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Autore: Shellyng    23/06/2013    7 recensioni
Sfoglia annoiata la pila di fogli accatastati, poi si volta dalla finestra. Le sembra impossibile essere arrivata ad essere uno dei più temuti avvocati di New York. Ma suo padre gliel’aveva sempre detto.
“Tu sarai una stella, Santana”
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Quinn/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.    Was it love or fear of the cold?

 

«Signorina Fabray, siamo lieti che lei abbia accettato il nostro invito. »

Santana sospira, le dita che scivolano sulla maniglia e il cuore che le batte talmente forte che lo sente nella gola.

“Devi entrare, Santana. Non puoi rimanere qui per sempre” si dice, rimuginando sulla possibilità di fingere un malore e tornare a casa. Ma rivederla dopo tutto quel tempo è una prospettiva così allettante.

Allettante quanto paurosa. Santana non ha idea di come Quinn potrebbe reagire, a quell’incontro.

La mano spinge verso il basso e con un’ultima occhiata al corridoio decide di entrare.

La prima cosa che vede è l’ampio sorriso si Arthur, dietro la sua scrivania con in mano una pila di fogli che Santana immagina siano le clausole per un eventuale contratto.

«Oh, Santana, eccoti. Signorina Fabray, mi piacerebbe presentarle il migliore degli avvocati della mia società. Santana Lopez. »

Quinn le da le spalle, ma Santana può comunque vedere la sua spalla irrigidirsi leggermente. Fa qualche passo avanti, gli occhi socchiusi. Il tempo che le sembra andare a rallentatore come in uno di quegli odiosi film da quattro soldi che passano in televisione durante i periodi natalizi.

Quando si gira, Santana non può fare a meno di constatare che è perfetta.

Ha i capelli corti e leggermente disordinati, come durante il loro ultimo anno di liceo. Se lo ricorda ancora, quel giorno, quando Brittany aveva proposto un taglio di capelli per farla distrarre dalle sue delusioni d’amore.

Sia dannato Finn.

Le labbra rosee, un leggero ghigno che le inclina verso l’alto. Gli occhi verdi dietro un paio di occhiali da vista. Un leggero vestitino addosso. Lei e i suoi dannati vestitini.

Poi succede qualcosa che Santana fatica a capire.

Quinn allunga una mano verso di lei e sorride.

«Piacere signorina Lopez. Io sono Quinn Fabray. »

Santana rimane per qualche secondo a fissare la pelle chiara delle dita di Quinn tese verso di lei. Sente lo sguardo di Arthur su di sé e si schiarisce la voce. E’ un movimento meccanico, il suo.

Le mani si sfiorano. Poi si stringono. Santana scatta all’indietro, ritirandola quasi istantaneamente.

«Piacere mio, signorina Fabray. »

***

L’ora successiva della vita di Santana le sembra una puntata di qualche telefilm sovrannaturale. Sembra quasi essere stata catapultata in un’altra vita. Dove quello che è successo tra lei e Quinn, in realtà, non è mai successo e realmente si sono conosciute solo quel giorno.

Quinn continua a sorridere ad Arthur, annuendo ogni volta che Santana le chiarisce un punto del contratto.

Le domande arrivano puntuali e puntigliose. Santana sembra quasi essersi staccata dal suo corpo. Ma quello è il suo lavoro. E Quinn è solo un altro cliente.

Anche se..

Quando Quinn chiede ad Arthur un po’ di tempo per decidere se accettare l’accordo, il capo di Santana sorride e annuisce, grattandosi con la mano il mento e complimentando l’altra per il suo successo nel campo della fotografia.
Quinn lo ringrazia e Santana vede qualcosa in lei. Qualcosa che le ricorda dolorosamente la fierezza che aveva negli occhi quel giorno di tanti anni prima.

Quinn le stringe la mano quando si congeda e Santana vorrebbe urlare e chiederle che diavolo sta facendo. Ma non può. Quantomeno non davanti al suo capo.

«Mi sembra un bel tipo. »

La voce di Arthur la riporta alla realtà.  Santana annuisce, distratta e il suo capo la congeda, ricordandole un paio di casi che dovranno risolvere entro la settimana.

