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Autore: _Frency_    23/06/2013    2 recensioni
Dal testo:
[...] Lei, la ragazza senza nome dallo sguardo assente, aveva dei meravigliosi occhi verdi speranza. Una speranza così forte e disarmante da palesarsi in tutta la sua meraviglia. E tutta la speranza che celava in fondo a quegli specchi smeraldini sembrava aver abbandonato il suo corpo, per andare a rifugiarsi solamente nei suoi occhi. [...]
Lei si chiama Nesta. Come il secondo nome del famoso Bob Marley. Non è nessuno e non cerca di diventare qualcuno. Agli occhi di molti è senza età, e ad altrettante tante persone appare molto più trasandata e provata dei suoi coetanei. Ha una famiglia numerosa, ma non ha genitori. Anzi sì, ci sono, però sono lontani. O forse è lei ad essere distante da loro. Patita del reggae, è una fumatrice incallita e odia ballare. Non è bella, almeno non a prima vista: è strana.
Quando i Tokio Hotel al gran completo fanno la sua conoscenza, è un caso: Bill e Nesta sono ricoverati nello stesso ospedale, ma per motivi ben differenti. Nesta non ha paura della morte, ma non per questo si definisce coraggiosa, no. Lei si definisce incosciente. Quando la sua vita si ritrova legata a quella di "quattro mocciosi ricchi sfondati" come li definisce lei, non è felice. Affatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 14: Don’t Leave Me Alone.

§

 

Nesta aveva ricominciato a respirare veramente il dolceamaro profumo della vita quando finalmente era stata dimessa. Non aveva fatto altro che brontolare per giorni su quanto quella prigionia forzata la rendesse nervosa. Tom, tanto per non scordarle mai quanto riuscisse ad essere bastardo, si piazzava sulla strada ben visibile dalla finestra della sua camera e fumava, senza smettere finché non la vedeva sbraitare contro l’infermiera di turno perché le abbassassero la persiana. Allora se la rideva come un matto, ciccando a terra e constatando quanto fosse facile essere felice in quei momenti di banale normalità. Una volta però lei l’aveva presa male sul serio, e lui aveva riprovato la frustrazione di vederla in balia di un’astinenza durata fin troppo. Notava come si graffiava le braccia proprio sopra i precedenti fori degli aghi, cercando di lenire un’insoddisfazione che non avrebbe mai trovato fine, se non con l’ennesima dose di veleni sconosciuti. Eppure, lui confidava che adesso, adesso che c’era lui, le cose sarebbero in qualche modo migliorate, per entrambi. Dal canto suo, forse avrebbe potuto provare l’ebrezza di una relazione più o meno stabile, mentre Nesta magari sarebbe riuscita a superare tutti quei vizi deleteri. O almeno così sperava.

E poi, dopo un’estate che pareva infinita, era arrivato agosto. Appena rinfrescato da un dolce vento, pieno di tinte calde e ammalianti, sembrava il mese perfetto. Eppure, si era dimostrato presto per ciò che era davvero: l’inizio di una fine imminente. Era successo tutto così velocemente e lentamente allo stesso tempo che ai due ragazzi era parso di vivere quei giorni come a rallentatore. In realtà, Nesta aveva sentito Tom distaccato da sé già verso gli ultimi giorni di luglio. Non vi aveva dato peso, interpretando la discontinuità con cui si vedevano come causa del lavoro pressante del chitarrista. Ed effettivamente, era così. Quello che non si era aspettata, però, glielo aveva rivelato lui stesso una notte. Si trovavano a casa di Tom, mollemente stesi sul suo letto, con una piacevole oscurità ad avvolgerli. Lei, rannicchiata contro il suo fianco, stava in silenzio. Aveva chiaramente avvertito il ragazzo che prendeva un profondo respiro, facendola leggermente allarmare. Come suo solito, era rimasta impassibile, continuando a tracciare invisibili ghirigori sul petto nudo del chitarrista. Poi, lui le aveva rivelato il motivo di quegli impegni così frequenti, liberandosi del macigno che gli pesava sul cuore.

-Nesta, ti devo dire una cosa- esordì Tom, mentre la ragazza si irrigidiva e alzava il capo verso di lui, in modo da poterlo vedere chiaramente.

Nesta rimase in silenzio, aspettando che proseguisse. Tom avvertiva i fremiti che la percorrevano, poteva leggere nelle sue iridi verdi speranza un certo smarrimento. Si odiò per quello che stava per dirle, ma non poteva fare a meno di rivelarle ogni cosa: aveva rimandato fin troppo, dopotutto.

-Io e i ragazzi abbiamo deciso di tornare in America con alcune date del tour. Non ho idea di quanto staremo via, probabilmente almeno due mesi. Se non di più- sussurrò Tom, cercando di evitare il suo sguardo, che via via si era fatto sempre più sgomento.

