«Certo
che Taichi è un vero disastro, vero?»
domandò Sora, finendo
di sistemare i biondi capelli del suo ragazzo ed ammirando poi
l’effetto
finale. Poteva andare, decise.
«Taichi
non è umano. È un uragano con le gambe»
commentò secco il
ragazzo, cercando di strizzare come poteva la camicia della divisa.
Anche se
era sabato e non era un regolare giorno scolastico i ragazzi erano
tenuti ad
indossare la divisa.
Sora
ridacchiò, condividendo in pieno l’opinione del
ragazzo. «Rientriamo?
Nella prossima scena dobbiamo recitare entrambi»
domandò, facendo un passo
verso la porta.
«Tu
reciterai. Io starò fermo immobile come una statuina a
sentire
te e Hikari parlare di me e Takeru» replicò il
ragazzo, seguendola.
«Ti
stai forse lamentando, Yamato Ishida?» chiese la ragazza,
fulminandolo con lo sguardo.
«Mai.
Lo sai che puoi fare di me ciò che vuoi» rispose
lui,
infinamai con un tono scherzoso, prendendole la mano e baciandola,
proprio come
avrebbe fatto Mr. Darcy. «Andiamo, signorina?»
«Volentieri,
signore» rispose lei, accettando il braccio che le
offriva ed entrando insieme a lui nella stanza.
«Yamato…
Sei tutto bagnato!»
«Ishida,
Takahashi! Spostatevi leggermente a destra. Così,
perfetto. Immobili, per cortesia. Takenouchi, Yagami, voi state
lì, molto bene.
Ricordate, al momento della recita sarete a letto. Tutto chiaro? Allora
cominciamo!»
ordinò il signor Tawada, raggiungendo la sua solita panchina
in prima fila. «Un
momento! Ishida, che ti è successo? Sei tutto bagnato, sei
sicuro che non
prenderai un raffreddore?»
«Un
piccolo incidente di percorso, professore. Nulla di grave, non
si preoccupi» rispose Yamato, maledicendo il momento in cui
aveva accettato le
provocazioni di Taichi. Oh, ma dopo gliel’avrebbe fatta
vedere, eccome!!
«Se
lo dici tu… Va bene, iniziamo!» rispose il
professore,
rivolgendo la sua attenzione solo a Sora e Hikari.
«È
proprio quello che dovrebbe essere un giovane»
iniziò Hikari. «Intelligente,
con un buon carattere, allegro. Non ho mai incontrato nessuno con modi
così
avvincenti, semplici e pieni di educazione.»
«Ed
è anche bello. Hai ragione, non gli manca veramente nulla
per
essere il tipo del giovanotto ideale» replicò Sora.
«Sono
stata così lusingata del suo secondo invito! Non mi sarei
mai aspettata una cortesia simile.»
«Non
te l’aspettavi? Io sì, per te. È
proprio in questo che siamo
tanto diverse noi due. Ti stupisci sempre che la gente sia gentile con
te, io
mai. Non c’era niente di più naturale che ti
invitasse per la seconda volta. Non
poteva fare a meno di accorgersi che eri la più bella di
tutta la sala. Non è
davvero il caso di avere della gratitudine per la sua galanteria. In
ogni modo
è molto simpatico e sono d’accordo che ti piaccia.
Hai ammirato persone ben più
inconcludenti.»
«Ma…
Lizzy!» esclamò Hikari, con il giusto tono di
indignazione. Somigliava
davvero tanto a Jane, così delicata e benpensante,
pensò Takeru, dall’altra
parte del palco, guardando le due ragazze. Anche quando erano a
Digiworld,
ricordò con nostalgia. Gli sarebbe piaciuto tornarci per
qualche giorno. Solo che
sarebbe stato decisamente impossibile, tra scuola e prove, in quei
giorni. Avrebbero
dovuto aspettare almeno la fine della scuola.
Intanto,
le due ragazze avevano finito la loro parte ed ora
toccava a Iori leggere il breve brano descrittivo dei due protagonisti
maschili, che divennero il centro dell’attenzione, con loro
enorme vergogna.
«Bene,
ragazzi. Non c’è male. Vi concedo una pausa di
mezz’ora. Siate
puntuali!» esclamò l’insegnante,
rifugiandosi in sala professori per un caffè.
I
Digiprescelti si ritirarono in giardino, attorno ad una
panchina.
Come
da copione, si azzuffarono per chi dovesse sedersi, ma alla
fine i ragazzi decisero di comportarsi da cavalieri e cedettero il
posto alle
ragazze.
«Come
siete spontanei» commentò Mimi, risistemandosi la
gonna e
guardando i suoi amici.
«Se
non ti va di sederti puoi sempre alzarti e lasciarmi il
posto»
le fece notare Daisuke, piuttosto irritato. Aveva rinunciato a sedersi
per lei
e quella principessina osava anche avere qualcosa da ridire!
«Neanche
morta» replicò la castana, distogliendo
altezzosamente lo
sguardo.
