Lechatvert
Avvertenze:
per questo terzo capitolo la regia raccomanda la visione di due
documenti. Quando verrà descritta la faccia del bel Riario,
infatti, siete pregati di visualizzare
questo con un
sottofondo come questo.
Non ho altro da dire. Buonanotte.
Un bacio!<3
Capitolo
Terzo
Conte Levi di Fontenera
« Madonna Ordelaffi, che piacere avervi qui a Firenze
».
Bianca osservò un piccolo sorriso aprirsi sul viso di
Madonna Orsini, mentre questa l’accoglieva con una piccola
riverenza.
« Vi ringrazio », rispose, facendo lo stesso.
« È un piacere anche per me. Firenze mi
è mancata molto, Madonna ».
« Siete invitata a farvi ritorno ogni qual volta lo
desideriate, anche con vostro marito, Messer Rangoni ».
« Riferirò l’invito. Ora, vi prego.
Vogliate scusarmi ».
La ragazza si congedò da Madonna Orsini, allontanandosi dal
piccolo palchetto della sala per dirigersi verso un tavolo a cui i
camerieri servivano il vino.
Il Conte di Fontenera se ne stava in disparte, stivale appoggiato al
muro, facendo roteare con fare nervoso il vino nel suo calice. Il fuoco
delle candele dipingeva strane forme sulla sua pelle diafana, mentre il
suo sguardo color della notte era perso in chissà quale
ricordo.
« Tutto bene, Conte? »
Bianca gli si avvicinò, cauta.
Lui la guardò scuotendo il capo.
« Vi dirò la verità, Madonna.
È da quando siamo arrivati in città che ho nelle
narici un odore sgradevole », confessò.
Lei rise.
« Forse non siete abituato all’aria fresca della
campagna, qui è diverso ».
« Acuta, ma non credo proprio. È un odore talmente
spiacevole che riesco ad attribuirlo a due sole persone. So di per
certo che una si trova a Roma ma … »
Improvvisamente, lo sguardo spento di Levi si accese.
« Mettetevi dietro di me, presto »,
mormorò.
Bianca obbedì, abbassando lo sguardo sulle mani del Conte.
Le sue mani erano scese ad accarezzare l’elsa della spada.
« Conte, che succede? »
« Guardate dritto davanti a voi, Madonna ».
In quel preciso istante, Bianca provò l’orribile
sensazione di stare venendo osservata da lontano, da uno sguardo
tutt’altro che amichevole.
Alzò il viso verso il palco. Là, poco distante
dai coniugi de’ Medici, qualcuno la scrutava da in fondo alla
sala. Due occhi scuri puntati su di lei, circondati da un volto pallido
ed emaciato, accanto a una bocca sottilissima, increspata da un leggero
broncio.
Bianca mosse un passo indietro, attaccandosi alla cappa verde del Conte
di Fontenera.
« Andatevene », le ordinò lui.
« E aspettatemi al portone, vicino alle guardie. Vi
raggiungerò immediatamente ».
La ragazza non disse una parola, voltandosi immediatamente verso
l’entrata della sala. Immediatamente, si ritrovò
sull’oscurità delle scale deserte. La brezza
gelida della notte saliva dai portoni aperti al piano terra, muovendole
leggermente i capelli mentre si precipitava giù per quei
gradini di marmo che sembravano non finire mai.
Non pensava, non ci riusciva, ma sentiva gli occhi umidi e sul punto di
scoppiare. Sentiva la gambe diventare pesanti, la gola farsi secca,
quasi avesse appena avuto un orribile incubo.
Alle sue spalle udì una voce chiamarla, fu solo un sussurro,
“Bianca”, ma fu sufficiente.
Perse l’equilibrio proprio mentre si affrettava a scendere
l’ultimo gradino e rotolò a terra, atterrando sui
gomiti lasciati scoperti dalla veste.
Dietro di lei, sulle scale, c’erano dei passi.
« Non avete mai avuto fortuna con le scale, questo
è poco ma sicuro ».
Un paio di stivali si fermarono davanti ai suoi occhi. Il rumore della
pelle stridette sul pavimento appena pulito e, inaspettatamente, una
mano si tese per aiutarla ad alzarsi.
« Vi siete fatta male? »
Riluttante, Bianca accettò l’aiuto.
« No, mio signore », mormorò, con un
inchino. « Vogliate scusarmi ».
Fece per andare, ma un braccio le bloccò la strada.
« Non così in fretta, Madonna Ordelaffi ».
Titubante, la ragazza fu costretta a ritrarsi.
Lentamente e completamente tremante, alzò gli occhi verso la
figura che la sovrastava, incrociando di nuovo quello sguardo fatto di
un misto tra sorpresa e severità.
« Co … Conte Riario, quanto tempo »,
balbettò, sistemandosi il vestito come meglio poteva nel
tentativo di apparire quantomeno presentabile.
Nel frattempo, implorava Levi di raggiungerla.
L’uomo alzò la mano inguantata, accarezzandole
delicatamente una guancia.
« Siete rimasta bambina, Bianca »,
sussurrò, quasi intendesse parlare a se stesso. «
È curioso come il vostro sguardo sia restato quello di un
animale impaurito. Vi prego, non abbiate timore. Mi fa sempre piacere
incontrare un vecchio amico, specialmente voi … »
Tolse la mano dalla guancia e le offrì il braccio, ma, prima
che Bianca potesse anche solo pensare di accettare
quell’invito, una lama la allontanò da lui,
permettendo al Conte di Fontenera di mettersi in mezzo.
