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Autore: AlexaHumanoide    22/06/2013    9 recensioni
Quando Bill, dall'altra parte alzò lo sguardo verso di lei, si immobilizzarono tutti e due a guardarsi negli occhi.
Forse saranno stati colpiti dal famoso "colpo di fulmine", pensai, ma cambiai subito idea quando vidi il vestito della mia migliore amica sporco di sangue.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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XX: Wonderwall

 

 

Il mio cuore tremò l’ennesima volta quando guardai di nuovo in basso e vidi che le persone erano aumentate formando una macchia nera indefinita sotto ai miei piedi. Perché tutti quei ragazzi erano lì? Era così tanto entusiasmante vedermi seduta sul cornicione mentre stavo finalmente per togliermi la vita?

Un’altra lacrima scivolò sul mio viso e la osservai cadere giù dal tetto, chiedendomi se anche io avrei fatto la sua stessa fine quando avrei toccato l’asfalto freddo e rovinato del piazzale della scuola.

Deglutii a fatica cercando di mandare giù l’enorme groppo che mi si era formato in gola. Chiusi gli occhi, chiedendomi per la millesima volta se ero sicura di ciò che stavo per fare. La risposta a quella domanda però era sempre la stessa: sì. Volevo farlo, era l’unica certezza che avevo in quel momento. Ci avevo pensato molte volte quella settimana e, constatando quali erano i pro e i contro alla fine ero arrivata alla conclusione che i lati positivi superavano di molto quelli negativi. Avevo ormai pianificato tutto, sapevo cosa dovevo fare ed ero certa che niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.

Presi due respiri profondi, per poi aprire gli occhi e alzare lo sguardo al cielo sereno. Involontariamente un sorriso nacque sulle mie labbra mentre altre lacrime salate scorrevano sul mio volto.

Ti voglio bene, Adam…”

Quando pronunciai quelle parole sentii immediatamente il cuore più leggero. Mio fratello era morto da ormai una settimana e la mia vita da quel giorno era cambiata radicalmente, arrivando all’apice della sopportazione. Mia madre aveva iniziato ad assillarmi ancora di più. La scuola era diventata insostenibile ed io ero completamente sola. Avevo cercato di resistere, di essere forte, di vivere per lui, ma quella mattina, mentre girovagavo nei corridoi della scuola ero crollata. Mi ero arresa. E quindi avevo deciso di farlo proprio lì, in quel momento. Avevo lasciato cadere i libri per terra ed ero corsa sul tetto della scuola, suscitando l’attenzione di tutti gli studenti.

Improvvisamente una folata di vento mi invase e il mio sorriso si allargò. Era arrivato il momento.

Presi un ultimo profondo respiro e aprii la bocca, dimenticandomi di tutte le persone che avevo sotto di me. Iniziai a cantare la canzone che mi aveva dedicato mio fratello e che mi suonava con la chitarra ogni volta che mi trovava chiusa in camera a piangere.

I am with you…
I will carry you through it all…
I won't leave you I will catch you…

La mia voce invase l’aria e chiusi gli occhi, sentendomi felice per la prima volta dopo giorni. Aumentai la stretta delle mie mani sul cornicione mentre i brividi percorrevano ogni centimetro del mio corpo. Quella canzone mi faceva sempre lo stesso effetto. Quella canzone che mi aveva aiutata ogni giorno ad andare avanti. Quella canzone di cui in ogni parola mi ricordava lui.

When you feel like letting go…

Cause your not, your not alone.

Nessuno mi aveva mai sentita cantare. Nessuno tranne lui. Ma dovevo farlo, perché cantare era l’unica cosa che mi riempiva il cuore di forza e in quel momento dovevo essere coraggiosa. Sapevo che nessuno conosceva quella canzone e questo mi piaceva, perché la ritenevo personale, solo mia e di Adam . Chiusi gli occhi e continuai a cantare, pronta per fare il passo che mi avrebbe condotto alla morte.

