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Autore: SusanTheGentle    23/06/2013    13 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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34. Il tesoro del Drago

 
 
“Dove diavolo eravate finiti?!” gridò Peter quando vide Susan e Caspian risalire velocemente la spiaggia e raggiungere il gruppo.
I due ragazzi avevano cercato di pensare a una scusa plausibile per giustificare il loro ritardo, senza però riuscirci.
Si scambiarono occhiate veloci, Caspian una mano nei capelli, come sempre quand’era nervoso, e iniziarono a parlare insieme.
“Noi…” fece Susan.
“Ecco…” le fece eco il Re.
“…stavamo…”
“…eravamo…”
“…insomma…”
“…ehm…”
Peter li guardò attentamente e subito notò qualcosa di strano, anche se non seppe dire cosa. Fece vagare gli occhi azzurri su entrambi, scrutandoli con insistenza.  Sembrava avessero corso, i capelli un poco spettinati, nervosi e con un’espressione un po’ colpevole sul volto.
“Dovevamo parlare” concluse finalmente Caspian, vincendo l’imbarazzo.
“Una chiacchierata piuttosto lunga, direi” fece Peter sarcastico, senza smettere di fissarli.
Il Re Supremo sospirò a denti stretti, augurandosi con tutto il cuore che il motivo del loro ritardo non fosse in realtà quello che pensava.
Si era pentito di essere stato tanto severo con Susan, tuttavia aveva sperato che con le parole di quella mattina avesse in qualche modo indotto la sorella a usare un po’ più di buonsenso. Ma no, niente da fare. Quando c’era di mezzo Caspian, lei abbandonava ogni cautela.
Possibile fosse così ciecamente innamorata di lui da passare sopra tutto quello che era successo?
Possibile che avessero già fatto pace? A quanto pareva sì, perché se nei giorni precedenti erano sembrati due estranei, ora erano lì, mano nella mano e si scambiavano occhiate complici.
Irresponsabili: ecco il termine più appropriato per definirli.
“Mio Signore” chiamò la voce di Ripicì, zampettando verso Caspian. “Gli uomini chiedono di voi, Sire”
“Arrivo subito”.
Il Liberatore lasciò la mano di Susan e si allontanò alla svelta.
La ragazza lo seguì con lo sguardo, quando Peter parlò ancora.
“Che avete fatto fino a adesso?”
Lei lasciò andare le spalle con un sospiro. “Non credo che vorresti saperlo” disse, iniziando a camminare dirigendosi verso gli altri.
“Come ha fatto a convincerti a perdonarlo?”
“Non mi ha convinto a fare niente. Non mi obbliga a stare con lui, se è questo che pensi, io semplicemente lo voglio”
“Eri molto più coscienziosa quando lui non c’era. Ti fa agire da stupida”
“Bè, allora sono felice di essere stupida…Lui non mi trova stupida” Susan si fermò all’improvviso e si voltò verso il fratello, un poco innervosita. “Lo amo, Peter! Quante volte te lo devo dire ancora?”
“L’amore ti rende sciocca, Sue”
“No, l’amore mi rende libera. Mi rende me stessa come non lo sono mai stata. Da quando sto con lui sono diventata una persona migliore”
I due ragazzi si fissarono un istante. L’espressione di Peter non mutò, rimase astiosa; quella di Susan, invece, da arrabbiata divenne triste.
“Perché non riesci a capire? O non vuoi capire…”
“Dopo quello che ti ha fatto…tu…”
“Finalmente!” esclamò Lucy, troncando quella nuova discussione sul nascere.
La Valorosa avrebbe tanto voluto chiedere alla sorella come si erano risolte le cose tra lei e Caspian, ma la presenza di Peter la frenò.
“Ehm…tutto ok?”
“Si, Lu” le sorrise Susan e la ragazzina capì senza bisogno di parole.
Fece un gran sorriso. “Bene!”
“Coraggio” disse ancora Peter. “Direi che è ora di muoverci, non trovate? Abbiamo già perso abbastanza tempo, e a quanto pare…” aggiunse poi, passando di fianco a Caspian, “qui sembro l’unico a ricordarsi che abbiamo una missione da compiere”
Il Liberatore scoccò un’occhiata al Magnifico, che si fermò insieme alle sorelle poco più in là. Susan gli fece cenno di no con la testa, come a volergli dire di lasciar perdere, e Caspian stavolta incassò la provocazione. Avrebbe però tanto voluto dare un’altra bella lezione al Re Supremo. Con tutto il rispetto che aveva per Peter e per il suo titolo, il Magnifico non poteva comunque trattarlo così!
Nessuno aveva fatto commenti in proposito alle lievi contusioni che i due Sovrani riportavano al labbro e all’occhio, c'era stato solo qualche mormorio.
“Sire” disse Rhynce a Caspian, mostrandogli le ceste di viveri “abbiamo già provveduto a cercare cibo e acqua, ma non abbiamo trovato molto a parte qualche frutto. E’ una terra sterile”
“Capisco. Non importa, avete fatto comunque un buon lavoro. Caricate le barche e riportate il tutto sulla nave. Io e gli altri Sovrani cominceremo le ricerche della Spada e del prossimo Lord, come disposto”
“Sì, Vostra Maestà”
Rhynce si inchinò e, con Tavros, radunò i marinai il cui compito era occuparsi delle provviste.
“Maestà” disse Ripicì, zampettando verso il Re, Emeth dietro di lui. “Io e il giovane tarkaan abbiamo pensato una cosa mentre non c’eravate. Vedete, io dubito che i Lord si siano fermati qui, mio signore. Non v’è traccia di esseri viventi”
“Pensiamo inoltre che potrebbe essere tutta un trappola” continuò il soldato. “Se la Strega Bianca ci spingesse a cercare qui una delle Sette Spade ma in realtà non ci fosse affatto?”
Caspian rifletté un momento. “Non possiamo comunque escludere la possibilità che uno di loro sia giunto qui”.
“Sire” disse Emeth, “io penso non sia troppo prudente ascoltare quello che ci ha detto la Stella Azzurra. Se anche lei fosse dalla parte della Strega…”
“Che dite?” esclamò la voce di Edmund alle loro spalle. “La Stella un’alleata di Jadis? State scherzano, spero”
“Forse non ci siamo spiegati bene” s’inchinò il topo. “Intendiamo dire che potreste aver sognato la guida sbagliata, Re Edmund. Non la vera, ma la fasulla”
“In fondo, potrebbe aver ragione Eustace” disse Emeth.
“Eustace?” chiesero tutti in coro, un po’ perplessi.
Ripicì annuì. “Sì, sul fatto che ci sono due stelle. A proposito, dov’è il piccoletto?”
Tutti si guardarono intorno, accorgendosi solo in quel momento che Eustace non era lì con loro. A ben vedere, non era proprio da nessuna parte.
Cominciarono a chiamarlo a gran voce ma nessuno rispose.
“Ho un brutto presentimento” mormorò Lucy.
“Chi è l’ultimo che l’ha visto?” chiese Susan.