Nesta deglutì, umettandosi le labbra fattesi stranamente secche. Nella sua testa risuonava la voce rassegnate del ragazzo che le annunciava l’imminente partenza. Si sentì strana, come mai le era capitato in vita sua. Si sentiva tradita, arrabbiata e frustrata. Paradossalmente, dopo il primo attimo di sconcerto – in cui Tom era certo di aver visto il lampo di forti emozioni scuoterla – era come se il suo cuore, di colpo, si fosse atrofizzato. Nuovamente.

Era seduta su una delle tante panchine del parco, la brezza gentile che le scompigliava i rasta incolti, e il riverbero del sole che tramontava l’obbligava a socchiudere gli occhi per non rimanerne abbagliata. Ripensava alla nottata passata con Tom, a tutte le cose che si erano detti e a quelle che avevano lasciato in sospeso.

-Ah- biascicò, incolore. Aveva la forza solo per quella misera, insulsa sillaba, che però in sé racchiudeva tutte le parole che non riusciva a esprimere.

Lui le rivolse un’occhiata stupita e incredula.

-Come sarebbe a dire “Ah”?- sbottò, visibilmente contrito. Si aspettava qualcosa di più di un semplice borbottio, appena vagamente simile ad una vera e propria risposta.

-Che vuoi che dica? Dovrei forse fare i salti di gioia?- ribatté acidamente lei, trafiggendolo con un’occhiata di fuoco.

-No, ma magari dimostrare che un minimo ti dispiace sarebbe carino nei miei confronti, visto tutto quello che abbiamo passato!-

Si era innervosito, e lei lo aveva capito. Ed era stata anche furibonda con sé stessa, perché avrebbe voluto veramente dimostrargli quanto l’idea di lasciarlo le facesse male. Eppure, qualcosa la bloccava. Non era dalle delusioni che si era protetta tutta la vita? Non era la paura dell’abbandono – evidente residuo della spiacevole esperienza infantile – che aveva tentato di rifuggire in tutti quegli anni? Evitare legami, evitare di invischiarsi in qualcosa che prevedesse un’altra testa pensante, dotata di volontà capace di farla soffrire? Invece, con Tom si era divertita a costruire una aggrovigliata matassa, i cui fili erano pensieri, emozioni e sentimenti. Fili sottili, pronti a spezzarsi  se tesi con troppa foga; entrambi stavano tirando troppo la corda. Lasciò vagare lo sguardo sul panorama urbano circostante. Nella sua mente, contava i giorni che li separavano da un brusco e definitivo addio. Mancava una settimana, tra sì e no. Sette miseri giorni per esprimere le mille parole non dette, i desideri inconfessati e le emozioni dirompenti. Cercare di rimediare alle incomprensioni venute a galla quella sera.

-Che cosa vorresti insinuare? Che forse non mi stai a cuore?- ringhiò lei, alzandosi bruscamente e piantandosi le mani nei fianchi.

-Oh, io faccio molto più che insinuare. Io te lo chiedo molto schiettamente: ti sto a cuore?- ribatté lui,  così prontamente da lasciarla spiazzata.

Non riusciva a esprimere tutto quello che avrebbe voluto dirgli. Sentiva tutto il corpo dolerle e farsi incredibilmente pesante, come se fosse una statua. Ed era così che Tom, in quel momento la vedeva: una statua di granitica staticità e freddezza. Senza cuore.

-Ecco, appunto. Nemmeno tu lo sai cosa provi per me- continuò il ragazzo, sempre più nervoso e furibondo.

A quel punto, però, Nesta scoppiò.

-Vaffanculo ragazzo! Lo sai quanto sia difficile per me! Non eri tu quello che diceva che noi non eravamo una bugia?- sbottò, trafiggendolo con il suo sguardo smeraldino.

-Hai sempre mentito- mugolò –Sono sempre stata la tua bugia più grande-

Se ne era andata così, con quelle taglienti parole a dividerli. Con amarezza sentì gli occhi inumidirsi prepotentemente, ma con la solita freddezza ricacciò indietro le lacrime che le ferivano gli occhi.

Hai sempre mentito.

Noi non siamo una bugia.

Dimmi la verità, ragazzo.
 



I Tokio Hotel si erano riuniti a casa dei due gemelli per mettere a punto gli ultimi dettagli del tour, assieme al loro manager David Jost. Quando, però, era venuto fuori il discorso “America”, tutti avevano notato con chiarezza il repentino cambio di umore di Tom. Perché l’America era lontana. Lontana da lei, il suo scapestrato tormento. Solo Bill era a conoscenza del litigio avvenuto pochi giorni prima tra i due, e non certo perché il fratello aveva deciso di sfogarsi con lui. Era semplicemente rientrato tardi da una festa a cui il chitarrista non aveva voluto partecipare, e aveva sentito i toni dei due farsi via via più alterati. Quando, poi, Nesta era uscita sbattendosi l’uscio alle spalle, senza degnarlo di uno sguardo, non aveva avuto più dubbi. Avrebbe voluto sapere di più, come suo solito, ma aveva mantenuto un compunto silenzio.

