sul posto. Annuii e lei si voltò sorridendo verso i coniugi Moore.
Avevo come il presentimento che lavorare in quella famiglia mi sarebbe piaciuto molto.

********


Uscì dalla porta in legno d'acero con un radioso sorriso in volto. Sin dall'inizio ero sicura che sarei stata presa per badare alla piccola Catherine, dato il mio impeccabile curriculum e la mia buona fama nel quartiere.
Infatti, badavo già ad un'altra bambina, Amy, che abitava proprio a pochi isolati dall'abitazione dei Moore e, dopo pochi mesi, la mia ottima preparazione aveva fatto il giro del quartiere tramite i soliti pettegolezzi fra donne, facendomi ricevere la lieta telefonata della signora Moore pochi giorni prima. 
Mi serviva proprio un'altra bambina a cui badare, adesso, il sogno di avere un'auto tutta mia non era più così lontano, pensai con un'espressione sognante in viso, già immaginandomi a guidare la mia nuova auto rosso fiammante. 
Inoltre, ero contenta di accudire le due bambine, erano due adorabili pesti. Ero certa che anche con Catherine avrei istituito un ottimo legame, così come era avvenuto con la piccola Amy, ci saremmo sicuramente divertite insieme. Anche perché, io adoravo i bambini ed un giorno, avrei tanto voluto crearmi una famiglia tutta mia, molto numerosa. 
Mi venne da ridere non appena pensai al viso di Nathan quando gli avevo rivelato questo mio desiderio. Era rimasto a dir poco scioccato.

<< Ehi Nathan. >> dissi pensierosa, cercando di richiamare l'attenzione del moro seduto comodamente al mio fianco.
<< Mmmh. >> mugugnò lui, troppo concentrato a seguire la partita fra la sua squadra preferita di football e quella avversaria, per formulare una frase logica migliore.
Sbuffai: << Nate sto parlando con te! >>
<< Si! Che cazzo c'è?! >> rispose con la sua caratteristica finezza.
<< Hai mai pensato ad avere un bambino? >> chiesi con gli occhi luccicanti mentre pensavo ai giochi fatti insieme alla piccola Amy poche ore prima.
In risposta lo vidi sputare elegantemente la birra che stava sorseggiando dal boccale, gli occhi strabuzzati per lo stupore.
<< Alicia ma che accidenti stai dicendo?! Siamo giovani per Dio, abbiamo tempo per queste cose. Quindi adesso stai zitta e fammi guardare la partita. >> rispose tornando a dedicare la sua più completa attenzione al mega schermo televisivo che avevamo in soggiorno.
<< Tipo scopare dalla mattina fino alla sera? >> replicai piccata.
Lui si girò un'ultima volta verso di me, per poi affermare col suo caratteristico ghigno: << Si. E faresti meglio a cominciare a farlo anche tu dato che stai somigliando sempre di più alla vecchia acida che abita al piano di sopra. >>
Io lo guardai scandalizzata per poi rifilargli una delle mie peggiori occhiatacce. Me ne andai quindi via da lì, offesa ed arrabbiata con lui. Possibile che con quel decerebrato non si potesse mai affrontare un discorso serio? 


Scossi la testa. Non sarebbe mai cambiato quel ragazzo, era un venticinquenne bello e fatto ed un brillante studente di medicina eppure, quando si parlava di maturità... no, decisamente non si potevano mettere vicini il nome Nathan con l'aggettivo maturità. Risi del mio stesso pensiero, immaginando la faccia infuriata del mio amico se avesse saputo cosa avessi appena pensato. Una sua peculiarità, infatti, era che diventava stranamente rosso in volto quando si arrabbiava, gonfiava le guance e in tal modo gli si formavano delle adorabili fossette ai lati della bocca, uno dei tanti motivi in cui lo sfottevo sempre, insomma. Anche se adoravo quelle fossette, cosa che mai gli avrei rivelato, consapevole del suo enorme ego.

All'improvviso, dopo aver percorso il viale ed esser uscita dal cancello, venni afferrata per il braccio destro da una presa ferrea. Mi girai, allora, stizzita per il modo rude usato, trovandomi davanti la faccia da schiaffi di Nate, per nulla turbato dalle frecciatine che avevo iniziato a mandargli.
In seguito, dopo essere riuscita, con non poca fatica, a liberarmi dalla sua presa, osservai meglio il mio amico. Si era appoggiato con il busto ad un muretto lì vicino, assumendo quella che a me parve una posizione decisamente erotica: aveva, infatti, una gamba piegata leggermente, mentre l'altra era distesa. Una mano poi, si era andata a posizionare su di una coscia al contrario dell'altra che invece si era andata a sistemare dietro la testa. Sembrava tanto un modello uscito da una rivista di PlayBoy in quel momento. 
Spaccone di un esibizionista, anche in mezzo alla strada doveva far vedere a tutto il mondo quanto era sexy ed impossibile. Aspetta... che diavolo sto pensando adesso? Sono forse impazzita? E cosa più importante: da quando avevo cominciato a pensare che fosse sexy?!