“Io” disse Peter.
“Dove?”
“Era laggiù, sotto quegli alberi. Poi si è alzato dicendo che andava a bere al torrente e…”
“Quanto tempo fa è successo?”
Peter rifletté. “Non so, Sue. Sarà…un quarto d’ora, circa”
“Oh cielo, e adesso?” esclamò Miriel, portandosi le mani al viso. “Se avesse già incontrato Jadis?”
Immediatamente, l’intero equipaggio si mobilitò. Si erano tanto raccomandati di non dividersi, e ora erano costretti a farlo.
Caspian ordinò che le ragazze rimanessero lì sulla spiaggia con Drinian, Rhynce e qualche altro marinaio, in caso Eustace fosse tornato da solo. Lui, Edmund, Emeth e Peter sarebbero andati a cercarlo altrove.
“State molto attenti” raccomandò Gael, guardandoli allontanarsi.
“Caspian” lo chiamò Susan correndo da lui. “Prendi questo” e così dicendo, gli posò il corno d’avorio tra le mani. “Potrebbe servirti per chiamarmi”
Lui sorrise con lei e lo prese. “Già…ma l’ultima volta che mi hai detto questa frase, serviva più a te che a me”
Lei fece cenno di no col capo. “Stavolta no. Non credo che la Strega Bianca esca allo scoperto. Se davvero è qui, si nasconderà da qualche parte dentro l’isola, non trovi?”
Caspian annuì e poi si legò il corno alla cintura. “Sta attenta anche tu, d’accordo?”
“Certo”
Dopodiché, Susan tornò dalle compagne, mentre Caspian raggiungeva Edmund che si era fermato ad aspettarlo. Peter e Emeth camminavano un poco più avanti a loro.
“Ce l’hai anche tu con me per quello che è successo con Susan?” chiese Caspian all’improvviso.
Edmund lo guardò sorpreso. “Non è un po’ tardi per chiedermelo? Ormai avete fatto pace, mi sembra”
“Non voglio che tu sia arrabbiato, Ed. Non tu. Sei il mio migliore amico. Per me è importante che tu capisca”
Edmund scosse il capo senza guardarlo. “Non sono arrabbiato. Non dovete certo dirci tutto quello che fate”
Caspian lo fissò un momento. “Però?”
Il Giusto continuò a tenere lo sguardo dritto avanti a sé. “Però niente. So che Susan non è una stupida, so che ha le idee chiare, ma non posso fare a meno di preoccuparmi per lei” Edmund guardò Caspian con la coda dell’occhio. “Cercate di non litigare troppo, va bene? Anche se so che mia sorella è davvero odiosa quando ci si mette”
“Mi dispiace, Ed. Sinceramente.” disse ancora Caspian. “So che tenerla con me equivale a portarla via alla sua famiglia. Ma anch’io vorrei poter far parte della sua vita”
Edmund sospirò. “Lo so. Per questo voglio che ti impegni al massimo e che la rendi felice”
I due amici si sorrisero, poi si strinsero in un abbraccio.
“Grazie, Edmund. Per me vuol dire molto”
“E come la metti con quell’altra donna?”
Caspian lo guardò sorpreso, poi capì che Peter doveva aver detto ogni cosa a lui, Lucy e Miriel. “Cercherò di spiegarle e spero potrà capire”
Dopo quel discorso, il Re di Narnia si animò di una nuova sicurezza. Vedere quanta fiducia e quanto affetto Edmund avesse per lui e che approvase la sua unione con Susan, lo aiutava molto.
 
 
Uno strano luccichio attirò la sua attenzione.
Eustace smise immediatamente di bere e osservò ammaliato il bagliore dorato che era appena passato davanti al suo volto.
Ancora inginocchiato sul terreno, subito si alzò in piedi seguendo con lo sguardo la scia luminosa che via via si allontanava. Fece una corsetta per raggiungerla, scrutando attentamente la superfice dell’acqua per capire se quello che aveva visto era effettivamente…
Il luccichio e ciò che lo provocava, si fermarono all’improvviso. Eustace si sporse un poco e vide sul fondo, incastrato tra i ciottoli azzurri e grigi, un grosso bracciale d’oro.
“Bello…” mormorò con un sorriso, immergendo una mano e cercando di prenderlo.
Ma quello si liberò dai sassi e la corrente lo portò di nuovo via.
Fu istintivo, ma in seguito se ne sarebbe pentito amaramente: Eustace non pensò neanche per un momento di tornare indietro, o che potesse essere pericoloso allontanarsi da solo, per di più quando sapeva benissimo che la Strega Bianca poteva essere nei paraggi. Ma davvero non ci pensò. Tutti i suoi pensieri erano concentrati sul bracciale.
Una volta, Eustace aveva letto un libro- non ricordava quale- in cui al protagonista accadeva una cosa simile alla sua: in un fiume trovava un oggetto prezioso che poi la corrente trasportava via, lontano, fino a una grotta dov’era nascosto un magnifico tesoro.
Tutte sciocchezze, aveva sempre pensato lui, che non aveva mai perso tempo a fantasticare sui tesori. Tuttavia, da qualche mese aveva imparato che tutto a Narnia può succedere e quindi…chissà che anche lui non avesse potuto trovarne uno! Se fosse stato così, non l’avrebbe diviso con nessuno, si sarebbe tenuto il segreto per sé.
Così, Eustace continuò a inoltrarsi sempre più nel bosco, scoprendo che non era poi così grande. In pochi minuti, infatti, arrivò al suo termine, dove gli alberi non erano più verdi e carichi di frutti come sulla riva, ma spogli e radi, e in alcuni punti avevano i rami bruciacchiati.
Non appena mise piede fuori dalla boscaglia, un’ondata di caldo atroce lo fece boccheggiare. Era sbucato in una piccola valle chiusa su tre lati da pareti di roccia. A sinistra e a destra, spuntavano geyser di vapore. Le esplosioni fecero guizzare in alto le fiamme.
L’unica era continuare dritto.
Eustace avanzò senza esitare, sempre convinto che alla fine avrebbe davvero trovato un tesoro, proprio come aveva detto Ripicì all’inizio della loro avventura: Poserai lo sguardo dove l’occhio umano o animale non si è mai posato. Troverai meravigliosi tesori…
Il topo aveva parlato anche di pirati, fanciulle in pericolo, creature mitiche…bè, quasi tutto si era avverato. I pirati c’erano, quelli di Calormen; di strambe creature ne avevano incontrate molte, primi fra tutti gli Inettopodi; una fanciulla in pericolo da salvare c’era, la Stella Azzurra…mancava proprio il tesoro per completare il quadro.
Di sentieri non ce n’erano, ma a lui bastò continuare a seguire il corso del fiume, che diveniva via via sempre più stretto mentre la vegetazione scompariva del tutto.
Una volta fuori dalla valle, il terreno cominciò a salire, e anche il fiume saliva.
Parecchie volte, il ragazzo si fermò a riprendere fiato, sempre attento a non perdere di vista il luccichio del bracciale, ormai convintissimo che presto o tardi avrebbe scorto il nascondiglio del tesoro.