And I will pick you up…
And I will be your hope… (*)

Ero pronta. Mi alzai lentamente in piedi sul cornicione, provocando grida da parte dei ragazzi. Sentivo molte persone che mi urlavano di scendere o non saltare. Ma nessuno sarebbe riuscito a fermarmi. A nessuno importava veramente di me, lo sapevo. Stavo per buttarmi, stavo per mettere un punto alla mia vita, quando sentii una voce familiare invadermi le orecchie.

Slow fading away, your lost and so afraid...” le parole finali del testo mi fecero tremare. “Where is the hope in a world so cold?”

Sbattei più volte le palpebre sorpresa. Di colpo mi girai e vidi la ragazza che non mi sarei mai aspettata di vedere. Il mio cuore perse molti battiti e quando i miei occhi trovarono i suoi, una spinta dall’interno mi fece scendere dal cornicione.

Che…” la mia voce si spezzò. “Che cosa ci fai tu qui?” riuscii a chiedere alla fine.

Viola Sneider, la ragazza più popolare della scuola, si avvicinò a me e, senza dire niente, mi abbracciò.

Non sei sola, Ashley.” Sussurrò al mio orecchio. “Ci sono io con te.”

 


I don't believe that anybody feels the way I do, about you now…

Alzai il volume dell’ipod mentre saltellavo per le scale dell’ospedale. Ero felice. Non sapevo il perché, ma avevo la sensazione che quel giorno sarebbe stato diverso dagli altri. Chiusi gli occhi e mentre camminavo per il corridoio che ormai conoscevo a memoria, facevo oscillare la testa a ritmo di musica.

There are many things that I would like to say to you, I don't know how… (**)

I said maybe…” mi bloccai di colpo quando mi resi conto che avevo cantato ad alta voce.

Rimasi qualche secondo allibita: non lo facevo mai. Erano passati anni da quando l’avevo fatto l’ultima volta e mi vennero i brividi al solo pensiero di quel giorno. Ma alla fine, se era ciò che volevo fare, perché bloccarmi in quel modo? Cantare mi aveva sempre reso felice e se l’avevo fatto in quel momento voleva dire che finalmente avevo riaperto il mio cuore, abbattendo il muro che avevo costruito dopo la morte di mio fratello. E questo non poteva essere che positivo. Quindi chiusi di nuovo gli occhi e camminai verso la mia destinazione di tutti i giorni.

“You're gonna be the one who saves me? And after all…” un sorriso nacque sulle mie labbra: adoravo quella canzone e se avevo quei gusti musicali, dovevo essere grata ancora una volta ad Adam. “You’re my wonder-“

Le parole mi morirono in gola quando aprii gli occhi e mi ritrovai davanti alle due pozze marroni che erano la causa delle mie notti insonni. Lui era davanti alla porta della camera, fermo con la mano sulla maniglia e mi guardava con due occhi strabuzzati. Di colpo il mio cuore iniziò inevitabilmente a battere come un pazzo e l’ultima parola del testo uscì libera come se fosse un bisbiglio. “-wall.”

Rimanemmo a guardarci, mentre la canzone nelle mie orecchie arrivava alla fine.

You’re my wonderwall…

Continuai a guardarlo intensamente mentre spegnevo l'ipod e la mia mente veniva svuotata da quelle parole che amavo tanto ascoltare. Anche se mi ero imposta almeno un miliardo di volte di non essere così presa da quegli occhi, non ci riuscivo. Un conto era prometterlo davanti allo specchio, ma trovarseli davanti, mentre mi scrutavano e mi leggevano dentro era tutta un’altra storia.

Dannazione, pensai, mentre deglutii per l’ennesima volta cercando disperatamente qualcosa da dire.

Non l’avevo più visto da quando era successo tutto. Ed erano passati tre mesi.