Il
resto del gruppo rise e quando le risate si calmarono, Takeru
disse: «Sapete… Prima, stavo ripensando a
Digiworld e a quanto mi piacerebbe
tornarci. Vi capita mai?»
«Tutti
i giorni» rispose Hikari, guardandolo con tenerezza e
facendolo arrossire leggermente.
Anche
tutti gli altri ragazzi mormorarono che pure a loro
capitava, piuttosto spesso, ad essere sinceri.
«Peccato
che siamo troppo impegnati per dedicare una giornata
intera a Digiworld» si lamentò Jyō, che era
impegnatissimo anche con i
doposcuola per poter entrare all’università di
medicina di Tokyo. Poco importava
che mancasse ancora più di un anno, doveva essere pronto.
«Già…»
dissero gli altri sconsolati, riconoscendo che
effettivamente avevano ben poco tempo da dedicare alla loro vita
privata.
«Ragazzi!
Ho un’idea!» esclamò
all’improvviso Daisuke, richiamando
su di sé gli sguardi sorpresi dei suoi amici.
«Che
c’è? A volte capita anche a me, sapete?»
disse in tono di
difesa il ragazzo.
«Non
ci siamo abituati. Avanti, stupiscici» rispose Yamato per
tutti.
«Andiamo
a prendere i nostri Digimon, li portiamo qui e i nostri
genitori li portano allo spettacolo del festival! Geniale, no?
Così, dopo il festival,
possiamo partire tutti per Digiworld» spiegò
entusiasta il ragazzo, guardandosi
attorno e cercando sguardi di approvazione.
Ci fu
un lungo silenzio, rotto da Ken: «Non mi sembra
un’idea
malvagia. E non essendoci pericoli, per i Digimon non sarebbe un
problema
restare sulla Terra per qualche giorno.»
«Così
ti voglio, Ken!» gridò contento Daisuke,
mostrandogli
entrambi i pollici alzati in segno di approvazione.
«Bè,
l’idea non mi dispiace. Mi farebbe piacere avere Armadillomon
a casa e anche al nonno, ne sono sicuro» aggiunse Iori,
timidamente.
«Esatto,
esatto» annuì entusiasticamente il leader del
secondo
gruppo di Digiprescelti.
«Per
una volta ci hai azzeccato pure tu!» esclamò
Miyako,
tirandogli un dolorosissimo pugno sulla spalla che a suo parere voleva
essere
un cameratesco colpo sulla spalla.
«Se
anche Miyako è d’accordo come posso non esserlo
io? Però bisogna
stare attenti» commentò Taichi, mentre
l’altro ragazzo cercava di risistemare
la spalla, che sembrava essersi dislocata.
«Certo!
Quando mai non lo siamo stati, Taichi?» chiese Takeru,
contentissimo all’idea di rivedere Patamon di lì a
breve.
«Vuoi
una risposta sincera, Takeru?» domandò ironico suo
fratello,
fissandolo con i suoi occhi azzurri, identici ai suoi.
«Non
penso di essere troppo sicuro di volerla sapere, quindi mi
accontenterò di una bugia» rispose il biondino,
con un sorrisino colpevole.
«Come
vuoi. Siete sempre stati attenti ragazzi, meno male che non
è mai successo nulla!» declamò allora
il fratello maggiore, con un tono davvero
convincente.
«A
questo punto era meglio la verità»
commentò debolmente Takeru.
I
ragazzi scoppiarono a ridere.
«Andiamo
questa sera a prenderli?» domandò Kōshirō, una
volta
riguadagnata una parvenza di serietà.
«Credo
si possa fare» commentò Taichi, guardando gli
altri, che
fecero grandi cenni di assenso.
Tutti
tranne Yamato che disse, tristemente: «Io purtroppo ho un
impegno con la band. Stiamo preparandoci al festival cittadino che si
terrà tra
un mese, quindi abbiamo bisogno di provare, mi dispiace.»
«Non
ti preoccupare, ci penso io ad accompagnare Gabumon da te. A che
ora finirete?» domandò Sora, guardandolo con i
suoi occhioni dolci.
«Credo
verso le undici, le undici e mezza al massimo» rispose il
ragazzo.
«Allora
sarò da te per le undici, se non ci sei ti aspetto dentro.
Le chiavi sono sempre al solito posto, vero?» chiese ancora
la ragazza.
Tutti
quanti li guardarono con tanto d’occhi. Addirittura i posti
segreti delle chiavi?!? Erano davvero seri, quei due!
«Sì.
Grazie mille, Sora» rispose il ragazzo, ignorando bellamente
il loro gruppo e chinandosi sulla ragazza per baciarla delicatamente
sulla
guancia.
«Figurati»
rispose lei, sorridendo.
«Ragazzi!
Tutti dentro!» esclamò all’improvviso il
signor Tawada,
sbucando nel cortile. Sbuffando, tutti gli studenti radunati in
giardino
cominciarono ad avviarsi e così anche i Digiprescelti,
tranne Yamato, che
trattenne Sora con lui per baciarla dolcemente sulle labbra, al riparo
da occhi
indiscreti.