Immaginò di arrivare presto sul crinale della montagna, di scorgere tutta l’isola e il Veliero dell’Alba in lontananza. Ma più saliva, più si rendeva conto di avere la visuale sbarrata da un’altra montagna, la più alta di tutte: il vulcano.
Senza accorgersene era giunto fin lì. Aveva avuto così tanta paura al pensiero di doverci andare...ma adesso che l’aveva raggiunto e guardando nel suo incandescente cratere, sentì un’improvvisa emozione.
“Se gli altri sapessero che ci sono arrivato da solo…”pensò con orgoglio.
Ah, il topastro sarebbe stato il primo a saperlo! Aveva perso la scommessa, quel ratto insolente, e adesso gli doveva le sue razioni di torta!
Eustace fece una risatina, poi si girò per vedere dove fosse finito il bracciale. Notò che il fiume si era ridotto a un rigagnolo di acqua che spariva tra le rocce. Il bracciale, troppo grande per passare tra le fenditure, si era fermato di nuovo e ora stava là, coperto nemmeno per metà dall’acqua, quasi aspettando che qualcuno lo prendesse.
Eustace lo afferrò e se lo mise al braccio. Era proprio d’oro zecchino! E c’era anche uno strano simbolo inciso: un piccolo martello sormontato da una stella.
Per un attimo rimase pensieroso: dove poteva averlo già visto? Gli sembrava proprio…oh bè, non aveva importanza ora.
Fece spallucce e si girò ad osservare il panorama desolato ma in un certo modo affascinante. Un fiume di lava scendeva lungo il lato opposto del vulcano, giù fino all’Oceano. Fece per avvicinarsi ancora un poco, per poter guardare meglio dentro il cratere.
Non l’avesse mai fatto…
Scivolò all’improvviso e rotolò per parecchi metri, sbucciandosi gomiti e ginocchia, temendo davvero di finire nella lava. Si arrestò quando andò a sbattere contro un masso al quale si aggrappò saldamente, abbracciandolo, i piedi penzoloni nel vuoto. C’era un profondo dirupo che si apriva sotto di lui.
Si alzò alla svelta, ansimante. Era stato molto, molto fortunato.
Cercò di risalire ma non era mai stato bravo ad arrampicarsi, così si spostò verso destra, costeggiando la parete di roccia e girando intorno alla montagna seguendo una stretta stradina a ridosso del burrone. Eustace non resistette e guardò giù. La gola era profondissima e il sentiero scendeva versò il suo esatto centro. Uno strano bagliore riluceva là in fondo.
Quando fu quasi ai piedi del vulcano, guardò in basso un’altra volta…e trattenne il fiato e un grido di puro stupore.
Un infinito susseguirsi di sfavillii dorati, argentati, blu, rossi, gialli e verdi, di sicuro provenienti da scettri, corone, piatti e scudi incastonati da magnifiche pietre preziose.
Lo sapeva! Il tesoro c’era davvero.
Si tuffò letteralmente in ginocchio, fissando avidamente tutto quel ben di Dio. Era ricco!
“Incredibile! Incredibile!” continuava a mormorare Eustace tra sé, raccogliendo quanti più oggetti preziosi potesse trasportare. Ma si accorse fin troppo presto che non era possibile portare via poi molto. Se avesse avuto un sacco, o una borsa…
Rovistando qua e là, le sue mani incontrarono qualcosa di strano al tatto sotto l’ennesima coppa. Quando la spostò, sotto di essa spuntò una mano scheletrica.
“AIUTOOOOO!!!!!!!” urlò Eustace, facendo rimbombare la sua voce tra le pareti del dirupo. “Che orrore-che orrore-che orroreeeeeeeee!!!”
Indietreggiò istintivamente, strofinandosi contro i pantaloni la mano con cui aveva toccato quella del morto.
Eustace tremò un poco. “Ok, amico, il tesoro è tuo, ho capito. Ma tu sei morto, per cui non ti serve più. Ti spiace se me ne prendo un po’?”
Dicendo ciò, notò che lo scheletro aveva a tracolla una sacca piuttosto capiente.
“Scusa, eh..” fece Eustace, tentando di prenderla toccandolo il meno possibile. “Andiamo, non fare il difficile! Mollala!”
Riuscì infine a sfilargliela, cadendo all’indietro e facendo ruzzolare a terra anche lo scheletro, e con lui una lunga spada.
Eustace posò immediatamente lo sguardo su di essa e la riconobbe: era una delle Sette Spade.
“Waw! Ho trovato la terza!”
Fece un sorriso che subito si spense, poiché non poté fare a meno di pensare che quel poverino tutto ossa che gli aveva fatto tanto ribrezzo, non era altro che uno dei Lord di Telmar.
In questi caso si doveva forse dire, ‘che riposi in pace’, o almeno così gli avevano insegnato i suoi genitori. Poi si tolse la casacca, rimanendo in camicia, e la posò sopra il corpo.
“Mi spiace…”
Proprio in quel momento un suono spaventoso, fragoroso, giunse alle sue orecchie e il ragazzino prontamente si portò le mani ad esse. Poi, un’ombra gigantesca e sbuffi di fumo nerastro precedettero la spaventosa creatura che uscì dalla curva in fondo alla gola: un’enorme lucertolone color piombo, con un lungo collo squamoso, proprio come il corpo sul quale spuntavano due ali di cuoio simili a quelle di un pipistrello, le quali stridevano contro le rocce che occupavano il passaggio troppo piccolo per lui; e gli occhi rossi, la coda lunga diversi metri che strisciava sul terreno, le zampe munite di artigli atroci e infine il muso, dov’era presente una bocca piena di denti terribilmente affilati.
Automaticamente, Eustace spalancò occhi e bocca. Sentì che non avrebbe potuto alzarsi perché le gambe di certo non l’avrebbero retto. Se non era ancora svenuto, era proprio un miracolo.
Mai e poi mai aveva creduto all’esistenza dei draghi, ma ci credeva adesso.
Il bestione alzò il collo ed emise ancora quel terribile verso, simile a un lamento. Appariva stanco, vecchio e debole. O forse faceva solo finta di esserlo, così da poterlo indurre ad abbassare la guardia e poi papparselo in un sol boccone.
Eustace, seduto a terra, indietreggiò aiutandosi con le mani, lasciando la presa sulla spada del Lord. Fu un gesto impulsivo, che forse gli altri non avrebbero mai fatto, cercando invece di proteggere il talismano, ma l’istinto di sopravvivenza era più forte.
“Dove scappi, ragazzo?” disse una voce alle sue spalle, e in quel preciso istante Eustace andò a sbattere contro qualcosa. O qualcuno.
Si voltò e guardò in alto, e una goccia di sudore gli colò dalla fronte fino alla guancia.
L’aveva sempre vista sotto forma di nebbia verde, ma in carne ed ossa era ancora più spaventosa.
La Strega Bianca lo fissava impassibile, la Spada di Restimar stretta in mano.
