Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: MartaJonas    22/06/2013    3 recensioni
Nessuno dei due ragazzi sapeva che era appena cominciato a piovere e due piccole gocce d’acqua erano cadute nell’oceano.
Quanto poteva essere grande l’Oceano Atlantico? Quello stesso oceano che li separava dalla terra in cui si sarebbero trovati neanche un mese dopo.
Eppure quelle gocce erano cadute vicine, e i cerchi formatosi al contatto con l’acqua agitata si stavano allargando, e si sarebbero incontrati.
A cosa portano due cerchi d’acqua che si scontrano? che si incontrano? A tanto, a poco e a tutto. Tutto ciò può portare a nulla, e a tutto nello stesso momento.
Si tratta di incontri, si tratta di scontri, si tratta di impatti.
Quanto può compromettere uno scontro, o un’incontro in una vita? Quanto due mesi possono cambiarla?E se ci fossero tanti incontri in una volta soltanto? Se il significato di “vita” venisse messo in discussione? Se tutto quello che si pensava fosse fondamentale, non assumesse più significato?E se tutto, da un momento all’altro, a causa di due gocce cadute fin troppo vicine, cambiasse?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chaper 29

 
He needed her, as much as he needed his heart.

 



Era il terzo semaforo rosso che sorpassava così velocemente che neanche lui stesso riusciva a distinguerne il colore. Aveva già evitato due macchine passando solo a una manciata di centimetri di distanza da queste. Se non fosse andato un po' più piano, con quella pioggia incessante che non aiutava affatto la visuale, sarebbe stato lui quello che sarebbe arrivato all'ospedale in ambulanza. 
Joseph prese un respiro, dicendosi che no, non era possibile, non doveva esserle successo nulla. Non poteva essere possibile il contrario. 
Ormai cominciava a vedere i piani più alti del centro medico già da lontano. 
La pioggia non smetteva di cadere e inondare quelle strade fin troppo trafficate. 
Il ragazzo entrò nel parcheggio dello stabilimento in cui era ricoverata Claire e cominciò a cercare un posto che sembrava impossibile da trovare. Possibile che fosse tutto pieno? Proprio in quel momento? Imprecò per l'ansia e l'agitazione da cui era invaso completamente. Finalmente vide un posteggio e ci si fiondò. 
Scese dalla macchina e corse verso la struttura, arrivando all'ingresso completamente bagnato da capo a piedi. Si catapultò alla hall e senza curarsi per niente di essere gentile o rispettare la fila, si rivolse alla signorina al bancone. 
-Qual'è la stanza di Claire Dawson? - domandò con il fiatone alla donna. 
-Lei è il signor Joe? - chiese questa. 
-Sì, dov'è la stanza di Claire? - domandò di nuovo, cercando di essere più convinto. 
-La signorina è ancora in rianimazione, sta subendo un intervento. Sono stata io a chiamarla, signor Joseph, perché il suo numero era tra i preferiti del cellulare della signorina Dawson e tutti i suoi altri parenti più stretti si trovano a New York, arriveranno domani pomeriggio. Lei è suo parente? Perché ci sono informazioni riservate e per questioni di privacy … - cominciò la donna. 
-Non sono un suo parente. - disse il ragazzo. 
-Allora mi dispiace signor Joseph ma … - continuò la donna.
-Sono il suo ragazzo, va bene? Avrò qualche diritto a sapere come sta oppure no? - disse alterato. Pensò già che avrebbe messo a soqquadro l'intero stabilimento se non gliela avessero fatta vedere e non gli avessero detto neanche cosa ci fosse che non andava. 
-Beh allora … va bene. Come le ho detto è ancora in rianimazione, la può aspettare in corridoio. È al terzo piano, ala est. Verrà da lei il medico che la sta operando non appena avrà finito e le comunicherà tutto. - gli spiegò la donna. 
-Lei non può dirmi nulla su di lei? -chiese con occhi lucidi.
