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Autore: Turo    23/06/2013    7 recensioni
Lesbica. E’ questo che la società non accetta. Se sei gay, nero, obeso, anoressica, la società ti etichetta come una persona a cui non bisogna rivolgere la minima attenzione. Si, io sono lesbica. Lo sono circa da un anno e mezzo, quando quella ragazza stupenda mise piede per prima volta nella mia classe; Ricordo che mi sconvolse tutto, Sam; Quello era il suo nome.
Ora lei è la mia migliore amica, sa del mio orientamento sessuale, e lo rispetta, ma non sa che sono innamorata di lei.
Una persona che invece non riesce a mandare giù questa storia è mia madre.
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“Ma mamma, a me piacciono le femmine, come devo dirtelo?”
“Ma a me non sta bene Bee, ok? Non voglio che tu sia.. sia..” smette di affettare le carote per guardarmi dritta negli occhi.
“Dillo! Visto? Sei come tutti, omofoba” urlò sbattendo una mano sul bancone.
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“Ciao Niall, sono Julie, la mamma di Bee”
“Ciao Julie, dimmi tutto”
“Avrei bisogno di chiederti un grande favore”
“Dimmi” quella donna stava davvero suscitando la mia curiosità.
“Dovresti far.. Oddio non lo sto facendo davvero.” Sento un suo respiro dall’altro capo “Devi far innamorare Bee di te”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La porta rossa illuminata dal lampione in ferro battuto spicca tra il verde del giardino di mia nonna.
Ricordo che da piccola ci passavo il novanta per cento del mio tempo in questo cortile. I miei migliori ricordi sono incastrati tra i colori delle farfalle e gli aromi dei fiori che mia nonna coltivava. E ora è solo un mucchio di erbaccia incolta e scolorita, che sottolinea quanto sia ampio il dolore di mia nonna nell’aver perso Bob. Mai nessuna visita, nessuna telefonata. L’avevamo abbandonata a se stessa, e lei aveva reagito chiudendosi in casa e passando le giornate a guardare la tv a volume basso. Lei non l’avrebbe mai fatto, anzi. Ci sarebbe stata vicina, specialmente a me, che ero la sua unica nipote.
Ma ora è tempo di cambiare nonostante sia tardi, nonostante non servirà a molto dare attenzioni alla nonna. Perché è ferita.
Mi avvicino al tappetino d’ingresso e sfilo da sotto di esso la copia delle chiavi di casa. Poi le infilo nella toppa e giro fino a sentire il click. Apro la porta ed entro nel grande ingresso , ora vuoto, silenzioso.
“Nonna?” provo.
Silenzio. Mi muovo leggera cercando di non far scricchiolare le assi di legno del pavimento impolverato sbucando in tutte le stanze della casa, non trovandola. Dove può essere finita? Mi dirigo in cucina, luogo dove è solita a stare, ma neanche li avverto la sua presenza. Osservo il piano cottura e il salone collegato, trovandoli perfettamente ordinati e puliti. Il mio sguardo si appoggia su un foglietto di carta spiegazzata appeso al frigorifero bianco grazie ad una calamita di una nostra vacanza in Italia. Decido di avvicinarmi per prenderlo ma, passando, urto accidentalmente qualcosa che si schianta a terra con un rumore fastidioso. Mi giro allarmata e scorgo una foto tra i mille frammenti di vetri sparsi per terra. Mi chino a raccoglierla, ma una scheggia di vetro mi taglia il polso.
“Cazzo” sbuffo spostando il braccio e osservando la ferita. Non è chissà che , ma per una che ha la soglia del dolore di una lumaca stanca questo è abbastanza irritante. Faccio scorrere l’acqua del rubinetto sopra il polso, gemendo quando il getto freddo tocca il sangue.