“Qu-quella è di Peter!” esclamò Eustace.
Altissima, avvolta in un bianco abito che le lasciava le braccia nude, i lunghi capelli biondi intrecciati sul capo in una stretta acconciatura, il viso impassibile. I suoi occhi neri penetrarono in quelli azzurri del ragazzo, che cacciò un urlo e si alzò in piedi di scatto.
Eustace si guardò alle spalle. Il drago ormai si era accorto di lui e sibilava pericolosamente spiegando le ali per spiccare il volo. Di sicuro era un alleato della Strega e a un suo gesto l’avrebbe attaccato.
Eustace lanciò rapide occhiate alla donna e alla Spada sul terreno.
Lei capì le sue intenzioni. “Non credo proprio…” disse, alzando la Spada di Restimar verso il ragazzino.
In quel momento, incredibilmente il drago si abbatté contro la Strega, che gridò, e una lunga ferita scarlatta apparve sul suo braccio più bianco della neve.
Eustace approfittò di quel momento per abbassarsi e afferrare l’altra Spada e colpire quella di Restimar, che cadde dalle mani di Jadis.
“NO!” ruggì la donna, afferrando il braccio del ragazzo e ritrasformandosi in nebbia.
Eustace urlò ancora e si sentì trasportare via. Gli mancò il fiato e quando riuscì di nuovo a respirare, tossì perché la cenere gli era entrata in gola.
Aprì gli occhi che aveva serrato, e vide pareti di rocce incandescenti e un immenso lago di lava poco più in là. Era dentro il vulcano, il drago e la Strega Bianca con lui.
L’animale si accasciò improvvisamente a terra con uno spasmo e poi non si mosse più. Eustace capì che aveva usato le ultime forze per aiutarlo.
“Tu!” gridò una voce al di sopra del boato del ribollire del magma. “Dammi quella spada!”
Eustace si accorse di stringere ancora l’elsa della nuova Spada e che la Strega non aveva più quella di Restimar.
 “No, te lo scordi!” esclamò, tremante, stringendo l’arma con tutte e due le mani, portandola davanti a sé.
Jadis superò la carcassa del drago e allungò un braccio. “Dammela adesso”
Eustace fece cenno di no col capo, indietreggiando appena, cercando contemporaneamente di tenere sotto controllo lei, la lava e il pozzo infuocato che era appena dietro di lui, in fondo al quale ribolliva il magma.
Improvvisamente, avvertì un acuto dolore al braccio al quale aveva infilato il bracciale d’oro.
“Non ho nessuna intenzione di perdere tempo con una persona inutile come te” disse Jadis sprezzante. “I tuoi cugini sono il piatto forte, non certo tu.”
“Io non sono inutile!” sbottò Eustace, in un certo modo offeso dall’indifferenza che la Strega Bianca dimostrava nei suoi confronti.
“Tu sei completamente inutile, Eustace caro. Nessuno ha bisogno di un bambino capriccioso, noioso e prepotente”
“Ho trovato la terza Spada! E quando ti avrò cacciata, uscirò e riporterò a Peter la sua”
Se uscirai di qui” lo canzonò Jadis. “Se mai verranno a cercarti”
“C-certo che verranno! Loro non mi lascerebbero mai…”
La Strega Bianca scoppiò a ridere. “Piccolo ingenuo. Sei soltanto un peso, non te ne rendi conto? Ma che cosa ci fai qui? Saresti dovuto rimanere a casa”
Eustace fissò nei suoi profondi occhi di tenebra e si sentì mancare.
“Non vorresti tornare a casa? Dai tuoi genitori” Jadis lo guardò con profondo dispiacere e il suo tono si addolcì. “Povero caro…tutti ti hanno trattato male sin dall’inizio, ti hanno disprezzato perché non eri coraggioso, ma tu non ne hai alcuna colpa. Non sei come loro. Non lo sarai mai. Tu non appartieni a Narnia”
La voce di lei era come una cantilena rilassante, e Eustace abbassò le mani lungo i fianchi, piano piano. Starni luccichii rossastri danzavano davanti ai suoi occhi, non seppe se per colpa dei lapilli incandescenti o per qualche sortilegio opera della Strega.
“Vedo tua madre e tuo padre…sono così disperati…”
“Come?!” esclamò il ragazzo sbarrando gli occhi.
“Cercano il loro bambino e non lo trovano. Ti credono disperso, forse morto”
“No! No!” gridò Eustace, e davanti a lui apparvero Alberta e Harold stretti l’uno all’altra, sconvolti, lei in lacrime.
Aveva provocato davvero tanto dolore ai suoi genitori?
“Se non fossi mai venuto…” sibilò la malvagia donna, camminando lenta verso di lui. “Ma io posso farti tornare da loro. Devi solo chiedermelo”
Eustace alzò gli occhi pieni di lacrime su di lei.
“Dammi la Spada, Eustace e torna a casa. Chiedimelo. Lo so che lo vuoi”
“E’ c-colpa m-mia…”
“Oh, no, tesoro. La colpa è dei tuoi cugini. Loro ti hanno portato a Narnia, dicendoti un mucchio di bugie. Non è il mondo che loro vogliono credere che sia. E’ pieno di pericoli, di guerre. Non lo stai forse provando sulla tua pelle?”
Sì…sì era vero. Sulla Terra, Lucy e gli altri non avevano fatto che parlare di avventure meravigliose, di luoghi incantevoli...ma di tutto ciò, Eustace non aveva visto ancora la metà. Da quando era lì, era stato costretto a seguire i cugini e Caspian in un viaggio dove rischiavano la vita ogni giorno. Aveva solo tredici anni, maledizione! Non voleva morire! Che gli altri facessero pure i prodi combattenti, ma lui non era portato per questo. Lui voleva la tranquillità della sua casa, la sicurezza delle braccia di sua madre…
“Sì…” mormorò poco dopo, mentre la visione dei genitori scompariva e tornava a fissare il viso della Strega Bianca. “Voglio…tornare…”
“Dove?”
“A…ahi!” esclamò all’improvviso. Il braccio aveva mandato una fitta spaventosa e Eustace se lo afferro spontaneamente, notando che il bracciale sembrava essersi ristretto e ora gli segnava dolorosamente la pelle.
Un altro boato risalì dalla gola del vulcano, un rombo simile a un ruggito di un leone.
E quel suono, misto al dolore acuto, lo avevano risvegliato dal torpore.
“Stai indietro!” esclamò il ragazzo brandendo di nuovo la Spada del Lord, ancora senza nome.
La Strega lo guardò con odio e afferrò la lama ma senza farsi un graffio. I segni rossi sul suo braccio invece sanguinavano ancora, ma lei pareva non accorgersene neppure. Probabilmente non percepiva il dolore come le persone normali, pensò Eustace. Anzi, si era persino stupito di vedere il sangue rosso come il suo scorrere nelle vene di una creatura così gelida. Non pareva neppure soffrire il gran caldo che faceva lì dentro.
“Non riuscirai a usare questa spada, Eustace. Non è per te”
“Tu che ne sai?”