Il suono acuto del campanello mi fece sobbalzare. Chi poteva essere? Nessuno a parte Daisy sapeva che avevo affittato quel monolocale. Possibile che fosse proprio lei? No, impossibile. Mi aveva chiaramente detto che non riusciva a venire a trovare sua figlia ancora per un mesetto a causa del lavoro ed era proprio per questo che mi aveva mandato i soldi per l’affitto tramite la posta.

Quando suonarono di nuovo, mi decisi di alzarmi dal divano dove ero seduta comodamente a leggere un libro e mi avvicinai alla porta aprendola. Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.

Ciao, Ashley.” Non sentivo la sua voce da ormai mesi. E sentirla così vicina mi fece venire voglia di piangere. “Posso?”

Io non riuscivo a dire una singola parola, così mi scostai per farla passare. Velocemente chiusi la porta e mi sedetti di fronte a lei nel tavolo al centro del soggiorno. Un silenzio quasi imbarazzante calò nella stanza. Ero ancora scioccata che non riuscivo a formulare una frase sensata. Avevo pensato a tutte le persone che conoscevo, ma mai mi sarei aspettata di trovarmi davanti lei.

È successo qualcosa, Simone?” chiesi la prima cosa che mi venne in mente ancora stupita da quella figura davanti a me.

Lei mi sorrise, quel sorriso materno che ogni volta mi scaldava il cuore. “No, non ti preoccupare. Sono solo venuta per chiederti una cosa.”

Avevo quasi paura di sapere cosa fosse. Alzai lo sguardo dalla tovaglia, come per invitarla a continuare a parlare.

Perché hai fatto questo a mio figlio?”

A quelle parole boccheggiai per riprendere fiato. Il cuore iniziò a battere impazzito nel petto e i crampi iniziarono a divorarmi lo stomaco. “Io – “

Cercai di giustificarmi, di raccontarle ciò che mi aveva fatto, ma lei non mi lasciò parlare.

Lo so cos’è successo.” Disse e io mi sentii un’idiota; era ovvio che Tom le aveva raccontato tutto. “E sono la prima a dire che mio figlio è stato uno stupido. Non doveva trattarti così. Ma io lo conosco troppo bene, Ashley.”

Allungò una mano sopra al tavolo e afferrò velocemente la mia. Quel contatto mi fece rabbrividire, anche se le sue mani emanavano calore.

So perché ha reagito così, so perché in questo periodo ha la testa tra le nuvole e agisce senza pensare. Conosco bene i miei figli e so per certo che la causa di tutto questo è Bill.”

Lo so, Simone, ma io cosa dovrei fare?” chiesi, quasi disperata; volevo dare un taglio a quella situazione. “Lasciargli fare tutto quello che vuole senza reagire?”

Lei scosse prontamente la stessa. “No, hai perfettamente ragione. Sto solo dicendo che non devi rispondere al dolore che ti hai inflitto Tom con altro dolore.”

Io… Non capisco.” Sbattei più volte gli occhi, cercando di dare un senso alla frase.

Ashley, Tom è distrutto.” Sospirò e vidi la luce nei suoi occhi spegnersi. “Questa è forse il momento peggiore della sua vita. Suo fratello è in coma e ora tu te ne sei andata. Non l’ho mai visto così triste.”

I crampi allo stomaco aumentarono notevolmente e le parole mi morirono in gola.

Lo so che ti ha fatto del male, ma so anche che tu sei una ragazza che sa perdonare.” Simone si alzò dalla sedia avvicinandosi a me e appoggiando una mano sulla mia spalla. “Cerca di perdonarlo, Ashley. Tutti e due siete sulla stessa barca e solo un cieco non noterebbe come vi guardate, nonostante tutto.”

Si avvicinò alla porta e lentamente l’aprì. “Tutti meritano una seconda occasione, soprattutto il ragazzo di cui sei innamorata.”

Detto questo, uscì, lasciandomi da sola nel silenzio più totale e nella penombra dell’appartamento.

Mi portai una mano sul cuore ormai impazzito e cercai di rallentare i battiti, respirando profondamente.