Torno a concentrarmi sulla piccola foto in bianco e nero ancora appoggiata per terra. La raccolgo cercando di non tagliarmi ancora. Osservo i soggetti della foto, i miei nonni. Questa foto era la loro preferita, me la facevano vedere sempre. Mi pare che fosse qualche giorno dopo essere sposati, nel parco di fianco a casa. E sorridevano, si amavano.
E io? Io sono qui, alle sei di mattina in una casa ormai abbandonata, a sperare in un loro ritorno, che mai verrà.  Mi dirigo verso ilo frigo e sollevo il magnete per poter prendere il foglio ingiallito, poi mi appoggio con la schiena al muro e lo leggo. O almeno, ci provo.
Questa lettera deve averla scritta mia nonna molto tempo fa, infatti la data risale a due anni fa, una settimana dopo la morte del nonno. Non riesco a decifrarla perché la calligrafia è ormai sbiadita e incomprensibile.
L’unica cosa che riesco a leggere è “Cara Bee.. C’è un motivo preciso per cui..”. Forse nonna  sperava che un giorno sarei tornata a trovarla, e mi avrebbe potuto dare la lettera. Ma io non sono venuta. E allora la lettera è l’unica cosa che mi rimane di lei, ma è di tempo fa, quindi impossibile da capire.
Sono la persona peggiore di questo mondo. L’ho abbandonata quando era fragile, quando aveva bisogno di una spalla su cui piangere. Mi ero limitata a chiudermi in camera e maledire tutto e tutti per la morte del nonno, come se fosse stata colpa di mia madre o dei miei amici.
Sento le lacrime scorrere senza intenzione di fermarsi sul mio viso distrutto e struccato. Una di loro cade sulla lettera, lasciando un piccolo alone. Ed è in questo istante che mi accorgo di un’altra frase al fondo del foglio, una rovinata, ma ancora visibile.
“Sappi che le ultime parole di tuo nonno furono: di a Bee che la amo, che io ci sarò sempre”.
Non può essere. Perché? Perché leggo queste cose? Adesso i singhiozzi si fanno più rumorosi, fino a trasformarsi in un vero pianto disperato.  Quando mio nonno era malato non ero andata in ospedale per paura di vederlo morire davanti ai miei occhi, per paura di non poterlo rassicurare.
L’unica volta in cui andai a fargli visita in quel posto di merda fu il giorno del mio compleanno. Indossavo la maglia che mi aveva regalato per natale, nonostante non mi piacesse nemmeno un po’.
Ricordo che, appena mi vide , sul suo viso apparve un sorriso. Uno stanco , ma pur sempre il più bel sorriso del mondo. Mi prese le mani tra le sue e le strinse. Rimanemmo così tutta la notte, a parlare, a ridere. Poi mi disse che da li a qualche giorno sarebbe dovuto andare via, così io mi limitai a piangere e a pregarlo di non lasciarmi e di rimanere con me.
Il bussare alla porta mi fa riscuotere dai pensieri e dai brutti ricordi. Chi può essere? Mi passo le maniche della maglia sotto gli occhi per asciugare le lacrime, e mi alzo faticosamente da terra per andare ad aprire, nonostante vorrei rimanere sola.
Mi avvicino alla porta , guardo dallo spioncino e per poco non svengo. E’ mio nonno, lo vedo. E’ li, illuminato dalle prime luci del giorno. Guardo il suo sorriso  e mi accorgo che mi ricorda quello di qualcun altro, ma non riesco a collocarlo a nessuno. Le fossette, la fila di denti perfetti.  Cosa diavolo mi sta succedendo?
Vedo che alza la mano per bussare ancora, così spalanco la porta.
“Nonno!” urlo con gli occhi spalancati.
Subito l’immagine di Bob mi sparisce da davanti, e si materializza Harry. Impossibile, lui era qui. Non posso avere le visioni. No, oddio.
“Bee?” chiede Harry interrogativo.
“Nonno..” ripeto accasciandomi per terra e cominciando a piangere per l’ennesima volta. Sento le braccia muscolose di Harry avvolgermi e stringermi. Appena realizzo che quella del nonno è stata solo una visione data probabilmente dalla stanchezza e dai ricordi, mi divincolo dalla stretta di Harry e corro in cucina.