Jadis lo guardò con occhi fiammeggianti.
Nonostante la paura folle e il dolore, il ragazzo strinse ancor più la Spada del Lord, e avvertì come se un fluido scorresse tra di essa e lui. Ricordò che prima Edmund e poi Peter avevano raccontato di aver percepito un legame con le loro, e per un momento, Eustace si illuse che potesse essere così anche per lui: poteva essere uno degli Amici di Narnia, e la spada che impugnava ora era la sua.
Jadis aveva torto marcio! Forse non era stato molto utile a nessuno fin ora, si era sempre lamentato di tutto e tutti, aveva cercato in ogni modo di non ammettere neanche con se stesso che in realtà avrebbe voluto essere come i cugini e li invidiava. Loro avevano qualcosa che non avrebbe mai avuto: avevano Narnia. In questo Jadis aveva ragione, lui non si sentiva ancora totalmente parte di essa.
Ma voleva esserlo. Anche lui voleva essere ben voluto dagli altri, e non sempre rimproverato o preso in giro.
A casa non aveva molti amici, solo una, una ragazza della sua scuola. Ma nemmeno con lei a volte andava troppo d’accordo, perché lo trovava insopportabile e arrogante, e così spesso litigavano. Invece, lì a Narnia avrebbe potuto averne così tanti di amici…solo che li aveva scartati tutti a priori, allontanati per qualche strano motivo, forse per paura. Sì, era spaventato e arrabbiato.
Adesso non più. Lo era ma non voleva più esserlo. Voleva fare qualcosa per gli altri, e cacciando la Strega da quell’isola con l’aiuto della Spada del Lord, l’avrebbe fatto.
“Non sfidarmi, ragazzino” disse la Strega Bianca, “Non ti conviene. Ora lascia immediatamente questa spada se non vuoi che ti butti di sotto”
“Provaci!”
Jadis piombò su di lui e lo afferrò sbattendolo contro una parete. Gli si mozzò il fiato quando picchiò la schiena contro la roccia bruciante. La Strega gli strappò la spada dalle mani e sembrò tutto perduto...quando il ragazzino sentì che il dolore al braccio diventava insopportabile e il bracciale diventò incandescente all’improvviso.
La Strega Binaca lo guardava attonita, non furiosa o schernitrice, semplicemente allibita da qualcosa che stava evidentemente accadendo ma che Eustace non capì.
Il ragazzo allungò ancora la mano, cercando di riprendere il talismano, e- orrore!- vide l’ombra di un drago stagliarsi sul suolo della cavità.
Jadis gridò e brandì la Spada contro di lui. Eustace indietreggiò, ma era ormai sul limitare del pozzo di lava e cadde all’indietro, afferrandosi istintivamente alla lunga veste di lei. Cercò di tenersi a qualcosa, ma non c’era nulla per aggrapparsi e così sentì che scivolava giù, nel vuoto, dritto verso il lago di fuoco.
Tutto divenne rosso e incandescente e si rese conto di stare nuotando nel magma. Ma com’era possibile? Avrebbe dovuto essere già morto e invece…invece scoprì che la lava non gli dava nessun fastidio, casomai lo pizzicava solo in po’ nei pressi delle narici, per via dell’odore pungente di zolfo.
Tra le lingue di fiamma, vide distintamente una scia verdastra dibattersi e poi scomparire, lasciando però lì tra le fiamme la Spada del Lord.
Eustace non ci pensò due volte e allungò un braccio per afferrarla, e quella, a contatto con la sua mano, subito brillò della sua abbagliante luce azzurra.
Non seppe come, si ritrovò fuori dal lago di fuoco ed era vivo! Vivo e vegeto!
Girò la testa da tutte le parti per osservarsi e constatare che non aveva bruciature. Dolore non ne sentiva…ma…
Le sue braccia e le gambe erano…
Allibito, alzò la mano davanti agli occhi. Ma non era più la sua mano, ma la zampa di un drago, la quale stringeva la Spada del Lord che sembrava esser divenuta piccolissima in quell’enorme artiglio. Somigliava più a un coltellino che una vera spada.
Portò un piede in avanti, e anche quello era divenuto una zampa squamosa e munita di artigli. Fece un giro su se stesso e vide una lunga coda; si voltò a destra e a sinistra per guardarsi la schiena, dove spuntavano le ali da pipistrello.
“Oh no!” cercò di gridare, ma dalla sua bocca uscì solo un grugnito fragoroso.
Si portò le zampe alla bocca e si guardò attorno disperato. Ora desiderava sul serio sua madre!
Doveva uscire di lì e avvertire subito gli altri di quello che gli era successo, sperando che capissero, anche se non vedeva come avrebbero potuto. Se almeno avesse mantenuto la parola…Ma non riusciva ad emettere una sillaba che fosse una.
Si guardò indietro, verso il nucleo del vulcano, come se pensasse di veder riapparire Jadis. Non era morta lo sapeva, l’aveva vista svanire avvolta dalla sua nebbia. Se n’era andata, sconfitta, perché neppure lei poteva niente contro un drago. Ecco perché era apparsa così spaventata!
Incredibile! Lui che aveva spaventato la Strega Bianca! Al topastro questa storia sarebbe piaciuta.
Sbatté una volta le grosse ali, incerto, poi ancora e ancora, finché non trovò il ritmo giusto e riuscì ad alzarsi da terra. Sbandò un poco, ma subito trovando il giusto equilibrio che gli permise di volarsene fuori dal cratere e raggiungere il cielo.
 
 
Caspian, Edmund, Peter e Emeth percorrevano le lande desolate dell’isola senza trovare alcuna traccia di Eustace. Anche loro salirono sul crinale del vulcano e guardarono dentro il cratere, intimoriti.
“Non pensate sia…” fece Edmund, deglutendo sonoramente.
“Mi auguro proprio di no” commentò Peter, continuando a seguire cautamente la strada che girava attorno a tutto il vulcano.
Era piuttosto stretta, ma tenendosi alla parete rocciosa e stando attenti a non inciampare nei sassi che ostruivano il cammino, riuscirono a procedere abbastanza spediti.
Continuavano a chiamare il nome di Eustace, ma non vi era nessuna risposta.
Ci volle qualche tempo per scendere fino a valle, dove speravano di trovarne qualche traccia, quando Emeth esclamò: “Vostre Maestà, guardate!”
Gli altri si fermarono ad osservare e sgranarono letteralmente gli occhi.
“Un tesoro!” esclamò Edmund.
“Sì” fece Caspian scettico, “una buona esca per attirare qualcuno di incosciente sul fondo del precipizio, dove probabilmente lo aspetta qualcosa di temendo”
“La Strega Bianca” mormorò Peter, guardando i compagni.
“O una bestia feroce” gli fece eco Emeth, scambiandosi uno sguardo con il Liberatore.
“E cioè?” chiese Ed.
“Draghi” rispose semplicemente il soldato.