Sapevo che Simone aveva ragione, ma io non ero ancora pronta ad affrontarlo di nuovo.

Emh…” quando Tom si schiarì la gola per rompere il silenzio assordante, mi scrollai immediatamente tutti i pensieri di dosso. “…Non sapevo cantassi così bene.”

Le sue parole mi fecero tremare dentro. Solo in quel momento mi resi conto che mi aveva sentito cantare.

Non credevo fosse un dettaglio importante.” Dissi con un tono che non era affatto quello che volevo usare: era troppo duro e freddo.

Tom abbassò subito lo sguardo e io mi sentii subito in colpa.

“Devi…” cercai di controllare la mia voce. “Devi entrare?” chiesi, indicando la camera.

Sì…” rispose, inchiodando i suoi occhi nei miei. “…Ma vai pure.”

Non me lo feci ripetere due volte: non sarei riuscita a sopportare quella situazione ancora per molto. Era imbarazzante. Quindi mi avvicinai a lui e aprii la porta senza distogliere lo sguardo. Per sbaglio le mie dita sfiorarono le sue e un brivido mi percorse la schiena. Lo guardai un’ultima volta e, prima di entrare nella stanza, gli feci un gesto con la testa per ringraziarlo. Appena chiusi la porta, rimasi qualche secondo con la schiena appoggiata al legno, cercando di rallentare il cuore che era come impazzito e di ricominciare a respirare normalmente.

Lentamente mi avvicinai al letto di Viola e mi sedetti sulla sedia vicino a lei, come ogni volta che andavo a trovarla. Strinsi la sua mano fragile e inerme nella mia. Presi un profondo respiro e iniziai a parlare.

Viola, ti ricordi quel giorno?” deglutii a fatica. “Quando ci siamo parlate per la prima volta?”

Chiusi gli occhi e le immagini si proiettarono automaticamente nell’ombra della mia mente.

Quando ti ho sentita cantare e ti ho vista ho provato un’emozione indescrivibile. Il mio cuore batteva forte, le farfalle volavano impazzite nel mio stomaco e le mie mani tremavano.”

Alzai lo sguardo verso il suo volto e con la mano libera accarezzai le sue guance rosee.

Ho provato quella sensazione poche volte nella mia vita e pensavo che non sarebbe più successo.” Feci un sospiro e ritornai a guardare le nostre mani intrecchiate. “Invece mi sbagliavo. Ogni volta che mi immergo dentro quelle pozze color mandorla non riesco più a pensare lucidamente.”

Sei proprio senza speranze.” Ridacchiò Viola seduta vicino a me, mentre sorseggiava la sua coca cola dalla cannuccia.

Non è vero!” le sorrisi e addentai il mio panino. “Solo non capisco cosa ci trovi in lui.”

Ashley, si chiama amore.” Disse, ci colpo seria.

Sai che io non credo nell’amore.” Replicai subito, scuotendo le spalle.

Dovresti invece.” Cercò di catturare il mio sguardo e io lo alzai immergendomi nei suoi occhi verdi. “Perché è la sensazione più bella al mondo. Quando lo guardo, anche se non è realmente vicino a me, il mio cuore inizia a battere così velocemente che alcune volte penso che voglia uscire dal mio petto e volare da lui.”

Vedendo che io avevo lo sguardo assente, mi diede un pugno sulla spalla. “Sei senza speranze.” Ripetè e la sua risata cristallina mi invase le orecchie.

Promettimi una cosa, Ashley.” Disse poi. “Se mai un ragazzo ti farà sentire così, non fare finta di niente, perché vuol dire che lo ami.”

Sono confusa, Viola.” Ripresi a parlare dopo un po’ che ero rimasta in silenzio per pensare. “Non so cosa devo fare. Non so come comportami da quando tu non sei più vicino a me.”

Alzai gli occhi al soffitto per cercare di sopprimere le lacrime che puntualmente bussavano per uscire.