“Vattene” urlo in direzione di Harry che mi raggiunge preoccupato.
“No” ribatte sicuro “Dobbiamo parlare, per favore”.
“Non voglio. Voglio morire, lasciami da sola” continuo tirando un calcio al frigorifero, che traballa pericolosamente.
“Oddio” sussurra Harry “Cosa ti succede?”
“Ho detto di andartene, o mi ammazzo davanti a te.” Sbraito allungandomi per prendere un coltello.
Sto delirando, tanto. Voglio davvero uccidermi? Voglio porre fine a tutto questo? Si che lo voglio, certo.
“Bee posa quel coltello” urla a sua volta il riccio.
Lo guardo a lungo, soffermandomi sui suoi particolari.  Gli occhi verdi, i ricci castani nei quali adoro infilare le mani, e il sorriso. Il sorriso che ora non c’è, che è sostituito da un’espressione seria e preoccupata, ma che ricordo a memoria. Abbasso lo sguardo.
E mi viene tutto in mente. Quel sorriso. E’ lo stesso del nonno; La copia spiccicata, certo. E se il senzatetto avesse avuto ragione? Se il nonno si fosse reincarnato in Harry? Dopotutto con lui sto bene. Che dico, sto benissimo. Come stavo col nonno.
Sento il respiro caldo di Harry solleticarmi sul collo, segno che mi si è avvicinato approfittando del mio momento di pace.
“Allontanati” sibilo tra i denti.
“Bee” singhiozza. “Ascoltami, un attimo solo.”
“Cosa vuoi?” chiedo.
“Prima di tutto appoggia quel coltello, per favore” dice prendendomi la mano e sfilando l’arnese mortale da quest’ultima. Il suo tocco mi fa calmare, come le carezze del nonno.
“I-io si, ho fatto quella scommessa con tua madre ma.. me ne sono pentito. Voglio dire, ho accettato tanto per farla felice ma passando del tempo con te io .. io ho capito che avrei dovuto conoscerti molto prima. Insomma, le tue sclerate , i tuoi sorrisi sono ciò che costituisce le mie giornate.” Sospira “Non immagini quanto aspetto ogni giorno di vederti. Aspetto i tuoi punzecchiamenti, i tuoi insulti. Solo per poter ribattere e farti sorridere. Non avrei mai pensato di poter legare così tanto con una persona, di potermi.. potermi” si morde il labbro.
“Poterti?” lo incito a continuare.
“Vedi, io sono il classico don giovanni della situazione. O almeno, lo ero. Hai notato che da quando sto con te non ho più toccato una ragazza? Non ho più fatto pensieri sconci su qualcuno?”
“Quelli li hai fatti” ammetto facendolo ridacchiare.
“Sai perché Bee?” domanda prendendomi il viso tra le sue mani.
Scuoto la testa attendendo che continui.
“Perché mi sono innamorato di te, Bee” conclude.
Non capisco più niente. Guardo i suoi occhi verdi. Poi avverto le sue labbra sulle mie e un altro brivido mi percorre tutta la schiena, facendo avvicinare ancora di più i nostri corpi.
No. Non posso.
Io non sono innamorata di Harry Styles, ne sono sicura.
“Lasciami” dico staccandomi.
“Cosa c’è?” chiede.
“Il fatto che hai scommesso su di me ti basta?”
“Te lo ripeto, se avessi saputo di quanto fossi fantastica ti sarei venuto a parlare molto prima. Capisci che è grazie a questa scommessa di merda che mi sono innamorato? Che ho trovato la persona migliore del mondo? Io direi che è stata una cosa bella, anche se a te non sembra. “
“Mi fa piacere che per te sia stata una cosa bella, perché a me è apparsa come un’enorme presa per i fondelli. Ciao Styles” ribadisco percorrendo il corridoio e uscendo di casa.