Santana lo rassicura e poi esce, il cuore che sembra volerle uscire dal petto.

Il vestito di Quinn ondeggia nel corridoio, fermandosi davanti all’ascensore.

Lo scatto di Santana è istintivo. Arriva alle porte dell’ascensore prima che possano chiudersi e si getta dentro col fiato corto.

Quinn la guarda, quel dannato sopracciglio sparato in alto e l’espressione curiosa e infastidita allo stesso tempo. Quando le porte si chiudono, Santana si poggia alla sbarra di metallo sul lato della cabina e respira lentamente.

«Sta bene, signorina Lopez? »

COSA?

Santana alza gli occhi, studiando l’espressione della ragazza di fronte a lei.

«A che gioco stai giocando? »

Le parole le escono dalla bocca prima che possa pensare a qualsiasi modo per fermarle. Quello è sempre stato l’effetto di Quinn su di lei. Le gioca brutti scherzi alla ragione.

Quinn sorride. O meglio ghigna. Un sorriso che fa rabbrividire Santana. Poi le sue spalle si abbassano e gli occhi si fissano in quelli neri di Santana.

«Ciao San.. »

La sua voce è talmente flebile che Santana pensa di esserselo immaginato, quel saluto.

«Quinn io-»

Quinn scuote la testa. Le mani che stringono la borsa in maniera quasi dolorosa.

«Se sei preoccupata per il contratto, non esserlo. Lo firmerò. Non sono stupida. Questa è una delle società migliori di New York e il contratto è praticamente un affare per me. Mi piace solo tenervi  un po’ sulle spine. Anche se immagino che non appena tornerai in ufficio andrai a dirlo al tuo capo. »

Santana apre la bocca un paio di volte per risponderle ma le parole sembrano essersi cristallizzate nella gola. Il viso di Quinn è leggermente inclinato, la bocca sciolta in un sorriso. Si schiarisce la voce e tenta una risposta.

«Non era- non volevo parlarti di quello. »

Quinn si acciglia, fissando i numeri sul display dell’ascensore.

«Non abbiamo nient’altro da dirci, mi pare. »

«Quinn-»

«Torna a lavoro Santana. »

Prima di avere la possibilità di rispondere, le porte si aprono e Quinn si fionda fuori, lasciando Santana immobile al centro della cabina.

L’ultima immagine che Santana ha di lei è la sua gonna che svolazza attorno alle sue gambe che la portano a passo svelto fuori dall’edificio.

***

«E quindi è andata via così? Senza dire altro? »

Santana rotea gli occhi e butta giù l’ultimo sorso di birra nel bicchiere. I gomiti poggiati sul bancone di legno e lo sguardo perso tra le mille bottiglie dello scaffale di fronte a sé.

«Quale parte di “Non voglio parlarne, Sebastian” non hai capito? E comunque non dovresti essere col tuo ragazzo a fare compere per la vostra nuova casa? »

Sebastian schiocca la lingua, arricciando le labbra.

«Mio marito» la appunta  «è a lavoro. Isabelle ha telefonato stamattina scusandosi di averlo disturbato nel suo giorno libero, in realtà doveva scusarsi di averlo disturbato in molto altro»

Santana sbarra gli occhi, inorridita.

«Niente dettagli, risparmiami almeno questo»

Sebastian ridacchia sorseggiando il suo bicchiere di vino.

«Comunque, è dovuto andare via. E non è ancora tornato» Sbuffa, un piccolo broncio disegnato sulle labbra sottili. Santana non può fare a meno di trovarlo adorabile, anche se sa perfettamente che è solo una facciata. Eppure, Sebastian si è guadagnato la sua fiducia, durante gli anni. La sua relazione con Kurt l’ha portato sempre più spesso a New York, fino a quando Santana non ha potuto fare altro che accettare di vederlo girovagare dentro casa quasi tutti i giorni.

Sente Sebastian sgranocchiare le patatine, osservando i clienti nel locale.

«Puoi masticare a bocca chiusa, Smythe? Prima che ti infili queste cannucce nel naso e ci giochi a shangai? »

Sebastian sorride. Un sorriso mellifluo e accomodante che a Santana mette i brividi.