Anche se Tom mi ha fatto del male più volte, non riesco a non pensare a lui. Non riesco a cancellarlo definitivamente dalla mia vita. Non mi sono mai sentita così di fronte ad un ragazzo. Pensavo che quando l’avrei rivisto sarebbe stato diverso dopo tutto ciò che gli ho detto, ma invece mi sbagliavo. Non è cambiato assolutamente niente. Io…” mi bloccai.

Una nuova consapevolezza si fece strada dentro di me. Strinsi gli occhi con tutte le mie forze, pensando fosse una stupidaggine, ma nel profondo del mio cuore sapevo che era la verità.

“Io…” una lacrima solitaria scese sulla mia guancia. “Io lo amo.”

Quando pronunciai ad alta voce quelle parole tutto acquistò un senso. Guardai il volto pacifico della mia migliore amica e rimasi in silenzio, persa nei miei pensieri. Appoggiai la testa sulla sua gamba, chiudendo gli occhi. L’avevo detto veramente?

All’improvviso sentii un movimento quasi impercettibile e di colpo mi raddrizzai sulla sedia.

Era successo davvero o mi ero immaginata tutto? Viola mi aveva davvero stretto la mano?

Involontariamente slacciai il nostro contatto, come se mi fossi bruciata.

Non è possibile… Non è possibile…

In quel momento non sapevo cosa fare. Ormai era passato talmente tanto tempo da quando era entrata in coma che quasi avevo perso il conto dei giorni, ma mai mi aveva stretto la mano. Mi alzai dalla sedia in preda al panico e feci la prima cosa che mi venne in mente, seguendo il mio cuore.

“Tom…” sussurrai, fissando ancora la sua mano, come se fosse stata una cosa sovrannaturale.

“TOM!” urlai, disperata.

Sapevo che mi avrebbe sentito, sapevo che stava aspettando fuori dalla stanza, seduto sulla panchina. Appena pronunciai quel nome, le pulsazioni del mio cuore iniziarono a rimbombare nelle orecchie e tutto il mio corpo iniziò a tremare. Non avevo ancora realizzato.
La porta si spalancò pochi secondi dopo, come se stesse aspettando che io lo chiamassi. Appena i nostri occhi si incontrarono tutti i muri che avevo costruito per allontanarmi da lui si distrussero in mille pezzi.

“Cos’è successo?” chiese con tono preoccupato.

Io non risposi alla sua domanda e corsi verso di lui, incapace di trattenermi un secondo di più. Tom non ebbe il tempo di battere le ciglia che io cinsi le mie braccia intorno al suo collo e cancellai la distanza che separava le nostre labbra. All’inizio sentii il suo corpo irrigidirsi, ma non aspettai molto prima che ricambiasse il bacio premendo ancora di più le sue labbra morbide e calde contro le mie, avvolgendo il mio corpo con le sue braccia muscolose e avvicinandomi il più possibile a lui. In quel momento mi dimenticai di tutto e di tutti, esistevamo solo Tom ed io.

Quel piccolissimo movimento di Viola mi aveva fatto sentire così viva, che mi aveva fatto capire cosa provato veramente per lui. In un momento di felicità come quello, la prima cosa che mi era venuta in mente era di chiamarlo e questo aveva confermato tutto. L’amavo e non avrei aspettato altro tempo prima di farglielo capire.

Il bacio iniziò a farsi più intenso e passionale. Schiusi leggermente le labbra e il mio cuore esplose di piacere quando mi succhiò il labbro inferiore per poi iniziare a giocare con la mia lingua. Con una spinta fece coincidere ancora di più i nostri corpi e infilò lentamente una mano sotto la mia maglia per poi accarezzarmi la schiena dolcemente. Un brivido mi percorse tutto il corpo. Non avevo mai baciato un ragazzo e le emozioni erano così intense che pensavo di svenire da un momento all’altro. Era tutto così perfetto. Sentire le nostre labbra giocare e le nostre lingue sfiorarsi gentilmente, era la sensazione più bella che io avessi mai provato. In quel momento, tra le sue braccia, mi sentii la ragazza più felice del mondo.