*
UNA SETTIMANA DOPO.
*
“Bee, è ora di andare a scuola.”
“Arrivo papà, un attimo” sbuffo tirandomi il piumone fin sopra le orecchie.
“Forza  e coraggio. Non eri tu che volevi iniziare una nuova vita?” chiede scrollandomi leggermente per darmi fastidio.
“Qualsiasi nuova vita comporta il dormire in santa pace” puntualizzo alzandomi.
“Non il primo giorno di scuola” ride lui poggiando le mani sui fianchi e osservandomi divertito.
“Che vuoi?” chiedo cercando di decifrare il suo sguardo.
“Sembra che tu abbia un cane morto in testa” sorride riferendosi al mio chignon sfatto.
“Mi eri mancato” ironizzo tirandogli addosso un cuscino che lo colpisce in piena faccia “Ora, se non ti dispiace, dovrei prepararmi”
“Ti aspetto giù con la colazione, muoviti” mi informa uscendo dalla camera.
Mi sistemo davanti allo specchio della mia nuova camera e mi osservo attentamente. Sono cambiata.
I capelli e gli occhi sono gli stessi, il mio modo di vestire pure. Ma sono diversa caratterialmente. In realtà sto solo provando ad essere più aperta e farmi più amici, così se uno di loro dovesse ferirmi, ne ho un altro, no?
Sento il cellulare che vibra all’ennesimo messaggio di Harry; Così decido di prenderlo e spegnerlo definitivamente.
E’ una settimana da quando Harry ed io ci siamo baciati. Da quando l’ho rifiutato nonostante non volessi. Già, perché nonostante sia duro per me da ammettere, credo di essermi innamorata di lui, ma oramai vivo qui da papà, e cambio tutto.  Il suo ultimo messaggio è stato tipo: “Bee, tua madre mi ha detto che sei partita per Oxford e non è riuscita ad impedirlo. Mi ha raccontato di come l’hai lasciata e tutto. So che ti ho fatto del male, ma tu  mi piaci terribilmente. Ti prego, torna da me.”
A questi si erano aggiunte le molteplici chiamate di Sam, che si era ricordata di avere una migliore amica. Ma non avevo risposto. E non ho intenzione di farlo. Insomma, mi cerca quando non mi vede arrivare a scuola o non mi vede con Harry. Così siamo tutti capaci.
Osservo l’ora sull’orologio e decido di darmi una mossa a sistemarmi. Anche perché mio padre non mi lascia uscire di casa senza aver fatto colazione.
Mi metto un paio di jeans , una canottiera a righe blu e grigie, la felpa abbinata e ovviamente le mie vans. Ora viene la parte più complessa: i capelli. Non che mi piaccia farmi vedere , ma almeno il primo giorno di scuola – che poi primo giorno di scuola non è- devo tralasciare il mio aspetto da barbona con 75 gatti persiani. O almeno posso provarci.
“Bee, veloce” la voce impaziente di papà mi costringe a sciogliere i capelli e sistemarli alla meno peggio e a scendere per mangiare.
“Ecco che la principessa mi degna della sua presenza” scherza “La chiamavano : Principessa Finezza” aggiunge vedendo la leggerezza con cui mi siedo al tavolo.
“Sono pur sempre una principessa” ribatto addentando un toast.
“Su questo non  c’è dubbio” ride.
*
“Aula 56 signorina” sorride gentile la vecchietta da dietro il bancone della segreteria.
“La ringrazio. Buona giornata” rispondo ricambiando il sorriso e dirigendomi dove indicato.
Mi incammino lungo il corridoio ormai silenzioso, facendo scorrere lo sguardo sui numeri delle aule con le porte chiuse.
“54, 55.. 56” sussurro ignorando l’ansia che mi sta divorando la pancia.
Ok Bee, bussa alla porta.
No, non ce la faccio.
Avanti Bee, bussa.