Caspian annuì. “Esatto, anch’io ho pensato la stessa cosa. Tesori di questo tipo si trovano solo in due occasioni: in mare, nel covo segreto di qualche leggendario pirata, o sulla terraferma, dove di solito sono custoditi da un drago. E in entrambi i casi, credetemi, è meglio non avvicinarsi”
“Ad ogni modo, noi dobbiamo trovare Eustace” disse Peter, convincendo gli altri a seguirlo.
Arrivati al tesoro, iniziarono a guardarsi attorno con molta circospezione, estraendo le spade e stando attenti a non toccare niente.
“Non dovevamo separarci” disse Edmund, il panico nella voce.
“Forse la colpa è mia” disse ancora Peter. “Non dovevo dargli il permesso di andare solo al fiume”.
“Guardate!” gridò Emeth, chinandosi a raccogliere qualcosa. “E’ la casacca di Eustace. La portava questa mattina”
Gli altri si inginocchiarono accanto a lui, senza sapere cosa pensare o cosa dire. Emeth tolse l'indumento dal punto in cui era posata, e tutti e quattro fecero un passo indietro alla vista di ciò che c’era sotto.
In un primo momento, temettero potesse trattarsi dello scheletro del loro amico, forse venuto a contatto con qualche mortale sortilegio, ma subito Caspian capì che non era così.
“E’ uno dei Lord di Telmar. E’ Lord Octesian” mormorò a mezza voce.
“Da cosa lo riconosci?” chiese Peter.
“Guarda il fodero della sua spada”
Il Re Supremo, così come gli altri, vide una O d’argento ricamata sul cuoio nero.
“Ma allora Eustace è stato qui!” esclamò Edmund con un moto di rinnovata speranza. “E stava bene quando ci è arrivato, o non avrebbe coperto il corpo con la giacca. Cosa può essergli capitato?”
“In questo posto?” fece Caspian alzandosi e guardandosi intorno. “Qualsiasi cosa”
Cominciò a muoversi tra gli oggetti preziosi e gli alti capirono cosa stava cercando. Da qualche parte, se c’era Lord Octesian, doveva esserci anche la sua Spada.
Mentre cercavano, Peter fu attirato da qualcosa. Un bagliore azzurrognolo non troppo distante dal corpo del Lord.
“L’hai trovata?” chiese Caspian.
Peter fece cenno di no col capo, mentre alzava una spada da terra. Una delle Sette, ma…
“E’…è la mia. E’ la Spada di Restimar” disse incredulo, sentendo un piacevole formicolio nel braccio mentre la teneva stretta. “Questo vuol dire che la Strega è stata qui! E quindi Eustace…”
“L’ha incontrata” concluse Caspian. “E forse la Spada di Octesian è ora in mano a lei”
“Può darsi” disse Edmund. “Però non mi spiego come mai la Spada di Restimar sia rimasta qui vicino al corpo di Lord Octesian. Jadis non l'avrebbe mai lasciata. Che cosa può essere successo?”
I ragazzi rifletterono per qualche minuto, senza però giungere a una spiegazione che sembrasse loro plausibile. La cosa che li preoccupava di più, adesso, era sapere le sorti di Eustace. Se davvero lui e Jadis si erano incontrati…c’era stata una lotta? Lui aveva per caso trovato la Spada di Octesian prima di lei e l’aveva usata? E poi che cos’era successo? La Strega l’aveva ucciso? L’aveva rapito?
Decisero di proseguire ma scoprirono ben presto che la gola del tesoro era un vicolo cieco.
“Devono essere per forza tornati indietro” commentò Emeth. “A meno che la Strega Bianca non abbia imparato a volare”
“Non sarebbe sorprendente” disse Edmund con un tono inquieto.
 
Nel frattempo, al Veliero dell’Alba, stava per accadere qualcosa.
Nell’aria immobile inframezzata solo da qualche ronzio d’insetti o frullare d’ali, un rumore ritmico e sconosciuto attirò l’attenzione di tutti. Cosa poteva mai essere? Sembrava quasi il battito di gorsse ali.
Poco dopo, si udì un altro suono, terrificante, agghiacciante, un frastuono che riecheggiò non troppo lontano.
“Avete sentito?” fece qualcuno, e dai parapetti si affacciarono facce ansiose “Guardate laggiù!” esclamò qualcun altro.
Lucy, Gael, Susan e Miriel erano sul cassero di prua, accanto al timone assieme a Drinian.
La Valorosa si volse verso il capitano e le compagne. “Ma che cosa è stato?”
Da dietro le cime degli alberi del bosco di cedri, una vampata di fuoco risalì verso il cielo. Ancora quel suono, ora più vicino.
“E’ un altro vulcano quello?” chiese spaventata Gael.
“Oh no, non è un vulcano” mormorò Drinian, scattando subito sull’attenti. “Uomini! Tutti in coperta!” gridò poi.
“Che cos’è?” chiese subito Susan.
“Un drago, mia signora. E viene dritto verso di noi”
Susan tremò, Miriel gridò e Gael abbracciò Lucy, gli occhi di tutte spalancati dalla paura.
“Che cosa possiamo fare?” esclamò la Driade.
“Arcieri armatevi, svelti!” ordinò la Regina Dolce, prendendo in mano la situazione. “Lord Drinian, ascoltatemi: voi starete con un gruppo sul lato est del ponte, io con altri sul lato ovest”.
“Sì, signora!”
“Eccolo! Eccolo!” gridarono i marinai.
Dapprima fu una macchia indistinta, quando schizzò fuori dagli alberi e si stagliò contro il disco solare. Un’ombra alata, enorme, che veniva dritta vero di loro, e quando poterono guardarlo bene, era già troppo vicino.
“Ai vostri posti!” ordinò Susan, caricando l’arco, mentre il drago scendeva sul mare e toccava le onde con le ali, aprendo la sua spaventosa bocca.
“Prendete posizione!” le fece eco Drinian “Aspettate il comando della Regina!”
L’animale fece ampi giri attorno al Veliero dell’Alba, mentre Susan ordinava di lanciare e un nugolo di frecce cercava di colpirlo. Poi fu il turno di Drinian e dei suoi, ma anche quei colpi andarono a vuoto. Non che non mirassero correttamente, il fatto era che la pelle del drago era così coriacea che le frecce gli facevano a mala pena un graffio.
“Caricate!” gridò Susan al di sopra degli assordanti stridori della bestia.
Le grandi zampe dai lunghi artigli si strinsero intorno al punto più alto dell’albero maestro.
“Ma che fa ora?!” strillò Lucy, stretta a Miriel e Gael.
“Romperà l’albero!” esclamò Drinian allarmato.
Il drago cominciò a far ondeggiare la nave e per poco davvero l’albero non si ruppe.
“Aspettate!” disse Ripicì, estraendo lo spadino e mettendoselo tra i denti.
Si arrampicò fin in cima all’albero, poi, con un balzo acrobatico si aggrappò a una cima e si lanciò nel vuoto, volando letteralmente fino a raggiungere il bestione. Allora prese di nuovo la sua spada e infilzò una delle zampe anteriori. “Prendi questo!”