Mi alzai in punta di piedi e gli stampai un altro lungo e bacio sulle labbra. Desideravo che quel momento non finisse mai. Ma, invece, finì e in un modo che non mi sarei mai aspettata.

“Questo è il paradiso?” una voce fin troppo familiare mi fece ritornare alla realtà.

Di colpo interruppi il bacio e, senza staccarmi da Tom, girai la testa verso il letto di Viola.

E imi dimenticai di respirare per molti, troppi secondi.

La mia migliore amica mi guardava con due occhi sognanti con una mano tra i capelli biondi scompigliati. Io sbattei più volte le palpebre, pensando che quello fosse solo un sogno. Viola aveva gli occhi aperti.

“Viola!” urlai e corsi subito vicino a lei, rompendo il contatto con Tom.

Senza pensarci due volte l’abbracciai così forte, che il suo cuore iniziò a battere forte e l’elettrocardiogramma impazzì.

“Ashley, così soffoco!” cercò di dire lei, ma poi aggiunse, svelta. “No, aspetta. Se questo è il paradiso io non posso morire!”

Con una spinta l’allontanai da me per guardarla in faccia. Quanto mi sei mancata…

“Non dire cavolate, non sei morta e questo non è il paradiso!” la mia voce era soffocata dalla felicità.

Lei mi guardò con gli occhi strabuzzati e indicò confusa Tom, che si era avvicinato a noi e le sorrideva.

“Ma allora perché stavi baciando Tom Kaulitz?!” chiese, stropicciandosi gli occhi come per vedere se fosse realmente lui.

Io risi. Dopo quattro mesi riuscii a ridere di nuovo. Appena lo feci, lo sguardo di Tom scattò verso di me. Non mi aveva mai visto in presenza di Viola e non mi aveva mai sentito ridere così. Non mi aveva mai visto veramente felice.

“È una storia lunga.” Risposi dopo un po’. “Come stai?”

Lei aggrottò le sopracciglia, confusa. “Come se avessi dormito per anni.”

“È meglio se ora chiamiamo i dottori, Ashley.” Mi disse Tom, guardandomi serio.

Io annuii, allontanandomi un attimo per chiamare le infermiere tramite il pulsante rosso dietro al letto.

“Perché Bill sta dormendo vicino a me?” quasi gridò Viola con voce strozzata appena vide Bill vicino a lei.

Io sospirai e la guardai negli occhi. “Forse è meglio se ti spiego tutto. Ma, prima, ti faccio conoscere il dottor Peters.”

***

“Tom, io –“ iniziai subito, quando chiusi la porta principale dell’ospedale.

“No, non sei tu che devi iniziare a parlare.”

Lo guardai, aggrottando le sopracciglia, confusa mentre si accendeva una sigaretta. Eravamo usciti a prendere un po’ d’aria mentre i medici stavano facendo tutti gli accertamenti possibili a Viola.

“Sono io che mi devo scusare per primo.” aspirò lentamente. “Sono io quello stupido tra i due.”

“Oh, questa cosa mi lusinga.” Cercai di sdrammatizzare, per alleggerire l’aria che era diventata troppo tesa.

Sotto sotto però, era anche la verità: mi faceva piacere sapere che si era reso conto di essere lui in torto.

“Ah-ah. Spiritosa!” mi sorrise, prima di ritornare serio. “Mi dispiace, Ashley. Davvero.”

“Anche a me dispiace, ma ora siamo pari, no?”

“No, io non avevo alcun diritto di dirti quelle cose, tu si. Non credo riuscirò mai a farmi perdonare per quello che ho fatto.”Pausa. “Ma questa situazione mi sta uccidendo. Bill mi sta uccidendo.”

Io sospirai tristemente rassegnata. “Lo so.”

Tom spostò lo sguardo, prima rivolto verso il cielo sereno, verso di me, con la fronte aggrottata.