Alzo la mano per picchiare sulla superficie di legno quando questa viene aperta, facendomi sbilanciare in avanti. Sto per tirargliene dietro di tutti i colori quando lo sento ridacchiare.
“Scusa, non pensavo fossi fuori.” Sorride.
“Figurati” rispondo guardandolo. E’ un ragazzo alto, con gli occhi nocciola e i capelli castano chiaro.
“Payne, cosa fai sulla porta?” urla qualcuno da dentro l’aula.
“Prof ho trovato la ragazza nuova” dice lui facendomi cenno di entrare.
Lo seguo ed entro in classe, tra gli sguardi curiosi dei miei nuovi compagni.
“Salve” sorrido debolmente guardando la professoressa.
“Buongiorno cara, io sono la professoressa Manson di storia” mi tende la mano che stringo immediatamente. “Tu sei Bee, vero?” chiede.
“Si, sono io” annuisco imbarazzata.
“Bene, vai a sederti la, vicino alla signorina Fox”
Mi dirigo verso il terzo banco e mi siedo di fianco ad una ragazza con i capelli tinti di blu scuro. Subito mi sorride e si presenta.
“Abigail” dice.
“Bee”  rispondo.
“Bene, ragazzi fate attenzione” richiama la Manson “Adesso che abbiamo conosciuto la nostra nuova compagna , direi che possiamo continuare la lezione, non credete?”
“No” risponde qualcuno dall’ultimo banco tra le risate degli altri.
“Hernandez, smettila di fare casino, non credo  che tu sia nella situazione giusta per permetterti di fare il simpaticone” ribatte la prof.
Sorrido. Questa donna mi piace, mi sembra giovanile. E anche simpatica.
“Scusi prof, ma vero che il sei di storia me lo mette?” continua quello, catturando la mia attenzione.
Mi giro verso di lui e i nostri sguardi si incrociano velocemente: è un po’ più basso del ragazzo che mi ha “aperto” la porta, ma più alto di me. Ha dei riccioli scuri e degli occhi marroni profondi. Ha l’aria simpatica, ma mi astengo dal sorridergli. Cosa che invece fa lui, mostrando una fila di denti bianchissimi.
“Lui è delle Hawaii” interviene Abigail a bassa voce “Non li sbianca” ridacchia.
“Come fai a sapere che stavo guardando i denti?” domando stranita.
“Oh, di solito lo fanno in molti. Ha davvero un bel sorriso, forse uno dei più belli che abbia mai visto” ammette senza mostrare la minima emozione parlando del ragazzo.
“Come si chiama?” continuo.
“Peter. E’ stato bocciato ed è capitato con noi. E’ il pagliaccio della classe, punzecchia sempre le prof, ma loro sanno che scherza, quindi non ci danno tanto peso. E poi adesso va bene a scuola, a parte in storia”
“Oh” riesco solo a dire.  “Dev’essere bello venire dalle Hawaii” commento.
“No, per niente. Almeno non per lui: ha lasciato la famiglia per poter studiare meglio, ma quando gli dissero che era stato bocciato si disperò al punto di voler tornare la. E invece è ancora qui” sorride.
“E con chi vive?”
“Penso con Payne, sono molto amici”
“Payne è il ragazzo che li ha aperto la porta?”
“Si, è lui. Si chiama Liam, ed è uno dei più bravi della classe. Però non è uno di quei secchioni che gioca alla play tutto il pomeriggio, anzi, partecipa a tutte le feste della città”
“Hai capito Liam” rido spostando lo sguardo su di lui, che è intento a disegnare qualcosa sul banco.
“Fox, non vorrai trascinare la nuova arrivata nella tua situazione?” ironizza la prof “Sta attenta”
“Chiedo venia prof, ma sa, bisogna fare amicizia “
“Non durante la mia ora” ribatte.
*
“Per la prossima volta dovete iniziare a leggere il nuovo capitolo. Sono le ultime tre interrogazioni, e vi conviene darvi da fare” ci informa la Manson mentre tutti noi usciamo dall’aula.