Il drago gridò di dolore ma finalmente lasciò andare il veliero. Dopo aver fatto ondeggiare il lungo collo, sbatté le ali rabbioso e tornò verso l’isola.
“Se ne va!” esclamarono speranzosi i marinai, ma si sbagliavano.
Il drago puntò dritto verso la boscaglia e solo in un secondo tempo l’equipaggio si accorse del perché faceva questo.
Dagli alberi emersero quattro figure, armate di spade.
Caspian, Peter, Edmund e Emeth avevano visto il drago mentre tornavano indietro, e avevano subito capito in che direzione era diretto. Così, erano corsi a perdifiato fino alla spiaggia, sperando che quella tremenda creatura non avesse già ridotto in cenere il Veliero dell’Alba.
Il drago si gettò in picchiata sui quattro.
Caspian era il più vicino e si voltò appena in tempo per vederlo e abbassarsi, evitandolo. Il giovane vide Peter e Emeth imitarlo, gettandosi l’uno a sinistra, l’altro a destra. Ma Edmund non ebbe la stessa fortuna.
“Edmund!!!” urlò il Liberatore per avvertire l’amico, ma troppo tardi.
Il Giusto gridò quando si sentì afferrare per la vita da una callosa, enorme zampa, mentre il drago riprendeva quota e lo portava lontano, ancora verso il vulcano.
Il ragazzo udì le voci dei compagni farsi sempre più fievoli via via che salivano, e poi sparire del tutto. Cercò di divincolarsi da quegli artigli. Tentò di afferrare la Spada di Bern, e fu allora che si rese conto che il drago, nella zampa libera, teneva saldamente un’arma di uguale fattura.
“Ma cosa diavolo…?”
Poi sgranò gli occhi scuri, quando la creatura superò la cima del monte dal quale usciva un alto spruzzo di fiamme. Vide la grande colata lavica scendere lungo la parete del vulcano e in fondo, quasi sull’altra costa, una valle spoglia. Allora, il drago sputò una lunga lingua di fuoco dalla bocca, prendendo un lungo respiro. Edmund si parò la testa con le braccia, sentendo un calore insopportabile, poi riaprì gli occhi e notò strani solchi scarlatti sul terreno sotto di loro. Che cosa aveva fatto il drago? Strinse gli occhi e guardò più attentamente, comprendendo infine che non erano solchi, ma lettere dell’alfabeto tracciate a fuoco nel terreno. Enormi scritte che riportavano una frase della quale, in un primo momento, non capì il significato, troppo stordito dalla situazione.
“Io sono Eustace” lesse a bassa voce il Re Giusto, fissando le scritte e poi alzando il capo verso il muso del drago.
Si accorse che l’animale lo stava fissando a sua volta. Edmund guardò di nuovo giù, poi il muso, poi la zampa che stringeva la spada.
Eustace?!” esclamò, del tutto allibito.
Il drago fece quello che doveva essere un sorriso e diede in un grido di gioia, tornado immediatamente indietro.
Finalmente qualcuno aveva capito.
Da quando era uscito dal vulcano, l’unico pensiero del povero Eustace era stato quello di trovare un modo per farsi capire dagli altri. Ma come? Aveva volato fino al Veliero dell’Alba con l’idea di atterrare piano piano sulla spiaggia, aspettando che il terrore che di sciuro avrebbe suscitato, si fosse placato dopo che avrebbero capito che non voleva attaccarli in alcun modo. Purtroppo però, non appena lo avevano visto, avevano subito dato battaglia, e benché Eustace comprendesse il perché lo facevano, si era arrabbiato molto e aveva cercato di salire a bordo. Pessima idea…
Poi aveva visto i suoi cugini, Caspian e Emeth uscire dal bosco e...bè, non seppe esattamente cosa avrebbe fatto, ma voleva che qualcuno lo ascoltasse, se non con le buone, con le cattive. Poi l’idea della scritta, mentre portava suo cugino chissà dove, e finalmente (chi l’avrebbe mai detto!) Edmund aveva capito!
Quando gli altri li videro tornare indietro e constatarono che a Ed non era accaduto niente, poterono tirare un sospiro di sollievo. Nonostante ciò, tutti quanti avevano di nuovo le armi pronte.
“No, no, fermi! Non fate nulla! Va tutto bene!” gridò il Giusto, sbracciandosi come un matto quando il drago-Eustace lo posò a terra.
“Venite giù, devo dirvi una cosa. Non abbiate paura, è innocuo”
“Gli ha dato di volta il cervello?” fece Peter incredulo. “Ed, che stai facendo?”
“Venite giù, ho detto, e vi spiegheremo tutto”
Così fecero, ma mai si sarebbero avvicinati a quel bestione se non avessero visto che Edmund non aveva alcuna paura di lui. Di certo, ci doveva essere un valido motivo.
Ed spiegò tutto quello che aveva capito e Eustace aiutò gli amici a comprendere meglio ciò che gli era accaduto quel giorno.
Ormai era calata la sera e adesso erano tutti attorno a lui: i cugini, Caspian, Gael e Rhynce, Ripicì, Drinian, Emeth e Miriel. Eustace stava cercando di scrivere sulla sabbia con i suoi grossi artigli, ma non era un’impresa facile, soprattutto perché gran parte delle scritte le cancellava lui stesso con la lunga coda o calpestandole con le possenti zampe, e così fu costretto a ricominciare tutto da capo più volte.
Alla fine, quello che gli alti riuscirono a leggere, fu più o meno questo:
 
SONO ANDATO A BERE…… BRACCIALE NEL FIUME…… CAMMIANTO FINO A…... TESORO DOVE… LORD E LA SPADA E POI E’ ARRIVATA LA STRE…BIANCA…… NEL VULCANO…… CADUTI GIU’ E…… ACCIDENTI…
 
“Eustace, ma che hai combinato?” fece Susan scuotendo il capo.
“Si sarà fato tentare dal tesoro” disse Peter seccato. Ecco l’ennesimo inconveniente.
“Chiunque sa che il tesoro del drago è una lusinga” disse Caspian, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Bè, per chiunque sia…di qui” aggiunse poi, notando con un po’ d’imbarazzo che i Pevensie e Eustace lo guardavano con un strana espressione. Il drago brontolò.
“C’è un modo per farlo tornare com’era?” chiese Susan.
“Non che io sappia” disse Caspian.
“A zia Alberta non farà molto piacere” disse Edmund “E sentirai zio Harold!”
Eustace pestò una zampa a terra, rabbioso e triste per la sua sfortunata sorte.
“Certo che lo aiuti, così!” fece Peter.
“Vedrai che un modo lo troveremo” disse Lucy gentilmente avvicinandosi al cugino-drago. “Intanto togliamo questo bracciale”
Eustace allungò la zampa e la ragazza glielo sfilò. Era divenuto estremamente grande, si era ingrandito come il suo braccio ma non abbastanza da andargli bene, così che aveva formato sulla pelle una brutta piaga rossa.