“Un uccellino.” Scrollai le spalle, sorridendo.

“Mia madre.” Capì subito, alzando gli occhi al cielo. “Mi dispiace, non lo sapevo.”

“Stai dicendo troppe volte mi dispiace.” Sussurrai, avvicinandomi a lui. “Attento che potrei abituarmici.”

“Quindi mi perdoni?” chiese, speranzoso, mentre buttava la sigaretta consunta nel portacenere.

“Perdonare è una parola grossa, ma ti posso dare una seconda occasione, se vuoi.”

“Accetto.” ribatté subito, giocando maliziosamente con il piercing al labbro.

“Questa è l’ultima però, Kaulitz.”

“Non la sprecherò, fidati.” un lieve sorriso illuminò il suo viso. “E che mi dici del bacio?”

Feci un altro passo verso di lui. “Che cosa vuoi sapere?”

“Perché?” mi chiese semplicemente.

Il cuore mi scoppiò dalla felicità mentre allacciai tremante le mie braccia intorno al suo collo.

“Credo che tu sappia perfettamente il perché.”

And after all, you're my wonderwall.
I Said maybe, you're gonna be the one that saves me.

***

Quando i medici ebbero finito di fare tutte le analisi, raccontai tutto l’accaduto a Viola. Alla fine della storia lei non sapeva se piangere dalla disperazione per Bill o scatenarsi in una danza di vittoria per me e Tom. Fin dal primo giorno aveva provato in tutti i modi a farmi piacere la sua band preferita e di farmi innamorare di un ragazzo. E ora ero lì, davanti a lei, innamorata di Tom Kaulitz e quasi fan dei Tokio Hotel. L’unico aspetto negativo era che lei non era stata presente, ma alla fine ne era stata la causa quindi era comunque felice. Tutto stava andando per il meglio e io non ci potevo ancora credere. Quello era stato il giorno più bello da quando l’incubo era iniziato. Finalmente avevo visto la luce infondo al tunnel.

Quando mi voltai per sorridere per l’ennesima volta a Tom, mi sentii subito un egoista. Il sorriso morì subito sul mio volto e un groppo mi si formò in gola.

“Tom…” sussurrai, scordandomi un attimo di Viola e avvicinandomi a lui.

Era in piedi vicino al letto di suo fratello, con la testa china, una mano stretta a quella di Bill e il volto in penombra. Appena appoggiai una mano sulla sua schiena, lui si voltò di scatto verso di me, come spaventato e il mio stomaco fu stretto da una fitta di dolore. I suoi occhi erano lucidi.

“Perché non si sveglia?” mi chiese, con un sussurro.

In quel preciso momento il mio cuore si spezzò. “Si sveglierà, vedrai.”

“Perché Viola si è svegliata e lui no?!” chiese di nuovo, guardandolo. “Perché non ti sei svegliato?!”

Il mio corpo fu percorso da brividi e tutte le parole che avrei voluto pronunciare per consolarlo mi morirono in gola.

“Tom…” sussurrai di nuovo, ma lui non mi diede importanza.

Si abbassò su di lui. “Bill, ti prego svegliati.”

La sua voce era così disperata e piena di angoscia che mi fece quasi paura.

“Bill, ti prego, torna da me. Ho bisogno di te, fratellino.”

Vidi una lacrima cadere dal volto di Tom e posarsi sulla guancia del fratello. Non riuscii più a sopportare la vista di quella scena, così distolsi lo sguardo e battei più volte gli occhi per mandare via le lacrime che stavano già minacciando di scendere libere sul mio volto.

Pochi minuti prima avevo pensato che quello doveva essere un giorno felice, un giorno pieno di luce, ma appena guardai verso l’elettrocardiogramma quel pensiero si cancellò automaticamente.

Segnava linea piatta.

 

 

 

 

 

 

 

(*) Not Alone - Red

(**) Wonderwall - Oasis

   
 
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