“Due ore di storia sono il suicidio” ridacchia Abigail affiancandomi per andare a mensa.
“Concordo, nonostante storia non sia una delle materie più brutte del mondo” aggiungo.
“Senti Bee, ti dispiace se oggi ti lascio sola a mensa? Quest’ora è l’unico momento in cui posso vedere il mio ragazzo, e mi conviene muovermi” si giustifica.
“Oh,  non preoccuparti, va pure. Ci vediamo più tardi” sorrido.
“Grazie mille” mi fa un cenno di saluto e si allontana in mezzo alla folla di studenti che occupa il corridoio.
Ora devo solo trovare la mensa. Ma dovrebbe bastare seguire tutti questi ragazzi, no? Mi incammino cercando di evitare le spallate di qualche ritardatario e in pochi minuti arrivo alla mensa.
Subito mi metto in coda attendendo il mio turno, che non tarda ad arrivare.
“Sugo o pesto?” chiede una vecchia con una cuffia mal posizionata in testa.
“Uhm, pesto grazie” dico porgendole il piatto.
“Avanti un altro” urla sbattendomi il piatto sul vassoio.
“Si ma calmati” sussurro allontanandomi in cerca di un tavolo.
L’unico disponibile è all’angolo della mensa, di fianco ad una porta a vetri, così decido che quello può andare bene per passare inosservata.
Mi siedo e inizio a mangiare la mia pasta, notando con dispiacere che ha la stessa consistenza dell’attack.
“Si, fa parecchio schifo” dice qualcuno sedendosi alla mia destra.
“Cosa?” chiedo girandomi e guardando Liam intento a sistemare il suo zaino ai piedi del tavolo.
“La pasta” dice indicando il piatto.
“Oh, certo. Non è un gran che”
“Non sei l’unica che lo dice qui, ma questa scuola spende tanto in corsi extra curriculari e non in cibo decente”
“Buono a sapersi” sbuffo spostando il mio vassoio.
Mi è passata la fame. In realtà sono giorni che faccio solo colazione, ma non so il motivo. Tanto papà torna a mezzanotte, e non vede se ho mangiato o meno perché è troppo stanco per poterlo fare. Si limita a buttare la ventiquattro ore sul divano e correre a dormire. Ma a me va bene così, non è importante.
“Nonostante faccia schifo dovresti mangiare qualcosa” si intromette Liam.
“Oh, non ho fame”
“Ok” dice con una scrollata di spalle. “Comunque io sono Liam, e tu?” aggiunge dopo qualche secondo di silenzio.
“Io sono Bee”
“E’ un bel nome, sai? Il mio cane si chiamava Bee”
“Oh, fantastico” ironizzo.
“Scusa” scoppia a ridere “Non è un bel modo per iniziare a fare conversazione, giusto?”
“Direi” rido anche io.
“Ma almeno ti ho fatta ridere, un punto a me!” esclama facendo il segno della vittoria con le dita.
Continuo ad osservarlo mentre si cimenta in un balletto strano, dovuto a non si sa che cosa.
“Liam” lo richiamo ma, troppo preso a ballare, non mi sente. “Liam” alzo la voce facendolo bloccare di colpo. “Che fine ha fatto il cane?” chiedo.
“E’ morto” dice.
Scoppiamo entrambi a ridere, senza un vero motivo.
“E Bee, da dove vieni?” chiede.
“Vengo da Londra”
“E come mai sei qui?” continua.
Ma i fatti tuoi? Sospiro assumendo uno sguardo triste, sperando che capisca che non voglio parlarne, ma evidentemente la recitazione e l’espressività non sono nel mio DNA, perché sembra che abbia appena ingoiato un peperoncino.
“Uhm.. E’ una cosa un po’ strana da spiegare. Ed è terribilmente lunga, quindi..”
“Quindi abbiamo ancora..” si interrompe per buttare uno sguardo sull’orologio allacciato al suo polso “Quarantacinque minuti per parlarne” sorride.