« Lo dicevo io, che il tanfo qui era insopportabile
», commentò questi, con la spada sempre protesa
verso Riario. « Conte, è passato molto tempo
dall’ultima volta che abbiamo avuto modo di discorrere
».
« Certamente non ne è passato molto
dall’ultima volta che vi ho visto saltellare come una lepre
per la corte di Roma ».
Levi alzò le spalle.
« Sono dovuto tornare a sbrigare le faccende che avevo
lasciato in sospeso ».
« Credevo al collegio vi avessero insegnato la buona
educazione di concludere ogni impegno preso, prima di fuggire con la
coda tra le gambe ».
« Se l’educazione che ho ricevuto al collegio
è simile a quella che avete ricevuto voi, non mi stupirei
poi tanto della mia vigliaccheria ».
Vi fu un rapido scambio di sguardi, poi Riario alzò le mani.
« Portevela via, Conte Levi », disse,
infine. « Siete troppo giovane per impugnare una
spada. Non vorrei mai che Madonna Ordelaffi si facesse del male, o
peggio ».
Levi sorrise.
« Sono molto più abile di quanto pensate. Non
temete, Madonna Ordelaffi sarà al sicuro ».
Riario sollevò appena gli angoli della bocca.
« Peccate di superbia », osservò,
divertito. « Siete di certo un abile spadaccino, ma avete
quanti, diciannove, vent’anni? Mancate di esperienza
».
Bianca osservò il profilo di Levi. Giovane, sì,
ne era al corrente, ma non immaginava non raggiungesse i venticinque
anni.
« La mia superbia è l’ultimo dei miei
problemi, Conte ».
« Sono lieto la pensiate così ».
Levi sospirò, rivolgendosi a Bianca.
« Andiamo, Madonna? »
Lei gli porse la mano.
« Con piacere, mio signore ».
Si voltò appena per dirigersi verso l’uscita
assieme a Levi, ancora in guardia e con la spada sfoderata, ma si
fermò.
« Buonanotte, Conte Riario », disse, senza osare
guardarlo in faccia.
Di lui udì soltanto la voce, mentre si allontanavano da
Palazzo de’ Medici.
« Buonanotte, Bianca ».
« Cosa significa “Madonna Ordelaffi ha mandato a
prendere i bagagli ed è partita dopo cena”?!
»
Furioso, il Conte Riario batté un pugno sul tavolo di legno
della pensione, stringendo i denti di fronte alla proprietaria che, dal
canto suo, non sapeva se preoccuparsi per il suo evidente stato di
agitazione o, piuttosto, per il rischio che stava correndo nel
rimanergli accanto in un momento di rabbia.
« Un servitore dei de’ Medici è arrivato
qui poco prima delle nove, mio Signore », gli
spiegò, pacata. « Ha ritirato i bagagli di Madonna
Ordelaffi e quelli di Messer di Fontenera ».
Riario strinse in pugni.
Non c’erano più, probabilmente erano
già ripartiti alla volta della stupida terra dalla quale
provenivano.
Ma come avevano fatto, come? Erano rimasti a palazzo almeno fino alle
nove e dieci, visto il piacevole discorso che aveva avuto modo di
intrattenere con il Conte di Fontenera. Come avevano fatto i Medici,
dunque, ad inviare un servitore ancora prima di vederli andare via?
Strinse i denti, cercando di concentrarsi, ma tutto quello che sentiva
oltre la rabbia era un gran mal di testa.
Eppure, sforzandosi un po’, la soluzione gli apparve
improvvisamente lampante.
I Medici non erano stati minimamente coinvolti nella cosa.
Il Conte era stato saggio, oh, se lo era stato. E intelligente, anche.
Approfittare per quell’unico attimo in cui lui era impegnato
a seguire Bianca per pagare un servitore dei Medici e far spostare i
bagagli in qualche posto sicuro per far credere a lui e agli uomini di
Roma di aver abbandonato Firenze, quando invece si trovava in una
qualsiasi taverna a festeggiare la vittoria.
« Astuto, Conte », si ritrovò a
sibilare, appoggiando entrambe le mani sul tavolo. « Ma
ancora per poco ».
Lanciò una rapida occhiata alla donna della pensione,
portandosi una mano al mento con fare pensieroso. La guardò
dritta negli occhi per qualche istante, alla ricerca di qualche
particolare, qualche bugia che gli era sfuggita durante quel suo
interrogatorio.
No, probabilmente aveva evitato di coinvolgerla.
« Capitano Grunwald! », gridò, scattando
in piedi. « Date un compenso a questa donna per la sua
gentilezza e pagate ciò che i vostri uomini hanno bevuto
».
Con passo spedito, si diresse in strada, esaminando la strada deserta
davanti a sé. Portò le mani dietro alla schiena,
riempiendosi di aria fresca i polmoni.
Quando il capitano lo raggiunse all’esterno, si
calcò il cappello sul capo.
« Fate sorvegliare la pensione giorno e notte »,
impose. « Questa e anche le altre pensioni di Firenze. E fate
in modo di scoprire se Madonna Ordelaffi ha fatto ritorno a Palazzo
Rangoni ».
Si era informato, aveva appreso ciò che c’era da
apprendere circa il suo matrimonio fatto in fretta e furia con un
lontano cugino. Sapeva anche del suo più completo isolamento
da quella che era la vita mondana.
Nel suo nascondersi, Bianca aveva fatto un unico, piccolissimo errore.
Aveva cercato di mantenere l’unico rapporto di amicizia che
le era rimasto.