“Incredibile!” esclamò Lucy, fissando l’oggetto che pian piano si rimpiccioliva e tornava delle sue originali dimensioni.
 “Questo stemma lo conosco” disse Drinian avvicinandosi un poco. “E’ lo stemma della Gran Casata di Narnia, Sire, lo stesso che c’è sul vostro anello”
Caspian si irrigidì un poco e istintivamente si voltò verso Susan che ricambiò il suo sguardo.
“Sì…sì, è lo stesso” balbettò il giovane.
“Potrebbe essere stato quel bracciale a trasformare vostro cugino, Maestà” disse Ripicì rivolto ai Pevensie. “Può darsi che la Strega vi abbia posto un incantesimo”
“Non penso sia possibile” disse Susan. “Se così fosse, ora che l’ha tolto dovrebbe tornare normale e invece…” guardò il drago sconsolata.
“Molto logico, mia Regina” fece il topo pensieroso, con una zampa sotto al mento. “Allora come può essere andata?”
“Abbiamo tutta la serata per fare congetture e chiarire la faccenda” disse Caspian. “L’importante è aver capito che Eustace ha affrontato la Strega e l’ha sconfitta, probabilmente grazie alla Spada di Octesian, e…bè, sei anche tu tra gli Amici di Narnia, ormai è chiaro”
“Oh, che bellezza!” esclamò Lucy battendo le mani una volta. “E abbiamo di nuovo tutte le Spade!”
“Per sicurezza confrontiamo lo stemma sul bracciale con quello dell’anello reale” insisté Peter. “Non vorrei fosse davvero stregato”
Tutti si voltarono verso il Re di Narnia, in attesa, ma lui non si mosse. Caspian si voltò ancora verso Susan, e lei fece un piccolo passo avanti.
“Ce l’ho io, veramente” disse con un filo di voce, sfilandoselo senza guardare nessuno.
Lucy trattenne il fiato un po’ troppo forte, lo stesso Gael. Per quanto riguardava gli altri, le reazioni furono delle più disparate. E mentre Caspian affermava che sì, quel braccale era proprio quello di Lord Octesian, Edmund spalancò la bocca, Emeth guardò Lucy con tanto d’occhi, Miriel abbassò la testa e sorrise, Drinian contrasse impercettibilmente la mascella e Peter…bè, Peter sembrava essere sull’orlo di una crisi isterica. Gli unici che non fiatarono, furono Ripicì, Rhynce e Eustace.
Lo sconcerto e i sorrisi aumentarono ancor di più quando Caspian riprese l’anello e lo rimise al dito di Susan, precisamente all’anulare sinistro. Lei era sempre a capo chino, in silenzio, chiedendosi quanto ci avrebbe messo ad arrivare la sfuriata.
“Le scialuppe sono pronte, Sire” fece a un tratto la voce di Tavros, ponendo fine a quell’imbarazzantissimo silenzio.
“E come facciamo per Eustace?” chiese Lucy “Non voglio abbandonarlo!”
“Non si riesce e a portarlo a brodo, Vostra Maestà” le rispose Drinian con un tono forzatamente calmo.
“Io resto con lui” disse Susan, avvicinandosi alla sorella e al drago, il quale le fissò commosso e per la prima volta pensò di volere davvero bene alle sue cugine, anche se una era la ragazza più noiosa del mondo e l’altra una nanerottola.
“Drinian” disse Caspian, “voi e gli altri prendete una scialuppa e tornate sulla nave. Noi resteremo qui fino a domattina, per capire che fare”
“Ma non avete provviste e non avete modo di scaldarvi, Vostra Maestà” protestò Rhynce.
A quelle parole, Eustace spalancò le fauci e diede vita a un bel fuoco. Tutti fecero un passò indietro e scoppiarono in una breve risata.
Ripicì si schiarì la voce. “Stavi dicendo?”
“Il problema è risolto, allora” disse Gael saltellando qua e là. “Padre, posso restare anch’io? Ti prego, ti prego!”
Fu così che il solito gruppo si accampò sulla spiaggia, mentre Drinian e Rhynce tornavano sulla nave. Arrostirono del pesce sul fuoco e gustarono qualcuno dei succosi cedri che avevano raccolto la mattina.
A cena terminata, le ragazze si allontanarono verso il fiume per lavare le stoviglie, mentre i maschi preparavano i giacigli per la notte.
Susan fu l’ultima e si attardò dietro alle altre. Arrivò al piccolo accampamento che tutti già stavano parlando ancora dell’avventura di Eustace. Quando una voce la fece trasalire un poco.
“Gli altri non chiedono nulla, ma sai che io non ci passerò sopra”
Susan si voltò e vide il fratello maggiore appoggiato a una roccia, nascosto nell’ombra, le braccia conserte.
“Peter! Mi hai fatto paura”
Il Re Supremo le afferrò il polso sinistro, senza farle male, ma con fermezza, facendo brillare l’anello del Re alla luce del fuoco. “Questo che cosa significa?”






 
Carissimi lettori e lettrici, anche questa settimana eccomi a voi con un nuovo capitolo, principalmente incentrato su Eustace. Spero vi sia piaciuto!
Molti di voi avevano già capito che era uno degli Amici di Narnia, vero? Ora ne manca uno, ma vi dico subito che non comparirà in Queen, ma nel seguito. Per chi ancora non avesse capito chi è, faccia due più due che è facilissimo! ^^
Molte scene e battute, come avevo già fatto in capitoli precedenti, le ho prese dal libro e dal film.
Poche scene Suspian, lo sooooo T_______T E anche le altre coppie non ci sono… sorry guys…
E della Strega che mi dite?
Su su! Commenti comenti commenti!!! XD
 
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Angolino delle anticipazioni:
Come sempre, io vi faccio penare e vi lascio con il dubbio: ora cosa dirà Peter a Susan? Litigheranno? Lui e Caspian si picchieranno ancora? No, la rissa no stavolta, però…una discussioncina ce sta! E sapremo anche cosa ne penserà Drinian a proposito dell’anello.
Non ho messo una scena a cui tenevo molto: le sorti di Rabadash! La inserirò senz’altro nel prossimo. Lo so che l’odiate, ma sapeste cosa gli è successo…eh eh eh…sarete felici!
Anche Shannina non c'è stata...ma Eustace mi ha preso trutto lo spazio! Odiatemi, che io mi odio da sola quando faccio queste cose!!! Mi sembra di non mantenere le promesse!!! >.< Nel capitolo 35 prevedo che ripartano già per la prossima isola, che è quella di…no, non ve lo dico! Perché ci sarà una sorpresa!!! Lo so che dovrebbe essere già quella di Ramandu, stando al film, ma stando al libro ne manca una!!! Chi ce l’ha (do per scontato che l’abbiate tutti) vada a sfogliarlo e vediamo se la trova. Vi avverto però che le isole in Queen sono disposte in modo diverso.
 

Ok! And it’s all for this week! ;)
Grazie a tutti, immensamente!!! Baci bacissimi e alla prossima!!!
Susan<3
   
 
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