“Diciamo che non stavo bene con mia madre, e sono venuta da papà” dico semplicemente, sperando vivamente che non voglia sapere altro.
“E i tuoi amici come hanno reagito?” chiede ancora.
Come non detto.
“Oh, i miei amici? Se ne sono fatti una ragione, capita” mi mordo il labbro.
“Mi spiace, dev’essere stata dura”
“In realtà no, la maggior parte erano un gregge di capre con mezzo neurone funzionante, quindi è ok” sorrido.
“Bene, visto che non hai fame, e nemmeno io, che ne dici se ti facessi conoscere un po’ di persone qui?”
“Certo, andiamo”
*
Entro in casa e mi fiondo sul divano pensando alla giornata trascorsa.
Per essere il mio primo giorno di scuola – nonostante sia quasi Aprile- è andato tutto bene: ho conosciuto Liam, che si è rivelato una persona molto dolce accompagnandomi fino a casa, Abigail, che mi ha raccontato tutto sulle persone della scuola, e Peter, che si è offerto di farmi fare un giro di Oxford nel weekend. Insomma, direi che posso dire che è stata una bella scelta.
Di solito riesco a prendere le scelte più stupide e infantili del mondo, ma questa volta mi è andata bene, no?
Sento il telefono che squilla dalla cucina, così mi costringo a trovare la forza per alzarmi e andare a rispondere.
“Pronto?” chiedo alzando la cornetta.
“Parlo con Bee, giusto?” domanda la voce dall’altra parte.
“Si, sono io.”
“Oh, oddio. Pensavo di aver sbagliato numero! Bee, sono Tyler, ti ricordi di me?”
“Lo sfigato di 4C?” chiedo maledicendomi qualche secondo dopo.
Merda, ma perché non sto mai zitta?
“Si, esatto” sospira lui.
“Oddio Tyler scusa, è stata una giornata pesante.”
“Non preoccuparti. Volevo dirti che Harry mi ha raccontato tutto, della scommessa intendo”
“E a me che dovrebbe importare?” ironizzo iniziando a giocherellare con il filo del telefono.
“Un bel niente. Ma volevo informarti del fatto che Giovedì alcune classi della nostra scuola saranno ospiti nella vostra”
“Cosa?” urlo strozzandomi con la mia saliva.
“Stiamo li fino a Sabato” continua.
“E perché mai?”
“Per un corso in preparazione al test che faremo a settembre”
“Ma manca ancora un casino di tempo!” mi lamento.
“Si, ma lo fanno prima per poi permetterci di studiare durante l’estate. Così abbiamo le basi, capisci?”
“No. Non capisco. E comunque, cosa posso fare d’altro?”
“Calma Bee, avevo pensato che sarebbe stato gentile informarti. Giusto per non trovarti Harry davanti”
“Harry? Mi stai forse dicendo che viene anche lui? “ sbraito.
“Si, esatto”
“No. Perché? Non lo voglio più vedere”
“Non è colpa nostra. E comunque Harry è distrutto.”
“Non me ne frega” ribatto.
“Ma a me dispiace vederlo così, sembra.. morto. “
“Ok”
“Dai Bee, metti via l’orgoglio..”
“Senti Tyler, nessuno ti ha chiesto niente. Voglio fare una piccola puntualizzazione: se Harry sta così, è solo colpa sua. Ora scusa ma ho da studiare”
“Ciao Bee, a giovedì”
“Si, il cazzo”
Lo rivedrò. No, non posso crederci.

Angolo scrittrice.
Buonasera c:
Come prosegue la vostra estate? Voi che fate gli esami state sopravvivendo? Ahahaha.
Io sto facendo un campo estivo che mi prende quasi tutte le giornate, quindi mi scuso se aggiorno tardi.
Cosa succederà quando Bee ed Harry si rivedranno?
PS. Scusate per il capitolo penoso.
Un bacio.
@brunostalent
  
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