-Le tappe saranno in Canada, Stati Uniti e probabilmente anche America Meridionale, perciò…- ricapitolò David, ma la mente del suo chitarrista si era già estraniata da un pezzo dal discorso.

Lui e Nesta si erano urlati contro come non era mai successo prima. O forse sì, ma lei era troppo fatta o troppo in crisi per ragionare veramente. Quella sera, invece, era lucida. Estremamente lucida, e conscia di quello diceva. Era stato come ricevere una pugnalata al cuore sentire tutta quell’indifferenza. Cercava di convincersi che no, lei in realtà a lui teneva. Gli voleva bene, solo non riusciva a dimostrarlo in ogni circostanza. Eppure, più cercava di persuadersi e più si convinceva del contrario: aveva ragione lei. Erano stati un inganno sin dall’inizio. Troppo diversi per stare insieme, troppo diversi per capirsi, per sostenersi. Amarsi. E allora perché, nonostante tutto, lui le voleva bene? Perché non riusciva ad odiarla? Gli era impossibile, proprio come gli sembrava irreale l’imminente partenza. Si rese conto di non poter andarsene così, di trovare insopportabile anche solo l’idea di abbandonarla per un capriccio.
Dal giorno della riunione Tom aveva cercato di rintracciare Nesta, senza però ottenere risultati significativi. Era certo che non se ne fosse andata un’altra volta, piuttosto si divertiva a prendersi gioco di lui. Nonostante tutto, il ragazzo aveva dimostrato di possedere più pazienza e autocontrollo di quanto la stessa Nesta si aspettasse. E, il giorno prima della partenza, era finalmente riuscito a scovarla, con il sospetto che la ragazza stessa volesse essere trovata. L’aveva vista sul loro tetto, affiancata da alcune piante in fiore dai colori estremamente vivaci. Non lo sorprendeva più di tanto averla scovata lì, anzi, ebbe come l’impressione che lei non avesse mai lasciato quel luogo da quanto aveva iniziato a cercarla.

Gli dava le spalle, e teneva gli occhi puntati sull’orizzonte, come sua abitudine. Nonostante questo, era visibilmente tesa, pronta a cogliere ogni parola del ragazzo alle sue spalle.

-Nesta- esordì, rendendosi però conto di non sapere come proseguire.

Avanti, parla: dì qualcosa.

-Ragazzo, come mai da queste parti?-

Come se non lo sapessi, insopportabile ragazzina che non sei altro!

-Domani parto- rispose con fermezza, notando la schiena di lei essere attraversata da un fremito.

Avanti, parla: fammi vedere quanto sai essere indelicata e insensibile.

-Bene- ribatté lei asciutta.

Te la sei cercata.

-Come sarebbe a dire bene? E voltati a guardarmi quado ti parlo, porca miseria!- sbottò Tom, incrociando al petto, ma lasciandole cadere lungo i fianchi subito dopo, stupito, quando lei finalmente gli mostrò i suoi occhi.

Lucidi, notevolmente. E lei che faceva di tutto per non cedere ad un pianto liberatorio, per non sentirsi debole. Lei, che aveva preferito fingere di non provare nemmeno il più piccolo dei sentimenti per proteggersi.

-Mi dispiace- riuscì solo ad articolare lei, la voce rotta.

Tom trasse un lungo sospiro, passandosi una mano sul volto stanco. Mosse un passo verso di lei, prendendola delicatamente per un polso e attraendola a sé.

Calore.

Tra le braccia di Tom provava un piacevole calore, che sembrava proteggerla dalle intemperie del mondo circostante. Stava bene, e non era affatto pronta a privarsene.

-Avrei dovuto essere più comprensivo- sussurrò lui, mentre la cullava dolcemente.

Lei restò in silenzio, con il volto nascosto nell’incavo della sua spalla. Rimasero così per un tempo che apparve infinito ad entrambi, quando finalmente Nesta mugolò ciò che tanto le pesava sul cuore.

-Non andartene. Non abbandonarmi- sussurrò.









My Space:

Salve gente! :)

Allora, vi devo subito comunicare una cosa: per motivi di "trama" aggiungerò un'altro capitolo. Il vero e proprio "ultimo capitolo" sarà molto particolare, sia per come sarà scritto e sia perchè ci sarà una piccola sorpresa. Spero siate contenti!

Due parole sul capitolo prima di scomparire:
- i Tokio Hotel, nell'agosto del 2008, sono veramente andati in America con il tour. Immagino che lo sapevate già, ma magari qualcuno poteva avere dubbi;
-Nesta finalmente riesce a far capire a Tom quanto lo ama, con quella supplica disperata di non essere abbandonata.

Non aggiungo altro. Spero, come sempre, che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Ringrazio tutti le lettrici e i lettori, siete speciali! ;)

Alla prossima!
   
 
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