«Qualcuno è nervoso. » Mormora.

«Qualcuno dovrebbe farsi i fatti suoi» Sibila in risposta Santana.

Un leggero colpo di tosse li distrae.

Puck è dietro il bancone che li osserva con uno sguardo accusatore. Le braccia incrociate e il grembiule di traverso sulla spalla.

«Sapete, i vostri continui battibecchi sarebbero accettabili se voi pagaste effettivamente tutto quello che bevete. »

Sia Sebastian che Santana aprono la bocca, indignati.

«Ma se siamo i tuoi migliori clienti. »

Puck punta un dito verso entrambi e assottiglia la voce.

«Smettetela di fare i bambini. »

Sebastian si lamenta, muovendosi in maniera scomposta sulla sedia. Santana si limita a fissare il suo migliore amico, alzando le spalle. Puck la osserva. Ha i capelli rasati, Santana ce l’ha fatta alla fine, a fargli tagliare via quel gatto morto che si ritrovava in testa.

E’ cresciuto, Puck. Paradossalmente più di tutti loro.  Il suo bar è diventato uno dei più rinomati di New York e loro non perdono mai occasione di andare a trovarlo, quando i loro lavori gli lasciano il tempo necessario.

«E’ colpa di Santana. E’ nervosa per via di Quinn. »

La testa della ragazza si gira talmente in fretta a fissarlo, che Sebastian può giurare che sia un miracolo che non le si sia staccata dal collo. Abbassa lo sguardo e Santana sa che si sente in colpa. Non ne ha parlato con Puck, non ancora.

«Oh. »

“OH”? Pensa Santana “Che diavolo significa OH?”

OH.

La realizzazione le fa spalancare gli occhi.

«Aspetta un attimo, TU LO SAPEVI? »

Puck si ritrae lentamente , fino a toccare con la schiena lo scaffale dietro di lui. Lo sguardo negli occhi di Santana non promette niente di buono e negli anni ha imparato come affrontare certe tempeste.

Sebastian li guarda entrambi e si mette in piedi.

«Io direi che vado a cambiare l’acqua alle olive»

Santana geme, fissandolo.

«Ma perché devi essere sempre così idiota? » Ringhia.

Sebastian scrolla le spalle e le bacia la fronte.

«Perché mi ami così come sono Lopez. »

Sinuoso come un gatto si allontana lasciandoli da soli. Santana riporta lo sguardo su Puck, intento a preparare un paio di drink da servire a uno dei tavoli alle loro spalle.

«Da quanto lo sai? » Chiede. La voce ridotta ad un sussurro rauco.

«Da qualche giorno. Mi ha chiesto se potevamo andare a trovare Beth una volta che fosse atterrata a New York. »

Santana annuisce. Doveva aspettarselo. Una fitta di gelosia le attraversa lo stomaco. Sa che è infantile e stupido, ma quel legame che intercorre tra il suo migliore amico e Quinn la infastidisce. Perché è un legame difficile da spezzare, un figlio.

«San lo so che avrei dovuto dirtelo, ma mi ha chiesto di non farlo. »

Santana si morde le labbra. Gli occhi che si riempiono di lacrime.

«Avete parlato? »

La ragazza scuote la testa, fissando il fondo vuoto del suo bicchiere.

«Non me ne ha dato la possibilità. »

Puck aggrotta le sopracciglia.

«E da quando Santana Lopez aspetta che siano gli altri a darle una possibilità? » Chiede, confuso.

Santana ride e batte il bicchiere di vetro sul legno.

«Mi dai un’altra birra o no? »

***

«Santana? »

La voce di Quinn viene fuori alta e stridula. Ha gli occhi spalancati mentre si tiene alla maniglia della porta. Santana la fissa con la sua solita aria strafottente. O almeno ci prova. Prova a mascherare il sudore sulle mani, o il tremolio delle sue gambe.

«Ciao. »

Si guarda intorno. Quinn non si muove. E non sembra volerlo fare.

Quella è stata sicuramente una cattiva idea.

Maledetto Puck e i suoi maledetti consigli.