<< Non hai risposto al mio messaggio. >> mi accusò, facendomi ridestare dai miei pensieri su di lui che erano diventati decisamente poco casti.
Dio, io non ero mai stata così... lo guardai male. Era tutta colpa sua, accidenti!
<< Non l'ho ritenuto necessario. E poi io, al contrario di te, ho cose ben più urgenti da fare che rispondere ad uno stupido messaggio. >> risposi a tono, riversando tutta la mia frustrazione su di lui, che poi era il diretto interessato.
<< Senti, lasciamo perdere. Ho fame, andiamo a casa. >> mi disse prendendomi per mano e voltandosi per andarsene, sapendo bene quanto me che avremmo rischiato di dare spettacolo perfino in strada se la discussione fosse proseguita oltre.
<< Eh no carino, pretendo delle scuse prima! >> obbiettai con decisione, divincolandomi dalla presa della sua mano. 
Lo fidi girarsi a fissarmi esasperato, per poi alzare gli occhi al cielo.
Si caro il mio Nathan, daremo spettacolo quest'oggi! E non sarò io ad uscire sconfitta da questo nostro scontro, puoi giurarci. 
<< Certo, come se io avessi mai chiesto scusa in vita mia. E poi, non ne capisco il motivo. >> disse incrociando le braccia al petto, accettando la mia sfida silenziosa.
Faceva anche il finto tonto, adesso, il signorino.
<< La ragazza di stamattina non ti ricorda nulla? >> gli suggerì, cominciando ad alterarmi.
Lui alzò, allora, gli occhi al cielo, sbuffando: << Ce l'hai ancora con me per questo? Andiamo Alicia, sono anni che ho quest'abitudine! >> 
<< Appunto Nathan, appunto. Non so se l'hai notato, ma adesso tu ed io condividiamo lo stesso appartamento ed io non gradisco che passino ragazze nude per casa mia ogni santo momento della giornata e tutti i santi giorni! >> dissi puntandogli un dito contro il petto muscoloso. Ritraendolo subito dopo per via della potente scossa che mi aveva percorso l'intera spina dorsale.
<< Guarda che non ti ho costretta io a venire ad abitare da me, sei stata tu ad insistere dicendo che sarebbe stato divertente dividere l'appartamento. >> puntualizzò, credendo di avere la vittoria in pugno.
<< Brutto deficiente io... >> cominciai, interrotta dalla squillante suoneria del mio IPhone.

E adesso chi diavolo era?! Stavo per battere il mio migliore amico/nemico per Dio! 
Avevo appena estratto il telefono dalla mia borsa a tracolla quando, con uno scatto fulmineo, Nathan mi prese il telefono dalle mani per poi corrucciare il viso non appena ebbe letto il nome nel display.
<< Chi cazzo è William? >> quasi urlò, fumante di una rabbia immotivata, a parer mio.
<< Perché accidenti te la prendi tanto, scusa? >> chiesi mettendomi le mani sui fianchi.
<< Tu osi chiedermi il perché? >> domandò, facendo scattare pericolosamente un sopracciglio in alto.
<< Beh, si. Illuminami ti prego. >> risposi sarcastica.
<< Un ragazzo Alicia, un ragazzo. Dio, non puoi permetterti di avere una relazione adesso che hai iniziato l'università, sarebbe una distrazione! >> mi rispose ovvio.
Che cosa? Lui si permetteva di dire a me che non potevo avere un ragazzo quando lui si era praticamente portato a letto metà della popolazione femminile della città? Da non credere.
<< Senti da che pulpito viene la predica. Ricordo male, o sei proprio tu quello che va a medicina e allo stesso tempo fa sesso dalla mattina fino alla sera in casa mia. >> mi difesi.
<< Casa nostra! >> disse, sottolineando l'ultima parola ed avvicinandosi pericolosamente al mio volto, facendo così scontrare i nostri nasi.
Da quella distanza ravvicinata potei osservare con maggiore attenzione il suo volto angelico, in netto contrasto con la sua reale indole impulsiva. Gli occhi erano di un azzurro impossibile, sembravano quasi di ghiaccio per quanto erano chiari. Le labbra invece erano piene, carnose e sensuali, la solenne promessa di una serie di baci che andavano ben oltre le comuni aspettative. 
E quando l'azzurro cielo incontrò il ghiaccio freddo dei suoi occhi, il mondo parve dissolversi in una bolla di sapone. Inutile cosa difronte la profondità e l'intensità dei nostri sguardi, che si erano allacciati indissolubilmente, come desiderosi di mantenere il più a lungo possibile quel nuovo ed inaspettato contatto. 
No diamine! Non potevo essere abbindolata da lui anche io come una delle sgualdrine che si portava a letto, io non ero come loro e non intendevo certo diventarlo!

Distolsi quindi lo sguardo per prima, interrompendo quel gioco che si era creato fra i nostri occhi. Nathan, all'inizio, mi parve disorientato da una così improvvisa interruzione, ma fu solo un' istante, perché ben presto riprese la sua solita maschera indifferente. Cosa che, inspiegabilmente mi ferì. Ma lui non doveva assolutamente notare ciò, o per me sarebbe stata un'umiliazione troppo grande da sopportare così, armata di un nuovo spirito battagliero, aprì la bocca per ribattere, ma non feci in tempo a rispondere che, ancora una volta, il cellulare squillò, richiamando la furia di Nathan. Il quale, quasi non stritolò il cellulare fra le mani mentre portava velocemente l'oggetto in questione all'orecchio destro per rispondere alla chiamata.
<< Non osare contattare più la mia ragazza, bastardo! >> urlò al telefono per poi chiudere bruscamente la telefonata, senza neanche attendere una qualche risposta dall'interlocutore.
E certo, rispondere male ad un povero innocente era la soluzione miglio... aspetta un momento. Io ero la sua cosa?!



SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti ^-^
Siamo Aswhini e MeliIiIi e, come prima cosa, vorremmo ringraziare tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate o le preferite. E vorremo ringraziare anche la ragazza che ha lasciato la recensione al prologo.
Detto ciò, ecco a voi il primo capitolo della storia!
Fateci sapere cosa ne pensate attraversouna recensione e non vi fate problemi a dare il vostro giudizio, accettiamo le critiche in quanto aiutano a migliorare e a non ripetere errori!


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Questi, sono i nostri contatti:

MeliIiIi

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Baci,
Luthien_13 
   
 
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