-Non posso, inoltre non so proprio nulla sulla sua condizione. So solo che, quando è entrata, appena rinvenuta dallo svenimento ha detto il suo nome, signor Joseph. - gli rispose la signorina, quasi commossa a vedere quel giovane tenere così tanto a quella ragazza. 
-Grazie mille per le informazioni – disse dirigendosi verso l'ascensore. Salì al terzo piano e vide il cartello “Terapia intensiva” a pochi metri da lui. 
Si sedette su una delle tante sedie gialle in corridoio. Cercava di non pensarci, tentava di non pensarla, altrimenti avrebbe cominciato a piangere. 
Mentre era seduto lì si chiese perché avessero scelto proprio quel colore per quelle sedie in quel reparto. Il giallo era un colore gioioso, e chi aspettava in quel luogo sarebbe sempre stato tutto tranne che felice. Forse serviva proprio per questo, forse era l'unica cosa che rallegrava l'ambiente e magari chi era in quell'ambiente. 
Joseph sapeva soltanto che stava odiando quelle sedie e anche quel colore. 
Sì alzò di scatto e si avvicinò alla finestra più vicina. Si ritrovò di nuovo a fissare quelle gocce. Vedeva ogni cosa in quelle gocce d'acqua, era come se riuscisse a vedere un progetto, un progetto della sua vita. Le sue decisioni migliori le aveva prese guardando fuori dalla finestra mentre pioveva. Era come se tutto ciò riuscisse ad ispirarlo abbastanza per fare la mossa giusta, o per rassicurarsi o prevedere qualcosa che sarebbe successo. Il problema era che, in quel momento, in quella pioggia non vedeva nulla. Né lui, né Claire. Vedeva soltanto un mucchio di stronzate che amava raccontarsi quando vedeva piovere. 
Continuava a pensare e ripensare qualunque cosa che non avesse a che fare con lei, con un unica convinzione: Claire ce l'avrebbe fatta. 
Poi arrivò un momento in cui, circa un'ora dopo dal suo arrivo lì, che lasciò cadere la sua certezza. Crollò. Non capì bene il perché: forse perché gli sembrava passato troppo tempo dall'intervento, o forse perché cominciò a pensare alle miriadi di cose brutte che le sarebbero potute accadere in quell'incidente. 
Cominciò a piangere, tenendosi la testa con le mani, in un pianto silenzioso ma intenso. Chiuse gli occhi e vide il suo sorriso, sentì la sua risata, la sentì pronunciare il suo nome, rivide il loro primo bacio, la loro notte d'amore, l'arrivederci rivolto a Maun, a Falala, a Ike. 
Non poteva andarsene, non in quel modo, non in quel momento, non ora. Doveva ancora dimostrale il suo amore, doveva ancora amarla più di qualsiasi altra cosa, doveva ridere insieme a lei, doveva piangere insieme a lei, doveva ancora litigare, amare, baciare, ricordare. Lui aveva bisogno di Claire, tanto quanto avesse bisogno del suo cuore. 
Proprio mentre stava perdendo ogni speranza, sentì la porta del reparto della terapia intensiva aprirsi e vide un medico dirigersi verso di lui e chiedergli se fosse un parente della signorina Claire Dawson. Domanda alla quale il ragazzo rispose prontamente di sì, alzandosi subito dopo in piedi.









Buonasera gente!
Sì, lo so sono stata abbastanza una stronza a lasciarvi ancora una volta sulle spine ahahhahaha
Ma mi ero accorta che non vi avevo detto una cosa fondametale, cioè che il prossimo sarà l'ultimo capitolo di questa fan fiction, perciò ho voluto troncare questo capitolo, il penultimo, in questo modo! 
Quindi dicevo, il prossimo è l'ultimo capitolo, dopo il quale ci sarà un lungo epilogo ed anche questa fan fiction sarà finita. Sarebbe anche un anno che va avanti quindi sarebbe anche ora ormai. Anche se, sì, mi mancherà da morire. 
Facciamo che mi farò prendere dallo sgomento quando avrò postato l'epilogo e non adesso, altrimenti è la fine ahahahah
Un grazie enorme a chi ancora mi segue. 
Un bacione, 
Marta. 


 

 
  
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