«Vuoi dare spettacolo al pianerottolo o mi fai entrare, Q? »

Quel nomignolo suona talmente familiare e tenero che entrambe non possono fare a meno di sorridere. Quinn si risveglia dal torpore, accostandosi e permettendole di entrare.

Casa sua è esattamente come Santana se l’era immaginata. Piena di libri e fotografie. Piccola e accogliente. E così ordinata che Santana stenta quasi a credere che lì dentro ci viva effettivamente qualcuno.

«Come mi hai trovata? »

Alza le spalle, osservando le fotografie alle pareti.

«Faccio l’avvocato Q, ho i miei informatori. »

Non la vede, ma capisce che Quinn sta sorridendo.

«Vuoi qualcosa da bere? Niente di alcolico però, quello mi pare che tu l’abbia già bevuto. »

Santana inarca le sopracciglia.

«Solo un po’ di coraggio liquido. Non sono ubriaca, se è questo che ti spaventa» Risponde, la mano che sfiora i bordi di una cornice appesa alla parete. Il soggiorno di Quinn è poco illuminato e non estremamente grande. Ci sono solo un paio di poltrone e un divano, di fronte al quale è sistemato un televisore , incastonato nell’enorme libreria sulla parete.

«Coraggio per fare cosa? »

Lo sa. Certo che lo sa. Quinn l’ha sempre saputo.

«Per chiederti scusa»

Il sospiro di Quinn è talmente greve che Santana sente il petto stringersi in una morsa dolorosa.

«Ascolta, mi dispiace va bene? Lo so che sono passati sei anni e ho mandato tutto a puttane ma mi dispiace Q. Ero spaventata. Mi stavo innamorando di te ed è successo tutto così in fretta. »

Le parole sembrano uscirle di bocca in un unico fiato.

«E Brittany mi aveva lasciato solo da pochi mesi. E se la distanza aveva rotto il nostro rapporto, cosa poteva fare a me e a te che ci siamo prese a schiaffi praticamente da sempre? Dovevo scegliere Q e farlo in fretta. E tentare mi spaventava talmente tanto che ho preferito mollare tutto. Ma mi dispiace. Ho sbagliato. »

Gli occhi di Quinn sono rossi e lucidi. La voce di Santana flebile e spezzata.

Sono ai lati opposti della stanza, eppure, Santana non l’ha mai sentita così vicina.

«Sei anni Santana. Ho dovuto aspettare sei anni per sentirtelo dire. »

Poi qualcosa si spezza. Quella bolla scoppia non appena il rumore di una chiave nella toppa non si fa spazio in quel silenzio rassicurante.

Santana volta lo sguardo. Un ragazzo alto e dai lineamenti marcati entra in casa. Una camicia a quadri e un sorriso sulle labbra.

Solo allora Santana nota la piccola fascetta d’oro all’anulare della mano sinistra di Quinn.

E quando realizza è ormai già troppo tardi. Quinn sta parlando.

«Ehi Ted. Questa è Santana, il mio avvocato. Santana, questo è Ted, mio marito.»

Angolo degli alcolisti anonimi.

Mi chiedevo, no, si può pubblicare a distanza di tre giorni? Poi mi sono detta, massì, chissene frega, tanto la storia è quasi già tutta scritta. Che cosa devo aspettare, la manna dal cielo?
AH, E IO VI RINGRAZIO TUTTI PERCHE’ SIETE DELLE PERSONE MEGLIO. Sapevatelo. Mi esplode il cuore per tutto il seguito e i complimenti per la storia. Siete tutti troppo buoni. *scuoricina A LOT*
E uhm, che altro devo dirvi? Ah, si. NON ODIATEMI VI PREGO VI SUPPLICO. E non odiate nemmeno Ted *lo pettina*
E basta, spero che tutto ciò abbia senso. E se non ce l’ha ditelo liberamente. Sarebbe strano il contrario u_u
Perdonate eventuali errori /o\ ho letto e riletto e spero non sia sfuggito nulla, in caso fustigatemi a sangue.
VI SCUORICINO AGAIN E VI RINGRAZIO. <3 PS: Il kurtbastian non so da dove sia saltato fuori. Però platonicamente mi garba molto, ecco. Don't look at me like that. TEARS.

  
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